Riflessioni sui Secolari e sulle Associazioni d'Apostolato

B164-A7

Discorso di S. E. Mons. Narciso Jubany, Vescovo di Gerona

Il vostro Congresso Mondiale degli Ex-Allievi Lasalliani ha un'innegabile attualità e presenta nello stesso tempo una difficoltà che è impossibile nascondere.

In piena celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, e mentre sta per essere discusso nell'aula conciliare lo schema "De apostolatu laicorum", con tutte le sue conseguenze pratiche e dottrinali, il tema del vostro Congresso - "Perfezionamento spirituale ed azione apostolica attraverso le nostre associazioni" - è attuale e difficile ad un tempo.

È attuale poiché corrisponde a verità il dire - sebbene ciò sia diventato un luogo comune - che ci troviamo nell'era dei secolari: pertanto tutto quel che ad essi si riferisce - nello studio o nell'indagine - gode d'un'innegabile attualità per la vita della Chiesa.

Esso è pure un tema difficile poiché sono tante le sfumature che reca con sé qualunque problema relativo ai secolari, che non è facile tralasciare di considerarne qualcuno, con evidente pericolo per una buona sintesi dottrinale.

E, se non erro, nel vostro caso viene ad aggiungersi un nuovo fattore che aumenta le difficoltà: la tematica della vostra formazione e del vostro apostolato ha come centro soprattutto le vostre associazioni di ex-allievi, le quali vogliono essere come una specie di prolungamento della vita formativa del collegio realizzata dai Fratelli delle Scuole Cristiane - "Congregazione religiosa laicale", secondo la terminologia giuridica, - ai quali il Papa ha recentemente ricordato che la loro opera educativa non finisce nelle aule della scuola.

Orbene, avete da poco condotto a termine il vostro lavoro secondo una visione di vera analisi.

La sintesi pratica e dottrinale, frutto dei vostri studi e delle vostre indagini l'avete formulata nelle conclusioni del Congresso.

Da parte mia desidero fare alcune semplici riflessioni.

Del resto non è possibile far altro, quando la vera discussione - quella del magistero autentico della Chiesa - sta per essere iniziata in altra sede: in San Pietro del Vaticano, dove i vescovi del mondo cattolico - riuniti per la III sessione del Concilio Ecumenico - lavoreranno, discuteranno e decideranno sotto l'impulso dello Spirito Santo.

I

La mia prima riflessione verterà sul concetto stesso di secolare, vale a dire sulla vostra condizione in seno alla Chiesa.

E ciò per vari motivi: perché siete secolari, perché avete discusso sulle associazioni di secolari e perché in uno dei vostri colloqui avete studiato diligentemente "l'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata", Istituto Secolare nato in seno all'opera educativa dei Fratelli delle Scuole Cristiane.

Siamo molto lontani dai concetti storici del secolare, che un eminente trattatista della nostra epoca - Padre Congar - ha illustrato in un'opera rimasta sino ad oggi insuperata.1

Ora non è più lecito considerare il secolare come colui che si dedica alle cose temporali, infelicemente contrapponendolo al monaco, appartato dal mondo e uomo religioso per eccellenza.

Recentemente la scienza ecclesiastica si è piuttosto orientata allo studio degli aspetti giuridici e teologici che concorrono nella definizione di secolare, e ciò è avvenuto in modo tale che - in alcuni casi - il diritto e la teologia sono apparsi momentaneamente l'uno di fronte all'altra, su due posizioni quasi antagoniste.

Una messa a fuoco aggettiva del problema deve partire dai principi seguenti:

Primo: La Chiesa, realtà unica, presenta due aspetti inseparabili: quello istituzionale e quello comunitario.

Inoltre: per intendere ciò che è un secolare nella Chiesa, occorre soprattutto considerare il secondo aspetto, senza tuttavia trascurare il primo.

Intatti, sottovalutare quanto v'è d'istituzionale sarebbe lo stesso che negare la grande verità che la Chiesa è una società gerarchica; ma non tener conto del fatto che la Chiesa è una comunità di fedeli, che vive ed agisce sotto l'impulso dello Spirito Santo, equivarrebbe a dimenticare le prospettive vitali del Corpo Mistico di Gesù Cristo nell'opera della Redenzione.

Di qui le famose parole di Pio XII pronunciate il 20 febbraio 1946: "I fedeli, e soprattutto i laici …, devono avere la coscienza sempre più chiara, non solo di appartenere alla Chiesa, ma di essere la Chiesa, cioè una comunità di fedeli in terra sotto la guida del Capo comune, il Papa, e dei Vescovi, che vivono in comunione con lui.

Essi sono la Chiesa, e da ciò si comprende come, sin dai primi tempi della sua storia, i fedeli si siano riuniti con il consenso dei Vescovi in associazioni particolari, secondo le più varie manifestazioni della vita.

