La fame nel mondo una sfida per tutti

Indice

I - Le realtà della fame

4. La sfida della fame

Il pianeta è in grado di offrire a ciascuno la relativa razione alimentare.12

Per raccogliere la sfida della fame, è necessario in primo luogo considerarne i numerosi aspetti e le effettive cause.

Non tutte le realtà della fame e della denutrizione sono note con precisione, anche se diverse ne sono le cause importanti che sono state identificate.

Intendiamo delineare in primo luogo i motivi della nostra impostazione per soffermarci in seguito sulle cause principali di questo flagello.

5. Uno scandalo durato troppo a lungo: la fame distrugge la vita

Non bisogna confondere la fame con la malnutrizione.

La fame minaccia non solo la vita degli individui, ma anche la loro dignità.

Una grave e prolungata carenza di cibo provoca la prostrazione dell'organismo, l'apatia, la perdita del senso sociale, l'indifferenza e a volte suscita la crudeltà nei confronti dei più deboli, specie fanciulli ed anziani.

Interi gruppi vengono allora condannati a morire nel deperimento.

Purtroppo, nel corso della storia questa tragedia si ripete, ma la coscienza moderna avverte più di prima quale scandalo costituisca la fame.

Fino al XIX secolo, le carestie che decimavano popolazioni intere erano dovute il più delle volte a cause naturali.

Oggigiorno, le carestie sono più circoscritte e provocate quasi sempre dall'azione dell'uomo.

E sufficiente far riferimento ad alcune regioni o ad alcuni paesi per convincersene: Etiopia, Cambogia, exJugoslavia, Rwanda, Haiti.

In un'epoca in cui l'uomo, meglio che in passato, ha la possibilità di far fronte alle carestie, tali situazioni costituiscono un vero disonore per l'umanità.

6. La malnutrizione compromette il presente ed il futuro di un popolo

I grandi sforzi dispiegati hanno dato i loro frutti, tuttavia bisogna ammettere che la malnutrizione è più diffusa della fame ed assume forme molto diverse.

Si può essere malnutriti senza avere fame.

Ciò non toglie che l'organismo perda ugualmente le sue potenzialità fisiche, intellettuali e sociali.13

La malnutrizione può essere qualitativa, a seguito di regimi alimentari mal equilibrati ( per eccesso o per difetto ).

Spesso è contemporaneamente anche quantitativa e si acuisce in periodi di scarsezza di viveri.

Nel qual caso viene indicata come denutrizione o sotto alimentazione.14

La denutrizione aumenta la diffusione e le conseguenze di alcune malattie infettive ed endemiche e accresce il tasso di mortalità, specie nei bambini al di sotto dei cinque anni.

7. Le principali vittime: le popolazioni più vulnerabili

I poveri sono le prime vittime della malnutrizione e della fame nel mondo.

Essere poveri significa quasi sempre: essere più facilmente vittime dei tanti pericoli che minacciano la sopravvivenza ed essere più facilmente soggetti alle malattie fisiche.

Dagli anni 80 questo fenomeno è in crescita e minaccia un numero sempre maggiore di persone nella stragrande maggioranza dei paesi.

Nell'ambito di una popolazione povera, le prime vittime sono sempre gli individui più fragili: bambini, donne incinte o che allattano, malati ed anziani.

Da segnalare anche altri gruppi umani ad elevatissimo rischio di deficienza nutrizionale: i rifugiati o i profughi, le vittime di avvenimenti politici.

Ma l'apice dell'indigenza alimentare lo si riscontra nei quarantadue paesi meno sviluppati ( PMS ) di cui ventotto nella sola Africa:15

« Circa 780 milioni di abitanti dei paesi in via di sviluppo - pari al 20% della loro popolazione - continuano a non avere i mezzi sufficienti per procurarsi ogni giorno la razione alimentare indispensabile al loro benessere nutrizionale ».16

8. La fame genera la fame

Non è raro che nei paesi in via di sviluppo le popolazioni che traggono la loro sussistenza da una agricoltura a bassissimo rendimento, soffrano la fame nell'intervallo fra due raccolti.

Nel caso in cui i raccolti precedenti siano già stati scarsi, potrà verificarsi una carestia con conseguente fase acuta di malnutrizione, che indebolirà gli organismi proprio nel momento in cui sarebbero necessarie tutte le forze per prepararsi al raccolto successivo.

La penuria di viveri compromette il futuro: ci si nutre delle semenze, si saccheggiano le risorse naturali accelerando in tal modo l'erosione, il degrado o la desertificazione dei terreni.

