Direttorio ecumenico

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C) La comunicazione nelle cose sacre

38. "La comunicazione in cose sacre non la si deve considerare come un mezzo da usarsi indiscriminatamente per il ristabilimento dell'unità dei cristiani.

Questa comunicazione dipende soprattutto da due principi: dalla manifestazione dell'unità della Chiesa e dalla partecipazione ai mezzi della grazia.

La significazione dell'unità per lo piú vieta la comunicazione.

La partecipazione della grazia talvolta la raccomanda" ( UR 8 ).

1 - Comunicazione nelle cose sacre con i fratelli orientali separati

39. "Siccome poi quelle chiese ( orientali ), quantunque separate, hanno veri sacramenti e soprattutto, in virtú della successione apostolica, il sacerdozio e l'eucaristia, per mezzo dei quali restano ancora uniti con noi da strettissimi vincoli, una certa comunicazione nelle cose sacre, prestandosi opportune circostanze e con l'approvazione dell'autorità ecclesiastica, non solo è possibile, ma anche consigliabile" ( UR 15 ).

40. Fra la Chiesa Cattolica e le chiese orientali separate, esiste una stretta comunione in materia di fede; inoltre, "con la celebrazione dell'eucaristia del Signore in queste singole chiese, la Chiesa di Dio è edificata e cresce" e "quelle chiese, quantunque separate, hanno veri sacramenti e soprattutto, in virtú della successione apostolica, il sacerdozio e l'eucaristia …" ( UR 15 ).

Pertanto si dà il fondamento, ecclesiologico e sacramentale, per cui una certa comunione nelle cose sacre, non escluso il sacramento dell'eucaristia, "date opportune circostanze e con l'approvazione dell'autorità ecclesiastica" ( UR 15 ) non solo sia permessa ma talvolta anche consigliata.

I pastori istruiscano attentamente i fedeli su questo argomento, affinché il modo di fare circa questa comunicazione nelle cose sacre appaia loro chiaramente.

41. Le norme per la comunicazione nelle cose sacre, stabilite dal decreto "Orientalium ecclesiarum", vanno osservate con tutta quella prudenza raccomandata nel decreto stesso.

Le direttive che nel suddetto decreto si riferiscono ai fedeli delle chiese cattoliche orientali valgono anche per i fedeli di qualsiasi rito, compreso il latino.

42. Per ciò che riguarda il ricevere o l'amministrare i sacramenti della penitenza, dell'eucaristia e dell'unzione degli infermi, è assai opportuno che l'autorità cattolica, locale, o il sinodo dei vescovi, o la conferenza episcopale, non concedano facoltà di comunicare ai sacramenti, se non dopo un positivo risultato di una consultazione con le competenti autorità orientali separate, almeno locali.

43. Nel concedere la facoltà di comunicare nei sacramenti occorre tener grande conto della legittima reciprocità.

44. Oltre al caso di necessità, può considerarsi giusta causa per consigliare la comunicazione nei sacramenti, la impossibilità materiale o morale di ricevere i sacramenti nella propria Chiesa, per luogo tempo o per particolari circostanze, affinché, senza motivo legittimo, il fedele non sia privato del frutto spirituale dei sacramenti.

45. Siccome sono diverse le consuetudini dei cattolici e degli orientali separati circa la frequente partecipazione all'eucaristia e circa l'uso della confessione prima della comunione e ancora riguardo al digiuno eucaristico, bisogna fare attenzione, nella prassi della comunicazione, se i cattolici non seguono le loro consuetudini, di non causare meraviglia o sospetto tra i fratelli separati.

Pertanto il cattolico che, nei predetti casi, si accosta alla comunione presso gli orientali separati, per quanto è possibile, si adatti alla disciplina orientale.

46. Agli orientali poi sia permesso il libero accesso ai confessori cattolici, quando non ci siano confessori della loro Chiesa, e lo facciano spontaneamente.

In simili circostanze, anche ai cattolici è lecito confessarsi presso confessori della Chiesa orientale separata dalla Sede apostolica romana.

Anche qui deve osservarsi la legittima reciprocità.

Tuttavia, da entrambe le parti si eviti che sorga il sospetto di proselitismo.