La Santa Sede non ha mai cessato di approvarle e di elogiarle.

Secondo: Per comprendere quel che significa la condizione di secolare nella Chiesa sarebbe errore partire puramente e semplicemente - senza ulteriori differenziazioni - dalla distinzione fra Chiesa docente e Chiesa discente, fra Chiesa consacrante e Chiesa consacrata, fra Chiesa gerarchizzante e Chiesa gerarchizzata.

È bensì vero che per diritto divino c'è distinzione fra sacerdoti e laici, ma da ciò non si può affatto dedurre che gli uni siano attivi e gli altri passivi.

In ogni caso la segnalata distinzione porta con se la seguente logica conclusione: nella Chiesa esistono alcune attività che sono gerarchiche in virtù dei poteri da cui emanano; ma esistono pure delle attività non gerarchiche.

Entrambe sono necessario affinché la Chiesa consegua il proprio fine di evangelizzare gli uomini.

Quello che segue fu l'avvertimento che Pio XII diede in occasione del II Congresso Mondiale dell'Apostolato Secolare: "Sarebbe disconoscere la vera natura della Chiesa ed il suo carattere sociale, il distinguere in essa un elemento attivo: le autorità ecclesiastiche, ed un elemento passivo: secolari.

Tutti i membri della Chiesa … sono chiamati a collaborare all'edificazione ed al perfezionamento del Corpo Mistico di Gesù Cristo.

Tutti sono persone libere e pertanto debbono essere attivi".

Partendo dai due principi enunciati la teologia ha sottolineato l'aspetto importantissimo della consacrazione battesimale, che trovasi alla base stessa della condizione di secolare nella Chiesa.

È essa che costituisce il fondamento della fede operante per mezzo della carità, la quale da fecondità alle attività dei membri del Corpo Mistico. Ma ciò non basta.

La teologia ha messo in rilievo un secondo elemento che, sebbene sociologico, si trova alla base stessa della condizione di secolare: si tratta del suo positivo e concreto inserimento nel mondo.

In realtà i secolari "sono uomini che si trovano intimamente mescolati alla vita economica e sociale, che fanno parte del governo e delle assemblee, legislative": tali sono le parole di Pio XII.

Orbene, tenuto conto di questi elementi, e sempre partendo dalla consacrazione battesimale, concepita da S. Tommaso come una "potestas spiritualis" - potestà spirituale che trova la sua più esatta espressione nel sacerdozio dei fedeli - un triplice elemento caratterizza lo stato del secolare: da un lato, mancanza di attività gerarchiche, e dall'altro lato, capacità di attività ecclesiali e soprattutto essenzialità di attività temporali o profane.

Forse è quest'ultimo elemento che maggiormente caratterizza la condizione di secolare: la sua vita cristiana possiede, in virtù del suo stesso stato, un punto d'inserimento nel mondo, che è anteriore alla sua fede; lì contribuisce alla manifestazione ed alla comunicazione della vita della Chiesa; lì ha la propria missione e partecipa della missione della Chiesa in grado più o meno intenso.

Arrivato a questo punto, desidero confessare che le idee or ora esposte sono oggi ammesse dai trattatisti di problemi dell'apostolato secolare.

Ed ogni ulteriore indagine incontrerebbe senz'altro dei punti che darebbero luogo a discussioni lunghe e difficili.

È impossibile soffermarsi su tutti. Ne citerò solamente due.

Un primo punto in discussione è quello che parte dal tipo concreto d'attività cui abitualmente si dedicano i secolari.

Trattasi di una discussione promossa da Padre Rahner, la cui posizione è la seguente: ogniqualvolta un secolare possiede legittimamente ed abitualmente una qualsiasi parte di potere liturgico o giuridico che vada oltre il diritto fondamentale di ogni battezzato, egli cessa di essere un laico.

Anticamente tali poteri venivano conferiti mediante ordinazione.2

Questa opinione, almeno sotto l'aspetto giuridico, non può più essere sostenuta dopo il discorso di Pio XII in occasione del II Congresso Mondiale dell'Apostolato Secolare.

Il Pontefice disse infatti: "Il secolare incaricato d'insegnare la religione con missio canonica, cioè con il mandato ecclesiastico d'insegnare, ed il cui insegnamento costituisce forse l'unica attività professionale", non realizza un apostolato gerarchico ma bensì un apostolato secolare.

Perciò il dedicarsi abitualmente ad un compito apostolico non toglie il secolare dalla sua posizione di persona laica, ne fa che egli entri a far parte della Gerarchia, giacché rimane valido il principio sancito nel c. 108,1: sono chierici solo quelli che hanno ricevuto la prima tonsura.

È però necessario ammettere che oltre il punto di vista giuridico esiste anche quello teologico.

