Commemorazione del Fr. Teodoreto

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Pubblichiamo la seconda parte della commemorazione del Fr. Teodoreto, fatta dal dr. Conti il 6/2/71 alla Casa di Carità, desumendola come possiamo dal nastro magnetico, e preghiamo i lettori di voler scusare le inevitabili imperfezioni.

La vita del Fr. Teodoreto è una vita sostanzialmente unitaria, non tanto perché egli visse da Fratello dal 1887 fino alla morte nel 1954, ma perché l'unitarietà della sua vita non è solo di superficie, di divisa, di atti esterni.

È un'unità profonda, nasce da un'unità che cresce dentro.

E che cosa ci manifesta questa vita del Fratel Teodoreto?

lo vi dirò qualcosa e voi direte il resto.

Siete invitati a dire anche voi, in modo che tutti quelli che l'hanno conosciuto possano dire l'aspetto del messaggio di Fratel Teodoreto; di quanto di messaggio ha la sua vita, quindi vivibile da noi, traducibile da noi.

Intanto ecco una considerazione che si può fare per tutti i santi, ma che mi pare valga particolarmente per Fratel Teodoreto, siccome ci è stato molto vicino.

Egli ci ha rivelato che la vita dell'uomo è una cosa seria, che non è una barzelletta, che non è una serie di esplosioni, di successi e insuccessi: è una cosa importante la vita di ogni uomo, anche di quelli più umili.

Nella serietà e nella gravita della sua vita ci ha manifestato la gravita della nostra, ci ha manifestato come la serietà della vita dell'uomo, questa gravita, deriva essenzialmente dal suo farsi dall'interno.

Se la nostra vita si fa dall'interno e non dalle circostanze esteriori, puramente e semplicemente dall'interno, allora veramente diventa un contributo irrepetibile, inderivabile dalle condizioni esterne, una novità assoluta rispetto al mondo, una novità assoluta per tutti gli altri.

Nella misura in cui la nostra vita si fa dall'interno, si fa cioè dalla luce che possiamo ricavare dalle profondità del nostro essere, si fa dalla coerenza rispetto a questa luce interiore, si fa così.

Certo è una vita che ha rapporto all'azione con i condizionamenti, per es. del temperamento, della condizione, della costituzione, che ha senz'altro dei riferimenti alle situazioni sociali, ambientali, certo, è un dialogo con tutto questo, ma si fa nel suo intimo, cioè si compone da un volto.

Sia i fattori psicobiologici della nostra personalità, sia delle circostanze esterne, da un volto per una nascita interna.

Fr. Teodoreto ci ha rivelato questo, che ciascun uomo cresce su se stesso, dall'intimo di se stesso e non dall'esterno ed è per questo che l'uomo è estremamente prezioso.

Proprio per questo suo modo d'essere e per quello che può nascere anche a vantaggio di tutti gli altri, per questo suo modo di fare.

Ecco è dì qui, quel carattere di lealtà, di compostezza, di coerenza, di gravita, di sicurezza che erano note dominanti della vita di Fratel Teodoreto.

Questa gravita non era tanto radicata nel suo temperamento, che per altro era vivace e tendeva ad essere violento: non è che fosse un temperamento mite.

Infatti quando gli fecero esaminare la grafia da uno studioso il giudizio fu questo: « È un uomo che si controlla ».

Quindi non era un'indole calma, mansueta; aveva la sua vivacità, la sua sensibilità.

Ancora vecchio, qualche volta gli capitava di arrossire per un certo calore o comunque emozione dall'interno.

Eppure proprio perché la sua vita è tutto un farsi dall'interno prendendo le mosse da quel tanto di luce, di forza profonda che gli veniva dall'interiore, ecco quel carattere di compostezza, di coerenza, e non solo per un'osservanza esteriore di regola, che fa abitudine di vita, di gravita, di sicurezza.

