La morte e la risurrezione di Gesù

B271-A3

Riflessioni di S. Tommaso d'Aquino

S. Tommaso d'Aquino ( dipinto di fra Bartolomeo ).

Il tempo pasquale ci richiama con particolare intensità sul mistero salvifico della morte e della resurrezione di Gesù.

Per consolidare la nostra fede, alimentare la speranza e intensificare l'ardore della carità con solide argomentazioni, risaliamo direttamente alle fonti del pensiero teologico, riportando dei testi di S. Tommaso d'Aquino tratti da « La Somma Teologica ».

La riflessione sugli scritti del Dottore Angelico, che è anche uno dei santi protettori dell'Unione Catechisti, ci sia di incentivo e di aiuto a penetrare più intimamente nel mistero di amore di Gesù Crocifisso per il Padre e per noi, mistero che contrassegna il suo corpo con le sacre piaghe di dolore e di gloria.

Se fosse conveniente che Cristo morisse1

Era conveniente che Cristo subisse la morte.

Primo, per soddisfare per il genere umano, che era stato condannato alla morte per il peccato, secondo le parole della Genesi: « Quel giorno in cui mangerete ( del frutto dell'albero ) morirete ». ( Gen 2,17 )

Ora, la maniera conveniente per soddisfare per una persona è quella di disporsi alla pena che essa ha meritato.

Ecco perché Cristo volle morire per poter con la morte soddisfare per noi, secondo l'affermazione di S. Pietro: « Cristo è morto una volta sola per i nostri peccati ». ( 1 Pt 3,18 )

Secondo, per dimostrare la realtà della natura assunta. Infatti, come scrive Eusebio, « se al contrario dopo la sua permanenza tra gli uomini egli fosse svanito, evitando la morte, tutti l'avrebbero considerato un fantasma ».

Terzo, per liberare noi, col suo morire, dalla paura della morte. Ecco perché S. Paolo scrive, che « egli volle avere in comune con noi la carne e il sangue, per distruggere con la morte colui che deteneva l'impero della morte, liberando coloro che per timore della morte erano per tutta la vita soggetti alla schiavitù ». ( Eb 2,14-15 )2

Quarto, per darci l'esempio a morire spiritualmente al peccato, morendo corporalmente « secondo la somiglianza del peccato », soffrendone il castigo.

Scrive infatti S. Paolo ai Romani: « Ciò che è morto al peccato è morto una volta sola: mentre ciò che vive, vive per Dio ». ( Rm 6,10-11 )

Quinto, per manifestare la propria virtù capace di vincere la morte, risorgendo dai morti, e dando così a noi la speranza di risorgere.

Di qui il rimprovero di S. Paolo ai Corinzi: « Se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come mai alcuni di voi dicono che non ci sarà la resurrezione dei morti? ». ( 1 Cor 15,12 )3

Se fosse necessario che Cristo risorgesse4

Era necessario che Cristo risorgesse per cinque motivi.

Primo, per l'affermazione della giustizia divina, cui spetta esaltare coloro che per Dio si umiliano, secondo le parole evangeliche: « Depose i potenti dal trono ed esaltò gli umili ». ( Lc 1,52 )

Perciò avendo Cristo umiliato se stesso fino alla morte di croce per amore e per ubbidienza verso Dio, era conveniente che fosse esaltato da lui fino alla gloria della resurrezione.

Ecco perché il Salmista, secondo le spiegazioni della Glossa, così parla in sua persona: « Tu hai conosciuto », cioè approvato « la mia prostrazione, ossia l'umiliazione e la passione, « e la mia resurrezione », cioè la glorificazione « nella resurrezione ». ( Sal 140,2 )

Secondo, per confermare la nostra fede.

Poiché dalla sua resurrezione viene confermata la nostra fede nella divinità di Cristo: infatti, come dice S. Paolo, « sebbene egli sia stato crocifisso per l'affinità con la nostra debolezza, vive però per la virtù di Dio ». ( 2 Cor 13,4 )

Di qui le altre parole dell'Apostolo: « Se Cristo non è risuscitato vana è la nostra predicazione, vana è la vostra fede ». ( 1 Cor 13,4 )

E quelle del Salmista: « Che utilità c'è nel mio sangue », cioè « nell'effusione del mio sangue », « mentre discendo », come per una scala di mali, e « verso la corruzione? ». ( Sal 30,10 )

Come per dire: nessuna.

