Il quarto centenario della S. Sindone a Torino

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L'ostensione della S. Sindone a Torino in questo mese di Settembre 1978 è un intervento della Provvidenza di Dio, con una potente irruzione della sua grazia nel nostro secolo convulso e disorientato.

Convulso perché disorientato e disorientato perché ha rifiutato la luce: la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta.

Il nostro tempo è caratterizzato dalla enorme diffusione, estensivamente e capillarmente, di teorie « intrinsecamente perverse », come diceva Pio XI, le quali fatalmente producono frutti di tosco.

E quando si nega a Dio il riconoscimento dei suoi diritti, la persona umana rimane priva di ogni garanzia e diviene immediatamente vittima della malvagità, come sta scritto a lettere maiuscole in tutte le pagine della storia, e come i nostri giorni ce ne offrono una incomparabile testimonianza.

La disgregazione morale, tolti i fondamenti dogmatici su cui riposa la legge, ha invaso tutti i rapporti sociali, privati e pubblici e internazionali: le sopraffazioni e le violenze sono all'ordine del giorno in tutti i paesi del mondo e solo il timore di una totale distruzione reciproca trattiene le potenze internazionali da una catastrofica guerra.

La speranza degli uomini per uscire da un tale stato di cose non può essere riposta che in Dio, il quale non delude sicuramente; la sua Provvidenza è sempre in atto.

L'estensione della S. Sindone ne è appunto una manifestazione, anzi una grande manifestazione, con l'indicazione del Salvatore: Gesù Crocifisso.

É lui il perenne annuncio evangelico: « mi proposi di non saper altro in mezzo a voi all'infuori di Gesù Cristo e Gesù Cristo crocifisso » ( 1 Cor 2,2 ).

« Cristo una volta per sempre morì per i peccati, il giusto per gli ingiusti, per condurvi a Dio » ( 1 Pt 3,18 ).

« Cristo quando fu elevato in alto da terra, attirò tutti a sé, risorgendo dai morti immise negli Apostoli il suo Spirito vivificatore, e per mezzo di Lui costituì il suo Corpo che è la Chiesa, quale universale sacramento della salute, sedendo alla destra del Padre opera continuamente nel mondo … » ( Lumen Gent. VII, 48 ).

Tutto è stato fatto per Lui e tutto viene restaurato, rinnovato, vivificato, sublimato nel suo sacrificio che, consumato una volta sul Calvario in modo cruento, viene perpetuato misticamente sugli altari, dove la virtù del sacrificio si comunica attraverso l'assunzione della vittima: l'Eucaristia « memoriale mortis Domini, panis vivus vitam prestans homini ».

É questo sacrificio che viene potentemente richiamato dalla S. Sindone, non in modo generico e astratto, ma con il dispiegamento crudo, in tutti i suoi particolari, di un supplizio atroce, che non avremmo conosciuti da nessun altro documento.

La Sindone è un documento impressionante dell'amore di Dio e della malvagità degli uomini.

« Sic Deus dilexit mundum » esclama S. Giovanni.

Fino a questo punto Iddio ha amato gli uomini, fino a dare il Suo Figlio Unigenito e ad esigere da lui, vero agnello di Dio, onerato di tutti i peccati del mondo, la soddisfazione di tutto il debito umano, soddisfazione vicaria in cui è sostituita la vittima, ma non è per nulla diminuito il prezzo.

« Egli è stato trafitto per i nostri delitti; schiacciato per le nostre iniquità.

Il castigo che ci da salvezza si è abbattuto su di Lui, per le sue piaghe noi siamo stati guariti » ( Is 53,5 ).

Lo strazio che ci descrive la Sindone, operato su quel povero corpo in cui dalla testa ai piedi non c'è più nulla di sano, ma tutta una piaga, è opera degli uomini, non sai se più malvagi o più incoscienti.

E Dio non ha perdonato al Figlio per perdonare a noi.

« Oh come ci hai, amati o Padre buono », esclama S. Agostino, « con il quale  non perdonasti al tuo unico Figlio, ma per noi lo desti nelle mani degli empi!

