Chiesa e lavoratori nel cambiamento

Indice

I. - Problemi dell'uomo del lavoro nel cambiamento

4. - In questa prima parte del documento vorremmo richiamare e delineare quelli che appaiono, anche sulla scorta di un'analisi sociale ormai ricca in proposito, i termini fondamentali del mutamento in atto.

Si tratta evidentemente di una descrizione sintetica che non pretende di approfondire complesse tendenze sociali, ma piuttosto richiamare l'attenzione a quei « segni » del nostro tempo che, letti alla luce della Parola, indicano i cammini nuovi a cui Dio chiama gli uomini e la comunità cristiana.

Siamo di fronte ad un momento intenso e per così dire concentrato di imponenti trasformazioni.

Esse producono sostanziali cambiamenti nelle forme di lavoro e nei modi di vita di tanta parte della popolazione; sconvolgono abitudini, conquiste, diritti ormai consolidatisi nel corso del tempo; determinano disorientamento e preoccupazione anche a livello della comprensione e dei valori sia per le loro conseguenze dirompenti, sia per la difficoltà di trovare una risposta adeguata e tempestiva ai problemi che suscitano.

Gli aspetti di questi cambiamenti sono molteplici e possono essere opportunamente raggruppati, in questo contesto, in cambiamenti di natura strutturale, sociale e culturale.

5. - Elementi per una comprensione dei cambiamenti

Sul piano strutturale, molti ritengono che sia entrato in crisi un modello di sviluppo, imperniato su una continua crescita quantitativa, portatrice di un illimitato aumento di consumi e di benessere per tutti.

I motivi principali che hanno prodotto un rallentamento dello sviluppo e che hanno aperto, almeno tra i responsabili più avvertiti, profondi interrogativi sul suo orientamento e le sue prospettive sono tra gli altri i seguenti:

l'emergere del problema della scarsità delle risorse,

le crescenti preoccupazioni per le conseguenze ambientali di un'industrializzazione indiscriminata ( e di cui rappresentano allarmanti segni premonitori alcune crisi ecologiche anche recenti a dimensione plurinazionale );

l'irripetibilità dei modelli economici attuati nei paesi industrializzati come via allo sviluppo per tutti;

l'impossibilità di pensare ed accettare un'ulteriore crescita delle aree già sviluppate attraverso la diffusione di consumi sempre più artificiali e che stridono con la realtà di chi non ha lavoro e reddito, e con la situazione di interi popoli che vivono nell'indigenza.

Contemporaneamente ed anche in risposta ad uno sviluppo più incerto e contrastato, stanno avendo ampia e capillare diffusione le nuove tecnologie elettroniche ed informatiche.

Esse hanno caratteristiche di flessibilità e di penetrazione che rendono possibile la loro applicazione quasi in ogni campo di lavoro, nei diversi settori economici, nella fabbrica come negli uffici, determinando una considerevole sostituzione del lavoro umano e rivoluzionando l'organizzazione del lavoro esistente.

Il lavoro manuale in senso stretto è sempre più dovuto alla macchina, per cui, il lavoro umano tende a spostarsi nel settore terziario, dei servizi privati e pubblici.

Non sarà forse superfluo ribadire, difronte sia a nuove manifestazioni di idolatria tecnologica sia a posizioni di radicale pessimismo e di rifiuto delle nuove tecnologie, che lo sviluppo scientifico e tecnico, frutto dell'ingegno umano, che è il riflesso della luce del Creatore, corrisponde di per sé al disegno di Dio.3

È piuttosto l'uso che l'uomo e la società fanno della tecnica che può essere buono o cattivo.

È questa l'area della riflessione responsabile e della capacità propositiva.

6. - In ogni caso è necessario prestare la più viva attenzione alle implicazioni ed alle conseguenze di questi processi:

- assistiamo ad una crescente mondializzazione » dei problemi.

La concorrenza si fa sempre più spietata;

la divisione internazionale del lavoro è in continuo mutamento a motivo della sua maggiore flessibilità;

i paesi più poveri rischiano di essere ancora più estromessi dallo sviluppo non essendo in grado di competere con i più forti.

