Discorso di S. E. Mons. Antonio Riberi, N. A. in Spagna

B163-A6

Mi è assai gradito rivolger la parola a questa grande assemblea di ex-allievi lasalliani, la quale rappresenta in verità una bella festa di famiglia per la cordiale effusione che unisce persone di diversissimi paesi e condizioni, tutte affratellate dal vincolo, nello stesso tempo forte e soave, della formazione lasalliana.

È cosa normale che gli ex-allievi si raggruppino e rinforzino i legami che reciprocamente li uniscono, e che li uniscono pure all'Istituto che li ha formati, accentuando così il loro carattere di fermento vivificatore in mezzo al mondo.

E dico che ciò è normale, giusto ed anche desiderabile, poiché i fenomeni d'associazione sono fenomeni d'origine cristiana, per quanto lo si dimentichi proprio nella nostra civiltà occidentale che deve al cristianesimo le sue realtà migliori.

Perciò saluto con gaudio questo Congresso, questa occasione di interessanti e molteplici relazioni, questa comunione rinnovata nella fede e negli ideali dell'opera lasalliana.

E siccome tutto si perfeziona a contatto con il principio che gli diede origine, è evidente che questa Associazione e ciascuno dei suoi membri non possono non ricevere nuovo vigore ed influsso apostolico da un tale contatto con l'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, ai quali essa deve la propria origine.

Me ne congratulo con voi, e vi faccio i miei cordiali auguri.

Tanto dal programma delle sessioni, quanto dalla lettura delle risoluzioni che abbiamo testé udita dalla bocca del Rev.mo Fratel Superiore Generale, si comprende che vi siete, posti i principali problemi di un cristianesimo adulto vissuto in pieno mondo.

Mi permetto ora di sottolineare alcuni fra i vari temi trattati, tutti concepiti con criteri di grande attualità e di profonda indagine nelle strutture di questo mondo.

Innanzi tutto è un'indiscutibile saggezza il fatto che uno dei punti in cui si è soffermata la vostra attenzione sia precisamente il problema della famiglia.

Qualunque sforzo venga fatto per consolidare l'istituto naturale e soprannaturale della famiglia sarà sempre irrilevante in confronto dei benefici che arreca quella che dai papi è stata chiamata "principio e fondamento della società".

L'intensificare i corsi prematrimoniali, i provvedimenti matrimoniali, le conferenze sulla spiritualità coniugale ed il movimento delle nozze cristiane costituisce un preziosissimo aspetto dell'apostolato moderno.

Nella società attuale molti sono i nemici del focolare domestico, e soltanto le virtù che rispondono ad una concezione cristiana della vita rappresentano un saldo appoggio per poterlo difendere dagli assalti dell'egoismo e dell'evasione.

"La famiglia è l'istituzione più minacciata del mondo moderno, forse perché costituisce, l'ultimo rifugio - nel mondo - di ciò che è sacro e di ciò che è spirituale".

Conservare o ripristinare l'equilibrio dei membri della famiglia, far sì che i genitori svolgano per i figli la propria parte di educatori nati, vuoi dire dettare alla nostra civiltà tecnocratica regole di sottomissione all'uomo, e - perciò - allo spirito.

Inoltre, per la famiglia cristiana, "vivere è prolungare nel mondo l'azione di Gesù Cristo attraverso quanto v'è di più quotidiano ed abituale".

Lontana dai grandi atti eroici la vita spirituale viene approfondita nei piccoli compiti insignificanti e prosaici, dove si prova la fedeltà al Signore.

Il padre di famiglia, protagonista di azioni modeste e difficili, può essere un vero eroe ed il grande personaggio dei tempi moderni.

È importante, tuttavia, stabilire in modo ben chiaro che il matrimonio, e pertanto la famiglia, non è originariamente una realtà sociale ma bensì, una realtà spirituale, e che appunto tale realtà spirituale è quella che gli conferisce tutto il suo significato sul piano dell'educazione dei figli.

La prima funzione della famiglia, cioè quella che deriva direttamente dal suo essere, o, meglio ancora, quella che con essa si confonde, è la funzione educativa.

E non v'è dubbio che il maggior servigio reso dalla famiglia alla città non è tanto il formare cittadini quanto il formare uomini; pur assumendo a proprio carico il fanciullo, la famiglia lo abilita nello stesso tempo alla vita sociale.

Ciò che la famiglia trasmette è essa stessa.

