Una enciclica del Papa Giovanni Paolo II

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In occasione del ventennio dell'enciclica « Populorum progressio » di Paolo VI l'attuale Sommo Pontefice ne ha ripreso l'argomento con una nuova enciclica in data 30 Dicembre 1987 dal titolo programmatico « Sollicitudo rei socialis ».

Essa è eccezionalmente lunga, segno della complessità ed importanza dell'argomento trattato, e si rivolge a tutti gli uomini, anche non cristiani, di qualsiasi fede religiosa, cosa anche questa eccezionale, perché riguarda tutti gli uomini, semplicemente come tali, giacché tutti ne sono interessati quali membri di un corpo sociale, e perciò da tutti ne dipende la soluzione.

L'uomo infatti è un essere fondamentalmente sociale e solo attraverso la società raggiunge l'esistenza, lo sviluppo, il fine.

Chi non sa prendere il suo posto in essa è un disturbatore ed un fallito.

Tutte le virtù hanno direttamente o indirettamente un aggancio o almeno un richiamo a questa condizione, che, del resto, non costituisce solamente una difficoltà, ma anche e soprattutto un aiuto.

È per questo che ogni uomo è, come si dice, figlio del suo tempo.

L'argomento dell'enciclica di cui stiamo parlando è anche attualissimo, vivamente sentito e discusso.

La parola del supremo Pastore, nel cozzo di tanti interessi e passioni, più che opportuna era necessaria.

La sua lettura richiede buona volontà, ma bisogna affrontarla perché troppo importante e si dovrebbe anzi esaminare anche qualcuno dei molti commenti che ne verranno sicuramente pubblicati.

Non è certo la prima volta che la Chiesa affronta la questione sociale.

L'enciclica di cui stiamo parlando accenna nella sua introduzione ai Papi che ne hanno già affrontato l'argomento.

Per la comodità dei nostri lettori accenniamo qui ai documenti di più recente emissione:

15 Maggio 1891: lettera enciclica « Rerum novarum » di Leone XIII.

15 Maggio 1931: lettera enciclica « Quadragesime anno » di Pio XI.

15 Maggio 1961: lettera enciclica « Mater et Magistra » di Giovanni XXIII.

26 Marzo 1967: lettera enciclica « Populorum progressio » di Paolo VI.

14 Maggio 1971: lettera apostolica « Octogesima adveniens » di Paolo VI.

14 Settembre 1981: lettera enciclica « Laborem exercens » di Giov. Paolo II.

30 Dicembre 1987; lettera enciclica « Sollicitudo rei socialis » di Giov. Paolo II.

Questa semplice elencazione dimostra la vigilanza della Chiesa sui problemi sociali ed il suo costante e tempestivo intervento affinché sia dato ad essi una giusta soluzione.

Ci permettiamo di aggiungere che nessun cristiano ( anzi il Papa stesso fa appello anche ai membri di tutte le altre religioni ) può esimersi dal dare il proprio contributo, almeno quello della preghiera.

Da parte nostra ci rincresce di non poterla offrire integralmente ai nostri lettori, ma ne diamo un assaggio con qualche tratto della sua conclusione.

Sollicitudo rei socialis ( 48-49 )

La Chiesa sa bene che nessuna realizzazione temporale s'identifica col Regno di Dio, ma che tutte le realizzazioni non fanno che riflettere e, in un certo senso, anticipare la gloria del Regno, che attendiamo alla fine della storia, quando il Signore ritornerà.

Ma l'attesa non potrà esser mai una scusa per disinteressarsi degli uomini nella loro concreta situazione personale e nella loro vita sociale, nazionale e internazionale, in quanto questa - ora soprattutto - condiziona quella.

Nulla, anche se imperfetto e provvisorio, di tutto ciò che si può e si deve realizzare mediante lo sforzo solidale di tutti e la grazia divina in un certo momento della storia, per rendere « più umana » la vita degli uomini, sarà perduto ne sarà stato vano.