In mancanza di accordi tra i popoli o di un'autorità internazionale, la « mondializzazione » invece di una nuova soglia di possibilità per la comunità dei popoli rischia di diventare nuova forma di oppressione dei paesi più forti sui più deboli;

- lo scarso sviluppo e le innovazioni tecnologiche comportano un'estesa disoccupazione, che ha raggiunto nel nostro e in altri paesi dell'area occidentale livelli elevati e preoccupanti.

Poiché il lavoro è un'esigenza primaria della persona umana tali livelli di disoccupazione interpellano drammaticamente la nostra coscienza, che li considera inaccettabili.

E poiché l'occupazione oggi non è più la logica e naturale conseguenza di uno sviluppo razionale e solidale, essa dev'essere perseguita esplicitamente con mezzi e forme nuovi per una scelta di priorità etico-sociale;

- un'ulteriore conseguenza dello sviluppo più limitato è che non tutti sono chiamati a parteciparvi, anzi si estende costantemente il numero di coloro che ne sono esclusi.

Ci riferiamo non solo ai disoccupati, ma alle condizioni precarie degli anziani, degli emarginati, a situazioni di nuove povertà.

Anche le aree del paese economicamente più fragili, innanzitutto quelle del Mezzogiorno, rischiano di vedere aggravata la propria posizione;

- le nuove tecnologie, la mondializzazione, da flessibilità richiesta dal mercato portano oggi le aziende a preferire, rispetto ai grandi complessi produttivi del passato, strutture più snelle, decentrate, segmentate, sostituibili.

Alla grande fabbrica simbolo di un'intera fase dello sviluppo, si va sostituendo un sistema produttivo molto articolato e flessibile, con sempre minore centralità del momento direttamente produttivo e il ruolo crescente delle fasi direzionali, progettuali, finanziarie, informative, commerciali e dei più svariati servizi.

Di fronte alla più ampia divisione e diversificazione del lavoro vediamo la classe operaia, tradizionalmente intesa, contrarsi e soprattutto il rarefarsi della sua omogeneità;

la grande massa dei lavoratori è più divisa, più segmentata, più differenziata di un tempo e dunque sta indebolendosi la sua unità sia di interessi che di coscienza.

7. - In questo contesto, nel campo sociale si acutizzano problemi rimasti irrisolti oppure se ne evidenziano di nuovi; essi sono in larga misura conseguenza della nuova situazione, ma anche dell'insufficienza di elaborazione e di iniziativa necessarie per affrontare problematiche in larga misura inedite.

Fra i maggiori problemi aperti nel mondo del lavoro possiamo segnalare:

- l'allentamento dei rapporti di solidarietà di un tempo e la ricerca di un nuovo fondamento e di nuove forme per la solidarietà di oggi e di domani;

- l'allagamento delle disuguaglianze che tendono a ridefinire i rapporti sociali tra i vari gruppi ed al loro interno ( a punte di esasperato egualitarismo di ieri, si contrappongono oggi eccessi di differenziazione non sempre giustificati );

- la mancanza di adeguate garanzie giuridiche a tutela delle persone coinvolte nei processi di mobilità del lavoro, dovute alle continue richieste di innovazioni, di ristrutturazioni delle grandi fabbriche, e del diffondersi delle piccole aziende;

- il contrasto tra l'ampiezza delle trasformazioni tecnologiche e delle radicali modificazioni che esse comportano nel lavoro operaio ed impiegatizio e la pochezza quantitativa e qualitativa di formazione professionale offerta ai lavoratori e agli imprenditori perché possano affrontare la nuova realtà del lavoro;

- il problema di un riequilibrio tra i tempi di vita, finora incentrati prevalentemente sul lavoro, a causa di una progressiva riduzione dell'orario di lavoro che libera possibilità nuove a livello personale, familiare, sociale, culturale e religioso;

- il rischio che l'incessante richiesta di aumenti di produttività significhi soprattutto esclusione ulteriore dei soggetti più deboli e handicappati, invece di favorire l'inserimento, la socializzazione, le capacità espressive e creative.