Orbene, le osservazioni di Padre Rahner, in fondo più che toccare la nozione di secolare sotto l'aspetto istituzione, si riferiscono al tipo di attività ed alla precisa vocazione alla quale il secolare è chiamato da Dio.

In sostanza l'aspetto sociologico dell'inserimento del secolare nella vita del mondo è importante per fissare le differenziazioni di uno stato di vita in seno alla Chiesa, per indicare le linee d'azione e per tracciare il profilo della spiritualità, ma non per farne il criterio di separazione dei limiti gerarchici. In questo senso può affermarsi che il problema teologico impostato da Padre Rahner non è stato ancora risolto.

Un secondo punto, più arduo ed appassionante, si osserva nel problema relativo ai membri degli Istituti Secolari.

Infatti, se essi non sono sacerdoti, bisogna forse affermare che sono secolari - nel più esatto senso della parola - e che pure il loro apostolato è laico?

Una risposta negativa a tale quesito è molto logica per Padre Rahner, dato che i membri di un Istituto Secolare si dedicano abitualmente ad una funzione ministeriale in seno alla Chiesa.

Tuttavia occorre ammettere che, ai giorni nostri, la dottrina non ha ancora raggiunto una sufficiente maturità perché si possa dare una risposta definitiva a questo problema.

In ogni caso è indispensabile tener accuratamente conto delle varie differenziazioni.3

Oggettivamente non si può infatti negare che il carattere secolare di tali Istituti si trovi alla base stessa della loro natura.

E ciò avviene in maniera tale che l'inserimento dei loro membri nel mondo - lavoro o professione pubblica o privata - viene in essi pienamente realizzato, come requisito essenziale del loro modo di tendere alla perfezione e di attuare l'apostolato.

In altre parole, la professione dei consigli evangelici non risulta divisa nella sua attuazione normale ed ordinaria in mezzo al mondo: al contrario, l'unione di entrambi gli elementi è la caratteristica specifica del loro modo di essere nelle vita sociale della Chiesa.

Pertanto, considerato l'aspetto sociologico del concetto di secolare, bisogna ammettere che i membri degli Istituti Secolari rientrano nel medesimo: in tal senso il carattere secolare dell'Istituto coincide con uno degli aspetti più significativi dell'uomo secolare.

Ma il problema non è risolto.

Occorre esaminare come conseguenza della professione dei consigli evangelici, se esiste negli Istituti Secolari una vera maniera di realizzare la vita religiosa: occorre cioè domandarsi se teologicamente il membro di un Istituto Secolare continui ad essere un secolare, oppure se si sia già tramutato in un vero religioso, quantunque il diritto gli neghi una tale qualifica.

In realtà, il magistero e la legislazione pontificia riconoscono che gli Istituti Secolari conferiscono ai propri membri una "piena totius vitae consecratio" - una piena consacrazione di tutta la loro vita -, consacrazione che, aggiunta a quella battesimale, destina i membri dell'Istituto al conseguimento della perfezione evangelica ed all'attuazione dell'apostolato mediante la professione dei consigli evangelici.

Per cui i documenti pontifici dicono che questi Istituti Secolari "quoad substantiam" - in quanto alla sostanza - sono molto vicini agli stati canonici di perfezione; ma c'è di più: ne costituiscono uno essi stessi in seguito alla promulgazione della " Provida Mater Ecclesia".

Pertanto, sotto l'aspetto teologico, bisogna ammettere che esiste un'identità fra i mezzi per conseguire la perfezione nei membri degli Istituti Secolari ed i mezzi per conseguire la perfezione nei mèmbri degli Istituti Religiosi propriamente detti.4

Se si consideri l'aspetto giuridico del problema, la risposta dev'essere identica.

Infatti i documenti pontifici affermano l'esistenza di un vincolo "stabile, reciproco e pieno" fra l'associazione ed i suoi membri, affinché questi possano dedicarsi interamente e simultaneamente alla perfezione personale ed all'apostolato.

In tal modo i membri si affidano totalmente all'Istituto, e questo ne ha cura e ne è responsabile.

Orbene, questo vincolo è pubblico oppure privato?

Benché le discussioni canoniche continuino ancora, è sin d'ora difficile accettare la seconda tesi, dato che gli stati giuridici di perfezione rientrano appieno nella struttura pubblica della Chiesa.

E logicamente, da questo punto di vista, i membri degli Istituti Secolari non sono più laici: esiste in essi un vincolo stabile, aggiunto alla loro condizione di semplici battezzati.5

La risposta, dunque, alla domanda prima formulata deve tener conto di tutte le differenziazioni.

È infatti necessario distinguere con chiarezza.

La misurazione delle conseguenze che ne derivano dev'essere pertanto effettuata con molta cura e con grande attenzione.

