Gesù è la vita

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Ci fu mai al mondo un uomo che abbia potuto dire: io sono la verità, io sono la vita?

Non già, badate: io sono in possesso della verità o della vita e cioè sono illuminato, veritiero e vivo; ma mi identifico io stesso con la verità e la vita, io sono la verità, io sono la vita.

E cioè ogni luce di verità, ogni energia vitale ha in me la sua sorgente, la sua pienezza, il suo parametro.

Per quanto temerario nessun uomo potrà mai affermare tale cosa.

Tutto l'universo lo smentirebbe, giacché ogni uomo è determinato dai suoi limiti e rappresenta una minima realizzazione della vita, mentre le realizzazioni di essa sono senza numero.

Eppure Gesù l'ha affermato, l'ha ripetuto davanti a tutti con grande sicurezza e non può essere contraddetto da nessuno, perché questa affermazione per quanto audace è in perfetta coerenza con quell'altra, con cui si dichiara figlio di Dio, consostanziale al Padre: « Io e il Padre siamo uno ».

È S. Giovanni Evangelista, l'apostolo vergine, prediletto da Gesù, che riferisce queste cose.

L'occhio puro è più penetrante, e lo ribadisce anche Gesù: « beati i puri di cuore perché vedranno Dio », e perciò è con l'Apostolo vergine che la rivelazione divina raggiunge i suoi più alti vertici.

Rapito come in una visione ineffabile S. Giovanni cerca di esprimere con i termini più significativi una realtà sublime, immensamente più alta di quella naturale: « Il Verbo era Dio … e si fece carne e si attendò in mezzo a noi …

Tutto è stato fatto per Lui ed Egli era la vita e la vita era la luce degli uomini … ma gli uomini non lo hanno ricevuto.

A quanti però lo ricevettero diede il potere di diventare figli di Dio ».

Figli del Dio vivo e quindi partecipi della sua vita.

Il concetto del « Dio vivente » in contrapposizione con gli idoli muti, « opera della mano di uomini, che hanno occhi, ma non vedono, hanno orecchi, ma non sentono e non parlano, pur avendo la bocca » è già in evidenza nell'Antico Testamento.

È il Dio vivo che comunica la vita all'uomo: « Dio plasmò l'uomo con polvere della terra e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne, un essere vivente » ( Gen 2,7 ).

Quando S. Pietro uscirà in quella confessione che gli meriterà il primato tra gli apostoli, si esprimerà anch'egli in termini di vita: « Tu sei il Cristo il figlio del Dio vivente ».

Ma è soprattutto S. Giovanni che insisterà sul concetto di Gesù-vita e questo concetto, con quello di Gesù-luce è uno dei temi fondamentali del suo Vangelo.

« Io sono l'alfa e l'omega, il primo e l'ultimo, il vivente » ( Ap 1,18 )

« Colui che vive nei secoli dei secoli » ( Ap 4,9 )

« Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso » ( Gv 5,26 ).

Non solo Gesù ha la vita, ma è venuto per comunicarla agli uomini:

« Sono venuto perché abbiano vita e l'abbiano in abbondanza » ( Gv 10,10 ).

« Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato ha la vita eterna » ( Gv 5,24 ).

« Chi ha sete venga, chi vuole attinga acqua di vita gratuitamente » ( Ap 22,17 ).

La vita è senza dubbio la più alta partecipazione all'essere di Dio, che è per antonomasia il « vivente » e questa partecipazione è concessa in modi e gradi innumerevoli: dal filo d'erba più semplice fino al più alto dei Serafini.

Nell'uomo tutte queste forme trovano la loro sintesi, per cui la vita più propriamente detta è soltanto quella dello spirito, a cui le altre sono subordinate e servono di sostegno, o meglio ancora ne sono un riflesso.

L'uomo infatti possiede una vita vegetativa, una vita sensitiva, una vita razionale e, quando non ha deviato dal disegno divino, una vita soprannaturale, che è la più vera vita ed è destinata a diventare vita eterna, superando perfino le esigenze e le aspirazioni della natura umana.

« Oh se tu conoscessi il dono di Dio! », diceva Gesù alla donna samaritana.

« L'acqua che darò io ( a chi crede in me ) diventerà in lui sorgente zampillante in vita eterna ».

