Decet quam maxime

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30 Oltre a ciò che è sancito nel citato decreto del Concilio di Trento39 si presti specifica attenzione affinché né il vescovo né chiunque del suo seguito, invocando la "provvigione", accetti denaro o doni di qualunque natura, anche se spontaneamente offerti, eccezion fatta soltanto per le vettovaglie, o per l'offerta corrispondente ad esse, se coloro che vengono visitati avranno preferito questa forma di contribuzione.

Nondimeno, alcuni ritennero che fosse loro lecito ricevere, oltre che il denaro delle vettovaglie o le vettovaglie stesse, anche vetture a cavalli per sé e per il proprio seguito ed anche qualcos'altro, con qualche motivazione non religiosa.

Essi tuttavia furono sempre condannati dalla sacra Congregazione del Concilio ed il loro comportamento costantemente contestato, in quanto contrario sia ai sacri canoni sia al Concilio Tridentino.

Nella visita pastorale di San Marco, tra gli altri vennero proposti questi due quesiti:

"V) Se il clero sia obbligato a pagare qualcosa ai ministri ed agli altri rappresentanti del vescovo in visita;

VI) Se lo stesso clero sia tenuto a pagare al vescovo in visita la vettura a cavalli".

Il 7 luglio 1708 questa fu la risposta: "Si doveva tener conto dei decreti già precedentemente pubblicati ed in particolare, per il V quesito, della sessione Amalfitana del 18 luglio 1699;40 per il VI, di quella Abruzzese del dicembre 1784".41

Il senso che derivava dalla risposta e che si desume anche dagli altri decreti citati è chiaramente questo: per il quesito V, l'obbligo riguarda soltanto le vettovaglie, secondo la norma conciliare; per il quesito VI, la risposta è negativa.

Si ritornò in argomento in un'altra causa di San Marco il 16 gennaio 1723, al III quesito: "Se la predetta "provvigione" abituale sia da pagare per intero, nella solita quantità di denaro, secondo gli usi di ciascun luogo che viene visitato, quando al vescovo ed al suo seguito vengono offerti anche tre pranzi, le vetture, l'alloggio e tutto il resto necessario, secondo l'invocata, antichissima consuetudine".

Il IV quesito proponeva: "Se al vescovo ed al suo seguito debbano essere assicurati i cibi e tutto il necessario per tutto il tempo della visita".

Al III quesito la sacra Congregazione rispose che "dipendeva da coloro che ricevevano la visita pagare la "provvigione" in natura o in denaro, esclusi comunque i tre pranzi nel caso che si sia scelto il denaro; quanto alle vetture con cavalli si facesse riferimento al decreto del 7 luglio 1708, in sancti Marci ad VI".

Per il IV quesito valeva quanto risposto al terzo.

Analogamente, per la "provvigione" di Policastro, quando fu presentato il II dubbio "se il predetto vescovo possa pretendere dallo stesso arciprete e dai chierici, oltre alla "provvigione" di 15 ducati, pagati in moneta, anche le vettovaglie e le carrozze per sé e per il suo seguito, nel caso che, ecc.", il giorno 1 giugno 1737 giunse il responso al II dubbio: "Negativo"".

31 Si discusse anche se il vescovo e i suoi ufficiali potessero pretendere ed esigere qualche emolumento qualora, durante la visita pastorale, convalidassero testamenti per cause pie e legati pii, e curassero di avviarne l'esecuzione.

In questa materia la sacra Congregazione del Concilio deliberò nella seduta di Maiorca del 7 agosto 1638, asserendo che il vescovo e i suoi ufficiali non possono ricevere pagamenti per i decreti emessi durante la visita, e nemmeno per le delibere di esecuzione dei legati pii, anche se in tal senso esistano consuetudini antichissime.

Questione non dissimile sorse nel 1645 fra il vescovo di Vicenza da una parte ed i giurati del re della città di Minorissa Pratorum dall'altra.