8. - Tra i cambiamenti e le difficoltà che ne conseguono un notevole rilievo rivestono gli aspetti culturali e morali.

Il Movimento operaio non è stato solo un movimento rivendicativo e di promozione, è stato anche portatore di genuini valori, quali la giustizia sociale, il lavoro, i diritti della persona, l'idea di una società giusta.

Il movimento dei lavoratori ha significato nell'epoca moderna sconvolta dall'industrialismo, da più grande e significativa esperienza di solidarietà sociale.4

Ciò non è stato evidentemente senza ombre e difficoltà, particolarmente a causa di influenze ideologiche spesso settarie ed assolutistiche.

Oggi però le difficoltà maggiori sembrano provenire non da posizioni ideologiche ma piuttosto dall'assenza di una nuova solidarietà e dall'affermarsi, in un periodo di crisi e di cambiamenti, di orientamenti esplicitamente individualistici, di criteri fortemente influenzati dalla cultura economicistica, o dalla mancanza di qualsiasi criterio etico.

Per quanto differenti ed aperte possano essere le analisi e le interpretazioni dei cambiamenti in atto, molti ritengono inderogabile necessità che il movimento dei lavoratori debba esprimere anche nell'attuale fase storica una forte identità etico-sociale, pur riaggiornando le proprie prospettive e ripensando i propri valori fondamentali.

A tal fine sarà utile ed opportuna un'attenzione maggiore a nuove istanze che emergono dalla società anche all'esterno del mondo del lavoro ( il problema della donna, la questione ambientale, la dimensione internazionale ) e la convinzione che l'esperienza pratica di lavoro non è oggi criterio sufficiente per una formazione umana adeguata, da cui consegue la necessità di un nuovo rapporto tra l'esperienza di base e la cultura nel senso più ampio e più vero.

Caratteristiche del cambiamento

9. - Nell'agricoltura

In tema di cambiamenti nel mondo del lavoro l'attenzione tende a rivolgersi particolarmente al settore industriale, probabilmente perché qui sono presenti gli aspetti più vistosi.

Ma non va trascurato che trasformazioni imponenti sono intervenute anche nel settore considerato una volta il più tradizionale, cioè nell'agricoltura.

Processi di internazionalizzazione, o di innovazione tecnologica, di nuove possibilità dovute a rivoluzioni scientifiche, hanno ormai mutato profondamente il volto dell'agricoltura facendone un settore non meno moderno di quello industriale.

Tra i molti problemi, connessi a questa recente e rapida evoluzione, ne vengono evidenziati alcuni di particolare rilievo.

Rimane innanzitutto aperto il problema delle risorse e delle produzioni agricole a livello mondiale, che costituisce uno scandalo intollerabile di fronte al dramma di milioni e milioni di persone che vivono e muoiono nell'indigenza più assoluta.

Le enormi potenzialità agricole, che spesso producono eccedenze destinate alla distruzione, richiedono di essere più equamente distribuite su scala mondiale, per rendere ogni popolo autosufficiente almeno per i bisogni essenziali.

In secondo luogo l'agricoltura spesso industrializzata, meccanizzata, debitrice dell'uso di prodotti chimici invece di essere espressione e segno di un rapporto rispettoso e fruttuoso tra la natura e l'uomo, sembra piuttosto portare l'impronta di un dominio predatore da parte dell'uomo.

Il rispetto della natura e dell'ambiente, il riconoscimento del lavoro agricolo fondamentale ad ogni popolo e civiltà, il ripensamento positivo dell'uomo verso il proprio territorio, il lavoro personale, la genuinità dei beni e dei prodotti non sono forme ed espressione di pregiudizio anacronistico nei confronti delle tecnologie, ma bensì richieste del ripristino di fondamentali valori umani soffocati da una crescita spesso cieca e inavveduta, dettata molto spesso unicamente dalla legge del profitto.

