Un apostolo della scuola Fratel Teodoreto

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A 110 anni dalla nascita: 1871-1981

La patria

Vinchio d'Asti è un piccolo centro della terra dei vini, issato sulla vetta di una collina tra il pittoresco ondeggiare di prati e vigneti.

Un bel posticino, verde e sereno: al di fuori delle belle uve e della buona « Barbera » è difficile rilevare altri aspetti caratteristici in questo angoletto della creazione che diede i natali a Fratel Teodoreto.

Fratel Teodoreto vi nacque il 9 febbraio 1871 dal Signor Bartolomeo Garberoglio e dalla Signora Eleonora Giolito.

Al fonte battesimale egli ricevette il nome di Giovanni, per cui fino al momento di prendere il nome religioso con cui ora lo ricordiamo fu chiamato Giovannino Garberoglio.

Dei suoi genitori dobbiamo dire che erano cristiani esemplari e grandi lavoratori.

Andavano ogni giorno alla Messa, anche se la distanza dalla Chiesa Parrocchiale era piuttosto notevole, un buon chilometro: ogni sera in casa si recitava il Rosario con speciali preghiere ai Santi Protettori.

Per cui non meraviglia che il nostro Giovannino abbia presto imparato a servire la Messa e fosse felice di servirla il più spesso possibile.

Ciò che invece può stupire è che il nostro Giovannino mostrò presto di prendere molto sul serio tutto ciò che riguardava la religione: la sua partecipazione alle funzioni, la sua devozione per l'Eucaristia e la Madonna, mostravano una convinzione e un impegno eccezionale, tanto che i suoi compagni di allora ricordavano tanti anni dopo: « era sempre in chiesa », « era diverso dagli altri », « ha finito santo sicuramente, perché era già santo allora ».

E anche se il nostro Giovannino era allora un ragazzino come tutti gli altri, vivace, spensierato e semplice, questo giudizio unanime ci dice che egli assorbì pienamente fin dal primo momento il clima di fede e di impegno che impregnava l'ambiente familiare.

Fece parte delle associazioni religiose della Parrocchia: per i ragazzini c'era la confraternita dei « Sacramentini », per i giovani e gli adulti c'era quella della SS. Trinità, e Giovannino fece parte dell'una e dell'altra con convinta devozione.

Partecipava fedelmente all'Ufficio della SS. Vergine, a cui erano impegnati i « confratelli ».

La devozione alla Madonna caratterizzò in modo particolare la sua formazione religiosa: imparò a suonar la chitarra per accompagnare le canzoncine religiose in onore della Madonna, faceva frequenti pellegrinaggi al vicino santuario della « Madonna di Costigliole », amava infiorare egli stesso la statua della Madonna.

La scuola di Vinchio era allora proprio elementare: una sola aula, un solo maestro per tutti gli allievi … niente esami, niente fretta di finire.

Il maestro, un buon prete generoso e paziente, con materna indulgenza e poca disciplina riusciva a insegnare a leggere, scrivere e far di conto a tutti i vinchiesi.

Il nostro Giovannino fu anche lui una delle pecorelle, ma non delle più birichine: e fruttò così bene degli insegnamenti ricevuti che qualche anno dopo passò a certe scuole serali di perfezionamento che allora erano frequentate solo dagli « intellettuali ».

Non dovevano essere gran cosa anche queste, ma a noi interessa notare come Giovannino aveva interesse per la scuola e l'impegno non gli mancava.

La chiamata di Dio

Non è possibile raccontare con esattezza come nacque e si sviluppò la vocazione religiosa del nostro Giovannino, perché egli non la raccontò mai dettagliatamente.

Abbiamo però degli accenni in alcune sue lettere, da cui possiamo dedurre la storia con sufficiente precisione.

Il Priore della confraternita della SS. Trinità, di cui Giovannino faceva parte, era il Signor Chiorra, uomo zelante e padre di due Fratelli delle Scuole Cristiane.

Notato il grande spirito religioso del giovane « confratello », gli accennò alla possibilità di entrare nella congregazione religiosa in cui già erano i suoi figli.

Giovannino, religioso e amante della scuola come era, dovette sentire vivamente il fascino di questa prospettiva di santità e di apostolato presso i ragazzi.

Egli stesso ne aveva fatto qualche esperienza insegnando il catechismo a piccoli amici e addirittura preparando alla Prima Comunione un nipote, di appena quattro anni più giovane di lui.

