Riconciliatevi con Dio!

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Scrive l'Apostolo Paolo nella sua seconda lettera ai Corinti: « Noi facciamo le veci di ambasciatori di Cristo, come se Dio stesso esortasse per mezzo nostro.

Vi supplichiamo in nome di Cristo: riconciliatevi con Dio! » ( 2 Cor 5,20 ).

È un testo che riguarda tutti gli uomini, perché tutti sono eredi di Adamo peccatore, eccettuata soltanto la SS. Vergine Maria, che da Adamo non ha ereditato il peccato di origine.

Tutti hanno bisogno di convertirsi, anche il ragazzino che si prepara alla prima comunione, anche il religioso consacrato a Dio da tanti anni.

La vita dell'uomo sulla terra non può essere che una continua conversione, se vuoi essere gradito a Dio.

Ma è un testo commovente, anzi perfino strano: l'offeso che va in cerca dell'offensore e lo prega di riconciliarsi.

E l'offeso è il Dio della maestà infinita, perfettamente ed eternamente beato in se stesso, il quale, deluso dalla sua creatura, non si rassegna a perderla, abbandonandola alla scelta che ha fatto, ma la ricerca, la insegue … e finisce sul Calvario per redimerla.

« Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva ».

Sembra che Dio abbia bisogno dell'uomo mentre invece è l'uomo che è nulla, che tutto riceve, che di tutto abbisogna, come confessano i santi: « nihil sum, nihil habeo, nihil possum, servus inutilis sum … ».

L'uomo non è neanche capace di convertirsi, se Dio non interviene con la sua grazia.

È sempre Dio che fa il primo passo, ed è già tanto se l'uomo non gli oppone resistenza.

È vero che Dio non scherza: talora blandisce, discute, pazienta, ma qualche volta ricorre anche ai mezzi energici.

Ne sa qualcosa S. Paolo: « duro per te recalcitrare al pungolo ».

L'uomo non mostra mai la sua insipienza come quando cerca di resistere a Dio.

È in gioco la sua salvezza eterna, pesa su di lui una minaccia spaventosa ed egli dimostra un'incoscienza e una durezza incredibile.

È questione di vita o di morte eterna, ed egli scherza.

Forse per questo il Signore da prova di una pazienza instancabile: conosce l'insipienza dell'uomo e aspetta che si ravveda.

Egli non respinge mai chi lo cerca, anzi incoraggia i timidi tentativi di bene, i primi passi nella conversione ( non spezza la canna fessa, non spegne il lucignolo fumigante ) per condurre l'uomo verso la salvezza.

Qualche volta pare che si accontenti proprio di un minimum di buona volontà.

Ecco il classico esempio del cosiddetto buon ladrone ( è una contraddizione in termini, ma viene chiamato così per distinguerlo dal suo … men lodevole collega ).

Non bisogna però togliere alcun merito a costui perché dimostra una fondamentale onestà: il riconoscimento del vero, anche contro di sé ( « noi riceviamo il giusto castigo dei nostri misfatti, ma Lui non ha fatto nulla di male ».

Dunque lo conosceva abbastanza Gesù, chissà che non abbia ascoltato qualche suo discorso e ne sia rimasto scosso ) e non esita a condannare le autorità di Israele.

Tuttavia, per sua stessa confessione, sta scontando un giusto castigo.

Non osa domandare nulla, ma solo rivolge a Gesù la più umile supplica: « Signore, ricordati di me quando sarai nel tuo regno ».

È un riconoscimento bell'e buono della regalità e della messianicità di Gesù.

Ma che coraggio in quelle circostanze.

Molti secoli dopo, quando la Chiesa canterà: « regnavit a ligno Deus » non aggiungerà nulla alla confessione del ladrone.

Comunque era un ladro di professione, che stava chiudendo la vita nel modo meritato.

Uno sguardo a Gesù e tutto è rimediato, una vita fallita è recuperata.

Questo episodio evangelico ha commosso tutte le generazioni cristiane.

Dunque non è mai tardi per ritornare a Dio.

Il padre del figliuol prodigo ha atteso finché questi, magari costretto dalla miseria, ritornasse a casa e non l'ha nemmeno rimproverato, ma lo ha stretto a sé in un caldo abbraccio.

Il figlio non si attendeva questa accoglienza e aveva preparato il suo discorsetto: « non son più degno … trattami come uno dei tuoi servi ».

L'uomo peccatore è sempre tentato di diffidare e non si accorge che questo è il suo gran pericolo.

La misericordia di Dio è senza limiti: « dives in misericordia ».

È di sé, piuttosto, che l'uomo deve diffidare, perché la sua miseria, la sua debolezza, la sua incostanza sono veramente grandi e rimangono un pericolo finché vive su questa terra.

Non per nulla la S. Scrittura ammonisce di operare « in timore et tremore » la propria salvezza.

È questo il santo timore di Dio, « principio della sapienza », basato sulla verità e rimedio all'incostanza della volontà, all'insidia delle tentazioni e alla violenza delle passioni.

Ma questo timore non deve mai essere disgiunto dalla speranza di ottenere « la vita eterna e le grazie necessario per meritarla con le buone opere ».

Un timore che non paralizza, ma pungola; una speranza che non fa presumere, ma infonde coraggio, e si accompagna alla prudenza.

Il Signore elargisce in abbondanza le grazie attuali per incitare alla virtù: letture buone, esempi edificanti, avvenimenti diversissimi, che sono sempre un richiamo, e soprattutto quel fiume di benedizioni che è la liturgia e tutta la vita della Chiesa.

Chi si vuoi perdere dev'essere proprio deciso a perdersi.

Senza dubbio chi vuol lasciare il male e viver bene deve affrontare delle difficoltà.