47. Il fedele cattolico, che occasionalmente, per le cause di cui piú avanti, al n. 50, assiste alla messa presso i fratelli orientali separati nei giorni di domenica o di precetto, non è piú obbligato ad ascoltare la messa di tale precetto in una Chiesa cattolica.

Anzi è opportuno che i cattolici, nei suddetti giorni, se impediti ad ascoltare la messa nella propria Chiesa, assistano, per quanto possibile, alla liturgia dei fratelli separati.

48. A causa della stretta comunione, ricordata al n. 40, fra la Chiesa cattolica e le chiese orientali separate, è lecito ammettere per giusto motivo un fedele orientale come padrino assieme col padrino cattolico ( o con la madrina cattolica ) nel battesimo di un bambino o di un adulto cattolico, purché si abbia provveduto alla educazione cattolica del battezzato, e consti l'idoneità del padrino.

Al fedele cattolico, se richiesto, non sia proibito di fungere da padrino nel battesimo conferito nella Chiesa orientale.

In questi casi, l'obbligo di provvedere all'educazione cristiana è anzitutto del padrino ( o madrina ) fedele della Chiesa in cui il bambino è stato battezzato.

49. Nella celebrazione del matrimonio nella Chiesa cattolica è possibile ammettere come paraninfi o testimoni i fratelli separati.

E al cattolico è lecito fungere la paraninfo o testimone nel matrimonio debitamente celebrato tra fratelli separati.

50. La presenza dei cattolici al culto liturgico dei fratelli orientali separati può essere ammessa, per giusto motivo, ad esempio, per il pubblico ufficio o funzione che esercitano, per la parentela, per l'amicizia o anche per il desiderio di migliore conoscenza, ecc.

In simili circostanze non è loro vietato di partecipare alle risposte, ai canti, alle azioni della Chiesa della quale sono ospiti.

Per ciò che riguarda la partecipazione all'eucaristia, si osservi quanto stabilito dai n. 42 e n. 44.

Per quella stretta comunione di cui si è parlato al n. 40, l'ordinario del luogo può anche permettere che un fedele cattolico, se richiesto, possa fungere da lettore nella liturgia.

Altrettanto dicasi nel caso in cui i fratelli separati assistono a celebrazioni nelle chiese cattoliche.

51. Per quanto riguarda la partecipazione a cerimonie, che non comportino la comunicazione nei sacramenti, si osservi quanto segue:

a) ai ministri di chiese orientali che durante le cerimonie presso i cattolici rappresentano la propria Chiesa, si deve dare il posto e gli onori liturgici spettanti nella Chiesa cattolica ai ministri cattolici del medesimo ordine o dignità;

b) il ministro cattolico, presente ufficialmente alle cerimonie religiose orientali, su vicendevole accordo, può indossare l'abito corale o le insegne della propria dignità ecclesiastica;

c) si faccia inoltre molta attenzione alla mentalità sia dei ministri sia dei fedeli orientali e alle loro tradizioni che possono essere diverse secondo il tempo, il luogo, le persone e le circostanze.

52. Siccome "per una giusta ragione è permessa la partecipazione in funzioni, cose e luoghi sacri tra cattolici e fratelli separati" ( OE 28 ), si raccomanda che l'uso degli edifici cattolici, dei cimiteri, delle chiese e di tutta la suppellettile necessaria, con il permesso dell'ordinario sia concesso ai sacerdoti o alle comunità orientali separate, se lo chiedono per i loro riti religiosi, quando non disponessero di locali adatti per un conveniente e dignitoso rito sacro.

53. I superiori delle scuole e istituti cattolici curino che sia data la possibilità ai ministri orientali di prestare ogni assistenza spirituale e sacramentale ai loro fedeli che frequentano tali istituti cattolici.

Questa assistenza, secondo le circostanze e con il permesso dell'ordinario del luogo, può essere data anche all'interno dell'edificio cattolico, compresa la Chiesa.

54. Negli ospedali e nelle altre istituzioni consimili, rette da cattolici, i direttori si preoccupino di avvertire tempestivamente il sacerdote della Chiesa orientale separata della presenza di qualche suo fedele e gli si dia la facoltà di visitare gli ammalati e amministrare loro i sacramenti con ogni dignità e riverenza.

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