I genitori educano i figli non tanto per mezzo di ordini e direttive quanto per mezzo dell'ambiente che creano e della mentalità che vi fanno regnare.

I figli, per diversi che siano dai propri genitori, recano per tutta la vita una specie di contrassegno, una medesima impronta che è tanto più forte quanto meno essa è stata imposta.

La famiglia è l'incarnazione della categoria sociale privata.

In essa si scopre il fanciullo, che forma parte di un gruppo all'interno di un noi.

Se educare significa utilizzare la pressione al servizio della libertà, nessuno quanto la famiglia può trasmettere costumi e comportamenti suscitando nello stesso tempo l'esercizio di una libertà che si sviluppa incarnando dei valori e compiendo dei doveri.

Il vero modo di essere che si sviluppa in seno alla famiglia come in un clima di elezioni, non è ne conformismo sociale ne autonomia assoluta, ma una progressiva interiorizzazione dei buoni costumi.

Il fanciullo ha bisogno di trovare nella famiglia un modello da ammirare ed un'autorità che, difendendolo da se stesso, gli indichi la stella polare che l'orienti con sicurezza.

Elementi, questi, d'immensa trascendenza educativa e che purtroppo minacciano di disertare la nostra vita familiare.

Il fanciullo si fa e si vede uomo fra gli uomini; l'imitazione è quella che in primo luogo fa emergere l'io dal subcosciente, prima di permettere lo sviluppo della personalità più elevata ed originale.

L'agente educativo maggiormente efficace è l'ammirazione, che conduce alla imitazione.

Un gretto razionalismo ha disconosciuto per troppo tempo il principio su cui si fonda ogni formazione ed ogni sviluppo.

In un certo senso il problema dell'educazione si riduce a quello dell'ammirazione, indirizzata innanzi tutto, naturalmente, verso i genitori.

Possiamo distinguere due tipi d'ammirazione: quella che è al di sopra del giudizio e quella che ne è al di sotto, quella che è accrescimento dell'essere e quella che è perdita dell'essere.

V'è un'ammirazione nociva: essa è come l'invasione di un altro in noi stessi.

Però tale fenomeno non è propriamente ammirazione, ma bensì affascinamento.

La vera ammirazione non distrugge la personalità che essa stessa sviluppa; lungi dal sacrificarla ad un modello unico, le lascia la facoltà di confrontare, scegliere e giudicare.

È questa un'ammirazione che nasce dalla tendenza dell'essere a conseguire la propria pienezza.

In tal caso l'ammirazione verso il modello precostituito rappresentato dai genitori è un principio che realizza quanto di meglio v'è nel fanciullo.

Il fanciullo non può realizzare se stesso se non ammirando, cioè dando senza posa la miglior replica al modello amato e spontaneamente ammirato, che l'esprime meglio di quanto egli possa esprimere se stesso.

Perciò i problemi dell'educazione dei figli e dell'esemplarità familiare debbono avere il primato non soltanto in questa assemblea ma anche nella vostra vita reale.

E commettereste un errore se - per non cadere sugli scogli dell'autoritarismo antico - abbandonaste la vostra giusta autorità, lasciando così i vostri figli alla mercé delle loro passioni; l'errore paterno, oggi comune, consiste infatti nell'eludere la responsabilità di reggere - dolcemente ma fermamente - gli anni giovanili dei propri figli.

Ma affinché l'autorità dei genitori si trasformi in elemento veramente educativo, essi devono rinunciare ad imperla esclusivamente con la forza.

Le vie dell'autorità educatrice sono quelle dell'esempio, dello stimolo, della persuasione, e di una grandezza morale che, lungi dall'affievolirsi quando i figli crescono, guadagna terreno nei loro cuori poiché sostituisce all'ammirazione del fanciullo la stima dell'adulto.

Il vostro interesse si è poi concentrato sulla condotta civica dell'ex-allievo, e sulla sua formazione civica e politica, il che equivale a questo tema: il cristianesimo in quanto costruttore della città terrena.

È questo un compito a cui non potete rinunciare; il mondo di domani non si può edificare senza la presenza efficace del cristianesimo.

Dovete agire partendo dai diversi settori lavorativi, politici e sociali; perciò dovete controllare l'azione dell'ex-allievo nella sua vita di cittadino, sia a livello locale che a livello regionale, nazionale od internazionale.

Non deve passare inosservato l'aspetto sociale che si sviluppa attraverso la professione di ognuno.

