Gli scritti di Fra Leopoldo

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La biografia dì Fra Leopoldo scritta dal Fr. Teodoreto sotto il titolo « Il Segretario del Crocifisso » è composta per gran parte dagli scritti dello stesso Fra Leopoldo, ossia da quelle cose che Fra Leopoldo si sentiva dire da Gesù o da Maria SS. durante le sue veglie notturne di preghiera nella cappella di N.S. del S. Cuore.

Le vicende esteriori di Luigi Musso, durante i suoi primi cinquant'anni di vita, non offrono molta materia per una biografia: sono le vicende di un umile lavoratore, che dalla sua assidua e lunga fatica ricava appena da vivere ma nell'anima di questo modestissimo operaio si celano tesori di innocenza e di carità, ignorati forse dallo stesso possessore, ma che traspaiono attraverso il suo sguardo limpido, la sua gioia schietta e il suo tratto affabilissimo, assai più distinto che nel suoi pari.

La vita innocente forma le compiacenze di Dio, la cui grazia, non incontrando ostacoli, come la luce attraverso un limpido cristallo, si espande abbondantemente nell'anima dei suoi servi.

È questa la premessa dell'intimità che il Signore volle stabilire con Fra Leopoldo, intimità davvero mirabile, che costituisce un carattere dominante nella vita del Servo di Dio e l'aspetto suo più interessante.

« Figlio, conservati sempre puro e calmo, per facilitare l'intimità con me e con il mio Divin Figlio Gesù » gli dirà la Madonna il 9 febbraio 1909.

Le comunicazioni che il Signore gli faceva non erano però solamente per lui: Fra Leopoldo era destinato ad essere l'altoparlante di Dio per richiamare tutti i cristiani ad una maggiore unione con Dio.

È appunto questa la funzione dei santi; ma in Fra Leopoldo l'accento è messo sull'intimità: Dio non si contenta di un'amicizia generica, vuole un amore totale ed esclusivo.

« Tutto quanto segnato qui è voce potente del Signore, che chiama tutto il mondo nelle braccia di Dio » ( 15 gennaio 1912 ).

Fra Leopoldo inoltre non offre solamente un generico richiamo all'amar di Dio con l'esempio della sua vita, ma un'autentica dottrina spirituale, con specifiche caratteristiche, miranti a ribadire alcuni prìncipi e a sviluppare alcuni temi.

Una dottrina non scaturita dalla sua mente, ma dettatagli letteralmente e scritta non senza errori di ortografia: solo questi sono suoi.

« Tutto ciò che ti faccio scrivere sarà conservato diligentemente, perché è dettato dal tuo Crocifisso Gesù » ( 12 agosto 1908 ).

« Faremo un catechismo ( con questi detti ) affinché le anime si risveglino dal profondo torpore e che fra tante belle e sante cose date da Dio, imparino anche l'amore uscito dalla Misericordia Divina » ( Maria SS. il 3 gennaio 1912 ).

Perciò, senza pretesa di adeguato e sistematico approfondimento, sembra opportuno offrire ai lettori del Bollettino alcuni punti di riferimento che possano, in Qualche modo, favorire e aiutare la rilettura del libro scritto dal Fratello Teodoreto.

Amore e riparazione

È ovviamente, il tema centrale, ed è richiamato fin dagli inizi delle manifestazioni di Gesù a Fra Leopoldo: « Vedo che il tuo amore verso di me, tuo Gesù, non ha misura, ed è questo che ci vuole, cioè una persona umana che mi porti tanto amore per capire, per soffocare gli insulti e tutte le miserie del mondo » ( 17 aprile 1909 ).

È una dichiarazione sbalorditiva, un'autentica canonizzazione, sentirsi dire da Gesù stesso: « il tuo amore verso di me non ha misura ».

Con S. Margherita Maria Gesù si era lamentato: « Ecco quel Cuore che ha tanto amato gli uomini, e da cui non riceve che ingratitudine e oltraggi » e l'aveva invitata a fare riparazione con un amore più intenso possibile.