Come ci hai amati, noi per i quali Egli, non stimando quasi preda l'essere eguale a te, si fece soggetto fino alla morte di croce, egli, unico libero di ira i morti, avendo la potestà di deporre la sua anima, e anche avendo la potestà di nuovamente assumerla; per noi vittorioso e vittima davanti a te, e perciò vittorioso perché vittima, per noi sacerdote e sacrificio dinanzi a te e perciò sacerdote perché sacrificio; egli che ha fatto di noi servi, tuoi figli col nascere da te e col servire a noi.

A ragione ho salda speranza in Lui, dacché tu guarirai tutte le mie infermità, per mezzo di Lui che siede alla tua destra e per noi ti invoca » ( Conf. X, 43 ).

La S. Sindone è un documento incomparabile dell'amore di Dio e del tremendo sacrificio con il quale ce lo volle dimostrare, documento chiaro e accessibile anche agli analfabeti, che commuove e sconvolge fino al più intimo del cuore, aprendo alla sguardo due abissi, quello della ingratitudine e della colpa umana e quello della misericordia e dell'amore divino, e che parla non come insegna la sapienza umana, ma con la virtù dello Spirito.

Gli uomini hanno bisogno di amore più di qualunque altra cosa; ne hanno addirittura sete.

Gesù stesso ne ha sete.

Non è questo che Egli chiede quando dice alla Samaritana: « dammi da bere »

La Sindone è un richiamo all'amore.

L'amore è la miglior legge, se non l'unica, in grado di governare gli uomini in tutte le loro relazioni, ad ogni livello, quella che indicava ed invocava il Papa Paolo VI quando auspicava nel mondo la « civiltà dell'amore ».

Nell'amore c'è la libertà: « ama e fa quel che vuoi ».

Nell'amore c'è la giustizia, anzi il superamento di ogni giustizia.

Nell'amore sta la perfezione.

Sapranno quelle folle che accorrono da ogni parte a visitare la S. Sindone, affrontando disagi e sfilando con pazienza, leggere in essa la legge dell'amore?

Sarebbe questo il rinnovamento spirituale che le Autorità religiose si sono proposte deliberando l'ostensione.

Questo è possibile solo con la grazia di Dio, ma è giusto sperare che chi ha incominciato in noi l'opera buona la porterà fino al suo compimento: Iddio sa condurre gli uomini al compimento dei suoi disegni di amore, governando la loro libertà senza lederla minimamente.

La S. Sindone è una ripresentazione del Vangelo agli uomini d'oggi, molto più sensibile ai fatti che alle astrazioni; una catechesi completa, ma soprattutto incentrata sul Crocifisso, che deve emergere e illuminare tutto il programma catechistico.

Sarà quasi un ritorno alla predicazione apostolica: « Cristo morto una volta per sempre per i peccati, il giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio » ( 1 Pt 3,18 )

Oltre che una direttiva per la catechesi, la Sindone è un richiamo alla vita interiore di tutti i cristiani, che dalla contemplazione attenta e amorosa delle sofferenze di Gesù devono sentirsi spronati ad una maggior dedizione e un più generoso spirito di sacrificio.

É questo il principale frutto auspicato della ostensione.

É un ammonimento perenne a tutta la Chiesa, affinché Gesù Crocifisso sia sempre al centro della Liturgia, della predicazione e di tutta la sua vita, che non è autentica se non è la vita stessa di Cristo.

La Sindone è un dono della pietà a Gesù povero.

Egli è morto nudo sulla croce e fu sepolto in una tomba altrui, avvolto in lenzuolo offertogli dalla carità: richiamo eloquente alla povertà evangelica.

Sia benedetto l'ardire di Giuseppe d'Arlmatea nel chiedere a Pilato il corpo di Gesù, la sua franchezza nel mostrarsi discepolo del Signore e condannare l'operato dei suoi colleghi sinedriti, la sua pietà operosa, nel dare onorata sepoltura al corpo del Redentore, sottraendolo alle profanazioni e al vilipendio.

La Sindone è un dono di Giuseppe; è un atto di protesta contro i persecutori del Cristo; un atto di lealtà del discepolo occulto e di fedeltà al suo Signore, proprio nel momento in cui tale fedeltà diventava più impegnativa e più pericolosa.

