Convegno ecclesiale di Verona

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Gruppo di studio 3 Ambito: vita affettiva

Sintesi dei lavori

Moderatore: Pina De Simone, professore stabile di filosofia della religione alla Pontifìcia Facoltà Teologica dell'Italia meridionale, sez. « San Luigi », Napoli

Segretario: Paolo Gomarasca, ricercatore di filosofia morale all'Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano

17-18 ottobre 2006

Considerazioni generali

Il disorientamento che si sperimenta nella vita affettiva richiede un'attenta lettura dei segni dei tempi.

Il primo fenomeno che appare in modo evidente è quello di una immaturità affettiva che emerge drammaticamente in alcuni luoghi esistenziali: la vita di coppia, la relazione intergenerazionale, ma anche - talvolta - le stesse comunità cristiane che faticano a pensarsi come luoghi di relazioni affettive.

Tale immaturità si presenta secondo due declinazioni prevalenti:

1) un analfabetismo affettivo e

2) un esibizionismo emozionale.

C'è a ben guardare una sostanziale ignoranza del linguaggio degli affetti.

L'affettività ha un suo linguaggio che affascina e travolge, ma di cui non si riesce spesso ad acquisire un'adeguata consapevolezza.

Di qui quella che potremmo definire una sorta di « pornografia dell'interiorità »: gli affetti vengono ridotti a un emozionalismo da consumare in maniera immediata.

Le emozioni diventano l'unico orizzonte dell'affettività e valgono solo se messe in mostra; ciò che è di per sé da custodire e da vivere con pudore viene al contrario svenduto in una esibizione continua ( si gode a mettere in piazza le proprie emozioni e a spiare in diretta le emozioni altrui ).

A fronte di questa torsione narcisistica dell'affettività si registra però un profondo bisogno di relazioni autentiche: c'è l'esigenza ineludibile di ritrovare il senso delle esperienze affettive che si vivono.

Una riflessione sull'esperienza

L'ascolto dei segni dei tempi reca dunque in sé una intensa provocazione che chiede di essere accolta, una provocazione a pensare, a dire, a fare.

Si tratta prima di tutto di dire bene dell'affettività, dirne il bene: dentro l'affettività c'è un bene irrinunciabile per il soggetto umano, un bene da liberare, da far emergere, da educare.

C'è in tal senso un cammino da compiere, un lavoro da fare che prende il tempo di una vita e che esige la gradualità e insieme il saper puntare in alto alla qualità propriamente umana, e dunque divina, dell'affettività.

La sensibilità non deve essere annullata, ma valorizzata, canalizzandola nella direzione della relazione con l'altro e per l'altro.

Questa dimensione relazionale, che dice la vocazione etica degli affetti, non si aggiunge dall'esterno all'esperienza affettiva, ma ne costituisce la qualità intrinseca e l'orientamento profondo.

L'affettività non è una tra le forme dell'esistere ma la sua forma portante.

Essa è la dimensione che attraversa ogni aspetto della vita: è il sentire che precede, che determina il modo della nostra apertura al mondo.

Sant'Agostino, ad esempio, afferma che le emozioni sono i « piedi » dell'anima: esse, cioè, entrano in maniera decisiva nella relazione con se stessi e nella relazione con Dio da cui ogni altra relazione dipende.

Educare all'affettività, ritrovandone quel senso profondo che è disperatamente cercato, esige la capacità di ripartire dalle cose più semplici, da ciò che più semplicemente identifica la realtà di ogni uomo e che più originariamente appartiene all'esperienza che ciascuno vive.

Questo luogo esistenziale originario è l'esperienza del sentirsi generati, un'esperienza da ritrovare e da riproporre come decisiva categoria antropologica.

Siamo dati a noi stessi, donati continuamente a noi stessi, e solo chi è generato sa generare, solo chi si sente amato impara ad amare.

L'esperienza della dipendenza filiale è la forma originaria dell'affettività degna dell'umano, una dipendenza che rende capaci di libertà e che accompagna permanentemente la vita di ogni persona, costituendo la radice di ogni cammino vocazionale.

Occorre allora riscoprire e riproporre come esperienza insostituibile la direzione spirituale, che è il luogo in cui ciascuno può scoprirsi accolto come figlio nel mistero del Padre.