Questo insegna il Concilio Vaticano II in un testo luminoso della Costituzione Gaudium et Spes: « I beni della dignità umana, l'unione fraterna e la libertà, in una parola tutti i frutti eccellenti della natura e del nostro sforzo, dopo averli diffusi per la terra nello Spirito del Signore e in accordo al suo mandato, torneremo a ritrovarli, purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, quando Cristo consegnerà al Padre il Regno eterno e universale …, già misteriosamente presente sulla nostra terra ».

Il Regno di Dio si fa presente, ora, soprattutto con la celebrazione del Sacramento dell'Eucaristia, che è Sacrificio del Signore.

In tale celebrazione i frutti della terra e del lavoro umano - il pane e il vino - sono trasformati misteriosamente, ma realmente e sostanzialmente, per opera dello Spirito Santo e delle parole del ministro, nel Corpo e nel Sangue del Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio di Maria, per il quale il Regno del Padre si è fatto presente in mezzo a noi.

I beni di questo mondo e l'opera delle nostre mani - il pane e il vino - servono per la venuta del Regno definitivo, giacché il Signore mediante il suo Spirito li assume in sé, per offrirsi al Padre e offrire noi con lui nel rinnovamento del suo unico sacrificio, che anticipa il Regno di Dio e ne annuncia la venuta finale.

Così il Signore mediante l'Eucaristia, sacramento e sacrificio, ci unisce con sé e ci unisce tra di noi con un vincolo più forte di ogni unione naturale; e uniti ci invia al mondo intero per dare testimonianza, con la fede e con le opere, dell'amore di Dio, preparando la venuta del suo Regno e anticipandolo pur nelle ombre del tempo presente.

Quanti partecipiamo dell'Eucaristia, siamo chiamati a scoprire, mediante questo Sacramento, il senso profondo della nostra azione nel mondo in favore dello sviluppo e della pace; ed a ricevere da esso le energie per impegnarci sempre più generosamente, sull'esempio di Cristo che in tale Sacramento da la vita per i suoi amici ( Gv 15,13 ).

Come quello di Cristo e in quanto unito al suo, il nostro personale impegno non sarà inutile, ma certamente fecondo.

In quest'Anno Mariano, che ho indetto perché i fedeli cattolici guardino sempre di più a Maria, che ci precede nel pellegrinaggio della fede e con materna premura intercede per noi davanti al suo Figlio, nostro Redentore, desidero affidare a lei e alla sua intercessione la diffIcile congiuntura del mondo contemporaneo, gli sforzi che si fanno e si faranno, spesso con grandi sofferenze, per contribuire al vero sviluppo dei popoli, proposto e annunciato dal mio predecessore Paolo VI.

Come sempre ha fatto la pietà cristiana, noi presentiamo alla Santissima Vergine le difficili situazioni individuali, perché, esponendole a suo Figlio, ottenga da lui che siano alleviate e cambiate.

Ma le presentiamo, altresì, le situazioni sociali e la stessa crisi internazionale nei loro aspetti preoccupanti di miseria, disoccupazione, carenza di vitto, corsa agli armamenti, disprezzo dei diritti umani, stati o pericoli di conflitto, parziale o totale.

Tutto ciò vogliamo filialmente deporre davanti ai suoi « occhi misericordiosi », ripetendo ancora una volta con fede e speranza l'antica antifona: « Santa Madre di Dio; non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci sempre da tutti i pericoli, o Vergine gloriosa e benedetta ».

Maria Santissima, nostra Madre e Regina, è colei che, volgendosi a suo Figlio, dice: « Non hanno più vino » ( Gv 2,3 ), ed è anche colei che loda Dio Padre, perché: « Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote » ( Lc 1,52s ).

La sua materna sollecitudine si interessa degli aspetti personali e sociali della vita degli uomini sulla terra.

Davanti alla Santissima Trinità, io affido a Maria quanto in questa Lettera ho esposto invitando tutti a riflettere e ad impegnarsi attivamente nel promuovere il vero sviluppo dei popoli, come efficacemente afferma l'orazione della Messa omonima: « O Dio, che hai dato a tutte le genti un'unica origine e vuoi riunirle in una sola famiglia, fa che gli uomini si riconoscano fratelli e promuovano nella solidarietà lo sviluppo di ogni popolo, perché ( … ) si affermino i diritti di ogni persona e la comunità umana conosca un'era di eguaglianza e di pace ».