Con Fra Leopoldo ribadisce lo stesso concetto, ma constata anche con soddisfazione che egli è già in questa linea.

Chi ama intensamente soddisfa a molte esigenze.

Ma non è questo l'oggetto del primo e massimo comandamento, imposto da Dio a tutti gli uomini?

E non è questa anche l'esigenza fondamentale del cuore umano, come riconosceva già S. Agostino: ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposi in te?

« Sono venuto a portare il fuoco sulla terra » disse Gesù, « e che cosa voglio se non che questo fuoco si accenda? ».

Eppure quanto stenta a divampare questo fuoco.

Gli è che le esigenze dell'amore, quello autentico, sono molto grandi: rinnegamento di sé, dominio dei sensi e dette passioni, umiltà genuina, generosità, spirito di sacrificio, ecc.

Non per nulla l'espressione massima dell'amore è Gesù Crocifisso: sic Deus Dilexit.

Gli uomini invece sono peccatori, il loro affetto si irretisce nelle cose vili: terrena sauiunt, dice San Paolo e vivono in grande miseria spirituale, per cui il pensiero della giustizia di Dio li getta nel timore e nella paura.

Vengono in mente i gemiti di Jacopone, che fino a ieri la liturgia metteva in bocca a tutti gli uomini, anche se morti in concetto di santità: quantus tremar est futurus quando judex est venturus cuncta stride discussurus! quid sum, miser. tunc dicturus?

Ma forse Jacopone è la voce delle folle, che seguono Gesù da lontano, che durante la vita errano sbandate, senza mal conoscere il puro amore, che scaccia ogni timore, e solo verso la fine trovano l'orientamento.

Fra Leopoldo invece appartiene al gruppo dei discepoli e dei familiari di Gesù, che sono sempre con Lui.

Egli infatti è rimasto nel mondo finché i suoi doveri di assistenza verso la mamma né lo hanno costretto, e al cessare di quelli si è subito donato al Signore nella vita religiosa, nella quale cercava non solo la fuga dai pericoli del mondo, nei quali non era mai caduto, ma soprattutto la possibilità di vivere in una maggiore intimità con il suo Gesù, che già gli aveva annunciato, nella chiesa di S. Dalmazzo: « tra me e te, in avvenire, ci sarà una grande intimità ».

Era una dichiarazione programmatica.

Amore e sofferenza

Qualcuno scorrendo gli scritti di Fra Leopoldo e notando i favorì particolarissimi di cui godeva potrà pensare che la sua vita spirituale scorresse facile e piena di consolazioni ( questo pensiero non verrà certo ai maestri di spirito ).

In realtà ebbe anche lui la sua buona parte di croce, da cui Gesù non dispensa nessuno.

Nei suoi scritti sono frequentissimi i richiami alla sofferenza e del resto saremmo assai meravigliati se un amante di Gesù Crocifisso e apostolo della sua devozione ne fosse stato esente o quasi.

Ecco qualcuno delle frasi più espressive: « Quelli ai quali va tutto bene, non sono del mio esercito » ( 28 dic. 1909 ).

È lo stesso pensiero espresso dal Vangelo in quest'altro modo: « Chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua ».

I nostri vecchi dicevano che in paradiso non si va in carrozza.

Noi potremo aggiungere che non si va neanche in aeroplano.

In pratica quando le cose vanno secondo il proprio desiderio si giudica che la situazione è normale e magari non si pensa nemmeno a ringraziarne il Signore.

Appena sorge qualche guaio allora sono lamenti a non finire, la visione umana eclissa la visione di fede.

Invece bisognerebbe riconoscere la visita del Signore.

I Santi ci richiamano continuamente alle realtà della fede: « Devi ricordarti che io sono stato maltrattato, crocifisso e tu devi specchiarti in me nelle tribolazioni e nelle croci » disse Gesù a Fra Leopoldo il 19 agosto 1908.

