Aeterna Dei sapientia

Indice

I.2

Pastore della chiesa universale

Basta, infatti, dare un rapido sguardo alla prodigiosa attività di pastore e di scrittore svolta da san Leone nel lungo periodo del suo pontificato, per trarne la convinzione che egli fu l'assertore e il difensore dell'unità della chiesa sia nel campo dottrinale sia in quello disciplinare.

Se poi si passa al campo liturgico, è facile avvertire che il piissimo pontefice promosse l'unità del culto, componendo o almeno ispirando alcune delle più elevate preghiere, che sono contenute nel cosiddetto Sacramentario Leoniano.7

Egli ancora intervenne con prontezza e autorità nella controversia sull'unità o duplicità di natura in Gesù Cristo, ottenendo il trionfo della vera dottrina relativa all'incarnazione del Verbo di Dio: fatto, questo, che immortalò il suo nome nel ricordo dei posteri.

Va ricordata a tale riguardo la famosa Lettera a Flaviano, vescovo di Costantinopoli, nella quale san Leone, con mirabile chiarezza e proprietà, espone la dottrina sul mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio, in conformità con l'insegnamento dei profeti, dell'evangelo, degli scritti apostolici e del « Simbolo della fede ».8

Dalla quale lettera sembra opportuno rilevare le seguenti espressioni veramente scultoree:

« Rimanendo dunque integre le proprietà dell'una e dell'altra natura, confluenti nell'unica persona, fu assunta dalla maestà divina la pochezza umana, dalla potenza la debolezza, dall'eternità la mortalità; e allo scopo di soddisfare al debito della nostra condizione la natura inviolabile si unì a una natura passibile, in maniera tale che come appunto conveniva alla nostra salvezza, l'unico e insostituibile mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo uomo, potesse, sì, morire secondo una natura, ma non secondo l'altra.

Pertanto, il Verbo, pur assumendo la natura integra e perfetta di vero uomo, nacque vero Dio, completo nelle sue divine proprietà, completo altresì nelle nostre ».9

Né si limitò a questo. Alla lettera a Flaviano, infatti, nella quale aveva più diffusamente esposto « quanto la chiesa cattolica universalmente credeva e insegnava intorno al mistero dell'incarnazione del Signore »,10 san Leone fece seguire la condanna del concilio di Efeso del 449.

In esso, ricorrendo alla illegalità e alla violenza, si era cercato di far trionfare la errata dottrina di Eutiche, il quale, « molto sconsiderato e troppo ignorante »,11 si ostinava a non voler riconoscere che una sola natura, cioè la divina, in Gesù Cristo.

A buon diritto il papa denominò tale concilio « latrocinio »,12 poiché, contravvenendo alle chiare disposizioni della sede apostolica, si era osato con ogni mezzo di « intaccare la fede cattolica »13 e di « rafforzare un'esecrabile eresia ».14

Il nome di san Leone è legato soprattutto al celebre concilio di Calcedonia del 451, la cui convocazione, per quanto sollecitata dall'imperatore Marciano, fu accettata dal pontefice soltanto alla condizione che esso fosse presieduto dai suoi inviati.15

Questo concilio, venerabili fratelli, costituisce una delle pagine più gloriose nella storia della chiesa cattolica.

Ma Noi non riteniamo necessario farne qui rievocazione particolareggiata; giacché a questa grandiosa assise, nel corso della quale trionfarono con uguale splendore la vera fede nelle due nature del Verbo incarnato e il primato di magistero del romano pontefice, il nostro predecessore Pio XII ha dedicato una delle sue più celebrate encicliche, nel XV centenario del memorabile avvenimento.16

Non meno evidente apparve la sollecitudine di san Leone per l'unità e la pace della chiesa, allorché egli indugiò a dare la sua approvazione agli atti del concilio.

Questo indugio in realtà non va ascritto né a negligenza né ad una qualche ragione di carattere dottrinale, ma - come poi dichiarò egli stesso - con ciò egli intese opporsi al canone 28, nel quale i padri conciliari, nonostante la protesta dei legati pontifici e nell'evidente desiderio di procurarsi la benevolenza dell'imperatore di Bisanzio, avevano riconosciuto alla sede di Costantinopoli il primato su tutte le chiese d'oriente.

Questa disposizione appariva a san Leone un aperto affronto ai privilegi di altre chiese più antiche e più illustri, riconosciuti anche dai padri del concilio di Nicea; e inoltre costituiva un pregiudizio per il prestigio della stessa sede apostolica.

Questo pericolo, più che nelle parole del canone 28, era stato acutamente intravisto da san Leone nello spirito che lo aveva dettato, come risulta chiaramente da due lettere, una delle quali fu a lui diretta dai vescovi del concilio,17 e l'altra da lui diretta all'imperatore.

In quest'ultima, respingendo le argomentazioni dei padri conciliari, così ammonisce: « Altro è l'ordinamento delle cose del mondo, altro quello delle cose di Dio; non si avrà alcuna stabile struttura al di fuori di quella pietra che il Signore ha collocato come fondamento ( Mt 16,18 ).

Pregiudica i propri diritti chi brama quanto non gli spetta ».18

La dolorosa storia dello scisma, che separò in seguito dalla sede apostolica tante illustri chiese dell'oriente cristiano, sta a dimostrare chiaramente - come si desume dal passo citato - la fondatezza dei timori di san Leone a riguardo di future divisioni in seno alla cristianità.

Sarebbe incompleta la nostra esposizione circa lo zelo pastorale di san Leone per l'unità della chiesa cattolica, se non ricordassimo anche, sia pure rapidamente, il suo intervento nella questione relativa alla data della festa di pasqua, come pure la sua vigilante sollecitudine, affinché le relazioni tra la sede apostolica e i principi cristiani fossero improntate a reciproca stima, fiducia e cordialità.

Sempre mirando alla pace della chiesa, egli esortò frequentemente gli stessi principi a cooperare con l'episcopato « per la piena unità cattolica »,19 così da meritare da Dio « oltre la corona regale, anche la palma del sacerdozio ».20

Indice

7 PL 55, 21-156
8 PL 54, 757
9 PL 54, 759
10 Ep. 29, ad Theodosium august.: PL 54, 783
11 Ep. 28: PL 54, 756
12 Ep. 95, ad Pulcheriam august. , 2: PL 54, 943
13 Ep. 95, ad Pulcheriam august. , 2: PL 54, 943
14 Ep. 95, ad Pulcheriam august. , 2: PL 54, 943
15 Ep. 89, ad Marcianum imper., 2: PL 54, 931;
Ep. 103, ad Episcopos Galliarum: PL 54, 988-991
16 Litt. enc. Sempiternus Rex, 8 sept. 1951: AAS 43 ( 1951 ), pp. 625-644; EE 6/824-872
17 C. KIRCH, Enchiridion fontium hist. eccl. antiquae, Friburgi in Br.4 1923, n. 943
18 Ep. 104, ad Marcianum imper. , 3: PL 54, 995;
cf. Ep. 106, ad Anatolium episc. Constantinopolitanum: PL 54, 995
19 Ep. 104, ad Marcianum imper. , 3: PL 54, 1022. Z° Ep. 104, ad Marcianum imper. , 3: PL 54, 1022
20 Ep. 104, ad Marcianum imper. , 3: PL 54, 1022. Z° Ep. 104, ad Marcianum imper. , 3: PL 54, 1022