A proposito di « Muro contro muro »

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Il nostro Paese sta attraversando, lo sappiamo, una crisi profonda che non è soltanto economica e politica, ma che, alla radice, è altresì crisi morale e spirituale.

Una crisi di identità profonda che investe forze politiche, sociali, economiche, uomini di cultura, il modo stesso d'essere uomini e cristiani nel mondo d'oggi.

La tentazione di concentrare l'attenzione soprattutto sugli aspetti politici ed economici, è tuttavia come irresistibile.

Però non si tratta di compito attinente al nostro Bollettino.

Meno che meno è compito del nostro Bollettino riprendere gli schemi della "guerra fredda" e di bandire la politica del "muro contro muro", né di rappresentare l'avversario come nemico "viscerale".

Questo modo di pensare ha largamente nuociuto ai cattolici permettendo che attraverso e sotto di esso venissero contrabbandate realtà e situazioni tutt'altro che educative che hanno contribuito a condurre la nostra società, che marxista non è, a degli esiti di crisi e di dissoluzione.

Ciò solleva gravi interrogativi a noi cattolici e una volta di più dobbiamo domandarci se e con che misura il nostro agitarsi non abbia favorito delle reazioni che nell'opinione pubblica hanno trovato consensi avversi alle autentiche realtà che a noi stavano particolarmente a cuore.

Vedi, per es., ciò che attiene ai problemi della famiglia, del matrimonio, dei giovani, dell'educazione, della giustizia sociale.

D'altra parte, sarebbe difficile sostenere che le società occidentali non presentino anch'esse caratteri tali da essere stigmatizzabili, o che possano sottrarsi alla critica mossa dalla Chiesa nei suoi documenti più autorevoli.

La realtà presente, densa di tutte le tragedie della storia che l'hanno preceduta ci si offre con dei gradi di complessità particolarmente elevati che vanno considerati attentamente in ogni loro componente anche attraverso il confronto con coloro che non condividono la nostra fede o che vi sono avversi.

Più che a tagli decisi e a costruzioni di barricate è a questa complessità che oggi bisogna rivolgere tutti i nostri sforzi di cristiani proprio per metterci nella condizione di valutare e ricavare il massimo frutto dal messaggio di vita di cui dobbiamo essere fedeli testimoni.

Dobbiamo, parimenti, sviluppare e approfondire la nostra condizione di laici cattolici che si adoperano nel ricercare soluzioni e a produrre apporti costruttivi per il superamento della crisi profonda che tutti stiamo attraversando.

Dunque, non si intende negare la legittimità, anzi, la doverosità per tutti e anche per i cristiani dell'impegno nel concorrere alla soluzione dei problemi della società, compresi quelli politici ed economici.

Certamente è necessario e doveroso lo sforzo di chiarire linee di azione politica ed economica non equivoche, non dettate dall'opportunismo, dal conformismo, dalla paura, bensì realmente orientale al bene comune e non al prevalere degli uni sugli altri, della parte sul tutto.

Parimenti, va riconosciuto tutto il peso che hanno le ideologie sottese alle diverse, contrastanti posizioni politiche, come del resto hanno ancora di recente ricordato gli stessi Vescovi italiani.

Ma insieme a tutto ciò deve pure andare innanzi uno sforzo di comprensione, il tentativo di contributi nuovi che muovano come ispirati da un terreno più espressamente morale e spirituale.

I tempi difficili che stiamo attraversando, ci riportano all'agonia del Signore dentro di noi, al suo morire per la risurrezione e la vita di tutti, anche dei nemici e degli avversari.

La nostra speranza è nel Signore, nel Signore che muore in noi e per noi, conquistando nella sua, la nostra risurrezione.

È davvero decisivo, per il senso e gli sbocchi dell'oggi, che i cristiani si riconducano interiormente alla loro partecipazione alla morte vitalizzante del Signore, e che guardino a se stessi e al mondo attraverso lo sguardo del Cristo che muore sulla croce.

Occorre che il nostro cuore accetti di palpitare all'unisono con il cuore di Cristo, attraverso il quale si manifesta l'amore del Padre per il mondo, per tutti gli uomini, per ognuno di noi.

Senza sfuggire alla concretezza e particolarità dei problemi grandi e piccoli che ci stanno innanzi, senza sottrarci alle scelte che si rendono necessarie, senza rifugiarci nella pretesa di non dovere pagare un prezzo oneroso per la pace tra gli uomini nella giustizia, senza illuderci che di colpo possa essere rimosso tutto ciò che divide gli uomini, senza immaginarci di poterne dedurre soluzioni valide, che non sia invece il frutto di una paziente e difficile ricerca.

