Comunicazione e missione

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Le parole del Papa

Dal discorso del Santo Padre all'episcopato italiano in occasione della LIII Assemblea Generale, n. 3 ( Vaticano, 20 maggio 2004 ).

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Un altro argomento della vostra Assemblea è quello tanto importante delle comunicazioni sociali, con la presentazione e l'esame del Direttorio intitolato "Comunicazione e missione".

Conosciamo bene l'influsso penetrante che i media esercitano oggi sui modi di pensare e sui comportamenti, personali e collettivi, orientando ad una visione della vita che, purtroppo, tende spesso a corrodere fondamentali valori etici, in particolare quelli che riguardano la famiglia.

I mezzi di comunicazione si prestano però ad essere impiegati anche con ben diverse finalità e risultati, contribuendo in notevole misura all'affermazione di positivi modelli di vita e alla stessa diffusione del Vangelo.

Il Papa è pertanto al vostro fianco, carissimi Vescovi italiani, nell'impegno con cui, ormai da molti anni, sostenete e promuovete il quotidiano cattolico e i settimanali diocesani, e più di recente avete preso cura di una qualificata presenza cristiana in ambito radio-televisivo.

Auspico vivamente che tutti i cattolici italiani comprendano e condividano l'importanza di questo impegno, contribuendo così a rendere più positivo e più sereno il clima culturale in cui tutti viviamo.

Dal discorso del Santo Padre agli animatori della comunicazione e della cultura in occasione del Convegno Parabole mediatiche.

Fare cultura nel tempo della comunicazione, nn. 1-6 ( Vaticano, 9 novembre 2002 ).

A voi, che operate nel campo della cultura e della comunicazione, la Chiesa guarda con fiducia e con attesa, perché, come protagonisti dei cambiamenti in atto in questi ambiti in un orizzonte di crescente globalità, siete chiamati a leggere e interpretare il tempo presente e a individuare le strade per una comunicazione del Vangelo secondo i linguaggi e la sensibilità dell'uomo contemporaneo.

Siamo consapevoli che le rapide trasformazioni tecnologiche stanno determinando, soprattutto nel campo della comunicazione sociale, una nuova condizione per la trasmissione del sapere, per la convivenza tra i popoli, per la formazione degli stili di vita e delle mentalità.

La comunicazione genera cultura e la cultura si trasmette mediante la comunicazione.

Ma quale cultura può essere generata da una comunicazione che non abbia al suo centro la dignità della persona, la capacità di aiutare ad affrontare i grandi interrogativi della vita umana, l'impegno a servire con onestà il bene comune, l'attenzione ai problemi della convivenza nella giustizia e nella pace?

In questo campo servono operai che, con il genio della fede, sappiano farsi interpreti delle odierne istanze culturali, impegnandosi a vivere questa epoca della comunicazione non come tempo di alienazione e di smarrimento, ma come tempo prezioso per la ricerca della verità e per lo sviluppo della comunione tra le persone e i popoli.

Di fronte a questo "nuovo areopago", plasmato in larga misura dai media, dobbiamo essere sempre più consapevoli che «l'evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal loro influsso».3

Potremmo sentirci inadeguati e impreparati; non dobbiamo tuttavia scoraggiarci.

Sappiamo di non essere soli: ci sostiene una forza incontenibile, che scaturisce dall'incontro con il Signore.

Se avete assunto questo impegno, cari operatori della comunicazione e della cultura, è perché anche voi, come i discepoli di Emmaus, avete riconosciuto il Signore risorto allo spezzar del pane e avete sentito il cuore ardere di gioia nell'ascoltarlo.

È questa la sorgente della novità culturale più vera.

È questo lo stimolo più forte ad un coerente impegno di comunicazione.

Non stanchiamoci di fissare lo sguardo su Gesù di Nazareth, il Verbo fatto carne, che ha realizzato la comunicazione più importante per la storia dell'umanità permettendoci di vedere, attraverso di Lui, il volto del Padre celeste ( Gv 14,9 ) e donandoci lo Spirito di verità ( Gv 16,13 ) che ci insegna ogni cosa.