Probabilmente pesò sulla sua risposta anche la visita di alcuni giovani Fratelli venuti in famiglia per brevi vacanze.

Il Signor Chiorra e i suoi figli, avuta la risposta positiva di Giovannino, si interessarono per le pratiche di accettazione.

Purtroppo il papa, che avrebbe visto più volentieri il figlio sacerdote, fece delle grosse difficoltà: la soluzione non venne che con la morte del papa.

Nell'ottobre del 1887, all'età di sedici anni e mezzo, Giovannino si presentò al Superiore Provinciale dei Fratelli delle Scuole Cristiane presso il Collegio S. Giuseppe di Torino.

Dopo la cordiale accoglienza, egli partì per il Noviziato che allora si faceva in Savoia, vicino a Chambéry.

Là i Superiori si accorsero presto che la nuova recluta era ben preparata sia dal punto di vista religioso che da quello intellettuale: dopo un brevissimo postulato, il 1° novembre 1887 Giovannino Garberoglio vestiva l'abito religioso ricevendo il nome di Fratel Teodoreto.

Allora i Religiosi, al momento di iniziare il Noviziato, usavano cambiare il nome come segno di rinnovamento: chi si consacra a Dio inizia una nuova vita.

Il nome, non molto comune, ha uno splendido significato: « dono di Dio »; come lo fu davvero, e per lui che iniziava decisamente il cammino della santità, e per la Congregazione dei Fratelli, che accoglieva quel giorno una delle sue glorie.

I Fratelli delle Scuole Cristiane sono una Congregazione dedita alla educazione cristiana della gioventù: tengono scuole, collegi, istituti di assistenza, associazioni giovanili.

Per dedicarsi totalmente all'opera educativa essi rinunziano al sacerdozio: così nessun Fratello delle Scuole Cristiane diventa sacerdote perché tutti sono impegnati nella scuola cristiana e nelle opere educative legate alla scuola.

Attualmente i Fratelli, diffusi in ogni parte del mondo, sono una delle Congregazioni più numerose della Chiesa, con circa 16.000 Religiosi e 1.500 istituti di educazione.

Fratel Teodoreto si impegnò subito ad essere un perfetto Fratello.

Il suo raccoglimento lo rendeva silenzioso, obbediente, studioso.

La gioia interiore traspariva nel sorriso e la carità lo rendeva disponibile a ogni servizio.

I compagni di allora non ricordano di lui niente di straordinario, se non questo ritratto di serenità e di pietà.

Il Fratello Teodoreto conservò sempre del suo Noviziato un vivo ricordo e persino nostalgia.

In quell'anno egli aveva sperimentato con straordinaria vivezza le gioie e le ricchezze della vita spirituale: tutta la sua vita sarà ora rivolta a camminare sulla via di Dio.

Il giovane religioso

Il 3 settembre 1888 Fratel Teodoreto lasciò il Noviziato per raggiungere Grugliasco ( Torino ) e completare la sua formazione allo Scolasticato.

Questo è un tempo in cui i giovani religiosi perfezionano la loro formazione religiosa e si preparano direttamente al loro apostolato mediante gli studi profani ed esperienze di insegnamento.

Troviamo ben presto il nostro Fratel Teodoreto impegnato nell'insegnamento nelle scuole elementari dei Fratelli di Torino.

Se il suo zelo religioso era già ben vivo, la sua capacità di insegnamento ebbe bisogno di un periodo di assestamento e di maturazione.

Egli era buono, rispettoso, pieno di attenzioni per i suoi bambini, ma non tutti i suoi bambini erano altrettanto buoni e rispettosi.

Sicché il Fratel Teodoreto dovette impegnarsi a irrobustire la sua voce e ad acquistare quell'ascendente, fatto insieme di amore e di autorità, che sono necessari a un educatore.

E poco per volta ci riuscì straordinariamente bene, fino ad acquistare un ascendente eccezionale, per cui la sua presenza era sufficiente a riportare la calma e l'ordine.

Il suo contegno assunse un tono caratteristico di imperturbabile calma e grande affabilità: egli trattava tutti con grande rispetto e gentilezza, ma sempre con un po' di distacco.

Tutti sentivano che il suo cuore era innanzitutto donato a Dio, e che nell'amore di Dio egli si donava agli altri.