Infatti l'unione degli aspetti sociologico e teologico fa sorgere una prima questione: quella relativa al modo concreto di professare i consigli evangelici da parte dei membri degli Istituti Secolari.

È affatto certo che quel modo può presentare delle caratteristiche assai peculiari, richieste simultaneamente dalla condizione secolare dell'Istituto e dalle circostanze dell'apostolato specifico che esso vuole attuare.

E ciò senza nulla perdere in fatto di profondità teologica, la quale esige sempre la consacrazione a Dio.

D'altra parte, l'aspetto giuridico può creare altre difficoltà, giacche le strutture concrete del diritto vigente, il cui fine è di tutelare la vita sociale, non possono adattarsi nel medesimo modo a tutti gli Istituti Secolari che portano questo nome.

II

La seconda delle mie riflessioni verte sull'apostolato dei secolari.

Simile riflessione è richiesta non solo dalla natura dei lavori intrapresi durante il vostro Congresso, ma anche dall'estesa dinamica che con tanto interesse e successo si manifesta allorché si tratta della vocazione alla santità da parte dei secolari.

Infatti la perfezione del cristiano secolare, in quanto trovasi inserito in Cristo, consiste nel conseguire una vera regalità, ogni giorno più perfetta, su se stesso e sul mondo che lo circonda.

La regalità sul mondo ha pure un altro nome: è la famosa "consecratio mundi" di Pio XII.

Ed ha pure una via sua propria, la quale deve avere obbligatoriamente due qualità, apparentemente opposte: quella della trascendenza, che esige un atteggiamento di rinuncia - poiché, il cristiano è cittadino del Cielo - e quella dell'immanenza, che presuppone un atteggiamento di presenza - poiché il cristiano è pure cittadino della terra.

Quest'ultimo atteggiamento è appunto quello che qui più c'interessa, dove l'aspetto dinamico del secolare occupa una posizione preponderante.

Orbene, quest'atteggiamento di presenza è totalmente imprescindibile, per la semplice ragione che si rende necessario un lavoro preparatorio che disponga il mondo a ricevere la parola e la grazia di Dio, ed è pure indispensabile un lavoro complementare che strutturi il mondo in maniera tale da rispondere pienamente alle esigenze del fine soprannaturale dell'uomo.

La ragione di ciò trovasi ben spiegata nelle seguenti parole di un autore contemporaneo: "I secolari sono i fedeli impegnati entro la trama del mondo.

Il secolare ha relazioni con il mondo per la propria origine naturale e con la Chiesa in seguito al Battesimo.

Il secolare attuerà dunque la consacrazione del mondo nella misura in cui vi sia introdotto e nella misura del suo abbandono a Cristo.

Pertanto l'atteggiamento spirituale del secolare in ordine alla sua santità non dovrà mai consistere nel pensare che, "malgrado la sua vita di famiglia o la sua vita di lavoro o la sua professione o la sua immersione nelle strutture terrene", egli può conservare sufficientemente la propria pietà ed il proprio fervore inferiore per essere pienamente cristiano.

Dai suoi obblighi, che nascono dalla consacrazione battesimale, si deduce che, appunto a causa di tale presenza nel mondo, nella famiglia, nel lavoro, nelle strutture temporali, egli è chiamato ad un maggiore sviluppo della sua vita cristiana, che costituisce la sua vocazione personale alla santità.

Quanto meglio saprà vivere per Cristo, tanto meglio saprà agire con efficacia, come fermento delle strutture della società in cui si trovi e svolga le sue attività profane.

Di conseguenza le sue maggiori responsabilità nell'ordine naturale e la sua maggiore immersione nelle strutture di questo mondo, piuttosto che allontanarlo, debbono avvicinarlo maggiormente a Cristo per viverLo più pienamente e poter così aumentare la sua efficacia di 'fermento soprannaturale ».6

Dalle idee or ora citate si deducono chiaramente i diversi modi di realizzare la presenza del secolare nel mondo.

Il primo modo è quello chiamato impegno generale.

Al riguardo è assai utile dare due avvertimenti.

Il primo è il seguente: mentre l'oggetto primario del sacerdozio gerarchico è costituito dalle persone che debbono essere santificate tramite esso, l'oggetto primario dell'attività dei secolari sta invece nelle strutture temporali.

In altre parole, perfezionare il mondo affinché si organizzi sempre più efficacemente secondo la concezione cristiana della vita, costituisce il campo specifico dell'apostolato secolare nel suo significato più stretto.

Il secondo avvertimento è questo: l'impegno temporale dei secolari esige in essi un continuo e ripetuto esame di coscienza.

È necessario che passino in rassegna la loro attività allo scopo di fuggire i pericoli che s'incontrano per via; è loro imprescindibile un gran cristianesimo -fatto di convinzione e di principi intimamente radicati nel più profondo dell'anima, al fine di poterlo vivere in tutta la sua pienezza e profondità.