Questo è per noi una grande luce oggi, sollecitati come siamo dalle mille proposte più o meno opprimenti, sconvolgenti ecc.

È un invito a considerare tutte queste cose, ma in ogni caso spinge dal profondo di noi stessi ad illuminare tutte queste cose con la luce che ci viene dall'interno di noi stessi: a costruire nella coerenza con quella luce che abbiamo dentro.

Ecco, d'altra parte anche con fiducia e sicurezza come diceva Fratel Teodoreto « Chi è fedele alla propria luce interiore, può essere sicuro che se anche non vede tutti i passi che lo porteranno alla meta, al risultato ultimo della sua vita, può essere sicuro che è ben diretto e lungo la giusta via ».

Ecco il giusto senso della vita, un passo dopo l'altro nella coerenza e nell'approfondimento di questa luce interiore.

Un secondo aspetto del suo messaggio più specifico, io lo vedo in questo: che Lui ha riproposto al suo Istituto, a noi, alla Chiesa la validità e il senso della vocazione del fratello delle Scuole Cristiane e l'ha riproposto più che non con tanti discorsi, con la sua vita.

E questo non è poco; l'ha riproposto appunto come Fratello delle Scuole Cristiane.

Fratello, delle Scuole Cristiane; non si può dire Fratello senza Scuole Cristiane e viceversa.

Ha dimostrato come c'è coerenza che è un tutt'uno fra questi due elementi: di essere Fratello, cioè consacrato in questo caso, e d'altra parte delle Scuole Cristiane, in questo caso dedito all'apostolato della scuola.

Ce l'ha riproposto in un momento in cui il mondo avverte che nella scuola vi è forse l'unica vera occasione di una promozione umana sociale generale di rinnovamento di base; forse l'unica: o scuola, o rivoluzione.

Non ci sono altre vie di mezzo, ce l'ha riproposto questo in un momento in cui i cattolici sono come dimentichi di quanto nel campo dell'educazione è avvenuto lungo i secoli; dell'importanza dell'opera educativa della Chiesa nei confronti del mondo in genere anche della società civile e che sono in un atteggiamento di distruzione di tutto quello che hanno, non invece di rinnovamento; di distruzione, e che mentre ormai si sta mettendo in crisi tutto, compresa la scuola di stato che viene contestata ecc., in nome di … ecc., i cattolici stanno mettendo in crisi la loro scuola cristiana volendo andare alla scuola di stato.

Quindi ci troviamo a ricomprendere questo fatto: che non ci può essere scuola senza dedizione; non ci può essere scuola senza paternità spirituale; non ci può essere scuola senza assunzioni di responsabilità paterne, direi nei confronti di coloro che la frequentano.

Una scuola della somministrazione delle notizie da una parte, oppure una scuola di esercizio metodologico dall'altra, metodo della libertà, della ricerca ecc. sono delle libertà che risultano lesive di quella che è la crescita vera dell'uomo in quanto tale.

Ci ha anche ricordato che è difficile poter concepire la scuola semplicemente come funzione, come mestiere.

Se volete, in una società fortemente strutturata, c'è questa valenza della scuola; che la scuola in ogni caso, si giri come si vuole, appunto perché deve essere stimolazione, presentazione di messaggio, è missione e nella misura in cui la scuola perde questa carica missionaria, cioè mandata ad annunziare agli altri alcunché, a essere principio di vita per gli altri, per questo intendo missionaria, la scuola in cui si dimentica questo, si svuota e capita quel che sta capitando.

La scuola non può essere strumentalizzata a ideologie di destra o di sinistra, per sua natura.

Quindi Fratel Feodoreto ci dà il giusto senso della scuola, appunto perché ci ripresenta il giusto senso della vita del fratello delle Scuole Cristiane.

E in un mondo dove, diciamo la verità, se togliamo ancora la possibilità della scuola, questa carica della scuola, che cosa vogliamo giocare? che cosa ci rimane?