Infine non si possono non citare le grandi possibilità aperte nel settore agricolo e della zootecnica dalle recenti scoperte scientifiche che vanno sotto il nome di biotecnologie.

Al pari di ogni scoperta scientifica, possono aprire campi nuovi e positivi all'attività umana, anche quelle biotecnologiche, le quali tuttavia, se predominano solo interessi economici e di parte, possono essere usate in modo errato e dannoso, umanamente e moralmente.

10. - Nell'attività terziaria

Ma è indubbiamente il settore terziario, che provvede alla distribuzione dei beni ed all'erogazione dei servizi, quello destinato a diventare sempre più dominante, in entrambe le parti, privata e pubblica.

La terziarizzazione indubbiamente disegnerà il volto della società di domani e proprio per questo merita la massima attenzione.

Già si fa largo uso dell'espressione « società post-industriale » per indicare, da una parte, il venir meno del modello economico e sociale basato sulla grande fabbrica, su una classe operaia omogenea, sui prodotti di massa, dall'altra l'affacciarsi di una situazione dove prevale lo scambio, l'informazione e la comunicazione occupano un ruolo centrale, il lavoro è articolato e polverizzato in tanti ruoli non omogenei, difficilmente confrontabili tra loro.

Il sistema delle comunicazioni è diventato poi talmente diffuso e rapido da rendere possibile nuove forme di potere e di manipolazione su scala mondiale.

Alla maggiore articolazione del lavoratore terziario si tende poi a riconnettere una tendenza al corporativismo, alla rincorsa emulativa, all'allargamento delle differenze retributive e professionali, all'adozione dei modelli individualistici e consumistici.

11. - L'importanza assunta dal terziario pubblico è riferibile in particolare all'affermarsi dello Stato sociale.

L'allargarsi della sfera dei diritti, la ricerca di provvidenze sociali capaci di garantire ad ogni uomo le prestazioni necessarie per una vita più dignitosa, il livello crescente di consapevolezza dei bisogni, hanno richiesto allo Stato interventi sempre più ampi ed a carattere globale.

Lo Stato sociale, così sviluppato anche nella società italiana, include dunque un'istanza autentica di giustizia, di difesa dei più deboli, di solidarietà sociale.

Le tensioni a cui esso è sottoposto, così come avviene per l'intero sistema economico-sociale, spingono nel senso di adattamenti e modificazioni anche profondi, che non devono però sopprimere i sottesi valori di solidarietà ma piuttosto rinnovarli e riattualizzarli, stimolando una consapevole capacità partecipativa dei cittadini come soggetti responsabili della vita socio-economica secondo il principio di sussidiarietà.

12. - Non si può inoltre passare sotto silenzio il fatto che l'espansione del settore economico pubblico ha favorito comportamenti di amministratori e di responsabili politici non sempre ispirati alla prioritaria considerazione per il bene pubblico.

Sfiducia e malessere rischiano di diffondersi tra i cittadini, specialmente delle classi popolari, a causa dei favoritismi, dei clientelismi, delle distorsioni delle procedure amministrative e legali specie negli appalti, della cura di interessi personali o di gruppo rispetto a quelli generali, che sembrano contraddistinguere una parte della classe politica.

Ciò è causa prima di un diffuso clima di diseducazione morale, di impotenza di fronte all'immoralità e disonestà negli affari pubblici e privati, che, specialmente in alcune regioni, ha contagiato anche gli stessi cittadini, ingenerando una mentalità che accantona l'etica del lavoro e del bene comune favorendo comportamenti mirati al vantaggio immediato ed individuale, a qualsiasi condizione.

13. - Nell'artigianato

Il lavoro artigianale sembra acquisire nuovo vigore e nuovo slancio, a motivo del decentramento produttivo, che assegna alle aziende minori molteplici compiti sinora accentrati nelle grandi unità produttive.

Così accanto all'artigianato tradizionale, in campi dove prevale il lavoro artistico e manuale, emerge un nuovo artigianato costituito da piccole unità indipendenti in settori moderni oppure in attività svolte alla dipendenza di aziende maggiori che subappaltano e distribuiscono all'esterno il lavoro.