Forse non è superfluo ricordare a questo proposito l'opportuno avvertimento di Padre Congar: "Per colui che pensasse ad un risultato analogo a quello della tecnica, vi è, forse, motivo di delusione.

Avrà frequentemente l'impressione dell'insuccesso.

Tale impressione l'avrà pure, e spesso non senza ragione, nella sua vita professionale, familiare, coniugale.

Di modo che, pur senza voler approvare l'insuccesso e senza creare un ideale di vinto soddisfatto, è necessario includere la legge della Croce nella concezione stessa dell'azione cristiana".7

Un secondo modo di presenza secolare nel mondo si trova nella testimonianza di Cristo, che egli deve rendere nell'ambiente in cui vive.

L'importanza di ciò è innegabile, come già sottolineò Pio XII: "Sappiamo quale potente ed insostituibile valore, per il bene dell'anima, abbia questo semplice adempimento del dovere del proprio stato da parte di milioni e milioni di fedeli coscienziosi ed esemplari".

In ultima analisi trattasi di una delle realizzazioni concrete della raccomandazione evangelica contenuta nel Discorso della Montagna: 'Voi siete il sale della terra', 'voi siete la luce del mondo' ( Mt 5,13-14 )".

Le idee esposte sono correnti e da tutti ammesse.

Tuttavia le nostre riflessioni non possono terminare qui.

Ci si deve chiedere ancora: il dovere della presenza del secolare nel mondo, resta esaurito con il suo impegno temporale e con l'esemplarità della sua vita?

O forse meglio ancora: il valore della testimonianza si riduce solo all'esemplarità della condotta professionale?

Una risposta esauriente presuppone un'esatta conoscenza della missione del secolare, quale è richiesta dalla sua consacrazione battesimale.

La tradizione cristiana ha sempre designato il Battesimo come « Sacramento della Fede » e la Cresima come « Sacramento della Confessione di Fede ».

Ne consegue che, secondo S. Tommaso, il cristiano deve, in virtù della Cresima, professare la fede quasi ex officio ( III, q. 72, a. 5 ), vale a dire a motivo della sua stessa condizione di cristiano.

Questa professione esteriore di fede non può ne deve essere che un segno ed un'espressione della sua fede interiore: e ciò in modo che la fede e la sua confessione costituiscano una sola realtà nella vita soprannaturale del cristiano.

D'altra parte, essendo la confessione della fede una manifestazione esteriore, essa è oggetto di un precetto divino, richiesto dalla fede stessa: tale precetto obbliga - secondo l'avvertimento di S. Tommaso - quando l'esiga l'onore dovuto a Dio oppure la carità verso il prossimo ( II-II, q. 3, a. 2 ).

Orbene, questa carità è tanto più impellente quanto maggiore è il pericolo che il mondo si materializzi e si allontani dalle vie della salvezza.

Conseguenza importante: oggi più che mai la carità obbliga veramente i secolari a confessare la loro fede.

Seguendo questa mia riflessione, occorre ora porsi la seguente domanda: Quali sono gli atti concreti che comporta ed esige la confessio fidei?

Certamente l'esemplarità della propria vita, ma anche soprattutto l'annuncio fatto agli uomini, della propria fede in Cristo.

Intatti S. Paolo, nel noto testo in cui proclama che i cristiani sono una "stirpe eletta, una classe di sacerdoti re, gente santa e popolo conquistatore", aggiunge il perché di siffatta dignità: "per divulgare le grandezze di colui che vi trasse dalle tenebre verso la mirabile luce" ( 1 Pt 2,9 ).

E tale fu, e non altra, la condotta dei secolari che, in Antiochia e Samaria, annunciarono il Regno di Dio ( At 11,19; At 8,4 ), e di Priscilla e Aquila che condussero Apollo nella loro casa, "e l'istruirono più a fondo nella dottrina del Signore" ( At 18,26 ).

Ed è precisamente a questi ultimi che si riferisce San Paolo chiamandoli "synergoi", cioè coadiutori, perché lavorarono con lui in Gesù Cristo ( Rm 16,3 ).

Pertanto non si può che trarre la conclusione seguente: l'oggetto proprio della testimonianza di Cristo - come atto di presenza del cristiano nel mondo - non rimane esaurito con la sua vita esemplare: al contrario, reca con sé anche il dovere di annunciare la fede di Cristo agli altri uomini.

Questa mia riflessione è partita dal dovere della confessio fidei, che si trova alla base stessa della consacrazione battesimale del cristiano.

Ad un'identica conclusione si potrebbe giungere partendo dal significato teologico della testimonianza, secondo la dottrina biblica del Nuovo Testamento.