Mettiamoci ancora una volta in ascolto dell'insegnamento di Cristo, affinché il moltiplicarsi delle antenne sui tetti, quali strumenti emblematici della comunicazione moderna, non diventi paradossalmente il segno della incapacità di vedere e di udire, ma sia il segno di una comunicazione che cresce a servizio dell'uomo e del progresso integrale di tutta l'umanità.

Su questa strada la Chiesa che è in Italia ha intrapreso un coraggioso cammino.

Già il Convegno ecclesiale di Palermo segnò l'avvio di un'intensa azione pastorale.

Lì ebbi modo di incoraggiarvi a fare di questo tempo un «tempo di missione e non di conservazione».

Da lì soprattutto scaturì la proposta di un «progetto culturale di orientamento cristiano», come contributo alla elaborazione di una visione della vita cristianamente ispirata.

Gli stessi "orientamenti pastorali", proposti dai Vescovi italiani per questo decennio, sono caratterizzati da questa scelta, che porta a un coinvolgimento delle comunità cristiane e dei singoli credenti per sostenerli nella comprensione del tempo presente, nella ricerca di stili di vita plausibili e in una più efficace presenza da cristiani nella società.

A partire da tale scelta di fondo, sono state avviate tante pregevoli iniziative nell'ambito delle comunicazioni. [ … ]

Non possiamo non vedere in questo fermento pastorale e culturale un concreto e significativo frutto del Decreto conciliare Inter mirifica.

Da questo Decreto ha preso avvio una stagione di grande rinnovamento, e le sue indicazioni restano tuttora valide.

La testimonianza dei credenti trova nel mondo dei media e della cultura un campo vastissimo di espressione.

Anche in questi settori vanno riconosciute vocazioni specifiche e doni particolari, che certamente il Signore non fa mancare alla sua Chiesa.

Soprattutto ai fedeli laici è chiesto di dare prova di professionalità e di autentica coscienza cristiana.

Coloro che operano nei media e fanno cultura, credenti e non credenti, devono avere un'alta consapevolezza delle proprie responsabilità, soprattutto di fronte ai soggetti più indifesi, che spesso sono esposti, senza alcuna tutela, a programmi pieni di violenza e di visioni distorte dell'uomo, della famiglia e della vita.

In particolare, le autorità pubbliche e le associazioni per la tutela degli spettatori sono chiamati ad operare, secondo le proprie competenze e responsabilità, affinché i media conservino alta la loro finalità primaria di servizio alle persone e alla società.

L'assenza di controllo e di vigilanza non è garanzia di libertà, come molti vogliono far credere, e finisce piuttosto per favorire un uso indiscriminato di strumenti potentissimi che, se usati male, producono effetti devastanti nelle coscienze delle persone e nella vita sociale.

In un sistema di comunicazioni sempre più complesso e ad estensione planetaria, servono anche regole chiare e giuste a garanzia del pluralismo, della libertà, della partecipazione e del rispetto degli utenti.

Cari operatori della comunicazione e della cultura, avete davanti a voi una grande sfida: guardate con fiducia e speranza al futuro, spendendo le energie migliori e confidando nel sostegno del Signore!

Vi accompagno con la mia preghiera, ben sapendo, anche per esperienza personale, quanto la questione culturale sia centrale per l'evangelizzazione e quanto i media possano contribuire a un profondo rinnovamento culturale illuminato dal Vangelo.

Maria, che ha accolto il Verbo della vita e che ha ricevuto con gli Apostoli il dono dello Spirito nell'effusione della Pentecoste, vi accompagni e vi sostenga, affinché possiate sempre annunciare e testimoniare il Vangelo con la vita e con l'impegno nelle comunicazioni e nella cultura.

A tutti la mia Benedizione!

Giovanni Paolo II

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3 Giovanni Paolo II, Redemptoris Missio 37