Sottoposta la materia alla stessa santa Congregazione, la risposta giunse sotto la data del 18 marzo dello stesso 1645 e fu del seguente tenore: "La sacra Congregazione ha stabilito che il vescovo in visita e i suoi incaricati non possono ricevere alcunché per i decreti o per le delibere di esecuzione dei testamenti o dei legati, ma debbono compiere il tutto gratuitamente, nonostante qualunque precedente consuetudine, anche antichissima.

Al di fuori della visita, il vescovo ed i suoi incaricati possono ricevere denaro per decreti di questo tipo e per le delibere, ma solo quel tanto che verrebbe pagato - senza sprechi - al notaio per la stesura e per l'impegno, così come affidato alla coscienza del vescovo, nonostante qualunque consuetudine, anche antichissima".

Ciò fu deliberato anche ad Elnen il 28 marzo 1648, al quesito VIII.

A questo non sarà superfluo aggiungere quel che leggiamo essere stato sapientemente fissato nel consiglio provinciale di Milano V: "Il notaio o il cancelliere non esiga alcunché durante la visita pastorale da parte di coloro che sono visitati e non accetti doni di alcun tipo, nemmeno piccolissimi, offerti in qualunque modo; niente neppure per la emanazione dei decreti e delle ordinazioni effettuata durante la visita, per la scritturazione o per la riproduzione delle copie, né da singoli, né da chiese, né da sacerdoti, né dagli altri che ricevono la visita, come dispone l'editto di visita.

È invece consentito che sia pagato ( secondo il tariffario vigente o da fissare nel tribunale ecclesiastico ) per la fatica e l'impegno profusi nel trascrivere le copie di cui - in tempo successivo - qualcuno interessato avrà fatto domanda".

32 Queste norme debbono essere rispettate anche nella ricognizione dei libri che contengono i legati pii e il loro adempimento, nonché nella resa dei conti delle amministrazioni ecclesiastiche, delle confraternite, dei monti di pietà, e delle altre istituzioni pie, per il cui sviluppo sia il vescovo sia i suoi rappresentanti debbono impegnarsi gratuitamente, come si evince da quanto detto precedentemente e come ha dichiarato la sacra congregazione nel concilio di Vicenza del 27 giugno 1637, affermando: "Né al vescovo né ai suoi rappresentanti è lecito accettare alcunché per l'amministrazione delle opere pie o per l'esecuzione dei testamenti e delle volontà pie, ma tutto dev'essere fatto gratuitamente, nonostante qualunque consuetudine, anche contraria".

Il 20 settembre 1710, durante la confraternita di Lanciano, al X dubbio, nel quale si chiedeva "Se l'arcivescovo debba valersi, per la stesura dei bilanci, di sindaci ovvero di persone esperte elette dai confratelli, oppure possa rivolgersi a chi gli pare meglio", la sacra Congregazione rispose "negativo" al primo quesito ed "affermativo" al secondo, ma gratuitamente.42

Nonostante il vescovo debba darsi da fare affinché la revisione dei libri sia effettuata gratuitamente e la relazione sia stesa dal suo notaio o da un economo di casa o da chiunque altro addetto al suo servizio; tuttavia può accadere talvolta che per gravi ed urgenti motivi sia opportuno designare a pagamento un estraneo che non abbia alcun obbligo.

Ogni volta che ciò accada, il vescovo stabilirà secondo giudizio e coscienza la congrua remunerazione per il revisore, commisurata al puro e semplice impegno, come sancì la sacra Congregazione a Veroli il 30 gennaio 1682,43 a Benevento il 7 giugno 1683 ed a Pesaro l'11 dicembre dello stesso anno.

33 A fronte di queste affermazioni della sacra Congregazione, solidamente basate sui sacri canoni, e dei decreti del Concilio Tridentino, non possono assolutamente essere accettate alcune consuetudini, che hanno più l'aspetto di corruzione, in forza delle quali alcuni vescovi e loro rappresentanti, mentre effettuano le sacre visite, ricevono qualche pagamento per l'esame di alcuni testamenti, oppure per la relazione contabile che esigono dagli amministratori di chiese o luoghi pii; oppure approfittano per tutto il tempo della visita della carrozza a cavalli o di qualche pranzo; oppure cercano di ottenere i lumini o le candele collocate sull'altare principale del tempio o anche su altri altari.