« Se infatti », come spiega la Glossa, « io non risorgo subito, e il mio corpo si corrompe, io non evangelizzerò e non riscatterò nessuno ».

Terzo, a sostegno della nostra speranza.

Perché vedendo risuscitare Cristo, che è il nostro capo, anche noi speriamo di risorgere.

Di qui la protesta di S. Paolo ai Corinzi: « Se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, com'è che alcuni tra voi osano affermare che non c'è resurrezione dei morti? ». ( 1 Cor 15,2 )

E Giobbe affermava: « Io so », con certezza di fede, « che il mio Redentore », cioè Cristo, « vive », essendo risuscitato dai morti, e quindi « l'ultimo giorno mi rialzerò da terra: e tale speranza è custodita nel mio seno ». ( Sal 30,10 )

Quarto, per indirizzare la vita dei fedeli, in base all'affermazione di S. Paolo: « Come Cristo è risuscitato dai morti per la gloria del Padre, così noi camminiamo secondo una nuova vita ». ( Rm 6,4 )

E ancora: « Cristo risorto dai morti ormai non muore più: … così voi consideratevi morti al peccato e viventi per Dio ». ( Rm 9,11 )

Quinto, per dare compimento alla nostra salvezza.

Poiché come soffrì i nostri mali per liberarci da essi, così volle essere glorificato con la resurrezione, per assicurarci il bene: « Si consegnò alla morte », scrive S. Paolo, « per i nostri peccati, ed è risuscitato per la nostra giustificazione ». ( Rm 4,25 )5

S. Tommaso D'Aquino


1 Summa teologica, III q. 50, a. 1

2 S. Tommaso illustra ampiamente queste parole nel suo commento all'Epistola agli Ebrei cui appartengono. « Intanto l'uomo è schiavo del peccato, in quanto viene indotto a peccare.

Ora, tra tutte le cose due sono quelle che con maggiore efficacia inducono a peccare: l'amore dei beni presenti che infiamma malamente, e il timore delle pene che malamente umilia … Ora queste due cose coincidono, poiché quanto più uno ama un dato bene, tanto più teme il male contrario.

E queste sono le cose per cui l'uomo è legato e trattenuto dal peccato; tuttavia è più mosso dal timore che dall'amore. Cosicché vediamo che anche le bestie feroci sono trattenute dai più grandi piaceri coi timore delle pene; e così il timore è quello che più lega l'uomo. Ma tra tutti il più grave è il timore della morte, essendo l'estrema delle cose temibili. Cosicché se l'uomo supera questo timore, supera tutti gli altri; e superato questo, si supera ogni amore disordinato del mondo. Perciò Cristo con la sua morte spezzò questo legame, poiché tolse il timore della morte, e per conseguenza l'amore della vita presente.

Infatti quando uno considera che il Figlio di Dio, padrone della morte, volle morire, non teme più di morire. ( Ad Hebr., e. 2, lect. 4 )

3 Alle ragioni addotte nel Compendium Theolltguie ( 1, c. 227 ) S, Tommaso aggiunge il fatto che mediante la sua morte Cristo ha voluto offrirci l'esempio perfetto delle più belle virtù, cioè di carità, di fortezza , di pazienza e di obbedienza.

4 Summa Teologica, III, q. 53, a. 1

5 ) A queste cinque ragioni di convenienza, tratte da considerazioni di ordine morale, nel suo commento alle Sentenze l'Autore aggiunge una ragione di carattere ontologico: « Anima e corpo sono parti ( sostanziali ) della natura umana. Ora, ogni parte è imperfetta rispetto al tutto, come nota il Filosofo ( 3 Physic, e. 6 ).

Perciò ne il corpo senza l'anima, ne l'anima senza il corpo possono avere tutte le perfezioni che sono chiamate ad avere. E poiché alla natura umana assunta ( dal Verbo ) erano dovute tutte le perfezioni che in tale natura si riscontrano, era indispensabile che il corpo tosse sempre unito all'anima.

Il fatto che le due parti furono separate fu richiesto dalle esigenze della nostra redenzione ». ( 3 Sent., d. 21, q. 2, a. 1 ).