Esortazione apostolica di S. S. Paolo VI

B193-A3

« Per il retto ordinamento e sviluppo del culto della Beata Vergine Maria ». ( Marialis cultus )

L'occasione dell'Esortazione apostolica - scrive il Papa - è quella di "dissipare i dubbi" che col tempo si sono stratificati nella mentalità comune, fino ad oscurare la figura e la missione della Madre di Dio; le prospettive, quelle di promuovere lo sviluppo della divozione alla Vergine, attraverso un retto ed organico ordinamento delle pratiche culturali in suo onore.

Il documento pontificio è diretto appunto a riproporre l'autentica figura della Vergine, qual è presentata dal Vangelo, equidistante sia da una pietà popolare, che epoche e schemi sociologici del passato hanno tramandato fino a noi; sia dal misconoscimento di alcune verità dogmatiche, quali la verginità e la divina maternità detta Madonna, purtroppo alquanto diffuse.

Nella prima parte si considerano i rapporti tra la restaurata liturgia della Chiesa latina e il culto della Vergine; nella seconda si contengono considerazioni e direttive atte a favorire il legittimo sviluppo di questo culto; nella terza, infine, indicazioni autorevoli per una ripresa più vigorosa e consapevole della recita del S. Rosario.

Secondo il Concilio Vaticano II, la Chiesa venera con particolare amore la Vergine, che occupa un posto singolare nel piano della salvezza dell'umanità, essendo la Madre del Redentore Gesù ed esorta « tutti i figli della Chiesa perché generosamente promuovano il culto, specialmente liturgico, verso la Beata Vergine e « abbiano in grande stima le pratiche e gli esercizi di pietà verso di Lei, raccomandati nel corso dei secoli dal magistero della Chiesa ».

Nella prima delle due sezioni di cui consta la prima parte1 viene considerata la portata mariana dei libri liturgici restaurati.

Essi non affievoliscono, come taluno ha affermato, il culto della Vergine, bensì lo promuovono, lo inseriscono in modo più profondo ed organico nella celebrazione stessa dei misteri di Cristo, ne mettono in luce il valore ecclesiale e riconoscono il posto unico che ad essa compete.

Nella seconda parte, il documento considera il valore esemplare di Maria per tutta la Chiesa e per i singoli fedeli nell'esercizio del culto.

Maria è infatti la Vergine che « ascolta, la parola di Dio, che prega » e "loda" il Signore, trasmette la vita come "madre", "offre" il Figlio associandosi al suo sacrificio.

A tali indicazioni, proseguendo secondo la linea dell'insegnamento conciliare, il Papa ( seconda sezione ) aggiunge quattro orientamenti: biblico, liturgico, ecumenico, antropologico, da tener presenti nel rivedere o creare esercizi e pratiche di pietà.

Anzitutto, perciò, il culto della Vergine deve rinvigorire il contenuto biblico, traendo dalla Sacra Scrittura ispirazione, temi e forza per le sue forme espressive.

Il culto della Vergine, poi, deve manifestarsi in armonia con il rinnovamento liturgico.

A questo proposito, il Papa accenna a due atteggiamenti che potrebbero rendere vana nella prassi pastorale la norma del Vaticano II.

« L'atteggiamento di alcuni, i quali disprezzando a priori i pii esercizi che pure, nelle debite forme, sono raccomandati dal Magistero, li tralasciano e creano un vuoto, che non provvedono a colmare; essi dimenticano che il Concilio ha detto di armonizzare i pii esercizi, non di sopprimerli ».

E « l'atteggiamento di altri che al di fuori di un sano criterio liturgico e pastorale, uniscono insieme pii esercizi ed atti liturgici in celebrazioni ibride », dimenticando così che la norma conciliare prescrive di armonizzare i pii esercizi con la liturgia, non di confonderla con essa ».

Il culto della Vergine deve quindi rispecchiare le istanze del movimento ecumenico Paolo VI, si dice consapevole dell'esistenza di "non lievi discordanze" tra il pensiero di molti fratelli separati e la dottrina cattolica intorno alla Madonna.

« Tuttavia, poiché la stessa potenza dell'Altissimo che adombrò la Vergine di Nazareth agisce nell'odierno movimento ecumenico e lo feconda, desideriamo esprimere la nostra fiducia che la venerazione verso l'umile Ancella del Signore, nella quale l'Onnipotente fece grandi cose diverrà, sia pure lentamente, non un ostacolo, ma tramite e punto d'incontro per l'unione di tutti i credenti in Cristo ».

In proposito cita l'osservazione del suo predecessore Leone XIII, grande Papa dei primordi dell'Ecumenismo: « La causa dell'unione dei Cristiani appartiene specificatamente all'ufficio della spirituale maternità di Maria ».

Circa l'orientamento antropologico, infine, bisogna tenere in attenta considerazione - scrive il Papa - le acquisizioni sicure e comprovate della scienza umana al fine di eliminare una delle cause del disagio che si avverte nel campo del culto alla Madre del Signore: il divorzio tra certi suoi contenuti e le odierne concezioni antropologiche e la realtà psico - sociologica profondamente mutata, in cui gli uomini contemporanei vivono ed operano.

Affermato che il compito di rinnovare i pii esercizi mariani e di cercarne nuovi, sulla base dei criteri sopra indicati, spetta alla Sede Apostolica, alle Conferenze episcopali, ai vescovi, alle famiglie religiose, ed ogni legittima comunità cristiana; il Papa si sofferma a trattare in particolare due pii esercizi: l'Angelus Domini e il Rosario.

Riguardo al primo, il documento contiene una pressante esortazione a conservarne la recita, pur nelle mutate condizioni sociali ed ambientali.

Più diffusa la trattazione sul S. Rosario.

Il documento ricorda la ricerca pastorale compiuta negli ultimi anni, dalla quale sono emerse più nitide le caratteristiche primarie del Rosario: l'indole evangelica e cristologica, poiché dal Vangelo il Rosario trae i misteri che contempla, cioè i momenti salvifici della vita del Salvatore; la natura laudativa, impetrativa e contemplativa.

Senza quest'ultimo aspetto, in particolare, il Rosario sarebbe come un corpo senza anima e rischierebbe di diventare meccanica ripetizione di formule.

Il Papa illustra quindi il valore della recita del Rosario in famiglia, che quasi "Chiesa domestica" assume nella preghiera comune la sua funzione di comunità orante e trova in Maria l'esempio più fulgido.

Infine, nella conclusione del documento Paolo VI sottolinea in sintesi il valore teologico del culto alla Vergine e ne ricorda l'efficacia pastorale per il rinnovamento del costume cristiano.

P. Bagna


1 Cfr. "Avvenire" 23-3-74 - p. 5. - La Madonna nella Liturgia - di G. Svidercoschi.


La preghiera è l'espressione - vertice della Chiesa, ma ne è altresì l'alimento, principio: è il momento classico in cui la vita divina comincia a circolare nella Chiesa; perciò ne dovremo avere la massima cura e altissima stima, ben ricordando, come dice il Concilio, che « la sacra liturgia non esaurisce tutta none della Chiesa; infatti è necessario che prima … gli uomini siano chiamati i fede e alla conversione ».

Sarà sempre opportuna una catechesi, filosofica, scritturale, teologica, pastorale, circa il culto divino, quale la Chiesa oggi processa: la preghiera non è sentimento cieco, è proiezione dell'anima illuminata dalla verità e mossa dalla carità.

Paolo VI