Così ormai sempre più stretti da relazioni di ogni genere alle quali non possiamo sfuggire e che ci travolgono: economiche, tecnologiche, organizzative, politiche ecc.

Se questo stato non ce lo difendiamo, non so cosa capiterà, quindi il senso della vita del fratello delle Scuole Cristiane che non è tanto un edificio, dei banchi, ma soprattutto un rapporto, un travaso di vita, una crescita insieme.

Un altro aspetto del messaggio di Fratel Teodoreto è questo: che va bene per tutti i cristiani.

Ma noi l'abbiamo visto molto bene; quindi, quando ci ricacciamo a lui, questo ci appare in modo molto vero, che la vera vita, la vita che vale la pena di vivere, è quella che si vive come mozione dello Spirito Santo.

È quella che è animata da questo vento impetuoso dello Spirito, che non si deduce dal mondo perché non è un condizionamento del mondo, ma Spirito che viene dall'alto, Spirito che vivifica, che eleva, che tutto riprende, tutto purifica, tutto matura, tutto sviluppa fino alla fine.

Questa è la vera educazione alla libertà, educazione a vivere secondo la mozione dello Spirito, da Dio, in Dio, verso Dio.

Quante volte Fratel Teodoreto non raccomandava di rivolgerci allo Spirito Santo.

Lui stesso pregava espressamente lo Spirito Santo ed era in attesa, prima ancora di mettervi l'intenzione, era in attesa della mozione dello Spirito, della luce che veniva appunto dal conforto, dalla sollecitazione che veniva dallo Spirito.

E quando lo consultavamo noi sui vari problemi personali, dell'Unione, di apostolato, come si avvertiva che il suo orecchio sì, ascoltava le nostre parole per racchiuderle nel suo cuore, ma soprattutto era nell'ascolto dello Spirito, per poter dire quella parola decisiva, risolutiva.

Come Lui, diventava mosso dallo Spirito, anch'egli sorgente di acqua viva che zampilla alla vita eterna.

Questa è l'esperienza di chi lo frequentava; di qui quella sintesi mirabile direi, che sembra essere in qualche modo contrastante ma in realtà non lo è, come per esempio la decisione e la compostezza.

Sembrerebbe che in secondo piano la compostezza non va più, non è importante, come per esempio la tenacia; perché era vera tenacia in Fratel Teodoreto pero la dolcezza, senza sprezzo, senza durezza.

Tenacia e dolcezza nel medesimo tempo, impegnato, e come, amabile, al punto di apparire come disoccupato, disimpegnato, così disponibile, nella sua amabilità, eppure profondamente impegnato.

Immobile e pure attivo, attivo negli affetti, negli interventi.

Non attivistico in una sorta di immobilità, di staticità che gli derivava appunto da questo suo star davanti a Dio, in attesa, nella ricerca umile e silenziosa del soffio dello Spirito.

E quindi rappresentava queste due cose, al punto che parlandone con lo scultore, cercando sotto quale aspetto poterlo rappresentare, perché la sua vita non è piena di gesticolazioni, non è piena di grandi imprese esteriori, è una vita composta, grave, solerte, ma così, abbiamo fatto vedere allo scultore la maschera di bronzo, quella che fu ricavata dal calco di gesso fatto fare subito dopo poche ore dalla morte.

Se l'e messa davanti e a un certo punto diceva: « ma io sento un calore, sento un'attrattiva, se guardo questo volto ».

Ecco, questo era Fratel Teodoreto.

Questo è che muove e che faceva muovere attorno a sé, che attirava, riscaldava perché lui a sua volta era in attesa, disponibile "a".

Era veramente trasparente e tanto è vero che abbiamo deciso di rappresentarlo in un certo modo, in modo da raccogliere questo fatto; lui nell'atto magari di insegnare che, per quel calore che si sprigionava da quel suo essere alla presenza di Dio, del suo essere disponibile allo Spirito, raccoglie attorno a lui una corona di effetti, la vita, un mondo che si muove e prende vita attorno a questa figura irradiante di Fratel Teodoreto, perché penetrata da Dio, dallo Spirito.