La nostra perfezione come cristiani, lungi dal focalizzare unicamente l'aspetto personale della nostra condotta, illumina innanzi tutto gli aspetti sociali.

Orbene, fra i doveri del nostro stato, quello della professione e dell'adempimento della giustizia sociale per mezzo di essa deve rappresentare uno dei punti essenziali della nostra indagine.

Non dimentichiamo che dietro la maggior parte del nostro lavoro si trova la società umana, che noi desideriamo servire.

Colui che lavora, lavora per tutti.

Riepilogando, non si tratta solo di lavorare per lavorare: esiste infatti un fanatismo della produzione che non può essere lecitamente ammesso.

Il lavoro, come qualunque altra condizione umana, ha le proprie tentazioni.

Abbiamo or ora indicato la tentazione dell'attivismo.

Esistono pure altre tentazioni, ma solo per difetto.

Chi lavora deve continuamente lottare contro la sua pigrizia, contro il suo istinto; v'è sempre qualcosa di duro e di faticoso nel vero lavoro, e per vincerlo occorrono sforzi.

Dal libro della "Genesi" sappiamo che il lavoro è penoso, ed è lì che ci si rivela il suo magnifico aspetto penitenziale.

Tale concezione non è stata ne mai sarà superata, ed occorre ricordarla sebbene essa non dica tutto il merito al lavoro.

La portata del "Genesi" è tuttavia più ampia, dato che Dio vuole che l'uomo sia lavoratore indipendentemente dal peccato e prima ancora di esso.

Dio ha fatto l'uomo capace di "creare" mediante il lavoro, grazie al quale egli può regnare sull'universo ed imporgli la propria legge.

La questione principale sta nella finalità.

Il lavoro, unico mezzo onesto per vivere e per sostenere una famiglia, possiede oltre ai significati già menzionati quello che non può venirgli se non dall'amore.

Il cristiano deve saper scoprire il vincolo che unisce il gesto di colui che lavora a quello di Gesù Cristo, lavoratore a Nazaret e lavoratore anche dopo, nel predicare il Regno di Dio.

Questi nuclei d'attività esigono dal cristiano una spiritualità autentica.

Oggi, in un'epoca di scristianizzazione, la necessità di perfezione spirituale è indissolubilmente legata alla volontà d'apostolato. Voi avete come proprio campo d'azione l'immenso settore delle strutture temporali del mondo o della società, e cioè il quadro della vita familiare e professionale, come già abbiamo detto, la sfora delle attività culturali e ricreative, le relazioni sociali mantenute sul piano della vita umana, ecc.

La vostra testimonianza e la vostra influenza seguono la traiettoria tracciata dalla vita degli uomini nella città degli uomini.

Questo conferisce alla vostra azione un carattere privato dal punto di vista ecclesiastico, anche quando raggiungesse una straordinaria notorietà.

La vostra attività cristìanizzatrice, per il fatto che non corrisponde ad alcun obbligo canonico di fare dell'apostolato ( vale a dire non è ex officio ), assume agli occhi dei vostri amici e concittadini un importante valore d'argomento a favore della fede: voi procedete ex spiritu.

Ecco dunque ciò che caratterizza l'azione apostolica dei secolari ed il cui valore è immenso: azione di testimonianza profusa nella vita e negli ambienti secolari, ed azione intesa ad esercitarvi la propria influenza senza pretesa d'autorità.

Il messaggio penetra nelle strutture umane più comuni attraverso un linguaggio che è loro familiare, e con ciò esso acquista rinnovata efficacia e portata.

Il catechismo insegnato da un padre o da una madre di famiglia con il linguaggio proprio del focolare domestico assume un valore ineguagliabile.

La condotta cristiana del dirigente in un'azienda ed in tutto ciò che ha attinenza con i problemi del lavoro, possiede una forza di convincimento incalcolabile: "Se si comporta così, è perché crede veramente".

Il fatto che problemi come quelli riferiti, che a loro volta riassumono i temi delle sessioni, vengano impostati in questa Associazione di Ex-Allievi, appunto in quanto ex-allievi, implica che alla base della nostra assemblea esiste un fenomeno fondamentale: la dedizione di alcuni uomini all'azione educativa, vale a dire il magistero vissuto non solo come professione ma anche come vocazione.

La mia permanenza in Cina ed il cordiale contatto con l'Oriente mi hanno rivelato l'apprezzamento e la venerazione dei Cinesi per i loro maestri.

