Direttorio di pastorale familiare |
235 - Espressione dinamica della realtà della Chiesa, l'azione pastorale in genere, e in essa la pastorale familiare, « ha come suo principio operativo e come protagonista responsabile la Chiesa stessa, attraverso le sue strutture e i suoi operatori ».1
Nella certezza che la pastorale familiare sarà in grado di annunciare, celebrare e servire il "Vangelo del matrimonio e della famiglia" e di accompagnare e sostenere ogni famiglia perché possa vivere responsabilmente la propria vocazione nella Chiesa e nel mondo solo se tutti e ciascuno nella Chiesa condivideranno i valori e le mete indicati anche nel presente Direttorio, è necessario discernere e realizzare le scelte operative e i servizi concreti che si impongono come prioritari e indilazionabili.
Lo esige il bene della famiglia, da cui dipendono il bene e il futuro dell'umanità e della società, e lo richiede con urgenza l'odierna situazione storica, sociale e culturale.
Non ci si può certo illudere di costruire, nella Chiesa e nella società, una nuova cultura a favore del matrimonio e della famiglia, se non si ha anche il coraggio di costituire e rendere stabili e davvero operanti adeguati organismi e strutture di pastorale familiare.
Venga, perciò, rinnovato l'impegno della Chiesa in Italia « ad offrire, a tutti i livelli e in tutte le sue strutture diocesane, parrocchiali e associative, i mezzi idonei per un'adeguata preparazione al matrimonio e per una attenzione continua alle coppie e alle famiglie in ordine alla loro vita di fede e alla loro missione nella Chiesa e nel mondo ».2
Soggetto operativo più immediato e efficace per l'attuazione della pastorale familiare sono le Chiese particolari: « in tal senso ogni Chiesa locale e, in termini più particolari, ogni comunità parrocchiale deve prendere più viva coscienza della grazia e della responsabilità che riceve dal Signore in ordine a promuovere la pastorale della famiglia ».3
A questo scopo, a livello diocesano come a livello parrocchiale, ogni piano, progetto o programma di pastorale organica prenda sempre in considerazione la pastorale della famiglia.4
A livello diocesano, nel rispetto della creatività e delle concrete possibilità delle singole Chiese particolari, « vi sia uno specifico organismo per la promozione della pastorale familiare ».5
Si tratti, preferibilmente, di uno specifico "ufficio diocesano".
Qualora invece lo si ritenesse più opportuno, prenda la forma di un "centro" o di una "commissione".
In ogni caso costituisca un preciso referente per la pastorale familiare dell'intera diocesi.
Alla guida di questo organismo diocesano è opportuno che siano preposti insieme un sacerdote e una coppia di sposi, adeguatamente preparati.
Tra gli scopi principali che tale organismo deve realizzare in collegamento e collaborazione anche con altri uffici e organismi della Chiesa diocesana e che spetta al Vescovo determinare, rientrino, ad esempio:
l'annuncio del "Vangelo del matrimonio e della famiglia";
la promozione e il coordinamento delle iniziative
per la preparazione dei giovani e dei fidanzati al matrimonio,
per il sostegno e l'accompagnamento delle coppie e delle famiglie e
per la formazione degli operatori di pastorale familiare;
lo studio e la soluzione dei problemi morali, religiosi e sociali che la vita coniugale e familiare incontra di volta in volta, alla luce della dottrina della Chiesa e tenendo conto delle leggi vigenti e della loro evoluzione;
la promozione delle strutture parrocchiali, zonali, decanali o vicariali di pastorale familiare;
la proposta di specifiche attenzioni pastorali per le famiglie lontane o in situazione difficile o irregolare;
il sostegno alle varie iniziative di servizio alla famiglia, a cominciare dai consultori e dai centri per i metodi naturali;
l'attenzione alle problematiche e alle iniziative connesse con la difesa e la promozione della vita;
il confronto e il dialogo con le diverse realtà culturali e sociali e con le stesse strutture civili sui temi riguardanti la famiglia e la vita.
Questo organismo diocesano sia punto di riferimento anche per associazioni, gruppi e movimenti ecclesiali o di ispirazione cristiana che agiscono più direttamente in campo familiare.
Primo responsabile della pastorale familiare nella diocesi, infatti, è il Vescovo6 e questo organismo è fedele interprete del Vescovo e delle sue indicazioni.