Tutte queste abitudini, e le analoghe che sussistano, contrarie alle predette sanzioni, debbono essere assolutamente abolite: lo disponiamo ed ordiniamo!

34 Sebbene, sulla base della citata decisione della sacra Congregazione, adottata in Vicenza il 18 marzo 1645, il vescovo o il suo rappresentante, sia durante la visita sia al di fuori, non possa accettare alcunché per i decreti o le deliberazioni di esecuzione testamentaria di legati, ma debba svolgere ogni incarico gratuitamente, tuttavia durante le sacre visite può accettare la parte dovuta dei legati pii, delle offerte e delle altre beneficenze che vengono fatti alla chiesa in occasione dei funerali; tale quota parte viene popolarmente definita come "quarta canonica", come fu risposto dalla stessa sacra Congregazione nelle riunioni di Urgel il 25 gennaio 1676 ed il 14 febbraio 1693 all'ottavo dubbio.

I vescovi traggono questo diritto dai sacri canoni44 che il Concilio Tridentino volle mantenere in vigore, come dimostra il fatto che proibì severamente ai vescovi di accettare alcunché per la visita, nemmeno in funzione dei pii usi dei testamenti, "eccetto ciò che per diritto è dovuto per i legati pii".45

Ovviamente i vescovi devono mantenersi moderati nell'esigere questa parte, ossia la "quarta canonica", e osservare i limiti fissati dagli stessi sacri canoni nel capitolo finale De testamentis, dove così si legge: "La parte canonica non deve essere dedotta da quelle offerte che vengono fatte alla chiesa, o alle altre strutture ecclesiastiche, per ornamenti, per l'edificio, per le luminarie, o in occasione di un anniversario, di un settimo giorno, di un vigesimo o di un trigesimo, o in modi diversi per la prosecuzione del culto divino".

Analoghi concetti si leggono nel capitolo "Ex parte de verb. signif.".

Inoltre non si deve operare alcuna deduzione dai legati per il matrimonio delle fanciulle - come dispose la sacra Congregazione dei Vescovi nella riunione di Nocera dei Pagani il 14 Settembre 1592 - né da quelli per la celebrazione delle messe,46 sebbene a tempo immemorabile al vescovo venisse versata la quarta parte da tutti i legati pii.

35 Per quanto riguarda i monasteri delle monache o le case religiose nelle quali le donne vivono come monache, solitarie e lontane dagli impegni del mondo, è stato spesso ribadito dalle Costituzioni apostoliche e dalla sacra Congregazione dei Vescovi e dei Regolari ( con il parere favorevole e l'autorevole approvazione dei sommi Pontefici ) che né i vescovi, né altri prelati o loro vicari generali, delegati speciali, rappresentanti, ministri, consanguinei o addetti possano assolutamente esigere o accettare emolumenti in denaro o in altra natura

per l'ammissione delle fanciulle all'abito monastico;

per l'approvazione del deposito della dote;

per la verifica della volontà e della disposizione d'animo ad assumere l'impegno della vita regolare;

per la pronuncia della professione;

per l'accesso delle fanciulle al beneficio dell'educazione;

per la rinuncia prima dell'ammissione alla professione;

per l'elezione della badessa o di altra superiora;

per l'autorizzazione a far entrare in monastero il medico, il chirurgo od altri operatori;

per la facoltà di parlare alle monache o alle altre persone che vivono entro i chiostri del monastero;

per la delega dei confessori, dei cappellani, dei procuratori, degli amministratori dei beni temporali e degli altri ministri, ed in generale per ogni atto necessario al regime monastico.

36 Da questa regola generale fanno eccezione soltanto le vettovaglie, che possono essere offerte al vescovo o ad altro prelato, in occasione di alcuni dei predetti atti; purché ciò sia l'unico introito e donativo e non ecceda quel che può loro servire per il tempo di tre giorni.

Il cancelliere, per il documento delle rinunzie e per l'atto di deposito della dote, riceverà un onorario adeguato al lavoro e comunque non superiore a dieci giulii.