Poiché oggi ci troviamo di fronte ai figli di colui che è stato dichiarato dalla Chiesa Patrono dei maestri cristiani, ci è gradito riflettere brevemente sulla grandezza del magistero appoggiandoci quasi esclusivamente sui concetti lasalliani, dato che il maestro è base e chiave del sistema pedagogico lasalliano.

Il La Salle consacrò il meglio della sua attività alla formazione del maestro.

Egli ben sa che "le buone scuole sono il frutto non tanto delle buone legislazioni quanto specialmente dei buoni maestri".

Ed è passato alla storia della pedagogia come il creatore delle Scuole Magistrali ( nel 1683 ), anticipando di più d'un secolo l'Opera della Convenzione, la quale creò quella che erroneamente fu ritenuta la prima Scuola per la Formazione dei Maestri.

Prima del La Salle i maestri non venivano preparati affatto, e perciò erano abbandonati al loro destino, e nel migliore dei casi sostenevano solo un esame di calligrafia.

Certo l'agente principale dell'educazione e dell'insegnamento è l'allievo stesso, nel senso che è lui ad assicurare la propria educazione mediante la collaborazione volontaria e gli sforzi personali.

Ma ciò non sminuisce la grandezza della missione dell'insegnamento e tanto meno di quella educativa, per cui il perspicace sguardo di S. Giovanni Battista de La Sàlle non può parlare del magistero senza focalizzarlo come vocazione.

È questa una parola che sebbene possa avere diverse accezioni, acquista sulle labbra del La Salle il suo pieno significato originario: chiamata di Dio e condizioni carismatiche per rispondervi.

La psicologia, la sociologia e la professionologia parlano esse pure di vocazioni, ma il significato primo ed originario proviene dal campo religioso.

Vocazione, di per sé, allude alla chiamata divina, e si può dire che la vocazione per eccellenza è quella sacerdotale o religiosa.

In verità, nel La Salle "la vocazione al magistero è circondata dall'aureola che accompagna quella sacerdotale e religiosa … ".

Per S. Giovanni Battista de La Salle esiste una specie di scelta, o meglio una "predestinazione specialissima, divina, per l'adempimento della funzione educativa" ( Méditations pour les principales fétes de l'année - 87,2 ).

Perciò uno dei commentatori autorizzati ha potuto dire che nella concezione del La Salle il magistero cristiano, come il sacerdozio e lo stato religioso, rappresenta in certo qual modo una vocazione "riservata e carismatica".

Pertanto egli non teme di dire ai maestri: "Gesù Cristo vi ha onorati scegliendovi davanti a molti altri per annunciare la buona novella ai fanciulli, suoi prediletti".

La funzione dei maestri è un compito santo, poiché insegnare equivale a praticare una delle più squisite modalità della carità.

La funzione del maestro non si riduce ad essere una mera supplenza dei genitori nel loro compito d'educazione dei figli.

Essa ha un senso molto più profondo e effettivo, giacché sostituisce i genitori in una funzione essenzialmente spirituale, quale è l'educazione, ed acquista nello stesso tempo, di fronte al discepolo una specie di autentica paternità spirituale.

Ciò nasce dal fatto che l'educazione è considerata da S. Tommaso come un prolungamento della generazione, la quale non è perfetta finche non venga completata con "la guida e la promozione della prole allo stato perfetto di uomo in quanto uomo, cioè allo stato di virtù" ( Summa Theologica, suppl. IlI, 9.41 a 1 ).

L'educazione può dunque essere considerata come una seconda generazione grazie alla quale "i figli - mentre ricevono il beneficio dell'educazione e dell'istruzione - si trovano, per così dire, al riparo in un seno spirituale, sub quodam spirituali utero".

Si può dire che mediante l'educazione viene trasmessa in certo qual modo la vita dello spirito, così come i genitori trasmettono quella del corpo.

Non che il maestro crei lo spirito: egli scopre quelle zone in cui lo spirito si radica e si espande.

Ma se ammettiamo che il maestro cristiano deve proporsi, con tutti i mezzi che sono alla sua portata, di aumentare la vita della grazia nei suoi alunni od eliminare gli ostacoli che la distruggono, cioè "aiutarli a conservare o metterli in grado di riacquistarla qualora l'avessero perduta", allora la sua paternità spirituale assume nuove prospettive ed una realtà più profonda.