Di conseguenza, anche se secondo le proprie specifiche e legittime sensibilità e metodologie, ogni altra realtà che in diocesi opera con le famiglie e per le famiglie è chiamata a confrontarsi e a collaborare con le scelte pastorali della Chiesa locale e a incarnarle nelle proprie attività.
L'ufficio diocesano per la famiglia, o la struttura ad esso equivalente, si avvalga della presenza e del contributo di una commissione o consulta diocesana per la pastorale della famiglia.
In essa, oltre a sacerdoti e sposi in rappresentanza delle articolazioni zonali, decanali o vicariali della diocesi, siano presenti: diaconi permanenti, religiosi e religiose, esperti delle scienze teologiche e umane più direttamente interessate alle tematiche della famiglia e della vita, rappresentanti dell'Azione Cattolica e di associazioni, gruppi e movimenti che operano nell'ambito coniugale e familiare, rappresentanti e responsabili delle varie realtà a servizio della famiglia presenti in diocesi.
Secondo le sue concrete possibilità, ogni parrocchia procuri che vi sia una apposita commissione per la pastorale della famiglia o che almeno qualche coppia di sposi, consapevole del proprio ministero coniugale, sia disposta ad esercitarlo seguendo la pastorale familiare.
Nel rispetto di eventuali ulteriori determinazioni particolari stabilite dall'autorità diocesana, queste commissioni, composte prevalentemente da coniugi, in organico collegamento con il consiglio pastorale parrocchiale, aiutino l'intera comunità parrocchiale e i suoi responsabili a mantenere viva e operante la dimensione familiare di ogni azione o intervento pastorale e curino gli aspetti più propri e specifici della pastorale familiare.
Tra l'altro e in particolare:
si impegnino perché vi sia un numero sufficiente e adeguatamente preparato di operatori della pastorale familiare;
si facciano carico della programmazione e dell'organizzazione degli itinerari di preparazione dei fidanzati al matrimonio;
sollecitino la costituzione dei gruppi familiari e
si prendano cura del coordinamento tra di loro e del loro inserimento nel cammino dell'intera comunità parrocchiale;
promuovano e sostengano la celebrazione della Festa della famiglia, degli anniversari di matrimonio, della Giornata per la vita;
siano propositive e attive in ordine ad altre specifiche iniziative per i genitori, le famiglie, la loro partecipazione alla vita della Chiesa e della società, le situazioni matrimoniali difficili o irregolari.
Analoghe commissioni siano istituite anche a livello zonale, vicariale o decanale e di unità pastorali, a seconda delle diverse articolazioni e della loro denominazione nelle singole diocesi.
Fatte sempre salve ulteriori determinazioni diocesane, oltre a quella dei coniugi, meglio se in coppia, in questi organismi si preveda la partecipazione di presbiteri, di religiosi e religiose, dei rappresentanti dell'Azione Cattolica e di associazioni, gruppi e movimenti che più incisivamente operano nella pastorale familiare in quell'ambito territoriale, di eventuali esperti.
Tra gli altri compiti, spetta a questi organismi operare anche gli opportuni collegamenti e le eventuali necessarie mediazioni tra gli organismi, le iniziative e i progetti di pastorale della famiglia a livello diocesano e quelli a livello parrocchiale.
Quando fosse necessario, essi svolgano anche azione di supplenza, di integrazione, di promozione, di coordinamento e di sostegno nei confronti delle parrocchie, soprattutto di quelle più piccole.
Nelle singole regioni ecclesiastiche, la relativa Conferenza Episcopale nomini un Vescovo delegato per la pastorale familiare, che presieda l'apposita commissione o consulta regionale e promuova, tra l'altro, un confronto e un coordinamento tra i responsabili degli organismi diocesani di pastorale della famiglia.
È molto opportuno che la Conferenza Episcopale regionale nomini pure un sacerdote e una coppia di sposi quali incaricati regionali per la pastorale familiare.
Essi coadiuveranno il Vescovo delegato, in particolare per i lavori della commissione o consulta regionale, e agiranno in stretto collegamento con lui.
Presieduta dal Vescovo delegato, venga istituita una commissione o consulta regionale per la pastorale della famiglia.
Composto da coppie di sposi e da sacerdoti, rappresentanti delle diocesi, e da diaconi permanenti, religiosi, religiose e altri membri laici secondo quanto si riterrà opportuno in ogni regione, tale organismo agisca quale strumento di promozione, di studio e di coordinamento a servizio della Conferenza Episcopale regionale e delle rispettive diocesi.