D'altra parte, l'annuncio della fede da parte dei secolari può manifestarsi attraverso forme e modi assai vari: da un'azione positiva nelle funzioni del culto stabilite dalla Chiesa, fino alla realizzazione delle opere di misericordia, passando attraverso l'attività evangelizzatrice propriamente detta, com'è l'opera catechistica e di magistero.

Questo è il campo che Pio XII chiamò "campo dell'apostolato propriamente detto", poiché in esso "i secolari assumono compiti derivanti dalla missione affidata da Cristo alla sua Chiesa".

E questo spiega l'avvertimento dello stesso Pontefice, quando si domandò: "Si potrà affermare che tutti i secolari sono ugualmente chiamati all'apostolato nella stretta accezione del termine?

Dio non ha dato a tutti - rispose - né la possibilità né l'attitudine per farlo".

È assai probabile che a questa dottrina qualcuno voglia opporre l'osservazione seguente, tolta dagli scritti di Padre Rahner: "Ciò che si fa in tal senso ( per esempio, il mestiere di catechista ) non è, sotto l'aspetto teologico, apostolato secolare, ma bensì una particella d'apostolato gerarchico che viene assunto con consenso espresso o tacito della Gerarchia".8

A tale affermazione può opporsi quanto segue: in simile questione quel che è importante è conoscere entro quali limiti si trova l'oggetto proprio dell'apostolato secolare, al fine di poterlo distinguere da ciò che si trova fuori e già appartiene ad un altro campo specificamente distinto, cioè sapere se una determinata attività, quella del catechista, per es: si trova alla base stessa della consacrazione battesimale senza modificare la natura dell'apostolato secolare.

Orbene, bisogna affermare che l'annuncio della propria fede non è estraneo alla condizione del laico: esso proviene sia dalla confessio fidei propria del confermato, sia dalla testimonianza che questi deve rendere a Cristo.

Pertanto non si tratta di una partecipazione all'apostolato gerarchico, ma di un apostolato eminentemente proprio dei secolari.

Ne consegue che bisogna affermare chiaramente - ricordando che la carità verso il prossimo in tempi di tanta paganizzazione come fattuale è particolarmente urgente - che l'evangelizzazione degli uomini e l'annuncio della propria fede in Cristo vengono a costituire un dovere impellente.

La Chiesa ha bisogno dei secolari, anche perché confessino la loro fede ed annuncino la parola di Dio, "assumendo positivamente compiti derivanti dalla missione affidata da Cristo alla sua Chiesa": tali sono le parole di Pio XII precedentemente citate.

III

La nostra terza ed ultima riflessione verte sulle associazioni come tali.

Il senso sociale dell'uomo e le esigenze stesse dell'apostolato moderno obbligano a riflettere sul fenomeno associativo dei secolari in ordine all'adempimento del loro dovere apostolico in seno alla Chiesa.

Prima di tutto, ecco un avvertimento preliminare: la coscienza del dovere d'associazione non deve condurre al disprezzo della iniziativa privata nell'attuazione dell'apostolato: Pio XII fece di essa uno dei migliori elogi; "fuori di ogni organizzazione - egli disse - vi possono essere e vi sono apostoli secolari, uomini e donne, che pensano al bene che occorre fare, e lo fanno unicamente preoccupati di guadagnare anime alla verità, ed alla grazia".

E continua dicendo: "Non datevi pensiero di domandar loro a quale organizzazione appartengano; piuttosto ammirate e riconoscete di buon grado quello che fanno".

"L'apostolato privato è dunque l'iniziativa privata dei secolari che opera nel campo d'azione apostolico.

È questa l'attività dei laici che svolgono un lavoro veramente sociale all'interno del Corpo della Chiesa, per propria ispirazione e mossi dalla fede e dalla carità soprannaturale che. vive nel loro cuore".

Con perspicacia è stato fatto notare che, allo stesso modo in cui nella Chiesa vi sono due forme di preghiera, quella liturgica e quella privata, debbono pure esistere varie forme d'apostolato: fra di esse quello privato".9

Nonostante il valore dell'iniziativa privata, tanto vicina alla libertà individuale, non si può perder di vista la necessità delle associazioni.

Si tratta qui di un'esigenza proveniente da una triplice considerazione ecclesiale.

Innanzi tutto, le associazioni di secolari sono un segno dell'unità della Chiesa.

La realtà comunitaria del Regno di Dio, positivamente voluta da Cristo e manifestata pienamente nella Chiesa universale, trova pure altre dimostrazioni che sono un'espressione vera, sebbene parziale, e sono nello stesso tempo un segno manifesto.

Una di esse si ritrova nelle associazioni dei secolari: in verità sono questi i figli di Dio che, riunite le loro forze, vogliono realizzare pienamente la loro comune missione, quella di estendere il Regno di Cristo a tutte le anime.

Le associazioni di questo tipo sono pure sostegno e formazione dei loro membri in ordine all'apostolato, dato che il cammino è arduo e le difficoltà non sono poche.