"Iddio, nel collocarvi nella funzione che espletate …, vi ha destinati ad essere i padri spirituali dei fanciulli che istruite …; voi siete destinati da Dio a generare figli per Gesù Cristo ed anche a produrre e generare Gesù Cristo stesso nei loro cuori": ecco quel che S. Giovanni Battista de La Salle ripete non solo ai propri figli ma anche a tutti i maestri.

Secondo questo venerato autore, il maestro è "scopritore della verità".

Scoprire la verità, tutta la verità, onestamente e senza falsarla, e mediante essa modellare il cuore del discepolo movendolo alla pratica del bene: tale è la sublime missione che i Fratelli hanno svolto con noi loro discepoli.

Se teniamo conto - come già fece magistralmente Sant'Agostino - che è la Verità che insegna, giacché la Verità è Cristo ( Gv 14,6 ), "che venne al mondo per rendere testimonianza alla verità" ( Gv 18,37 ), il maestro si tramuta in cooperatore, ministro ed ambasciatore di Cristo, titoli con i quali il La Salle designa il maestro nelle sue "Memorie", già parecchie volte citate.

"Le prospettive, sulla funzione del maestro che ci ha sinora offerto la dottrina del La Salle rivelano molto chiaramente che nel suo pensiero il maestro cristiano acquista veramente un carattere speciale.

Chiamato e scelto da Dio, depositario della fede al fine di comunicarla ai discepoli, scopritore della verità trascendente, strumento di Dio e di Cristo, sono tutte espressioni che potrebbero sintetizzarsi in una sola: il maestro è apostolo, ed il magistero un apostolato.

In altre parole, il La Salle considera il maestro come associato per vocazione alla missione degli apostoli: docete omnes gentes, e di conseguenza lo ritiene suo continuatore nell'evangelizzazione dei fanciulli e dei giovani che direttamente si affidano a lui.

"Fatto sta che, trascendendo l'insegnamento delle discipline meramente profane, egli gli assegna come primissimo ed imprescindibile obbligo la trasmissione del sapere religioso.

Certo il maestro non deve ne può trascurare l'istruzione profana dei propri discepoli, dato che anch'essa ha un significato suo proprio nell'ambito della concezione eminentemente soprannaturale dell'uomo.

Però, entro una rigorosa e necessaria gerarchia di valori, l'istruzione religiosa acquista un tale rilievo ed una tale estensione da configurare con la sua tonalità l'intera attività del maestro.

In tal senso si esprime il La Salle allorquando dice rivolto ai maestri: "A voi spetta la fortuna di partecipare alle funzioni apostoliche spiegando ogni giorno il catechismo ai fanciulli ed istruendoli nelle massime del Santo Evangelo" ( Josfat Alcalde, El maestro en el pensamiento de San Juan Bautista de La Salle, pagg. 124-125 ).

Il maestro, dunque, non può ne deve essere diviso.

È apostolo sia quando insegna a leggere, scrivere e far di conto, sia quando istruisce nelle verità religiose.

Infatti egli considera ogni cosa "sub specie aeternitatis" con lo sguardo rivolto ad un solo ed unico fine: l'educazione cristiana del discepolo, cioè del cristiano che deve formare con ciascuno dei maestri meta e sintesi dell'educazione integrale.

Delle due grandi missioni del sacerdote - euntes docete baptizantes - il maestro svolge la prima, cioè egli insegna mediante, l'istruzione, lo stimolo, l'esempio e la preghiera personale.

Fra i molti doveri che pesano su di noi che abbiamo avuto la fortuna di ricevere le premure e la dedizione di maestro da parte dei Fratelli delle Scuole Cristiane, non occupa certo la posizione inferiore quello della gratitudine, che in questa occasione memorabile, e tutte le volte che se ne presenti l'opportunità, vogliamo manifestare affettuosamente e cordialmente.

Ma la gratitudine propria del discepolo consiste appunto nell'essere fedele ai buoni insegnamenti del maestro, vale a dire la nostra gratitudine ha come alveo obbligato la realizzazione, nella nostra vita, degli ideali che abbiamo ricevuto nelle Scuole Cristiane.

Per i figli di S. Giovanni Battista de La Salle, che possono salutare sotto tutte le latitudini del mondo gli ex-allievi educati nelle loro aule, l'unica e degna ricompensa è la sicurezza che l'essere un ex-allievo lasalliano equivale, come abbiamo detto all'inizio, ad essere un cristiano adulto in mezzo al mondo, come fermento di salvezza.