Un terzo genere di situazioni, oltre quello della fame ( o carestia ), distinto dalla denutrizione, è dato dall'insicurezza alimentare che genera di conseguenza fame o malnutrizione.

In effetti, ostacola la pianificazione e la realizzazione di lavori a lungo termine necessari a promuovere e raggiungere uno sviluppo durevole.17

9. Cause individuabili

I fattori climatici e le calamità di ogni genere, pur se rilevanti, sono lungi tuttavia dal costituire le uniche cause della fame e della malnutrizione: per ben inquadrare il problema della fame è necessario prendere in considerazione l'insieme delle sue cause, congiunturali o stabili, come pure le loro reciproche implicazioni.

Ne presentiamo le principali, raggruppandole in base alle classiche categorie economiche, socioculturali e politiche.

A) Cause economiche

10. Le cause profonde

La fame deriva in primo luogo dalla povertà.

La sicurezza alimentare degli individui dipende essenzialmente dal loro potere d'acquisto, e non tanto dalla disponibilità fisica di cibo.18

La fame esiste in tutti i paesi, è ricomparsa in quelli europei, dell'Ovest come dell'Est; è molto diffusa nei paesi poco sviluppati o con difficoltà di sviluppo.19

Eppure, la storia del XX secolo indica che la povertà economica non è una fatalità.

Numerosi paesi sono decollati economicamente e continuano a farlo sotto i nostri occhi, altri, al contrario affondano, vittime di politiche nazionali o internazionali basate su ingannevoli premesse.

La fame è la concomitante risultanza di:

a) politiche economiche non ottimali in tutti i paesi: le cattive politiche dei paesi industrializzati si ripercuotono indirettamente, ma drasticamente, su tutti i poveri - in tutti i paesi;

b) strutture ed abitudini poco efficaci, se non con effetti apertamente devastanti sulla ricchezza dei paesi:

- a livello nazionale, in paesi con difficoltà di sviluppo, i grandi organismi, pubblici o privati, in situazione di monopolio ( il che a volte è inevitabile ) si sono tramutati da forza motrice in effetto frenante dello sviluppo; le ristrutturazioni avviate in numerosi paesi in questi ultimi dieci anni ne hanno dato dimostrazione;

- a livello nazionale nei paesi industrializzati, le rispettive deficienze risultano meno evidenti a livello internazionale ma, direttamente o indirettamente, sono parimenti perniciose per gli individui svantaggiati di tutto il mondo;

- a livello internazionale, le restrizioni commerciali e le incentivazioni economiche sono a volte scoordinate;

c) comportamenti moralmente disdicevoli: ricerca del denaro, potere e immagine pubblica perseguiti come unico fine, indebolimento del senso di servizio alla comunità ad esclusivo beneficio di individui o di caste, senza dimenticare la considerevole corruzione sotto le più diverse forme e di cui nessun paese può fregiarsi di esserne immune.

Tutto ciò evidenzia la contingenza di qualsiasi azione umana.

Di fatto, spesso e nonostante le buone intenzioni, si sono commessi errori che hanno condotto a situazioni di precarietà.

Rilevarle serve ad avviarsi verso la loro soluzione.

In effetti, lo sviluppo economico va coltivato: le istituzioni, al pari degli individui, debbono condividerne la responsabilità; il ruolo più efficace dello Stato è quello che emerge dalla dottrina sociale della Chiesa e dalle analisi delle sue encicliche sociali.

La causa profonda di uno sviluppo mancato o difficile risiede nel venir meno della volontà e della capacità di servire gratuitamente l'uomo, mediante l'uomo e a favore dell'uomo, atteggiamento che è frutto dell'amore.

Tale mancanza impregna di sé questa realtà complessa, a tutti i livelli: tecnico in senso lato, strutturale, legislativo e morale; essa si manifesta nella concezione e nella realizzazione di atti le cui implicanze a livello economico possono essere grandi o piccole.

Le incompetenze, le strutture ormai incapaci di offrire servizi al miglior costo, le deviazioni morali di ciascuno e la mancanza d'amore sono le cause della fame.

Qualunque mancanza in uno di questi aspetti, ovunque nel mondo, senza eccezione alcuna, ha come risultato quello di diminuire ulteriormente la razione appena sufficiente dell'affamato.

Le recenti evoluzioni economiche e finanziarie del mondo bene illustrano questi fenomeni complessi: l'aspetto tecnico e morale vi interferiscono in maniera del tutto particolare, condizionando i risultati delle economie.