Il senso di una straordinana pienezza religiosa colpiva tutti coloro che lo avvicinavano e lasciava una impronta incancellabile: così lo ricordano gli allievi e quanti lo hanno conosciuto.

Fratel Teodoreto si impegnò regolarmente con i voti religiosi di povertà, castità, obbedienza, stabilità nell'Istituto e insegnamento gratuito ai poveri.

Emise voti annuali dal 1889 al 1894, poi voti triennali e nel 1899 si legò definitivamente a Dio con i voti perpetui.

Completava intanto i suoi studi profani: dopo aver ottenuto quelle che allora si chiamavano « la patente inferiore » e « la patente superiore » per l'insegnamento nella scuola elementare, nel 1903 a Genova si abilitò all'insegnamento del disegno nelle scuole medie.

Fu così Maestro e Professore, anche se non insegnò il disegno per molti anni, perché chiamato presto alla direzione di scuole e Comunità.

In quel tempo anche i Religiosi compivano il servizio militare, così che il nostro Fratel Teodoreto fu chiamato alle armi.

Prestò il suo servizio con molta semplicità, senza cambiare ne il suo stile ne le sue abitudini, nonostante un cambiamento di ambiente così radicale.

Poiché la caserma in cui prestava servizio era nella stessa città di Torino, egli approfittava di tutte le libere uscite per rientrare in Comunità e anche aiutare i confratelli nei limiti di tempo disponibili.

Invece di chiedere aiuti di vitto o di danaro, come spesso accade a chi è militare, egli consegnava la sua « cinquina » ( i pochi soldi che venivano dati ai soldati ) ai suoi superiori, sostenendo che non sentiva assolutamente bisogno di nulla di speciale.

Il suo servizio passò così, nella semplicità e nel sacrificio, senza apparentemente lasciar tracce nella sua vita.

Fr. Teodoreto ne approfittò invece per seguire un corso per infermieri che gli diede la possibilità di rendere più tardi numerosi servizi di carità ai suoi confratelli.

Tutti episodi semplici, comuni, ma che già allora apparivano fatti « in modo non comune ».

La maturità

Fratel Teodoreto era un uomo alto, robusto, anche ben proporzionato.

Non era però quello che si dice « un bell'uomo ».

Il suo aspetto manifestava chiaramente l'origine contadina: soprattutto la bocca, molto larga, lo faceva giudicare « non bello ».

Eppure fu un uomo di straordinario fascino: il suo costante sorriso, la calma con cui affrontava qualsiasi avvenimento, l'affabilità con cui trattava con chiunque, lo indicavano come un'anima di straordinaria elevatezza, un « signore » nello spirito.

La fama della sua virtù contribuì a dargli un ascendente eccezionale, per cui la sua presenza creava un ambiente diverso.

Si ricorda di lui che era un ottimo camminatore e anche un po' alpinista.

Salì coi confratelli, nei periodi di vacanza, montagne di notevole altezza, come la Levanna ( m. 3619 ), quando le escursioni in alta montagna erano ancora piuttosto rare.

E si preoccupò di ottenere per la sua comunità una villetta vicino ai monti perché nelle vacanze i Fratelli potessero ristorarsi con qualche interessante escursione.

La calma e la mitezza che abbiamo ricordato possono far pensare a un uomo naturalmente tranquillo.

Varie testimonianze indicano invece in lui un carattere forte, talvolta vivace, soprattutto costante.

L'autorità acquisita sugli allievi e sulle Comunità che ebbe a dirigere provano che aveva carattere energico, capace di chiare decisioni e costanza di azione.

Anche il suo coraggio fu messo alla prova nell'ultima guerra dai numerosi bombardamenti che ebbe a subire in compagnia di altri Confratelli: molti ricordano la sua serenità in quelle circostanze.

Dell'elevatezza raggiunta in tutte le virtù umane e religiose sono prova le ammirate testimonianze di quanti lo conobbero.

È un coro vasto e perfettamente intonato, in cui la nota dominante è lo spirito di amore per Dio e per gli uomini che traspariva in tutti i suoi atti.

Cito soltanto la testimonianza del Fratello che fu suo Direttore negli ultimi anni: « Ho conosciuto il Fratel Teodoreto specialmente negli ultimi anni della sua vita, da lui trascorsi nella Comunità del Collegio S. Giuseppe di Torino.