37 Oltre a queste, in molte altre situazioni che appartengono all'esercizio della potestà spirituale ( dalla quale dev'essere assolutamente assente ogni retribuzione umana ) e che competono al vescovo ( per il cui sostentamento e per la cui gestione sono destinati gli introiti della mensa ), ai vescovi non è consentito accettare nessun ulteriore emolumento, diretto o indiretto, a qualunque titolo e proposto con qualunque motivazione, nemmeno se spontaneamente donato; analogamente, ciò non è consentito ai loro vicari, né a qualunque rappresentante o impiegato.

Qui elenchiamo, Venerabili Fratelli, le voci principali, desunte dai sacri canoni, dalle Costituzioni apostoliche e dai decreti delle sacre Congregazioni, delle quali più frequente e nota è la menzione presso i dottori.

38 Per le cosiddette lettere patenti, cioè per il permesso di predicare in quaresima e in avvento, o in altro tempo e luogo.47

Per la licenza di dedicarsi a lavori servili, per gravi motivi, nei giorni festivi,48 anche se il denaro derivante dall'autorizzazione venga destinato a scopi pii.

Per la resa dei conti dell'amministrazione delle chiese e dei luoghi pii e per la revisione dei libri della stessa amministrazione, sia che sia fatta dal vescovo, sia da un altro incaricato del vescovo con delega generale o speciale, con l'eccezione, tuttavia, indicata precedentemente.

Per il riconoscimento, l'approvazione e la promulgazione delle reliquie, delle indulgenze e degli altari privilegiati.

Per l'autorizzazione a chiedere elemosine ed altro, anche se concessa a forestieri.

Per la nomina dei custodi delle chiese, i cosiddetti eremiti.

Per la lettera testimoniale di povertà o di qualche altro requisito.

Il cancelliere tuttavia potrà percepire complessivamente dieci oboli.

Per la lettera con la quale si attesta che uno non ha ricevuto alcun ordine, nemmeno la tonsura clericale.

Al cancelliere tuttavia potranno essere dati al massimo dieci oboli.

Per l'atto di rinuncia allo stato clericale, e per la sua ammissione, o anche per la lettera o attestazione della rinuncia stessa.

Per questa lettera tuttavia il cancelliere potrà esigere dieci oboli.

Per la consultazione dei libri parrocchiali già trasferiti nell'archivio vescovile: libri nei quali sono indicati i battezzati, i cresimati, gli sposati e i morti.

Per ciascuna consultazione su domanda, il cancelliere potrà ricevere al massimo venti oboli ed altrettanti per l'autenticazione del dato richiesto, a meno che la dignità della persona richiedente oppure l'uso della lettera testimoniale oltre i confini della diocesi o del regno non consentano un onorario maggiore.

Nel caso in cui la certificazione richiesta non risulti dai libri parrocchiali, e per ricavarla sia necessario mettere a confronto dei testimoni, oltre la mercede nella misura stabilita per l'escussione dei testi e per la redazione dell'atto, al cancelliere sarà consentito ricevere altri quindici oboli per la pubblicazione della lettera testimoniale; al vicario generale saranno pagati trenta oboli per i decreti con i quali avrà disposto la raccolta di informazioni e - dopo averle assunte e verificate personalmente - avrà ordinato la spedizione della lettera testimoniale.

Per l'autorizzazione a lasciare la chiesa o il beneficio.49

Inoltre per le lettere commendatizie che vengono consegnate ai sacerdoti, ai chierici e a coloro che sono in partenza per altre diocesi.

Per le lettere ammonitorie di scomunica che palesino segreti, autorizzate dalla curia vescovile e dall'Ordinario, o quando si tratti di pubblicare lettere ammonitorie apostoliche.

Il cancelliere riceverà dieci oboli per l'impegno della stesura.

Lo stesso cancelliere sarà gratificato di un ulteriore compenso da parte del vescovo, che ne fisserà anche l'importo, per completare la trascrizione delle notizie che vengono rivelate, previo decreto del vicario.