Si intende qui far riferimento specifico alla crisi del debito nella maggioranza dei paesi con difficoltà di sviluppo, come pure alle misure di risanamento che sono state o saranno adottate.

11. Il debito dei paesi con difficoltà di sviluppo

L'impennata unilaterale dei prezzi del greggio nel 1973 e nel 1979 ha colpito profondamente tutti i paesi non produttori, immettendo sul mercato notevoli liquidità finanziarie che il sistema bancario ha cercato di riciclare: fenomeno che ha causato un generale rallentamento dell'economia di cui sono rimasti particolarmente vittime i paesi poveri.

Per svariate ragioni, durante gli anni '70 e '80, la maggioranza dei paesi ha potuto accendere prestiti consistenti a tasso variabile ed i paesi dell'America Latina e dell'Africa hanno potuto sviluppare in modo eccezionale il loro settore pubblico.

Questo periodo di denaro facile è stato motivo di molteplici eccessi: progetti inutili, mal concepiti o mal realizzati, distruzione brutale delle economie tradizionali, aumento della corruzione in tutti i paesi.

Alcune nazioni asiatiche hanno evitato questi errori, il che ha consentito loro uno sviluppo molto rapido.

L'impennata dei tassi di interesse - provocata dal semplice gioco di mercato non controllato e probabilmente non controllabile - ha spinto la maggioranza dei paesi dell'America Latina e dell'Africa a dover sospendere i pagamenti dei debiti, provocando di conseguenza fenomeni di fuga di valuta che, a brevissimo termine, si sono tramutati in una minaccia sia per il tessuto sociale locale - pur mediocre e fragile che fosse - sia per l'esistenza stessa del sistema bancario.

E stato allora possibile quantificare la portata dei danni a tutti i livelli: economico, strutturale e morale.

Come sempre, si sono cercate in prima istanza soluzioni di natura meramente tecnica ed organizzativa, le quali, pur se positive quando necessarie, debbono tuttavia accompagnarsi ad un vero mutamento dei comportamenti di ognuno, e specie di coloro che - in tutti i paesi ed a tutti i livelli - sfuggono all'enorme fardello che la povertà fa pesare sulle scelte di vita.

Con l'inizio del periodo di risanamento, i trasferimenti hanno fatto registrare un andamento negativo:

blocco dei prestiti;

prezzo del greggio mantenuto artificialmente ad un livello intollerabile per i paesi in via di sviluppo;

riduzione del prezzo delle materie prime a seguito del rallentamento economico dovuto al prezzo elevato del petrolio e contemporaneamente alla crisi del debito;

reazione troppo lenta degli organismi internazionali nel reimmettere liquidità, ad eccezione del Fondo Monetario Internazionale; etc.

Durante questo periodo, il livello di vita dei paesi sovraindebitati iniziava a crollare.

Da quanto ricordato, si può ben valutare quanta saggezza, e non solo conoscenze tecniche ed economiche, la gestione del pubblico denaro richieda.

L'immissione di notevoli mezzi finanziari provoca danni strutturali e personali considerevoli, invece di essere causa di un miglioramento effettivo delle condizioni dei più svantaggiati.

Ecco la conclusione che dobbiamo trarne: lo sviluppo degli uomini passa attraverso la loro capacità di altruismo, ovvero d'amore, il che è di estrema importanza a livello pratico.

Per dirla in breve ed in termini realistici, l'amore non è un lusso.

E una condizione di sopravvivenza per un gran numero di esseri umani.

12. I programmi di aggiustamento strutturale

La violenza dei fenomeni monetari ha indotto molti paesi ad adottare necessariamente delle misure molto energiche, nell'intento di contenere la crisi e ristabilire i grandi equilibri.

Queste, per loro stessa natura, provocano a loro volta forti contrazioni del potere d'acquisto medio nella nazione.

Le difficoltà e le sofferenze provocate da queste crisi economiche sono considerevoli, anche se la loro soluzione consente in fin dei conti di ristabilire un maggiore benessere.

La crisi mette in luce i punti deboli, costitutivi o acquisiti, di un paese, ivi compresi quelli originati dagli errori commessi nel processo di sviluppo dai governi che si sono succeduti, dai loro partner o anche dalla comunità internazionale.

Tali fragilità sono molteplici e alcune di esse, a volte, si evidenziano solo a posteriori, altre risalgono al processo della politica di indipendenza, in quanto ciò che costituiva la forza della potenza coloniale si è tramutato in fragilità del paese divenuto indipendente, senza che per contro potesse esservi spazio per fenomeni di compensazione.