Non ricordo di Lui particolari fatti eccezionali; ma sono ancora soggiogato dalla profonda impressione di una vita che m'appare essa stessa il più eccezionale e miracoloso degli avvenimenti.

Più che di eroicità delle virtù, mi par da segnalare in Lui la naturalezza e l'immediatezza di tutte le virtù della vita religiosa, divenute ormai spontanee a tal punto che non solo non mi riesce di ricordare qualche suo difetto o mancamento, ma neppure di immaginarmene la possibilità.

Carità, umiltà, obbedienza, regolarità, semplicità, pace, pazienza, benignità, bontà, langanimità, dolcezza, uguaglianza di carattere, spirito di povertà e di sacrificio, spirito di fede, zelo per le anime erano in Lui talmente connaturate da non lasciar più trasparire lo sforzo della conquista, ma da sembrare piuttosto lo specchio della fisionomia interiore ».

Come per un altro Fratello elevato alla gloria degli altari, San Benildo, si potrebbe dire di Fratel Teodoreto che ha realizzato la santità del « terribile quotidiano ».

Fedeltà assoluta, giorno per giorno, alla Regola, alla preghiera, al lavoro e al sacrificio.

Un modo oscuro, ma davvero totale, di donare la vita al Signore.

La morte

« La virtù si affina nel dolore, come l'oro nel crogiolo ».

La vita del Fratel Teodoreto ebbe le sue molte tribolazioni, ma il suo raccoglimento e il suo riserbo le lasciava trasparire debolmente.

La nascita e lo sviluppo dell'Unione ha avuto una storia lunga e contrastata: così la Casa di Carità.

Tra le sofferenze più gravi del Fratel Teodoreto ci fu certamente la scarsa considerazione e lo scarso sostegno che la sua opera incontrava spesso tra i Confratelli.

Ma anche il suo fisico, pur robusto, non mancò di provare la sua forza d'animo in parecchie occasioni.

La malattia di cui Fratel Teodoreto soffrì di più è la nefrite: ebbe ben dodici gravi ricadute.

Uno dei suoi Catechisti, il Rag. Cesone, era stato a trovarlo durante una di queste ricadute, il 12 aprile 1942.

Raccontava poi: « Ha un aspetto raggiante, e dice che Gesù proprio nel giorno di Venerdì Santo gli ha voluto presentare un regalino, facendolo ricadere per la dodicesima volta nella consueta malattia ».

Più volte le molte preghiere ottennero la sua guarigione, ed Egli diceva allora: « Se fossi partito, non avrei più dato fastidio a nessuno ».

Però subito aggiungeva: « Se il Signore desidera che resti ancora per lavorare, eccomi pronto! ».

Nell'agosto 1949 ebbe il primo attacco di emorragia cerebrale.

Guarì, ma l'uso della parola ne rimase notevolmente diminuito.

Un nuovo attacco lo colpì nel gennaio 1954: durò più di un mese, dopo di cui il Fratel Teodoreto si riebbe abbastanza bene.

Ma nel maggio dello stesso anno sopraggiunge l'attacco ultimo.

Il Fratello Cecilio, che gli fu accanto in quegli ultimi giorni, racconta: « Il 9 maggio 1954 alla Casa di carità si doveva celebrare, con una discreta solennità, il quarantennio della fondazione dell'Unione Catechisti: quella data era nel cuore e nella mente di Fratel Teodoreto, il quale ripensava al lontano inizio pieno di entusiasmo e d'amore, alla serie ininterrotta delle difficoltà che Gesù Crocifisso e la Madonna Immacolata l'avevano aiutato a soffrire e a superare, e alla fondazione che ora vive approvata dalla Chiesa.

Fratel Teodoreto pensava di passare alla Casa di carità tutta la bella giornata del 9 maggio con i suoi Catechisti, ricordando pregando e ringraziando il Signore.

Il Signore invece ha chiesto a Lui e ai Catechisti il grande sacrificio della sua assenza.

Mercoledì 5 maggio, il Fratel Teodoreto confessa alla Suora infermiera che si sente qualcosa al braccio destro, come quando a gennaio lo aveva preso l'altro « colpo ».

La Suora lo conduce in camera, ove Fratel Teodoreto si pone a letto, tranquillo solo quando viene rassicurato che il giorno dopo il Canonico Monasterolo ben volentieri gli avrebbe portato la S. Comunione.

