Gesù è vicino a chi soffre

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- L. P. - ( 1 )

La Pasqua ci ripresenta la passione, morte e risurrezione del Signore Gesù allo scopo di far nascere o sostenere in noi la pace nell'amore di Dio.

Occorre credere all'amore di Dio se vogliamo permettere allo Spirito di farci santi; occorre credere che Gesù è solidale con noi e partecipa alle nostre gioie e alle nostre sofferenze.

Gesù è solidale con noi nella gioia e nel dolore

Un vero cristiano che, come altre volte abbiamo detto, abita nel cuore di Gesù, non potrà mai essere disperatamente scoraggiato, per quante difficoltà possa incontrare, perché sa di essere costantemente avvolto dall'amore di Dio.

Le difficoltà e le sofferenze fanno parte della condizione degli uomini sulla terra, essendo noi limitati e peccatori.

Tuttavia siamo chiamati a riprodurre sempre più perfettamente in noi la perfezione di Cristo.

Questo ideale di vita dovrebbe contraddistinguere il comportamento dei cristiani sia nella sorte propizia, che in quella avversa, perché credono all'amore di Dio.

Vivere nella serenità può essere talvolta difficile, ma non è impossibile a coloro che cercano di abitare in quel braciere ardente d'amore che è il cuore di Gesù.

Quando si presentano delle amarezze il cristiano che si sente ospitato in questo cuore, non rimane schiacciato, né si abbatte scoraggiato sotto il peso delle difficoltà vere o presunte che siano, ma guarda con fede il Crocifisso per unire le proprie alle sue sofferenze, e trovare in Lui la forza per superare ogni difficoltà.

Gesù non è insensibile a ciò che ci accade, per questo partecipa alle nostre gioie, ma anche ai nostri dolori, stimolandoci ad amare i fratelli, e all'occasione a perdonare.

Le piaghe di Cristo sanguinano ancora

Il cuore squarciato di Cristo e tutte le sue ferite aperte, sebbene gloriose, sanguinano ancora, carissimi, in modo mistico, cioè misterioso, ma reale.

Gesù continua infatti a soffrire nel suo corpo mistico che è la Chiesa, nelle membra di questa, che sono i "crocifissi" di ogni tempo: i martiri, i perseguitati, i tribolati, i malati, gli affamati, e tutti coloro che completano nella loro carne ciò che manca alla sua passione, secondo l'espressione di S. Paolo ( Col 1,24 ).

Le nostre sofferenze quindi, unite a quelle di Gesù, sono sorgente di salvezza.

Questa consapevolezza sarà fonte di conforto, anzi di serenità, nei momenti di prova, perché sappiamo di operare, di essere attivi per il bene.

Il sangue versato da Gesù sulla croce fluisce ancora dalle sue ferite per essere incessantemente comunicato nei sacramenti della Chiesa, istituita da Gesù, perché gli uomini di ogni tempo potessero avere un contatto reale con Lui e partecipare al suo sacrificio, mondati e rigenerati dal suo sangue prezioso, in cui è la salvezza.

Amore obbediente al Padre anche nella sofferenza, e per la nostra salvezza.

Ecco una sintesi della vita di Gesù, che non poteva amarci di più!

Come rispondere allora a tanto amore?

Ricambiandolo in modo forte e concreto, umile e puro, docile e generoso, assimilando i suoi sentimenti di misericordia e di perdono.

Prima ancora di ri-amare colui che ci ha tanto amati, occorre tuttavia credere al suo amore.

Solo allora il nostro stare in Cristo ci porterà a:

- glorificare il Padre con Gesù, mossi dal suo Spirito,

- donarci ai fratelli, a sua imitazione.

Questo è l'obiettivo al quale tendere e, se diversi potranno essere i cammini per raggiungerlo, identico dovrà esserne lo spirito.

Chi non crederà al fiume di vita divina che invaderà i cuori di coloro che "volgeranno lo sguardo a Colui che è stato trafitto". per la salvezza del mondo, non gusterà l'intimità d.amore con Gesù, e il suo amore per Lui non andrà mai oltre la mediocrità.

Occorre guardare a Gesù per essere da Lui salvati.

Gesù stesso spiega a Nicodemo, e quindi a tutti noi, che è necessario che il Figlio dell'uomo sia innalzato sulla croce e quindi glorificato, perché gli uomini possano avere la vita eterna: "E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in fui non muoia ma abbia la vita eterna.

Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.

Il giudizio è questo: la luce è venuta nei mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie.

Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere.

Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono fatte in Dio. ( Gv 3,14-21 )

Ecco dunque delineato uno stile di vita per diventare santi.

Per questo siamo stati creati; tutta la nostra vita va finalizzata alla santità e quindi alla salvezza.

Lasciarci salvare da Gesù significa permettere allo Spirito Santo di incorporarci in Lui, per essere lavati e dissetati dal suo sangue prezioso e nutriti dal suo Corpo immacolato.

In questo itinerario si crede effettivamente all'amore di Dio, nella consapevolezza che suo Figlio è morto per la nostra salvezza.

È indispensabile tale persuasione per salvare questo mondo incancrenito nell'indifferenza religiosa che conduce ogni giorno di più verso il buio e la disperazione.

Ripresentare il Crocifisso è la missione che Dio ha affidato e affida ai Catechisti e ai componenti dell'Unione, tra cui voi, carissimi, della famiglia del "coraggio della sofferenza".

Questa per noi è una missione che ci coinvolge, e alla quale dobbiamo dedicarci con tutte le nostre forze, ben sapendo che Dio non guarda tanto ai risultati, ma all'amore messo per raggiungerli.

L'efficacia del nostro zelo, richiede il farci trasparenza di Lui all'interno del cui cuore costantemente abitiamo, o siamo chiamata ad abitare.

Preghiera e sacrifici per le vocazioni

Carissimi, "l'amore ci spinge"; offriamo dunque a Dio la vita di ogni giorno con il suo carico di gioie e di fatiche, per intercedere dalla sua misericordia il dono di nuove sante vocazioni, e la perseveranza di quanti Egli ha già chiamato al suo servizio per tutta la vita.

La generosa offerta delle sofferenze di quanti si uniscono ai patimenti di Gesù nella sua intercessione presso il Padre, rientra nelle finalità del Movimento Adoratori e Adoratrici di Gesù Crocifisso, i cui membri sono animati ad adorare ogni giorno le Piaghe sanguinanti e gloriose del Signore, perpetuando in tal modo come una eco la liturgia della Chiesa nel Venerdì Santo.

Tra questi ci siamo noi del "coraggio della sofferenza"., mossi da profondo senso di riconoscenza verso Gesù, che ha accettato i dolori della passione e ci ha amato fino a dare la vita per noi, e gli esprimiamo il più sincero grazie.

Con totale confidenza e umiltà gli chiediamo di essere liberati dai mali del corpo e dello spirito, e la forza di essere perseveranti nel seguirlo come suoi fedeli discepoli.

Ma il nostro obiettivo specifico è l'offerta delle sofferenze e delle preghiere per le vocazioni operando nel nascondimento per divenire il lievito che prepara il pane della vita.

Nel silenzio adorante, noto solo a Dio, e in ascolto della parola di Gesù, ".pregate il padrone del campo perché mandi operai a raccogliere la sua messe". ( Mt 9,38 ), offriamo a Gesù le gioie e le sofferenze di ogni giorno per il dono delle vocazioni, perché ".la messe è molta, ma gli operai sono pochi". ( Mt 9,37 ).

Con questo invito alla preghiera, Gesù trasmette agli apostoli e ai suoi discepoli di ogni tempo la sua compassione e trepidazione per tanta gente "stanca, scoraggiata come pecore senza pastore". ( Mt 9,36 ).

La preghiera per le vocazioni è condividere l'ansia di salvezza che Gesù ha trasmesso ai suoi e che noi dobbiamo fare nostra.

La preghiera vocazionale cambia e arricchisce chi la fa, e da essa nasceranno rigogliosi frutti di vita.

Auguriamoci, carissimi amici, un rinnovato e generoso cammino al seguito di Gesù, per poter giungere, come dice San Paolo, a mettere il Cristo Crocifisso e risorto al centro dei nostri pensieri e affetti.

"Tutto io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Gesù Cristo, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura …

E questo perché io possa conoscere lui; la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti". ( Fil 3,8-11 )


1 Il titolo "Il coraggio della sofferenza", già "Crociata della sofferenza"., è stato così modificato in omaggio alla definizione data da Giovanni Paolo II all'accettazione del dolore a scopo meritorio.