Certo è bella la confessione dei discepoli durante la vita pubblica di Gesù, ma ecco la stranezza: nel momento della prova le parti si invertono.

Gli intimi fuggono ( e tradiscono e rinnegano ) e i lontani, comunque non appartenenti al gruppo scelto da Gesù, prendono decisamente posizione a suo favore.

Del resto Gesù l'aveva predetto ben chiaro, a Giuda, Pietro, a tutti gli Apostoli e la predizione non aveva servito a nulla.

Quale ammonimento alla fragilità umana: Nisi Dominus custodierit …

Quanta storia e quanti insegnamenti sono scritti in questo bimillenario lenzuolo, sul quale noi oggi molto meglio e più compiutamente dei nostri padri possiamo leggere.

Verrebbe meno però lo scopo dell'ostensione ( scopo esplicitamente dichiarato ) se la lettura della Sindone fosse di pura erudizione.

Nel linguaggio biblico conoscere significa sempre anche sperimentare, rivivere, sentire, attuare, come d'altronde anche nel nostro parlare comune si dice ad esempio: conoscere la miseria, o il successo, la propria debolezza, la fedeltà degli amici, ecc.

Bisogna mettere a fuoco l'obiettivo della nostra mente e intonare il ritmo della nostra vita al modello proposto, contrastando la natura che tende sempre a prendere il sopravvento.

Contemplando la Sindone si dissolvono gli errori ideologici e quelli morali.

Iddio c'è, è disceso fra di noi, fatto uomo come noi ed è morto per noi, per riscattarci dalla nostra perdizione eterna.

Quel Volto ineffabile che la fotografia della Sindone ci ha rivelato è il volto dell'Uomo Dio, quell'impronta misteriosa che nessuno è riuscito a riprodurre, anzi di cui nessuno è riuscito a dare la spiegazione è l'impronta lasciata da quell'uomo crocifisso venti secoli fa in Giudea, che si è sempre proclamato il Figlio di Dio e che ha dimostrato di esserlo uscendo dal sepolcro dopo tre giorni e la cui opera domina la storia.

I suoi seguaci sono miliardi di uomini e un gran numero di essi ha onorato il genere umano con gli splendori delle virtù eroiche.

La Chiesa che Egli ha fondato duemila anni fa è più viva e splendente che mai, nonostante tutte le miserie umane ed offre a tutti gli uomini la salvezza eterna ed anche le direttive più sicure per questa vita.

La civiltà di oggi si chiama civiltà cristiana perché fondata sui principi irreversibili del Vangelo e la sua storia dimostra che non vi è altro nome sotto il cielo, in cui sperare salvezza, fuorché il nome di Gesù.

I destini dell'uomo non si concludono su questa terra, ma in una vita futura, senza fine, dove avrà compimento ogni giustizia e sarà saziata la sua sete di felicità.

I beni veri sono quelli eterni ed è il Vangelo che insegna a discernere e ad apprezzare i valori veri della vita.

Tutto questo si dipana da quell'antico lenzuolo, mezzo rovinato dalle vicende storiche, ma giunto fino a noi quasi a completare le specie eucaristiche, dove Gesù è realmente presente, ma non si vede, mentre qui non c'è più, ma è rimasta la sua immagine autentica.

Fino a ieri il volto di Gesù crocifisso era sconosciuto e non esisteva una sua immagine tradizionale, perché nei primi cinque secoli non fu mai rappresentato: un crocifisso sull'altare avrebbe destato orrore e allontanato i fedeli.

Soltanto nel sesto secolo i cristiani, assuefatti ormai all'idea della croce, incominciarono a esporre il Crocifisso, ma la sua rappresentazione, in mancanza di un modello tradizionale, fu esclusivamente il frutto della fantasia degli artisti.

La Sindone oggi ci ha anche fatto il dono dell'immagine autentica di Gesù.

Non resta che da augurarsi che quel volto sia impresso nel cuore di tutti gli uomini e che tutti gli uomini, mirando a Colui che hanno trafitto diventino in tutta la loro vita delle immagini viventi del Salvatore e si riedifichi in tal modo una nuova città terrestre, immagine di quella celeste, dove il Signore è tutto in tutti.