Benché lo Spirito di Dio stimoli direttamente le anime e le fortifichi con la sua grazia, l'associazione è necessaria: la comunione di uomini che si dirigono verso un medesimo fine è ad un tempo sostegno e formazione.

Essa costituisce pure un orientamento per gli stessi compiti apostolici, dato che i gusti soggettivi non debbono essere sopravalutati in confronto delle necessità oggettive e poiché la Chiesa deve poter disporre di secolari organizzati, quali servitori di Cristo nel compito di salvare gli uomini.

Orbene, fissato il principio della necessità delle associazioni, non si può non constatare che la loro organizzazione concreta pone un problema di carattere giuridico.

A questo punto le nostre osservazioni sono necessariamente limitate, finché la riforma del Codice di Diritto Canonico non indichi i solchi giuridici del futuro.

Tuttavia è poco probabile che le linee generali del diritto vengano modificate in maniera sostanziale.

Prima di tutto è certo che la Chiesa, avrà sempre bisogno di associazioni proprie dei secolari, che il diritto chiama oggi ecclesiastiche, costituite con finalità apostolica ed approvate od erette mediante decreto giurisdizionale della competente autorità della Chiesa.

Facendo un passo innanzi sarà opportuno chiedersi: Che posto occuperà giuridicamente l'Azione Cattolica in senso stretto, nel futuro?

È impossibile rispondere con precisione ed esattezza.

Basti dire che, secondo la dottrina di Pio XII, tanto amante, d'altronde, del principio della multiformità nell'apostolato dei secolari, l'Azione Cattolica rappresenta l'apostolato secolare ufficiale, che gode dei più stretti legami con la Gerarchia.

D'altra parte, a lato delle associazioni ecclesiastiche bisogna collocare quelle associazioni civili che, sebbene siano soggette alla legislazione civile dei rispettivi paesi, possono per volontà dei loro membri essere animate dal maggior spirito cristiano e tendere ai più ampi fini apostolici.

La nostra attuale legislazione, canonica chiama tali associazioni commendatae, cioè raccomandate, giacche i loro fini sono molto conformi allo spirito della Chiesa.

Non è possibile negare né la legittimità né la fecondità di queste associazioni in ordine al fine della Chiesa, né lo spirito apostolico che anima spesso i loro membri.

Inoltre Pio XII ha segnalato la loro grande trascendenza, indicandola come elemento atto ad essere assunto dalla Gerarchia e munito di mandato positivo, attuale od abituale.

Nel suo discorso in occasione del II Congresso Mondiale dell'Apostolato Secolare, egli lasciò intravedere tali prospettive non introducendo alcuna distinzione e fissandosi esclusivamente sulla fecondità dell'azione: "Gli individui o gruppi possono mettersi a disposizione della Gerarchia, e questa affiderà loro, per un certo periodo fisso ed indeterminato, compiti per i quali riceveranno il relativo mandato …

L'importante è che la Chiesa gerarchica, i vescovi, i sacerdoti, possano scegliersi dei collaboratori secolari quando incontrino persone capaci e disposte ad aiutarli".

Esposte queste idee, che del resto sono comuni agli autori, sorge una domanda: la divisione bipartita fra associazioni ecclesiastiche e civili ( sempre con finalità apostoliche ) dev'essere limitata alle circostanze concrete ed all'opportunità dei tempi e luoghi, oppure deve corrispondere ad un'esigenza imposta dall'oggetto stesso dell'apostolato da attuare?

Quest'ultima posizione è stata difesa da Padre Rahner.

Ecco quel che dice: "Occorre affermare che un'associazione religiosa in cui l'elemento religioso ( preghiera, culto, formazione religiosa, pratica dei consigli evangelici, ecc. ) rappresenti il fine primordiale immediato, non può essere fra cattolici se non una organizzazione ecclesiastica.

Infatti tale associazione non può essere giustificata se non come funzione della Chiesa universale, nella sua dimensione visibile e gerarchica.10

Nonostante queste affermazioni del celebre teologo tedesco, sarebbe assai difficile dimostrare che una determinata finalità apostolica esige, inevitabilmente, ed in tutte le parti del mondo, una determinata organizzazione tipica.

In realtà il campo delle istituzioni giuridiche deve avere l'agilità sufficiente per tutelare il conseguimento dei fini richiesti dall'iniziativa umana.

Sono le circostanze concrete che in ultima analisi debbono determinare quale tipo d'associazione sia la migliore per una determinata attività, sempre che essa non esuli dalla sfora dell'autorità competente.

Ed è evidente che alcuni fini apostolici perseguiti dai secolari possono rientrare pienamente nel campo delle legislazioni civili dei rispettivi paesi.

Ecco infine, prima di terminare, due considerazioni assai opportune.