La vita terréna è come un seme da coltivare, il cui frutto si raccoglierà nella vita futura, è come un abbozzo che domani avrà il suo sviluppo e la sua perfezione.

Seme o abbozzo confidati da Dio all'opera dell'uomo, o meglio alla sua piccola, ma decisiva collaborazione, perché Dio stesso la esige, sebbene sia sempre Dio il principale artefice della perfezione umana.

La vita è un dono, il più gran dono di Dio, anteriore e presupposto di ogni altro dono, che impegna l'uomo ad una riconoscenza imperitura e che implica in primo luogo la sua conservazione e la sua difesa.

Dio ha anche elevato l'uomo alla dignità incomparabile di suo collaboratore nella trasmissione della vita, non solo di quella naturale, per mezzo della generazione, ma anche di quella spirituale, per mezzo dell'educazione, e di quella soprannaturale per mezzo dei sacramenti conferiti dai suoi ministri.

* * *

Non fa stupire che questo dono susciti l'invidia dei nemici di Dio e sia insidiato; infatti lo fu sin dal suo apparire.

Satana, « che fu omicida fin da principio » ( Gv 8,44 ) e padre della menzogna riuscì facilmente ad ingannare l'uomo e introdusse nel mondo la morte.

Quest'opera di inganno e di morte si perpetua attraverso i secoli, giacché Satana non riposa ed ha innumerevoli seguaci, che lo coadiuvano e che in compenso ricevono la morte.

A pensarci su appare quanto sia incredibilmente attiva ed estesa questa azione ingannatrice ed omicida, che sparge la confusione, l'odio e tutti i suoi derivati.

È triste dover constatare che la più parte dei così detti mass-media diffondono l'errore ed il male e che i poteri incaricati della giustizia si dimostrano incapaci perfino di distinguere il male dal bene.

Ma ciò che è più triste è la grande debolezza e vulnerabilità dell'uomo, che continua a lasciarsi giocare con tanta facilità, nonostante l'esperienza della morte, entrata nel mondo con il primo peccato.

« La morte è lo stipendio del peccato », dice l'Apostolo ( Rm 6,23 ) e cioè il nemico della vita è il peccato.

Le varie forme di vita presenti nell'uomo si possono distinguere nettamente fra di loro, ma nella realtà esse costituiscono un tutto unico, cioè l'uomo secondo il disegno di Dio e vi è una stretta correlazione, anzi compenetrazione tra l'una e l'altra.

L'uomo mondano crede di poter impunemente rigettare la vita soprannaturale e seguire i suoi impulsi deteriori, calpestando la legge di Dio.

« Ho peccato e che danno me ne è venuto? » dice lo stolto.

Ma si sbaglia. Il peccato, oltre che offesa d i Dio è sempre un danno per l'uomo, danno che può essere anche mortale e causare la morte eterna, cioè la dannazione.

Altro che innocuo! E se Dio non lo punisce subito è solo per sua grande misericordia, affinché il peccatore abbia tempo di ravvedersi; ma spirato il tempo concesso viene eseguita la sentenza che l'uomo ha pronunciato contro di sé.

E oltre al danno eterno c'è il danno temporale, perché il peccato se non sempre uccide, sempre ferisce, più o meno gravemente.

La causa di tutti i mali temporali ed eterni, causa prossima o remota, è sempre il peccato.

L'uomo ha perduto il primitivo stato di felicità in cui Dio l'aveva collocato, dando retta stupidamente al nemico.

Ancora oggi l'amara esperienza non lo ha ammaestrato e continua nella sua dissennatezza: il peccato oltre che malizia è anche sempre stupidità: « chi pensa a far male si chiama stolto » ( Pr 24,8 ).

Dio, autore della vita, ne è anche il grande protettore, che intima a tutti: non uccidere.

Il vecchio catechismo di Pio X spiegava che con questo precetto Iddio proibisce ogni forma di attentato alla vita, sia naturale che spirituale, tanto della nostra che del prossimo e cioè: l'omicidio, il suicidio, il duello, i ferimenti, le percosse, le ingiurie, le imprecazioni e lo scandalo.

Forse oggi, esplicitando vi aggiungerebbe l'aborto e il genocidio, due forme macroscopiche di soppressione della vita, la prima meno appariscente, ma che non fa meno vittime della seconda.

Chi non ricorda la soppressione di milioni di ebrei da parte dei nazisti, l'annientamento degli armeni da parte dei russi, gli orrori del Biafra e del Vietnam, per citare solo qualche esempio?

