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Lo Spirito chiama alla condivisione

La prima comunità cristiana di Gerusalemme ci appare impegnata a sconfiggere la miseria e il bisogno al suo interno.

Così la descrivono gli Atti degli apostoli, in un quadro ideale di vita evangelica: "Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno" ( At 2,44-45 ).

I bisognosi e i poveri erano al centro di un movimento di attenzione e di aiuto concreto, che impegnava fortemente la vita e i beni dei credenti.

Attraverso questo sforzo, la comunità cristiana non intendeva esprimere né un nuovo ideale politico né un modello sociale da ricalcare.

Essa tentava di dare concretezza alla esperienza di nuova fraternità che lo Spirito aveva suscitato.

Vivere come "un cuore solo e un'anima sola" ( At 4,32 ), condividendo tutto: questo era il dono che le era stato dato perché diventasse progetto di vita.

L'indigenza e la miseria da una parte, ed il possesso esclusivo ed insensibile della ricchezza dall'altra, apparivano come realtà stridenti, che occorreva eliminare.

Non ci poteva essere vera fraternità, se i beni necessari alla vita non erano accessibili a tutti.

Le strade di una maggiore giustizia nella condivisione non sono mai state facili.

Anche la prima comunità ha conosciuto esempi di sotterfugio e di meschinità, come quello di Anania e Saffira, i quali hanno tenuto per sé una parte dei beni che avevano dichiarato di voler mettere a disposizione dei bisognosi ( At 5,1-11 ).

Ma né le difficoltà, né il persistere di infedeltà hanno mai distolto la Chiesa dal farsi attenta all'appello dello Spirito, che la sospinge verso nuove realizzazioni di giustizia.

Lo Spirito ricorda incessantemente e rende vivo il dono e l'impegno per nuovi rapporti di fraternità, dono reso presente nella persona di Gesù.

Nelle comunità di Gerusalemme, di Antiochia, di Corinto non mancavano difficoltà e problematiche analoghe a quelle che ancora oggi possono angustiare i credenti: situazioni quanto mai ardue di miseria, problema degli schiavi, povertà dei primi cristiani.

Eppure, alle situazioni di bisogno e di disagio le comunità hanno risposto con la dedizione e la creatività che la fede sapeva ispirare.

Questo impegno, che trova eco e testimonianza nelle lettere degli apostoli e di Paolo in particolare, non deve andare perduto, non tanto perché possa suggerirci soluzioni pratiche per problemi che sono di oggi, ma perché il confronto con la Chiesa delle origini ci stimola a fare nostri e a rivivere atteggiamenti che fanno parte dell'essere cristiani.

Scelte di solidarietà e di amore ai poveri

Giovanni Paolo II nell'indicare gli atteggiamenti e le scelte da assumere per testimoniare la salvezza, traccia la strada di più veri rapporti tra tutti gli uomini.

Prioritarie sono le scelte della ricerca del bene comune, della solidarietà e, in particolare, dell'amore preferenziale per i poveri.

"La solidarietà non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane.

Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti.

Tale determinazione è fondata sulla salda convinzione che le cause che frenano il pieno sviluppo siano la brama del profitto e la sete del potere …

Questi atteggiamenti e "strutture di peccato" si vincono solo – presupposto l'aiuto della grazia divina – con un atteggiamento diametralmente opposto: l'impegno per il bene del prossimo con la disponibilità, in senso evangelico, a "perdersi" a favore dell'altro invece di sfruttarlo, e a "servirlo" invece di opprimerlo per il proprio tornaconto …

Opzione, o amore preferenziale per i poveri.

È, questa, un'opzione, o una forma speciale di primato nell'esercizio della carità cristiana, testimoniata da tutta la tradizione della Chiesa.

Essa si riferisce alla vita di ciascun cristiano, in quanto imitatore della vita di Cristo, ma si applica egualmente alle nostre responsabilità sociali e, perciò, al nostro vivere, alle decisioni da prendere coerentemente circa la proprietà e l'uso dei beni … La preoccupazione stimolante verso i poveri – i quali, secondo la significativa formula, sono"i poveri del Signore" – deve tradursi, a tutti i livelli, in atti concreti fino a giungere con decisione a una serie di necessarie riforme". ( Sollicitudo rei socialis 38 e 42-43 )

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