Aspetti della formazione spirituale nei seminari

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2. La parola della croce: il sacrificio redentore

Il sacramento del sacrificio

La preghiera della Chiesa raggiunge il suo « culmine » nella liturgia eucaristica: questa ne è, secondo la Costituzione conciliare sulla Liturgia ( n. 10 ), « la vetta e la fonte ».

Infatti, l'Eucaristia non è altro che lo stesso Sacrificio del Signore offerto e partecipato nella comunità dei battezzati.

Il provvidenziale sforzo iniziato da san Pio X ha portato largamente i suoi frutti, e il Concilio Vaticano II ha rilanciato questo sforzo.

É necessario che i futuri sacerdoti siano capaci di sfruttarlo a fondo e di mantenerlo nella giusta direzione.

Questo richiede oggi una mano particolarmente vigorosa, un senso teologico solido e sicuro, una fedeltà assoluta alla disciplina della Chiesa, una esperienza personale profonda e bene mantenuta.

L' Eucaristia è « il sacramento del sacrificio redentore ».

La teologia non ha cessato di esplorare questo mistero, di cui la Chiesa vive in permanenza.

La pienezza di questo mistero è tale che la mente umana fatica ad accettarlo: essa è tentata sia di ridurlo, nell'intento di farlo entrare nei limiti della nostra ragione, sia di sfruttarne un aspetto a danno degli altri, a rischio di squilibrare l'edificio della fede.

É per questo motivo che in un seminario la dottrina, su questo punto, deve essere insegnata e incessantemente richiamata con estrema cura.

Nessun aspetto può essere sacrificato ad un altro: l'insegnamento del Concilio di Trento sulla realtà del sacrificio deve essere professato in tutta la sua fermezza, come anche quello della « presenza reale »; l'aspetto della comunione fraterna, per quanto profondamente compreso, non dovrà portare pregiudizio all'aspetto fondamentale, che è quello del sacrificio del Cristo, fuori del quale il banchetto eucaristico perde il suo senso.

Ora non è permesso ignorare le deviazioni che si hanno oggi su questi punti, e contro le quali i sacerdoti dovranno essere messi accuratamente in guardia.

Nessuno sforzo pastorale, che non abbia il suo punto d'appoggio nella dottrina, può essere considerato veramente riuscito.

L'adorazione eucaristica

La fede eucaristica non ha potuto non sbocciare a poco a poco lungo i secoli in un culto al di fuori del sacrificio liturgico, consentendo alla preghiera di rivolgersi per un certo spazio di tempo, con fervore riconoscente, al Cristo offerto come « ostia » per noi e sacramentalmente presente oltre la stessa Messa, conservato, in particolare, per essere il « Viatico » dei moribondi.

Lo sviluppo continuo del culto di adorazione eucaristica è una delle più meravigliose esperienze della Chiesa: l'incomparabile fioritura di santità che ne deriva, il grande numero di comunità intere espressamente consacrate a questa adorazione garantiscono l'autenticità di una tale ispirazione; il fratello Charles de Foucauld, solo nel deserto con l'Eucaristia, e presente nella Chiesa attraverso i suoi « Piccoli Fratelli » e le sue « Piccole Sorelle », ne è una splendida testimonianza nel nostro tempo.

Un sacerdote che non partecipi a questo fervore, che non abbia acquistato il gusto di questa vita di adorazione e pertanto non sappia trasmetterlo, tradisce l'Eucaristia stessa e chiude ai fedeli l'accesso a un incomparabile tesoro.

Il sacerdozio

Qui si inserisce la dottrina sul sacerdozio.

Il favore accordato alla teologia dei ministeri non dovrebbe rimettere in questione la dottrina del ministero sacerdotale, felicemente e solidamente fissata nella Chiesa specialmente dal Concilio di Trento.

Chierici e laici hanno nella Chiesa una missione complementare: lo sviluppo dei ministeri laicali non altera affatto la specificità del sacerdozio ministeriale.

Ben lungi dal compromettere il senso e l'importanza della Parola di Dio, la funzione eucaristica li consacra.

Nella persona del sacerdote si saldano indissolubilmente i due aspetti, sotto i quali ci è dato il cibo che viene dall'alto; questi due aspetti, dei quali il discorso di Cafarnao, al capitolo 6 di san Giovanni, mette in grande rilievo la radicale solidarietà.

Il sacerdote è fatto per preparare e distribuire sotto queste due forme sacramentali - quella del segno della parola e quella del segno del pane degli uomini - questo Pane di vita eterna, che è il Cristo.

Anche sul suo proprio terreno il sacerdozio ministeriale può avere bisogno di un aiuto.

Ma quali che possano essere i concorsi riconosciuti dalla Chiesa come legittimi, e a volte necessari, da parte dei laici, il sacerdote non può perdere e nemmeno delegare la sua responsabilità essenziale: quando un laico è invitato a predicare, il sacerdote resta responsabile e della scelta e dell'insegnamento di questo collaboratore, che non può essere incaricato alla leggera; né può essere diversamente quando il sacerdote incarica un laico a distribuire l'Eucaristia.

É per questo che il seminario deve dare un'estrema importanza ai mezzi che la Chiesa ha istituito per preparare i futuri sacerdoti a prendere coscienza del loro ufficio e della sua singolare importanza.

Le due istituzioni liturgiche, che un tempo venivano chiamate Ordini minori, il Lettorato e l'Accolitato, non sono meno opportune e meno importanti nella loro attuale veste più modesta.