… e compiti
Pur non avendo il compito, proprio di ogni diocesi, di elaborare e di attuare una pastorale familiare, offra il suo apporto alle Chiese diocesane studiando le tematiche riguardanti la famiglia e la vita che si rivelano più urgenti e attuali, prospettando ipotesi comuni di mediazione pastorale, suggerendo ai Vescovi della regione iniziative o prese di posizione a favore della famiglia e della vita.
Sia, inoltre, luogo e strumento di comunicazione e di collaborazione con analoghe strutture delle altre regioni ecclesiastiche e con le istanze nazionali per la pastorale della famiglia, istituite presso la Conferenza Episcopale Italiana.
Anche come segno visibile di comunione fra le Chiese, siano valorizzate - soprattutto da parte delle Chiese locali di limitate dimensioni, specie se situate all'interno della stessa provincia o regione - forme di collaborazione interdiocesana, sino ad avviare iniziative in comune, specialmente in quegli ambiti ( come, ad esempio, la formazione degli operatori, i consultori familiari, i centri per i metodi naturali, i centri di aiuto alla vita … ) nei quali una singola diocesi non sempre è in grado di operare autonomamente per la scarsità o mancanza di strutture adeguate e di persone qualificate.
A servizio dell'intera Chiesa che è in Italia, la Conferenza Episcopale Italiana ha costituito una apposita Commissione Episcopale per la famiglia.
Nell'ambito delle finalità proprie dell'intera Conferenza Episcopale, essa assolve a compiti di studio, di proposta e di animazione circa i problemi specifici relativi al matrimonio e alla famiglia.7
Per la preparazione delle sue riunioni, per l'elaborazione di eventuali documenti e per altri servizi di cui avesse bisogno, la Commissione Episcopale può avvalersi del servizio e della collaborazione dell'Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia.8
Per la promozione e l'animazione della pastorale familiare nel pieno rispetto delle singole Chiese particolari, all'interno della Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana, in dipendenza dal Segretario Generale9 e in collegamento con gli altri Uffici, opera l'Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia.
Esso agisce anche in collegamento e a supporto della suddetta Commissione Episcopale per la famiglia.
Collabora, inoltre, con gli organismi cattolici e le istituzioni che operano a favore della famiglia in Italia e nelle sedi internazionali, specialmente europee.
Nel quadro delle competenze precisate dalla Presidenza della stessa Conferenza Episcopale, l'Ufficio ha la finalità di promuovere e coordinare, a servizio delle Chiese particolari, la cura pastorale del matrimonio e della famiglia e di evangelizzare la cultura della vita umana, con speciale riguardo alla sua tutela fin dal concepimento e alla procreazione responsabile.
In questo ambito, d'intesa sempre con la Segreteria Generale, può proporre iniziative e offrire opportune sussidiazioni alle regioni e alle diocesi e ai loro rispettivi organismi pastorali.
Rientra pure nei suoi compiti lo studio sia dei movimenti di pensiero e di opinione, sia delle iniziative culturali e legislative relative alla concezione e al ruolo della famiglia, alla tutela della vita, alla politica familiare e allo sviluppo dei servizi alla persona e alla famiglia nella società italiana, per favorirne la conoscenza e la presa di coscienza da parte dei Vescovi e degli organismi pastorali, ai fini di un'azione di discernimento, di orientamento e di promozione.
L'Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia, per l'attuazione dei suoi compiti, si avvale dell'apporto di una Consulta nazionale per la pastorale della famiglia.
Essa è composta da una coppia di coniugi e da un sacerdote per ciascuna regione ecclesiastica, nominati dalla rispettiva Conferenza Episcopale regionale: essi siano preferibilmente gli stessi incaricati regionali per la pastorale della famiglia o, qualora lo si ritenesse più opportuno, siano scelti tra gli altri membri della Commissione o Consulta regionale.
Della Consulta nazionale fanno parte anche altri membri nominati dal Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, scelti eventualmente anche tra i rappresentanti di gruppi, associazioni e movimenti familiari.
I membri durano in carica cinque anni e possono essere confermati.
La Consulta si presenta come luogo di incontro e di confronto allo scopo di:
comunicarsi reciprocamente sensibilità, esperienze e iniziative;
offrire pareri e contributi per l'elaborazione di strumenti e la progettazione e attuazione di iniziative a livello nazionale;
condividere alcuni orientamenti comuni per l'animazione della pastorale familiare nelle regioni e nelle diocesi;
suscitare la più ampia partecipazione alle iniziative interregionali o nazionali approvate dall'Episcopato.