Ma non è certo il Signore che rende difficile la conversione del peccatore, anzi Egli lo assedia con grazie d'ogni genere.

Le remore esistono da parte dell'uomo.

Ogni peccato non è solamente una offesa recata a Dio e un disordine nella vita umana, ma è anche una ferita allo spirito e un legame con il male.

L'uomo peccando rinunzia alla propria libertà e si rende schiavo.

Quando decide di convertirsi deve spezzare delle catene, più o meno gravi a seconda delle abitudini prese e delle deformazioni mentali che le accompagnano.

E qui sta la difficoltà e il pericolo.

D'altra parte non è neanche vero che ci sia sempre tempo a convertirsi e a fare meglio: l'uomo non è sicuro nemmeno dell'istante successivo al momento presente.

Senza contare che tutto ciò che è compiuto in stato di colpa non ha alcun valore per la vita futura.

Una vita trascorsa così è una vita sprecata, anche se si conclude con una conversione.

Ogni uomo poi è solidale con tutti gli altri: chi è in grado di valutare i danni sociali delle colpe dei singoli, anche se sono segrete?

La morale cristiana non impone solamente di evitare il male, ma anche di fare il bene.

Gesù in persona dice addirittura ai suoi seguaci di tendere alla perfezione: « Siate perfetti come il Padre vostro che è nei cieli ».

Ma quanti sono i cristiani che sono consapevoli di questo dovere e si sforzano di osservarlo?

Una malattia molto diffusa è quella della tiepidezza spirituale, così chiamata e stigmatizzata nella S., Scrittura: « fossi tu almeno freddo! Ma poiché sei tiepido e cioè ne caldo, ne freddo, incomincerò a vomitarti dalla mia bocca » ( Ap 3,15-16 ).

In altre parole: mi fai schifo.

Non ci siamo mai chiesto se per caso non facciamo schifo all'amore infinito di Dio?

« Che cos'altro dovevo ancora fare, che non lo abbia fatto? » dice il Signore.

E tu alzi le spalle.

In un certo senso è più coerente il ribelle.

Non pretende almeno di tenere il piede in due staffe.

Alcuni anni fa un episodio clamoroso venne a rendere quasi palpabile il danno recato dai cattivi e dai mediocri cristiani.

Un uomo di grandezza eccezionale e di immenso prestigio, il famoso mahatma Gandhi aveva preso in esame il cristianesimo: colpito dalla sublimità del Vangelo, vi avrebbe anche aderito facendosi battezzare.

Ma purtroppo era stato anche colpito dalla differenza fra la dottrina cristiana e la vita dei cristiani e non ne fece nulla, motivando il suo atteggiamento proprio con lo scandalo dei cristiani.

Uno schiaffo morale, di risonanza internazionale.

Almeno fosse un richiamo al senso di responsabilità di tutti.

Nella vita spirituale bisogna essere decisi.

Questa condizione, che vale in tutti i campi, è più che mai valida nella vita spirituale, dove le difficoltà sono numerose e continue, tanto che senza l'aiuto di Dio sarebbe impossibile superarle.

Ma l'aiuto di Dio non esclude l'impegno dell'uomo, come dice il proverbio: « aiutati che Dio ti aiuta ».

Tutta la creazione è subordinata a questa legge di collaborazione.

Chi tentenna ha già perduto.

I santi sono per definizione degli uomini risoluti. Infatti la santità che la Chiesa canonizza non è che la buona volontà spinta fino all'eroismo.

Chi ha avuto la fortuna di conoscere il Servo di Dio Fr. Teodoreto sa quanto egli fosse deciso e tenace, non solo per temperamento, ma anche per educazione e per sua scelta spirituale.

Secondo una legge psicologica fondamentale ogni atto umano tende a ripetersi e diviene tanto più facile e desiderato quanto più è ripetuto.

Sorge cosi la catena dei vizi, prodotta dagli atti cattivi, ma anche la struttura delle virtù con la ripetizione degli atti buoni.

Iddio poi, nella sua magnanimità, infonde nell'uomo ben disposto le virtù infuse, con le quali l'anima si arricchisce di meriti e diventa sempre più forte contro il male.

Il bene non è un possesso pacifico ed esige una continua lotta, è vero, ma questa lotta diventa sempre meno dura e più proficua con il continuo esercizio.

« Militia vita hominis super terra ».

Ma questa milizia è comandata da un invincibile capitano: Gesù Cristo.

E questo capitano garantisce la vittoria a tutti coloro che confidano in Lui e in Lui si appoggiano.

Egli ha stabilito la Chiesa depositarla di mezzi infallibili per debellare qualsiasi esercito nemico.

E inoltre ha suggerito a tutti un modo semplicissimo e sempre a disposizione per qualunque necessità: la preghiera.

Quando Saulo, atterrato sulla via di Damasco e reso cieco stava in casa digiunando e in attesa degli eventi, il Signore gli mandò Anania.

Questi aveva paura di avvicinare l'antico persecutore, ma il Signore lo rassicurò dandogli un segno: egli sta pregando.

La preghiera è all'inizio della conversione e non deve mai lasciare l'uomo.

« Sine intermissione orate ».

« Tristatur aliquis vestrum? Oret » ( Gc 5,13 ).

È certo difficile lasciare delle lunghe abitudini per incominciarne delle nuove.

Ma la grazia di Dio è immancabile e la pace e la gioia che invadono lo spirito quando Dio è presente è una consolazione ineffabile e un compenso di gran lunga superiore ai sacrifici compiuti.

« Chi ha bisogno di sapienza la chieda a Dio, che da a tutti abbondantemente e non rimprovera nessuno, e gli sarà concessa » ( Gc 1,4 ).