E per esempio, un altro contrasto, perfettamente superato, la verginità da una parte, estremamente casto, veramente casto Fratel Teodoreto, con una sensibilità particolare, e nello stesso tempo estremamente fecondo.

In lui abbiamo sentito la paternità e si continua a sentire questa paternità spirituale.

In lui sentiamo veramente un principio per la nostra vita; un punto di vita, un inizio di vita, una sorgente di vita per la nostra vita e lo sentiamo, oramai lo possiamo dire, in tutto l'arco della nostra esistenza.

Io non l'ho conosciuto quando era molto giovane, ma ho visto dei Catechisti che l'hanno conosciuto quando era un ragazzo; io l'ho conosciuto ad una certa età, ma sto verificando che da quando si era ragazzi ad ora uomini fatti e poi anziani e forse vecchi, questa paternità si fa sentire.

È una paternità calda, suscitatrice di conforto, questa presenza irradiante.

Direi che non dobbiamo neanche tanto fare lo sforzo di ricorrere a Fratel Teodoreto, quanto di lasciare che Lui irradi qualche cosa dentro di noi.

Sono convinto che dicendo questo dico una esperienza, se vogliamo esser sinceri, di tutti quelli che siamo qui e che l'abbiamo conosciuto e seguito.

Ultimo aspetto, vorrei ancora dire qualche cosa sul suo "essere di Cristo".

Veramente che cosa significa essere cristiani, essere di Cristo, l'abbiamo imparato da Fratel Teodoreto.

È qualche cosa di diverso che il non ben compreso "imitazione di Cristo" che è valida, intendiamoci, ma di solito intessa esteriormente come lo intendiamo purtroppo tante volte noi.

Spero di non far torto a nessuno nel fare questa affermazione, eppure, ecco la presentazione della vita cristiana: fare come Gesù, imitare Gesù, cercare di essere con Lui, ecc.

Nel suo fondo tutte queste cose sono vere ad un patto, che si vedano come un processo che ci fa essere di Cristo, essere veramente avendo in Lui il nostro principio e il nostro fine: « Io sono l'alfa e l'omega » il principio e la fine, il primo e l'ultimo.

Appartenenza, questo è importante e lo abbiamo visto in Fratel Teodoreto.

All'inizio della sua vita religiosa c'era questo, tuttavia c'era una sua grande determinazione di fare, di essere, dalle lettere che lui scriveva al suo nipote diventato anche lui fratello, diceva: « Bisogna che ci facciamo santi, siamo dei minchioni se non ci facciamo santi ».

C'è la stessa deliberazione, questo impegno, mentre il discorso su Gesù c'era, ma c'era soprattutto questo discorso di impegno, di deliberazione, determinazione.

Ma da un certo punto in poi c'è il rovesciamento di determinazione; c'è veramente, poco per volta, gradualmente.

Illumina un detto di Fra Leopoldo che gli era stato consegnato poco prima della morte di Fra Leopoldo: « Dirai al Fratel Teodoreto che se si sente di tenersi davanti a me, che sono il padrone di tutti i santi e di tutte le santificazioni e si sente di tenersi come corpo morto, questo sarà il perfezionamento della sua santificazione ».

Cioè a poco per volta, non è più lui che punta per andare a Gesù, è che si abbandona all'azione di Gesù che è penetrante, che lo fa essere tutto suo e ci sono, proprio delle fasi: « abbandono il mio capo sul suo cuore », ci sono delle lettere alla fine della sua vita.

Gesù diventa sempre più il principio di tutto e lui diventa sempre di più di Cristo e lo diventa nella Passione e Morte di Gesù.