Giovedì e venerdì Fratel Teodoreto viene nuovamente ricoverato in infermeria, per una migliore assistenza.

Si sente subito meglio, perché pensa molto al 9 maggio; e anche il Dottor Vola lo trova bene sabato mattina; lo autorizza ad alzarsi per il pranzo, e anche ad andare alla Casa di carità, se proprio si sentirà bene quando sarà in piedi.

Il caro Infermo si alza; ma non ha tempo di ultimare la toeletta, che un ultimo « colpo » lo fa cadere.

Rimesso a letto, passa nella incoscienza il pomeriggio di sabato e parte della domenica.

Poi ha barlumi di conoscenza fugaci; ma non parla più.

Il suo sguardo, le strette di mano sembrano dire che ha momenti di comprensione, che riconosce Fratelli e Catechisti, e che offre le sue ultime giornate a Dio con la stessa volontà generosa e affettuosa con cui gli ha offerto tutti i suoi 83 anni.

L'Olio Santo, le preghiere dei Fratelli e dei Catechisti lo accompagnano in quei giorni estremi.

L'ultima Comunione fu quella del mattino di sabato 8 maggio, perché dopo il « colpo » non poté che ingoiare a stento cucchiaini di acqua e zucchero molto distanziati, perché gli provocavano la tosse.

Lunedì, martedì, mercoledì sono giornate penose per il Fratel Teodoreto, che si sente spegnere: sono le ore della sua agonia sulla Croce accanto a Gesù Crocifisso, che ha adorato tanto e fatto adorare da tanti.

Sono giornate penose per i Fratelli e i Catechisti desiderosi di recargli qualche sollievo, di sentire ancora qualche sua parola, quasi un testamento e una eredità da portare in cuore.

Un raggio di consolazione arreca, il giorno 12, l'implorata « particolare Benedizione » del S. Padre …

Mercoledì notte coloro che lo vegliano non vorrebbero staccarsi dal suo letto, al giungere dei sostituti: sentono che la fine si approssima e tutti desiderano essere presenti alla morte del Santo Fratello.

Il transito viene quieto, quasi Insensibile, alle tre del mattino: il respiro si affievolisce; poi manca per lunghi momenti di sospensione, indi riprende affrettato, e manca di nuovo due o tre volte! …

Seguono due sforzi più istintivi che coscienti, per alzare la testa, per respirare ancora; infine è l'ultimo sospiro breve e calmo che lascia il corpo inerte.

È il momento del « giudizio », a cui assistiamo in ginocchio, pregando silenziosi: un giudizio di glorificazione, l'incontro del figlio santo col Padre Santo, l'abbraccio dell'innamorato della Passione con il Crocifisso dalle piaghe raggianti, il sorriso sereno del figlio devoto alla Madre Immacolata Santissima venuta a incontrarlo ».

« La salma di Fratel Teodoreto, esposta in camera ardente nel parlatorio, dalle 15 del 13 maggio alle dieci del 15 maggio fu ininterrottamente visitata e vegliata, giorno e notte, da innumerevoli persone venute più a pregare che a suffragare.

Adulti e giovani e bambini andavano a gara nel toccare e fargli toccare oggetti di divozione, senza il minimo senso di timore, perché tutti si sentivano a contatto con le reliquie di un santo autentico, che saprà anche ottenere grazie e miracoli, intercedendoli da Gesù Crocifisso.

Dal Cardinale al Presidente della Provincia, al Sindaco … è stato un affluire ininterrotto di oranti ammirati e fiduciosi.

Alle dieci di sabato 15 maggio, il corteo funebre si snodò nei corridoi del Collegio.

La salma, portata da tre Fratelli e tre Catechisti, passò dinanzi agli allievi schierati e riverenti, entrò nella cappella che vide le lunghe ore di prostrazione di Fratel Teodoreto, il quale ogni mattina vi assisteva a tutte le messe celebrate successivamente per i vari gruppi di alunni.

La Messa funebre fu solenne e devota.

Poi l'accompagnamento, - che avrebbe dovuto essere fatto a piedi, pregando, fino al Cimitero - a causa della pioggia si trasformò in una lunga teoria di macchine e di pullman.

Fratel Teodoreto ha voluto andarsene più rapidamente e più nascosto, come nel nascondimento operoso e umile aveva passato tutta la sua vita ».

Fr. U.M.