249 - Tra le strutture non propriamente pastorali, ma piuttosto finalizzate alla promozione umana della coppia e della famiglia, si pongono i consultori familiari.
Con le strutture di pastorale familiare essi hanno in comune la finalità del vero bene della persona, della coppia e della famiglia e l'attenzione alla sessualità e alla vita.
Diverse, invece, sono la prospettiva e la metodologia.
La pastorale agisce per la promozione della vita cristiana e per l'edificazione della Chiesa e privilegia le risorse dell'evangelizzazione, della grazia sacramentale, della formazione spirituale e della testimonianza ecclesiale.
I consultori, nell'ottica di un'antropologia personalistica coerente con la visione cristiana dell'uomo e della donna, guardano piuttosto ai dinamismi personali e relazionali e privilegiano l'apporto delle scienze umane e delle loro metodologie.10
In ogni diocesi siano promossi, valorizzati e sostenuti « consultori familiari professionalmente validi e di sicura ispirazione cattolica ».11
Il loro servizio si sviluppi di norma sia in interventi di consulenza vera e propria a persone, a coppie e a famiglie in circostanze di difficoltà o in crisi di relazione, sia in interventi di prevenzione attraverso iniziative di formazione e di impegno culturale sul territorio e nella comunità.
Tra gli ambiti nei quali il loro servizio appare più urgente e attuale, si ricordino:
- i problemi della coppia, con particolare attenzione alla vita di relazione con tutti i suoi aspetti di comunicazione e di dialogo, alla vita sessuale, alla regolazione della fertilità e all'accoglienza della vita nascente;
- l'educazione degli adolescenti e dei giovani alla vita, all'amore, alla sessualità, sia attraverso interventi diretti a loro destinati, sia mediante iniziative proposte ai loro educatori;12
- la preparazione dei fidanzati al matrimonio.
A questo riguardo non venga loro delegata e non venga svolta da essi l'opera di evangelizzazione e di formazione spirituale ed ecclesiale propria delle comunità cristiane e dei loro pastori.
I consultori, piuttosto, si facciano carico sia di offrire il loro eventuale contributo per la formazione degli animatori degli itinerari di preparazione dei fidanzati al matrimonio e alla famiglia, sia di proporre e illustrare, nelle sedi e nei momenti più opportuni, gli aspetti della vita matrimoniale e familiare più direttamente attinenti i campi delle scienze umane, mediche e legali, pure molto importanti per la vita coniugale familiare;
- le problematiche degli anziani, dei loro rapporti con le famiglie e della loro presenza in esse.
Ogni consultorio ispiri il proprio servizio alla visione cristiana della persona, della sessualità e della famiglia, con chiaro e indiscusso riferimento ai contenuti del magistero della Chiesa.
Ciò comporta, nella logica della cosiddetta legge della gradualità,13 di rispettare e salvaguardare congiuntamente il valore morale, con la sua intrinseca forza normativa, e la persona umana, nella sua responsabilità etica e nel suo cammino storico di crescita.
Gli operatori del consultorio, oltre che della preparazione e dei titoli professionali di base che la legge richiede nei consultori pubblici, siano dotati di competenza scientifica aggiornata, di disponibilità al lavoro d'équipe e al metodo della consulenza tipici del consultorio stesso, nonché della formazione morale necessaria per promuovere sempre la verità nella carità.
Il consulente etico
Una specifica competenza nell'ambito dell'équipe consultoriale sia riservata al consulente etico: a lui, infatti, spetta aiutare tutti gli altri operatori a far sempre riferimento corretto e inequivoco ai valori della morale cattolica nell'affrontare i vari problemi che si presentano e nel prospettare una loro soluzione.
Tutto quanto si è detto fin qui circa i consultori familiari di ispirazione cristiana vale in modo particolarmente forte per i consultori familiari di dichiarata ispirazione cristiana.
Essi sono segno pubblico della Chiesa e luogo nel quale, in modo esplicito, la promozione e la salvaguardia dei valori del matrimonio, della famiglia, della vita, della sessualità e dell'amore avvengono conformemente alla fede e alla morale evangeliche, autenticamente interpretate e proposte dal magistero della Chiesa.
Essi testimoniano pure in modo originale e concreto che il messaggio cristiano non è contro l'uomo, ma per è per l'uomo, per la sua vita, per il suo amore, nella pienezza della loro verità: la fede cristiana, infatti, costituisce l'unica risposta pienamente valida ai problemi e alle speranze che la vita pone ad ogni uomo, ed è fonte di autentica felicità.