È una premessa importante, troppo poco ricordata: Gesù ha sofferto prima di noi ed assai più di noi, senza contare che ha sofferto per noi.

« Non sarai santo se non continui a passare per la croce. Fatti robusto, soffri col tuo Gesù, in silenzio, sulla croce » ( 20 agosto e 19 settembre 1908 ).

« Se tu non avessi sempre qualche croce da portare non potresti avere un grande amore » ( 25 ottobre 1909 ).

« Vale più un po' d'amore nel dolore … che moltissimo nella gioia » ( 6 dicembre 1909 ).

Sono principi validi anche nelle relazioni umane: non diciamo noi che i veri amici si riconoscono nella sventura?

Infatti i veri amici sono rari.

« Se tu non avessi tribolazioni non comprenderesti il nostro amore. Le pene ti aprono gli occhi per vedere lontano » ( 8 aprile 1909 )

« Le pene e le sofferenze sono segni della mia predilezione, ma questo tesoro chi lo conosce? » ( 6 settembre 1912 ).

Questo è il linguaggio che il Signore tiene con tutti i suoi servi più generosi.

Anche a S. Teresa d'Avita Gesù diceva che ai suoi amici Egli riservava delle croci, ma la santa gli fece subito notare che appunto per questo ne aveva pochi.

« Gesù ha molti che amano il suo regno » scriveva mille anni fa l'autore della Imitazione di Cristo, « ma pochi che portino la sua croce.

Molti che desiderano la consolazione, ma pochi la tribolazione, molti compagni alla mensa, ma pochi nell'astinenza … pochi lo seguono nell'ignominia della croce ».

Evidentemente, sotto questo rispetto, gli uomini sono sempre uguali.

Ma anche Gesù è sempre uguale a se stesso e nel giorno del giudizio universale quella che apparirà in cielo sarà proprio la croce, segno di grande fiducia e consolazione per gli uni, segno di terrore per gli altri.

« Tu sei schernito anche da qualche persona che si professa mio servo? Ebbene, questo è il distintivo delle anime a me care » ( 26 ottobre 1914 ).

È triste pensare che certe incomprensioni e offese debbano venire proprio dai compagni di fede, ma ciò dipende dai limiti dell'umana natura e dunque è un male inevitabile.

Quanti esempi nella storia.

Se però ciascuno fosse meno assoluto nelle proprie opinioni e si studiasse di essere più comprensivo il male si potrebbe ridurre notevolmente.

Fedeltà anche nelle piccole cose

« Quod minimum est, minimum est; sed esse fidele in minimis maximum est ».

Ciò che differenzia le anime ferventi dagli spiriti volgari è proprio l'atteggiamento di ciascuno nelle piccole cose.

Ma anche nei lavori comuni, non è la cura dei particolari quello che li differenzia?

Chi serve il Signore deve metterci tutto l'impegno possibile.

( Ahimè, quant'è contraddetto nella pratica questo principio così giusto ).

Su questo punto anche Fra Leopoldo si sente richiamato dal Signore: « Figlio, se tu non dai importanza qualche volta alle cose piccole, perché piccole, io ti castigo, perché sono piccole a tuo giudizio ». ( 29 agosto 1908 ).

E aggiunge: « Guardati dalle cose minutissime » ( 5 settembre 1908 ).

Per esempio: « non fermarti mai col pensiero sopra cose inutili, perché quello è tempo sprecato » ( 11 maggio 1909 ).

« Fai tesoro del tempo che ti resta » ( 2 dicembre 1908 ).

Una simile disciplina della mente è tutt'altro che facile, eppure a Dio ciascuno dovrà render conto anche di un pensiero inutile, anche di un attimo di tempo sprecato.

Quanto deve essere grande la misericordia di Dio!

Il Signore insiste con Fra Leopoldo: « Quando all'improvviso ti sopraggiunge il pensiero vano che cerca distoglierti dalla preghiera, tu fuggì quel pensiero come la peste » ( 18 gennaio 1909 ).