Un approccio pastorale integrato

Dalla riflessione sull'esperienza scaturiscono alcune direttrici operative, che potremmo riassumere secondo la seguente scansione:

1) ideazione,

2) divulgazione;

3) plantatio.

Ideazione

La prima esigenza cui rispondere è la necessità di identificare l'affettività e dunque di promuovere una riflessione rigorosa sulla vita affettiva che recuperi la ricchezza della tradizione cristiana e del magistero, riproponendola in un linguaggio capace di incrociare la concreta esistenza degli uomini e di interpellare la cultura del nostro tempo.

Si tratta di pensare la vita a partire dalla vita, per gustarne la bellezza e ritrovare la gioia di vivere.

Si avverte, ad esempio, la necessità di elaborare una teologia dell'affettività, una teologia della tenerezza di Dio che illumini la nostalgia di tenerezza dell'uomo ( in questa direzione si muove anche la proposta concreta della costituzione di un gruppo di lavoro sui fondamenti antropologico - teologici dell'affettività e dell'educazione affettiva ).

Divulgazione

Riproporre l'antropologia cristiana in tutta la sua ricchezza può e deve produrre una vera e propria rivoluzione culturale che rinnovi dall'interno il modo di concepire e di vivere l'affettività.

Si tratta di proporre percorsi educativi capaci di trasmettere categorie interpretative e stili di vita, di progettare una strategia educativa che guardi all'interezza del percorso della vita e alla persona nella sua globalità, percorsi educativi che non siano finalizzati alla comunicazione di ricette da applicare meccanicamente, ma che sappiano offrire criteri esigenti in base ai quali attraversare le piccole e grandi sfide dell'esistenza.

È in gioco la possibilità di sperimentare la dimensione affettiva come un percorso di ascesi positiva, in cui diventa chiaro che non esiste dicotomia tra gratificazione e dedizione, bensì un'armonica composizione.

L'educazione permanente dell'affettività deve configurarsi come un accompagnamento della persona nelle concrete situazioni della vita, una « pastorale della vicinanza » che coinvolge la comunità ecclesiale in tutte le sue componenti.

Scopo di questo accompagnamento è condurre a liberare i desideri del cuore, a « ritrovare la via che conduce al pozzo », al principio creaturale che fonda e alimenta la vita affettiva.

Solo in un percorso che riconduca al fondamento è possibile altresì ritrovare l'intreccio costitutivo tra gli affetti e la ragione, la possibilità cioè di una « ragione amante » e di un' « affettività pensante ».

Un simile percorso educativo deve valere per tutte le età e per tutte le condizioni di vita ( di qui il suggerimento che l'affettività divenga una preoccupazione costante della pastorale ordinaria e che l'educazione all'affettività trovi spazio in ogni cammino vocazionale, non solo dunque nel cammino della coppia in preparazione al matrimonio, ma anche nel percorso formativo dei seminari e degli ordini religiosi ).

Plantatio

È questo il livello più concreto della testimonianza, che passa attraverso la costruzione interpersonale di ciò che si vuole far rinascere.

Si tratta di promuovere uno stile di comunione nella vita delle comunità ecclesiali, una comunione in cui sia esperienza vissuta l'integrazione dei carismi, nella linea della corresponsabilità e del sostegno reciproco tra percorsi vocazionali diversi.

Occorre inoltre riconoscere e valorizzare la famiglia come soggetto della pastorale, soggetto capace di narrarsi ( aprendo la propria casa e la propria vita alla comunicazione e alla condivisione fraterna ).

Ma si tratta anche di prendersi amorevole cura delle numerose e variegate situazioni di sofferenza o di fragilità affettiva ( coniugi separati, persone omosessuali … ), rendendo possibili forme e luoghi di ascolto.

Così intesa e vissuta, l'esperienza affettiva dimostra anche tutto il suo potenziale in ordine alla costruzione della città degli uomini, che è tale solo se è luogo di relazioni di reciproco riconoscimento.

Occorre riscoprire la rilevanza pubblica della famiglia.

In tal senso, è necessario impegnarsi a garantire - anche attraverso una propositività legislativa - le condizioni che permettono una vita affettiva degna dell'uomo.

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