Per la trascrizione di un'ammonizione, di una sentenza o della dichiarazione di censure nelle quali sia incorso qualcuno per avere percosso degli ecclesiastici o per qualsiasi altra causa, anche nel caso di sentenza assolutoria e della stessa assoluzione dalle censure.50

Il cancelliere potrà ricevere al massimo venti oboli in pagamento della stesura, purché non si tratti di lettere provenienti dalla sacra Penitenzieria apostolica; per quelle che si riferiscono alla predetta assoluzione, il cancelliere non potrà ricevere alcun compenso.

Venti oboli spetteranno al cancelliere anche per le schede di censura - i cosiddetti "cedoloni" - e per la loro affissione come d'abitudine.

Analoga norma sarà applicata per la liberazione da un giuramento, con l'avvertenza che se essa sarà concessa nella curia ecclesiastica il cancelliere potrà ricevere per l'attestazione soltanto venti oboli; se essa verrà concessa fuori curia, per la lettera di delega allo stesso cancelliere verranno pagati altrettanti oboli.

Per l'autorizzazione a tenere pontificali.

Per dar corso alle lettere apostoliche che impartiscono benedizioni o assoluzioni; per le lettere con le quali la stessa facoltà viene attribuita ai parroci o ad altri, con l'inserimento di dette lettere apostoliche, al cancelliere saranno pagati, tutto compreso, soltanto trenta oboli.

Per l'esecuzione delle lettere apostoliche relative all'autorizzazione impetrata presso la sacra Congregazione ad alienare o permutare i beni delle chiese e dei luoghi religiosi, oppure ad imporre censi, il cancelliere riceverà un compenso proporzionato alla fatica compiuta per completare la pratica e le scritture.

Comunque esso non supererà i dieci giulii.

Se la Santa Sede avrà incaricato l'Ordinario di accertare la veridicità di quanto esposto nella supplica, allora al cancelliere toccheranno dieci oboli per ogni teste sottoposto ad esame.

Tenuto conto della mole del lavoro, gli si potrà anche assegnare un certo compenso, secondo il giudizio e la coscienza del vescovo, per gli editti, ogni volta che siano prescritti; per l'esame dei testimoni teso ad accertare l'utilità dell'alienazione; e per tutti gli altri adempimenti che - come di consueto occorre portare a termine in questa materia.

Per il decreto d'alienazione che, in base al cap. Terrulas 12, q. 2, viene emesso solo dall'autorità ordinaria.

39 Infine le multe o le pene pecuniarie - quando saranno rese necessarie dalla natura del reato o dalle caratteristiche di chi lo commette - saranno devolute a scopi pii e per l'attuazione della giustizia, in modo che nulla torni a vantaggio personale del vescovo o dei suoi vicari o di chiunque dei suoi rappresentanti, né direttamente né indirettamente.

Per eliminare ogni dubbio o sospetto di non corretta applicazione delle multe, sarà meglio - e perciò lo riteniamo necessario - che nelle sentenze stesse siano designate le istituzioni religiose o le chiese a favore delle quali devono essere destinate le predette pene pecuniarie, tenendo sempre conto, in ciò, di quelle che hanno maggior bisogno ed anche del domicilio di coloro che hanno commesso il reato.

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39 In relazione alla materia trattata anche nel cap. Si episcopus de off. Ordinarii, 6
40 Lib. 3, Decr. 49, p. 252
41 Lib. 4, Decr. p. 10
42 Tomo 6, Thes. resolut., p. 164
43 Lib. 35, Decret. f. 283
44 Cap. Officii 14, e Requisiti 5 de testamentis
45 Cit. sess. 24, cap. 3 De ref.
46 Come stabilì la Sacra Congregazione del Concilio in un'altra seduta a Nocera dei Pagani, con il decreto Quartae canonicae, 13 gennaio 1714, lib. 64
47 Conc. Trid., sess. 5, cap. 2, De reform.
48 Urbano VIII, Constit. Universa e numerose sacre Congregazioni del Concilio e dei vescovi, apud Ferrar. verb. festa, n. 31 seg.
49 Conc. Trid. sess. 23, cap. 1 De ref.
50 Cap. Ad aures de simonia