L'ampiezza e la profondità dell'ispirazione cristiana per la nostra scelta nel tempo e nella storia, è proporzionale all'ampiezza e alla profondità della nostra apertura interiore al Cristo che muore per la risurrezione e la vita del mondo.

Attraverso gli occhi e il cuore del Signore crocifisso e perciò risorto, dobbiamo scoprire le "anime" di verità che si nascondono anche nelle affermazioni di chi ci è ostile e nemico; dobbiamo cogliere le speranze buone ed oneste, ma deluse e contraddette, di tanta gente; dobbiamo favorire gli sforzi di buona volontà disseminati un pò dovunque; dobbiamo comprendere la sofferenza e le ribellioni di coloro che patiscono l'ingiustizia, il sopruso, la violenza.

Ciò non ci renderà meno guardinghi rispetto all'errore e alla menzogna, anzi ci sarà più facile cogliervi la virulenza onnidistruttiva.

La carità del Signore deve ritornare ad animare i nostri pensieri, le nostre valutazioni, i nostri propositi, sia in ordine ai problemi più generali e coinvolgenti, sia rispetto a quelli piccoli e nascosti del vivere quotidiano.

La nostra speranza dev'essere grande poiché infinito è l'amore onnipotente su cui si fonda.

Coraggioso dev'essere il nostro impegno nel mondo accanto agli altri uomini, come è stato coraggioso l'impegno di Cristo.

Mai con l'odio e la paura nel cuore, mai confidando nell'astuzia del fine che giustifica i mezzi, mai mossi dalla violenza, fosse pure la violenza di chi vorrebbe sradicare il loglio per separarlo dal buon grano.

"Non lasciarti vincere dal male, ma trionfa sul male col bene". ( Rm 12,21 )

Questo respiro interiore non sarà certamente infecondo di nuove luci, di valide intuizioni, di comportamenti prudenti e costruttivi rispetto ai problemi della nostra condizione umana, nel concreto storico in cui viviamo.

Quest'apertura inferiore ci consentirà di parlare con tutti e di aprirci a tutti: umili e potenti, amici o nemici.

Ci consentirà di favorire, per quanto possibile, attraverso un lavoro paziente, ogni buon fermento, ogni tentativo di cambiamento verso comportamenti e posizioni anche ideologiche e operative più aperte, più disponibili al confronto, alla verifica in vista di un servizio più valido, più rispettoso dell'uomo, di ogni uomo.

In ogni caso occorre lavorare per l'unità dei cristiani, al di sopra e al di là delle posizioni particolari che li dividono.

Non si può disperdere e dissolvere il fermento nella diaspora, ma occorre ricomporlo nella sua identità, e perciò nella sua unità.

Altrimenti il fermento si decompone e la pasta invece che lievitare marcisce.

Per questo occorre senza indugi e con coraggio che i cristiani si confrontino con la volontà del Signore: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una cosa sola.

Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" ( Gv 17,20-21 )

La diversità deve essere la fioritura dell'unità.

Iddio ci ha dato una diversità di membra, non perché la mano fosse contro il piede, l'occhio contro l'orecchio.

"Diverso" non significa "contrario".

"Contrario" invece significa eliminazione del "diverso".

Una certa conflittualità possibile e forse almeno inizialmente inevitabile tra i "diversi" dev'essere soltanto in vista della loro evoluzione e composizione nell'armonia dell'unità, a servizio dell'unità.

Altrimenti non la carità, non l'amore sono il fondamento e la forza edificante della vita; bensì la contraddizione e la contrapposizione.

Se bisogna temere ogni rappresentazione di unità preconcetta e astrattamente prestabilita, più ancora bisogna respingere la posizione di chi immagina che la negazione e la contraddizione siano il divino dinamismo che muove l'umanità verso la salvezza.

L'amore certamente è come spada che divide, è una guerra che sconvolge, è come fuoco che consuma.

Ma sulla base e sulla forza di un consenso, di una volontà di comunione, consenso a e comunione con Dio e in Dio con tutti gli uomini; per togliere ciò che ci divide da Dio e, in Dio, dagli uomini; per lottare e distruggere ciò che si oppone alla comunione con Dio e in Dio; per distruggere l'uomo vecchio, l'uomo carnale che è in noi.

Del resto è difficile immaginare come possano i cristiani divisi e contrapposti, portare un loro contributo per la soluzione dei problemi dell'umanità, è difficile immaginare come senza una unità operosa e operante essi possano esprimersi nelle buone opere capaci di aiutare tutti gli uomini a rendere gloria al Padre che è nei cieli.

Parimenti è difficile immaginare come in essi e attraverso di essi gli uomini possano conoscere il volto, l'amore di Cristo.

Attenti dunque, pur con tutti i "distinguo" che la situazione e la complessità dei problemi richiede, a non cadere nei funesti schematismi del "muro contro muro".

Domenico Conti