Tra questi consultori, la comunità ecclesiale e i suoi organismi vi sia un legame stretto e peculiare, espresso, precisato e regolato anche negli statuti.
In forza di questo legame, il consulente etico sia normalmente nominato dal Vescovo.
Il Vescovo, inoltre, nella persona del consulente etico o in una persona distinta da questa, nomini un sacerdote quale consulente ecclesiastico: a lui spetta significare e mantenere i rapporti tra il consultorio e la comunità cristiana e garantire la dichiarata ispirazione cristiana del consultorio stesso.
È bene che questi consultori siano federati tra loro a livello regionale e confederati nella Confederazione Italiana dei Consultori Familiari d'Ispirazione Cristiana.
Come, a norma dello statuto della Confederazione, il consulente ecclesiastico nazionale è designato dalla Conferenza Episcopale Italiana e fa parte del Consiglio direttivo, anche a livello regionale è opportuno che la rispettiva Conferenza Episcopale designi un sacerdote come consulente ecclesiastico della Federazione regionale, il quale faccia parte del Consiglio direttivo della Federazione stessa.
Oltre a quelli di dichiarata ispirazione cristiana, esistono anche altri consultori familiari di iniziativa cristiana,14 la cui fisionomia e i cui rapporti con la comunità ecclesiale sono precisati nei rispettivi statuti.
Anche per questi vale, in modo analogico, quanto si è detto precedentemente circa i consultori di ispirazione cristiana.15
Con spirito di apertura e di discernimento, la comunità cristiana sappia valorizzare i contributi da loro offerti e promuova, per quanto possibile, forme e iniziative di collaborazione e di coordinamento tra questi consultori e quelli di dichiarata ispirazione cristiana e con gli organismi della pastorale familiare.16
A livello diocesano e regionale, nel rispetto delle legittime diversità e autonomie, tale collaborazione potrebbe riguardare, ad esempio, iniziative a livello culturale per gli operatori dei consultori e verso il territorio, momenti di studio su talune problematiche emergenti, individuazione di interventi comuni nella vita civile e sociale.
In taluni casi - specie quando le forze e le disponibilità delle singole diocesi fossero limitate o insufficienti - si promuovano consultori "interdiocesani", che utilizzino le risorse di più diocesi e si pongano a disposizione e a servizio delle Chiese locali promotrici dell'iniziativa.
Anche in questi casi si vigili perché l'ispirazione cristiana, la competenza e la serietà del servizio siano adeguatamente garantiti; inoltre, a livello statutario, si precisino bene i compiti e le responsabilità delle singole diocesi interessate.
Non si tralasci, infine, di sostenere adeguatamente la presenza dei cattolici nei consultori familiari pubblici, perché possano « difendere il più possibile il vero significato del consultorio, quello cioè di un servizio soprattutto psicologico e sociale alla coppia e alla famiglia, nella linea di un aiuto positivo all'amore coniugale e alla vita ».17
Le comunità cristiane hanno, in particolare, il dovere di assisterli e di offrire loro solide motivazioni perché possano vivere la loro non facile testimonianza.
In tale prospettiva, sappiano anche vigilare perché sia garantito il loro diritto-dovere all'obiezione di coscienza di fronte alla richiesta di prestazioni che le loro convinzioni non possono accettare o permettere e perché non subiscano discriminazioni in proposito.
Poiché l'educazione ad un corretto esercizio della paternità e maternità responsabile appartiene di per sé alla pastorale della famiglia, vincendo ogni resistenza o remora e superando finalmente gravi ritardi anche mediante eventuali destinazioni di risorse economiche, « è indispensabile che in ciascuna diocesi siano costituiti e operanti centri per i metodi naturali di regolazione della fertilità, nei quali - senza indebite scelte di un metodo a scapito di altri - ogni donna e ogni coppia possano essere aiutate a individuare e a seguire quella metodica che nel concreto meglio si addice alla loro situazione e meglio favorisce il loro compito di procreazione responsabile ».18
Anche se questi centri possono essere indipendenti dai consultori familiari di ispirazione cristiana, è necessario che in ogni consultorio siano presenti e operanti consulenti e insegnanti dei diversi metodi naturali, così da attuare un autentico servizio alle persone.