La prima è la seguente: forse le circostanze attuali del mondo consigliano che i secolari, almeno in molte parti, coscienti delle loro responsabilità cristiane, si uniscano proprio in associazioni civili, allo scopo di svolgere funzioni apostoliche inquadrate nella sfera della confessio fidei.

Però saranno sempre indispensabili dei legami con la Gerarchia.

Ecco quanto disse in proposito Pio XII nel suo discorso indirizzato al II Congresso Mondiale dell'Apostolato Secolare: "È evidente che in ogni caso l'iniziativa dei secolari nell'esercizio dell'apostolato deve mantenersi sempre nei limiti dell'ortodossia e non opporsi ai legittimi precetti delle autorità ecclesiastiche competenti".

In altri termini, i limiti entro cui deve muoversi questo apostolato, affinché non arrivi mai ad essere antigerarchico, sono costituiti teologicamente dall'ordine dottrinale e morale della Chiesa, e giuridicamente dalle leggi disciplinari applicabili al caso.

Infatti non si può dimenticare una duplice prospettiva nell'attività associativa dei secolari, molto adatta per i nostri tempi: è necessario per la Chiesa il poter disporre di associazioni di carattere internazionale giuridicamente organizzate: questo lo esige inevitabilmente l'attuale congiuntura del mondo.

D'altra parte è conveniente, per lo meno in molte parti, la cooperazione prudente ma sincera con gli acattolici ed i non cristiani, al fine di tutelare fra gli uomini il patrimonio detta vera dottrina.

Ciò rappresenta, in fine dei conti, un omaggio a Cristo, Salvatore di tutti gli uomini, ed una chiara affermazione dell'unità della famiglia umana.

Ho esposto le mie modeste riflessioni.

In questo Congresso avete svolto un ampio lavoro costruttivo ed efficiente; io mi sono limitato a porre la nota finale.

Ho fiducia che le mie parole serviranno a corroborare i vostri punti di vista e ad animarvi al vostra lavoro multiplo ed apostolico di secolari coscienti.

Avete preso in esame l'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata: essa andrà avanti poiché i suoi membri, sebbene strettamente vincolati ad un Istituto Secolare, sono dei veri laici, per lo meno in senso sociologico, con un vero inserimento nel mondo.

Avete guardato con affetto all'apostolato dei Catechisti; non fermatevi durante il cammino, giacché tutto ciò rientra completamente nel campo della confessione della fede, tanto propria e specifica al secolare.

Voi siete orgogliosi di formare un'associazione di ex-allievi, sotto l'ispirazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane e con carattere d'internazionalità: siate coscienti della forza immensa che essa rappresenta per la Chiesa e per un'efficiente opera di cristianizzazione delle strutture umane.

Concludo manifestandovi il mio augurio ardente e sincero: che voi tutti, ex-allievi lasalliani, costituiate sempre un'autentica speranza per la Chiesa.

Ve lo dico come vescovo, ma pure come ex-allievo dei Fratelli delle Scuole Cristiane.

Mons. Narciso Jubany, Vescovo di Gerona


1 Jalons pour une théologie du Iaicat ( Parigi, 1954 ).

2 L'apostolo des Iaics, in « NouveHe Revue Théologique » 78 ( 1956 ), pagg. 3-32.

3 Nelle nostre riflessioni ci basiamo esclusivamente sulla legislazione costituzionale, promulgata dalla Santa Sede in merito agli Istituti Secolari.

4 Recentemente, nella sua allocuzione del 23 maggio scorso, Paolo VI diede la seguente definizione teologica della vita religiosa, la quale supera di molto in ampiezza e profondità la definizione giuridica dello stato religioso contenuta nel c. 487: « Ita fìt ut professio votorum evangelicorum adiungatur consecrationi, quae propria est baptismatis, et hanc, quasi quaedam consecratio peculiaris, compleat, eo quod christifidelis se Deo penitus committit ac devovet, totam vitam suam efficiens eius •anius famulatum » ( AAS 1964, 567 ).

5 Cf. Karl Rahner, Les instituts séculiers, in « Mission et gràce » ( Parigi, 1963 ), voi. II, cap. 7, pagg. 167-210 ).

6 José M.a Fondevila, La santidad del laico, in « Manresa » 36 ( 1964 ), pag. 255.

7 Jalones para una teologia del laicado, pag. 548.

8 Karl Rahner, Sabre et apostolado seglar, in « Escritos de teologia » ( Madrid, 1961 ), voi. II, pag. 363.

9 Mons. Narciso Jubany, La Misión canònica y et apostoiado de los segtares, in « La potestad de la Iglesia » ( Barcellona, 1960 ), pag. 483.

10 Karl Rahner, et apostolado seglar, in « Escritos de teologia » ( Madrid, 1961 ), voi. II pag. 367, nota 5 ).