Lo si può vedere bene intanto perché tutte le occasioni di dolore della sua vita, e le prove furono molte, comprese anche malattie gravi.

Segnano tutte quante un avanzamento e non c'è iniziativa di Fratel Teodoreto che non sia accompagnata, seguita dalla croce, ma dalla croce di Gesù, non una croce qualunque.

Direi che al termine di tutte queste esperienze lui si ritrova più profondamente immerso in Cristo e Cristo Crocifisso.

In Fratel Teodoreto, se guardiamo bene, noi abbiamo l'esperienza dell'azione vivificante del sangue versato da Cristo, mentre noi di solito quando pensiamo alla croce, tendiamo a farne un evento esternò, invece è una realtà che ci attraversa dall'interno.

Il suo sangue versato ci vivifica; è nel suo sangue versato che noi siamo vivificati.

E in Fratel Teodoreto si vedeva questa vivificazione, si vedeva così con una luminosità particolare che a volte assumeva il suo volto; comunque una luminosità, di tutto il suo comportamento, dì tutto il suo dire, il suo fare.

Una luce che invitava a tenerlo presente Fratel Teodoreto, e andare oltre.

Una luminosità, l'abbiamo sperimentato, e sentivamo una freschezza e un calore nel medesimo tempo nello stare con lui, proprio come S. Caterina da Siena parla del Sangue dì Cristo che è fresco e caldissimo nel medesimo tempo.

Cioè la crescita di Fratel Teodoreto non era tanto una crescita di proposito; certo che c'era, una crescita di ordine volontaristico, moralistico, semplicemente, veramente era una crescita da un seno, da una vita, da sangue e sangue di Cristo, da quel seno che sono le Piaghe di Cristo.

Questa era l'esperienza che a tendere bene l'orecchio si poteva avvertire frequentando Fratel Teodoreto.

Quindi con Fratel Teodoreto abbiamo avvertito bene che cosa significa esser di Cristo, abbiamo capito bene che cosa è la Passione, il Sangue rigeneratore di Cristo, abbiamo potuto capire questo calore, questa freschezza, questo rinnovamento continuo operante dalla nostra partecipazione al Signore.

Sono grandi cose.

Ci sono anche tanti altri aspetti.

Ora il tempo a disposizione è superato, avrei ancora altre cose da dire, come è evidente da parte di uno che come tanti altri ha avuto l'incomparabile fortuna di essere un discepolo, un figlio spirituale di Fratel Teodoreto.

Quindi è logico che vivendo di queste cose si abbia molto da dire facendo un discorso di questo genere; comunque io ho finito le mie povere parole e vorrei che fossero finite le mie, ma continuassero le vostre.

Non è più possibile continuarle adesso in questa sede, che continuassero dopo, in modo che sia veramente un anno in cui lasciamo irrompere dentro di noi questa paternità profonda di Frafel Teodoreto.

Noi intanto ricorriamo a lui, stiamo tranquilli che lui è con noi, è vicino a noi e opera per noi; disponiamoci a lasciarlo rioperare in noi, questo è il punto importante, riceviamo la sua paternità, è il momento decisivo, lo dico per tutti, innanzi tutto per me, è un anno prezioso.

Questo sia il senso di questo anno celebrativo del centenario della nascita.

Cerchiamo di rinascere attraverso la mediazione della paternità spirituale di Fratel Teodoreto che certamente Dio ci ha dato come Padre nello spirito e l'ha dato a noi Catechisti e a tutti coloro che hanno trovato con le opere lasciate da Fratel Teodoreto, con il messaggio di Fratel Teodoreto, il senso delle cose essenziali: profondità di vita, direzione di vita.

Certamente su di loro si sta esercitando questa paternità e anche essi possono e debbono considerarsi figli di Fratel Teodoreto.

Io lascio questi pensieri alla vostra riflessione, e che quest'anno ci porti appunto questi frutti di fecondità nel sentirci e nell'essere sempre di più figli di tale Padre.