È, inoltre, sommamente auspicabile che i diversi centri per i metodi naturali di regolazione della fertilità - sempre nella logica di servizio che chiede anche di superare sottolineature in sé pure legittime, ma meno opportune in ordine a un bene comune - attuino forme di confronto e di coordinamento tra di loro, in vista di un cammino più cordialmente condiviso e unitario.19
Nella consapevolezza che la famiglia è il luogo primario in cui la vita dell'uomo è chiamata a sbocciare e a svilupparsi secondo il progetto di Dio, la sollecitudine pastorale della comunità cristiana deve essere attenta anche alle strutture e ai servizi più direttamente ordinati all'accoglienza, alla difesa, alla promozione e alla cura della vita umana.
In particolare, nelle nostre Chiese locali è necessario che siano programmati e resi operanti centri di aiuto alla vita e case o centri di accoglienza della vita.20
Nati per iniziativa diretta della comunità cristiana o di altre realtà guidate da ispirazione e criteri corretti, devono poter aiutare le ragazze, le madri e le coppie in difficoltà, offrendo non solo ragioni e convinzioni, ma anche assistenza e sostegno concreti per affrontare e superare le difficoltà nell'accoglienza di una vita nascente o appena venuta alla luce.
Le nostre Chiese locali, infine, non esitino a spendere energie e persone anche per altre forme di intervento e di servizio che la tenacia e la fantasia della carità vorranno creare di fronte alla vita in situazioni di disagio, di devianza, di malattia e di marginalità, come, ad esempio: le comunità di recupero per tossicodipendenti, le comunità alloggio per minori, le varie forme di cooperative di solidarietà, i centri di cura e di accoglienza per i malati di AIDS.
Sono tutte realtà nelle quali il protagonismo sociale delle famiglie può lodevolmente realizzarsi e che, comunque, nell'attuare i loro interventi in stretto rapporto con le famiglie e con continua attenzione ad esse, offrono un apporto non secondario alla pastorale familiare.
Indice |
1 | Familiaris consortio, parte quarta, secondo capitolo, introduzione |
2 | Cf Deliberazioni conclusive della XII Assemblea Generale della CEI, Deliberazioni, n. 4 |
3 | Cf Familiaris consortio, n. 70 |
4 | Cf Ivi. |
5 | Cf Deliberazioni conclusive della XII Assemblea Generale della CEI, Deliberazioni, n. 5 |
6 | Cf Familiaris consortio, n. 73 |
7 | Cf Statuto della Conferenza Episcopale Italiana, artt. 3. 40 |
8 | Cf Regolamento della Conferenza Episcopale Italiana, art. 112 |
9 | Cf Statuto della Conferenza Episcopale Italiana, art. 30; Regolamento della Conferenza Episcopale Italiana, art. 87 |
10 | Un utile sussidio circa la realtà dei consultori familiari, dal titolo I consultori familiari sul territorio e nella comunità, è stato recentemente pubblicato dall'Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia |
11 | Cf Deliberazioni conclusive della XII Assemblea Generale della CEI, Raccomandazioni e voti, n. 2; Comunità cristiana e accoglienza della vita umana nascente, nn. 27-28; Evangelizzazione e cultura della vita umana, n. 61 |
12 | Si noti, tra l'altro, che in alcuni casi di dispensa da impedimenti concernenti l'età, è richiesto il parere di un consultorio di ispirazione cristiana o di un esperto ( cf Decreto generale sul matrimonio canonico,
nn. 36-37 ) Analoga richiesta è prevista nel caso di persona civilmente interdetta per infermità di mente ( cf Ivi, n. 38 ) |
13 | Cf Familiaris consortio, n. 34 |
14 | Tra questi vanno ricordati: i consultori del Centro Italiano Femminile e quelli aggregati all'UCIPEM ( Unione dei Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali ) |
15 | Cf sopra, n. 250 |
16 | Cf Deliberazioni conclusive della XII Assemblea Generale della CEI, Raccomandazioni e voti, n. 2; I consultori familiari sul territorio e nella comunità, n. 44 |
17 | Comunità cristiana e accoglienza della vita umana nascente, n. 29 |
18 | Evangelizzazione e cultura della vita umana, n. 61 |
19 | In tale ottica, si auspica che la Confederazione Italiana dei Centri per la Regolazione Naturale della Fertilità, recentemente costituita, possa proseguire nel cammino intrapreso e vedere la partecipazione anche di altri centri non ancora confederatisi |
20 | Cf Comunità cristiana e accoglienza della vita umana nascente,
n. 30; Evangelizzazione e cultura della vita umana, n. 61 |