Il fatto è che si pensa volentieri a ciò che si ama ed i pensieri inutili tendono a distogliere l'amore da Dio e convogliarlo verso le creature.

Gesù vuole essere amato con tutto il cuore e con tutta la mente.

« Stai bene attento che il demonio ti tiene legato con un filo sottilissimo e tu devi spezzarlo subito » ( 10 gennaio 1909 ).

« Ah Leopoldo, non un minuto di tempo vada perduto; impiegalo bene » ( 20 gennaio 1912 ).

Uniformità ai voleri di Dio

Si tratta qui della volontà di beneplacito, che si manifesta attraverso le circostanze della vita e che si riconosce mediante la fede, giacché la volontà divina significata attraverso la legge positiva è fuori discussione.

Il Signore ha detto ben chiaro: « Se mi amate osservate i miei comandamenti ».

È la luce dello Spirito Santo che fa discernere il volere di Dio nelle situazioni concrete di cui è intessuta tutta l'esistenza e Gesù esorta Fra Leopoldo ad esservi fedele: « Fai la mia volontà e diverrai grande » ( 8 ottobre 1910 ).

Questo gli disse il Signore per incoraggiarlo, ma questo sarebbe molto utile a ricordare da parte di tutti per evitare tanta vanità in cui si perde l'attività umana.

La petizione del Pater noster: « sia fatta la tua volontà » non deve essere recitata con un senso di rassegnazione, come chi è costretto a ingoiare una medicina amara, ma con l'entusiasmo di chi è chiamato a partecipare ad un disegno stupendo.

Tale infatti è il piano della salvezza operato da Dio, più splendido di qualsiasi epopea, anche se le meraviglie della sua applicazione si compiono nella fede e nel segreto dell'anima, mentre le condizioni esterne della vita possono essere umili e quasi banali, come quelle di Fra Leopoldo fra le pentole.

Le virtù che il Signore raccomanda in particolare al Servo di Dio sono l'umiltà, la pazienza e la carità.

« Leopoldo, oh quanto amo che si pratichi l'umiltà! » ( 2 maggio 1915 ).

È detto in generale, e forse con un sospiro, se così possiamo esprimerci, pensando alla generale superbia degli uomini.

E aggiunge: « Leopoldo, tu sei in una delle condizioni più fortunate, nessuno aspira al tuo posto umilissimo; i furbi fanno come fai tu » ( 22 marzo 1912 ).

Un settore particolarmente importante e difficile per l'esercizio delle virtù è quello delle relazioni umane.

E lì che la carità, l'umiltà e la pazienza sono indispensabili.

Fra Leopoldo chiede al Signore: in che modo posso starti vicino?

E il Signore risponde: « coll'aver pazienza con tutti e con l'umiltà » ( 13 ottobre 1910 ).

E ancora: « Ecco la via piana per la tua santificazione e per arrivare alla perfezione: pazienza con tutti, carità con tutti » ( 19 febbraio 1912 ).

Anche la Madonna ribadisce questa richiesta.

Fra Leopoldo le domanda come deve fare per amarla, ed essa risponde: « Con la pazienza, con l'umiltà, con la castità e con la preghiera » ( 18 dicembre 1911 ).

Pazienza e umiltà possono suggerire l'immagine di una persona malinconica e triste, ma una pazienza triste non è una pazienza perfetta e il Signore vuole che Fra Leopoldo sia sempre nella letizia francescana: « Sii sempre giulivo con tutti, anche con i tuoi nemici » ( 17 ottobre 1913 ).

Chi ha avuto la fortuna di conoscere personalmente Fra Leopoldo sa che egli si presentava sempre lieto e sorridente e che dal colloquio con lui si ritornava con la pace e la consolazione nel cuore.

Egli godeva di tutte le beatitudini, anche di quella dei pacifici, cioè dei facitori di pace.