Vi è poi da osservare che molte attività che ieri richiedevano lavoro dipendente oggi sono realizzate in forme nuove.

Tali forme favoriscono il lavoro indipendente, con le sue caratteristiche di rischio e di responsabilità da parte di chi lavora rispetto al lavoro dipendente considerato più garantista.

Il lavoro artigianale ed il lavoro personale indipendente possono costituire un'occasione più umana di vivere il proprio lavoro, sia per le relazioni personali che si stabiliscono in comunità di piccole dimensioni, sia per un più diretto rapporto con il lavoro, una maggiore autonomia di iniziativa e di imprenditività.

Ma d'altra parte non va sottaciuto che a volte la dimensione produttiva minore serve invece a coprire più facilmente trattamenti ingiusti, lavoro malpagato e soprattutto insicuro, un uso disinvolto ed opportunistico del lavoro giovanile e dell'apprendistato.

Affinché l'artigianato ed il lavoro individuale autonomo si inseriscano in una più ampia prospettiva solidale è opportuno prevedere adeguate norme che regolino il lavoro, definiscano l'apprendistato e la formazione professionale, e stabiliscano forme appropriate e specifiche di contrattazione e di tutela.

14. - Lavoratori stranieri

Ci sembra infine doveroso richiamare e denunciare la triste condizione dei lavoratori stranieri, costretti ad abbandonare la propria terra di origine a causa di guerre o per mancanza di lavoro e di nutrimento o per motivi politici.

Il loro è generalmente un lavoro illegale, marginale, non tutelato; a loro toccano i lavori più pesanti e malpagati, quelli che di solito vengono rifiutati dai lavoratori italiani, perché considerati troppo faticosi o umilianti.

Spesso non hanno possibilità alcuna di difesa perché vivono sotto il ricatto dell'espulsione e del foglio di via.

Anche la sola accettazione silenziosa di questa forma così grave di emarginazione sociale di tanti esseri umani è di per sé complicità e può costituire la premessa di un razzismo strisciante.

Mentre auspichiamo che sia saggiamente applicata la legge recentemente approvata per la tutela di queste persone particolarmente bisognose, richiamiamo la coscienza civile di tutti ad operare perché non si crei una discriminazione od una frattura sociale che di fatto segnerebbe negativamente l'intera vita della società.

15. - Movimento dei lavoratori e sindacati

Le trasformazioni colpiscono non solo le strutture economiche, l'organizzazione del lavoro e i lavoratori, ma anche gli stessi movimenti, i sindacati sorti per difenderli ed organizzarli.

Da più parti ed in più occasioni si è sollevato l'interrogativo sul loro destino e sulla loro capacità e congruità a rappresentare anche nell'avvenire i lavoratori.

È vero che i fondamenti su cui è sorta e si è sviluppata la coscienza della classe lavoratrice nel corso del tempo, si sono profondamente modificati.

Essi erano principalmente costituiti dalla condizione di ingiustizia, di oppressione e di mancanza di diritti sofferta per un lungo periodo storico, dalla centralità soggettiva ed oggettiva del lavoro e della fabbrica, dalla speranza ideale in una società giusta e fraterna da instaurare.

Molte ingiustizie sono state cancellate e molti diritti sono stati acquisiti, il lavoro non ha più un ruolo così esclusivo tanto nella vita delle persone come nella società.

Ma problemi di ingiustizia, di oppressione e di emarginazione esisteranno sempre nella società anche se non più universali come un tempo e magari del tutto nuovi;

il lavoro senza più rivestire il carattere dominante di un tempo rimarrà sempre un momento essenziale della vita umana e sociale;

al mito di una società ideale non deve subentrare il vuoto ma la coscienza etica per la promozione di una società solidale.

In questo contesto il sindacato conserva la sua indispensabile funzione di associazione dei lavoratori, per affrontare le trasformazioni e i loro imponenti effetti ed impedire che essi portino a disgregazione sociale, a nuove povertà, alla vittoria dei più forti sui più deboli, all'acutizzarsi di vecchi e nuovi problemi sociali.