Il misconoscerne il valore, il conferirli, ad esempio, allo stesso tempo è andare contro un bene di prim'ordine e privarsi d'una risorsa pedagogica soprannaturale in un settore importante; si rilegga la commovente lettera di san Cipriano ( cfr. Ep. XXXVIII, Ed. Can. Bayard, Paris, 1925, pp.96-97 ), il quale chiama all'ufficio di Lettore un giovane, che se ne è reso degno rischiando un pericolo reale di martirio: san Cipriano presenta questo ufficio come una preparazione necessaria che lascia sperare per una più alta responsabilità, quella del sacerdozio.

La disciplina della Chiesa

L'intelligenza dell'Eucaristia conduce a comprendere e a rispettare religiosamente la disciplina della Chiesa in questa materia.

Oggi si parla di « creatività ».

Ma questa non può essere intesa che nell'ambito delle regole poste dalla Chiesa.

Le regole che ordinano la preghiera devono essere ricevute con lo stesso spirito di obbedienza di quelle che riguardano la stessa fede: secondo la formula classica, infatti, la « lex orandi » e la « lex credendi » si compenetrano.

Le regole stabilite dalla Chiesa sono legate in profondità a valori essenziali, che è facile ai singoli perdere di vista, anche quando essi dimostrano una vera preoccupazione pastorale.

É così che si mette il disordine nella fede; ciò del resto non avviene senza creare malessere e provocare divisioni dolorose.

Il punto essenziale di riferimento qui è il Concilio Vaticano II.

É più che sufficientemente provato che gli orientamenti conciliari osservati con fedeltà non urtano il popolo cristiano; esso non si ribella che alle invenzioni arbitrarie e agli eccessi.

Per esempio, il Concilio è ben lontano dall'aver bandito il latino, anzi al contrario: la sua esclusione sistematica è un abuso non meno condannabile della volontà sistematica di alcuni di mantenerlo esclusivamente.

La sua scomparsa immediata e totale non può non rimanere senza conseguenze pastorali; soltanto in maniera progressiva la « Parola di Dio » può assumere, per il bene generale, la veste della parola di tutti i giorni, senza per ciò confondersi con una « parola di uomini » nella coscienza dei fedeli ( cfr 1 Tm 2,13 ).

Per questo occorre un'educazione.

Perciò il seminario deve far comprendere ai futuri sacerdoti la gravità di questi pericoli, e far loro non solo accettare, ma amare l'obbedienza.

C'e abbastanza spazio per le iniziative nell'ambito delle direttive ricevute!

Il Cristo pane di vita: Parola ed Eucaristia

I discepoli di Emmaus sentivano il loro cuore ardere ( cfr. Lc 24,32 ) mentre lungo il cammino la Scrittura era loro spiegata dal misterioso viandante.

Ma essi dovevano riconoscerlo solo nella « frazione del pane ».

La Chiesa rifà in ogni Messa lo stesso cammino.

Il Cristo per mezzo del suo Spirito commenta ai suoi la Scrittura, per disporli a prendere parte alla Cena preparata dalle sue mani.

L'unità profonda del mistero della Parola divina - che viene ormai offerta così abbondantemente nella liturgia -, con la stessa Eucaristia, deve sempre più profondamente essere sperimentata dai futuri sacerdoti.

Non sono, a dire il vero, due « tavole » separate: l'una conduce all'altra; tutto, come è rivelato nel capitolo 6 di san Giovanni, sale dal pane della Parola al pane dell'Eucaristia; il Vangelo stesso, tutto intero, è orientato verso quella « ora » del Cristo, sulla quale egli si sofferma lungamente: tutto l'insegnamento del Signore era fatto per condurre all'intelligenza del mistero pasquale.

Infatti, « per questo egli era venuto »; la liturgia della Parola prepara al Sacrificio.

É in questa liturgia della Parola previa all'Eucaristia che la Parola prende tutto il suo senso; essa è vissuta in pienezza grazie al contatto formale con l'Eucaristia.

Le « celebrazioni della Parola », previste dal Concilio, non possono non riferirvisi, quanto più possibile, esplicitamente.

É così che la vita di preghiera del futuro sacerdote riveste tutto il suo significato, tutto il suo valore, realizzando tutte le sue promesse.

La veste sacerdotale

In verità, è la partecipazione all'Eucaristia che rivela il clima spirituale di un seminario.

E perché non aggiungere che forse vi si ritroverebbe il bisogno e il senso di una « veste » sacerdotale, troppo facilmente perduti, con pregiudizio di una pastorale che si voleva promuovere?

Il papa Giovanni Paolo II ha già richiamato più volte la necessità che il sacerdote appaia agli uomini quello che è: uno di loro, certo, ma caratterizzato da un segno chiaro che lo qualifichi e lo abiliti in nome di Dio presso i suoi e il mondo intero.

Ora, come negare l'evidenza?

Agli occhi dei fedeli e della stessa coscienza del sacerdote, il senso dei « sacramenti della fede » si degrada sempre più quando un sacerdote, abitualmente negligente nel suo abbigliamento o pienamente secolarizzato, ne diviene il ministro: Penitenza, Unzione degli infermi e, soprattutto, Eucaristia.

Molto spesso il passaggio al senso del sacro non si fa più nemmeno per la via degli indumenti liturgici prescritti.

Questo slittamento è fatale, nel senso che è ineluttabile, ma è soprattutto fatale nel senso che è disastroso.

Il seminario non ha diritto di essere remissivo davanti a tali conseguenze.

Deve avere il coraggio di parlare, di spiegarsi, di esigere.

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