Se l'omicidio è uno dei peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio, quali vendette non si può attendere oggi l'umanità dalla collera divina?

Allorché si spegne la luce della fede rimangono travolti i criteri di giudizio sulle cose e inaridita l'efficacia delle leggi.

Se Dio non esiste non vi è più nulla di sacro, perché cos'è il sacro se non ciò che a Dio è riservato ed offerto?

E da che cosa deriva la forza della morale se non da Dio?

Le convenzioni, i patti umani? Abbiamo visto troppe volte con quanta malafede vengano talvolta stipulati e con quanto cinismo violati se non c'è la garanzia di una coscienza illuminata e confortata da Dio.

Si tende da qualche parte a rivendicare una morale laica, una rettitudine naturale avulsa dalla religione, ma sono costruzioni umane, che passano con gli uomini, come le onde di un fiume.

Quando si viola la legge di Dio il male si ritorce sull'uomo, che ne diventa subito la vittima.

Scosso il dominio soave di Dio, che è legge di vita, di amore e di felicità, subentra la tirannia dell'uomo, la sopraffazione dell'egoismo.

Dove mai si esercita un dispotismo così feroce come nei paesi atei?

Dove sono così calpestati i diritti della persona umana come là dove sono calpestati i diritti di Dio?

Donde hanno origine tutti i delitti di cui è piena la storia e che oggi più che mai spargono il terrore e l'orrore, se non nella ribellione alla legge di Dio?

Nei paesi cristiani i cittadini non hanno bisogno dì ricorrere all'O.N.U. per la difesa dei diritti fondamentali della persona umana, come avviene nei paesi comunisti.

Facendo la diagnosi dei mali che affliggono l'umanità è illusorio fermarsi alle cause seconde e sperare il rimedio dalla loro rimozione; il male non cesserà finché non sarà tornato il timore di Dio.

La stessa forza delle nazioni risiede nella coscienza dei cittadini e a questa forza non si può sostituire alcun surrogato.

I mezzi terribili di cui dispongono oggi i governi possono prolungare, ma non stabilire in perpetuo il dispotismo; perché « Dios no muere », come gridava Garcia Moreno davanti ai fucili dei suoi carnefici.

« Figlio mio, custodisci le mie parole … osserva i miei precetti e vivrai » ( Pr 7,1-2 ).

« Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno » ( Gv 6,54 ).

L'ascolto della parola di Dio, l'osservanza della sua legge, la pratica dei sacramenti, ecco tre sorgenti di vita che zampillano perenni e copiose nella Chiesa di Dio, il quale « non è il Dio dei morti, ma dei vivi » ( Mt 22,32 ) e risuscita anche i morti: « Io sono la risurrezione e la vita » ( Gv 11,25 ).

« Ad un tale che domandava a Gesù: Maestro buono, che devo fare per avere la vita eterna?

Egli rispose: Se vuoi entrare nella vita eterna osserva i comandamenti …

Se vuoi essere perfetto dai ai poveri tutto quello che possiedi, poi vieni e seguimi ».

La pienezza di vita è dunque seguire Gesù, non solo con l'osservanza della legge divina, ma anche con la pratica di quei consigli, che per antonomasia sono chiamati i consigli evangelici, di povertà, castità e obbedienza.

Beati coloro ai quali Egli rivolge l'invito: « vieni e seguimi », come a suo tempo lo rivolse ai suoi apostoli, e che, come essi, lasciata ogni cosa, si mettono alla sua sequela.

« L'uomo è come un soffio, i suoi giorni come ombra che passa » ( Sal 144,4 )

« Beati coloro che desiderano ardentemente di attendere a Dio e che si distaccano da ogni impedimento del secolo » ( Imitaz. IlI,1 ).

« Ecco che io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui e cenerò con lui, ed egli con me » ( Ap 3,20 ).

« Al vincitore darò da mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio » ( Ap 2,7 ).

La religione cristiana non è un'ideologia, o un costume, o un'organizzazione, benché sia anche tutto questo, ma è la corrente della vita.

Il Figlio di Dio è disceso dal cielo per vincere la morte e riportare nel mondo la vita.

Chi crede in Lui ha la vita, in modo più o meno rigoglioso, secondo la misura della sua partecipazione.