Vi è il rischio che di fronte alle difficoltà attuali, cadute le grandi prospettive di un tempo, il sindacato sia vissuto in modo riduttivo, con una visione prevalentemente strumentale ed utilitaristica della sua funzione.

Diventa così comprensibile la caduta dell'impegno militante di molti, in quanto il sindacato viene ritenuto uno strumento sempre utile, ma non più portatore di idealità.

Occorre evitare che questa idealità sia riposta solo nelle esperienze di volontariato sociale, per le loro caratteristiche di dimensione controllabile e di rapporti personali diretti; essa invece va mantenuta e perseguita anche negli aggregati e nei movimenti sociali più ampi, dove è messa a dura prova dai contrasti di opinione e dalla complessità dei problemi da affrontare.

16. - Lavoratori, fede e Chiesa

Il Movimento operaio dalle origini si è sviluppato in larga misura, in determinate aree che restavano fuori e lontano dall'esperienza della Chiesa e dal messaggio evangelico.

Non sono però mancate anche nella comunità cristiana voci sensibili ed autorevoli che hanno richiamato all'impegno sociale ed esperienze di associazionismo sindacale e cooperativo di grande rilievo.

Ma indubbiamente la nascita della classe operaia, sia per la condizione ingiusta in cui fu costretta sia per alcune ideologie che se ne assunsero il compito del riscatto, rappresentò una drammatica frattura tra la Chiesa ed almeno una parte del popolo.

Molto spesso, ancor oggi, un modo di proporre i valori religiosi e spirituali, che prescinde dalle condizioni reali di vita e di lavoro, rischia di mantenere inalterato tale distacco, ed è causa di disagio e di crisi in molte comunità.

Va anche detto: l'inizio dell'industrializzazione fu segnato da questo distacco della classe operaia dalla Chiesa; oggi il problema si pone in modo meno specifico: ora, solo, non è più l'operaio, ma l'uomo moderno perché, inserito in un sistema di vita tutta materialistica, sembra negarsi all'orizzonte spirituale ed alla prospettiva religiosa.

La maggioranza dei lavoratori - e non loro soltanto - conserva valori e atteggiamenti religiosi; sono però saltuari ed occasionali, legati soprattutto a determinate evenienze della vita, come la nascita e la morte, che non trovano adeguate collocazioni in altri contesti.

Ma la fede è lontana dal costituire un orizzonte a cui riferirsi per dare un senso profondo alla propria esistenza e per orientarsi nelle scelte di vita quotidiana.

Non si diffonde e non si radica tra la gente, la coscienza della Chiesa come popolo di Dio e comunità alla quale appartenere ed in cui coinvolgersi con il cuore e con la vita; di essa viene presa in considerazione quasi esclusivamente l'aspetto gerarchico ed è intesa come agenzia erogatrice di servizi e di aiuti religiosi: in essa ci si sente utenti, non partecipanti attivi.

La richiesta di matrimonio in Chiesa e del battesimo per i figli rimane ancora molto elevata, ma le motivazioni non hanno spesso un riferimento alla fede.

Un numero crescente di lavoratori non riceve più il primo annuncio e non vive esperienze di fede insieme ad altri, in comunità.

I giovani sono oggi notevolmente più secolarizzati degli adulti.

Rimane dunque profondamente aperto nella sua drammaticità il problema del rapporto tra il mondo del lavoro e la Chiesa.

L'emergere di nuovi gravi problemi per i lavoratori nell'epoca attuale è un'occasione storica per non ripetere errori del passato e per un'esperienza del tutto nuova.

Condividendo con i lavoratori, umilmente e sinceramente, i disagi ed i problemi di questo tempo e ricercando assieme le risposte etiche, politiche, economiche e sociali più giuste e più adeguate, si può riaprire un cammino comune verso una società più solidale, meno materialista e più aperta ad accogliere i valori dello Spirito ed il senso più profondo dell'esistenza umana.

Indice

3 Gaudium et spes, n. 34 e n. 35.
4 Cf. Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 14-9-1981