Da notare, in linea di massima, l'onere dei grandi progetti che coincidono con momenti di verità durante i quali il bisogno di solidarietà è sentito in maniera particolarmente forte in tutto il paese.

Ma, in verità, il primo effetto di queste politiche di aggiustamento è quello di ridurre la spesa globale e, conseguentemente, i redditi.

Agli indigenti del paese resta un'unica alternativa: o confidare nei dirigenti successivi, o tentare di sbarazzarsi di quelli in carica.

Essi stessi sono spesso preda di gruppi ambiziosi in cerca di potere per ragioni ideologiche o per mera cupidigia, al di fuori di un qualsiasi processo democratico e, se necessario, appoggiandosi su forze esterne.

Una riforma economica richiede da parte della classe dirigente una grande attitudine alla decisione politica.

Ecco un criterio che permette di valutare la qualità del suo intervento: non solo il successo tecnico del piano di stabilizzazione, ma anche la capacità di mantenere il consenso della maggioranza della popolazione, compresi i più svantaggiati.

La classe dirigente deve saper convincere le altre fasce sociali a farsi carico effettivamente di una parte degli oneri.

Si tratta in particolare di quella cerchia ristretta di persone con un reddito di livello internazionale, ma anche di funzionari ed impiegati dello Stato che fino a quel momento godevano nel paese di una situazione alquanto invidiabile e che rischiano di ritrovarsi dall'oggi all'indomani con mezzi pesantemente decurtati o addirittura totalmente azzerati.

Questo è il momento in cui rientra in gioco la solidarietà tradizionale, in quanto i poveri sono sempre disposti a sostenere quel membro della famiglia che ricade nella situazione di precarietà dalla quale lo si credeva uscito.

Solo progressivamente i responsabili nazionali ed internazionali si sono preoccupati di proteggere i più poveri nel corso di queste operazioni di risanamento economico.

Ci sono voluti molti anni prima che il concetto di operazioni concomitanti, indirizzate alle popolazioni più esposte, acquistasse un certo spessore.

D'altronde, in queste circostanze, come pure in situazioni di emergenza, si rischia sempre di tirare il freno troppo tardi e troppo bruscamente, con contraccolpi che possono aumentare considerevolmente le sofferenze di coloro che si trovano all'ultimo anello della catena.

In Africa e in America Latina20 sono stati avviati dei progetti ad ampio raggio che prevedevano:

- programmi di aggiustamento strutturale con l'adozione di severe misure macroeconomiche,

- l'apertura di nuove importanti linee di credito,

- una profonda riforma strutturale delle inefficienze locali.

Queste sono in parte conseguenza dei monopoli statali, che consumano una importante porzione del reddito nazionale senza rendere un servizio di qualità sufficiente a beneficio di tutti.

In molti di questi paesi, tutti i servizi pubblici ne hanno risentito e, al pari della zizzania che si mescola spesso al grano, alcuni settori competitivi ne sono risultati penalizzati.21

Alcuni governi, spesso poco riconosciuti sulla scena internazionale, sono stati ammirevoli: hanno avuto il coraggio politico di applicare le misure inevitabili pur tenendo contemporaneamente in debito conto i pareri e le pressioni esterne; si sono sforzati, offrendone l'esempio, di far aumentare nei loro paesi il livello di cooperazione e di solidarietà e di evitarne i contraccolpi.

Ciò porta a constatare che l'influenza dell'esempio del responsabile al vertice include non soltanto la sua competenza e le sue qualità di comando ma anche la sua capacità di saper limitare l'ingiustizia sociale, sempre presente in queste situazioni.

I paesi industrializzati debbono seriamente porsi il seguente problema: il loro atteggiamento e anche la loro preferenza nei confronti di paesi con difficoltà di sviluppo si fonda sulle qualità dei responsabili politici in ambito sociale, tecnico e politico, o il loro appoggio si basa su altri criteri?

B) Le cause socioculturali

13. Le realtà sociali

Si è constatato che alcuni fattori socioculturali accrescono i rischi di carestia e di malnutrizione cronica.

I tabù alimentari, lo status sociale e familiare della donna, la sua effettiva influenza in seno alla famiglia, la mancanza di formazione delle madri alle tecniche dell'alimentazione, l'analfabetismo generalizzato, la precarietà del posto di lavoro o la disoccupazione, sono altrettanti fattori che possono sommarsi e portare alla malnutrizione come pure alla miseria.

Ricordiamo che gli stessi paesi industrializzati non sono al riparo da questo flagello: questi stessi fattori portano alla malnutrizione occasionale o cronica di numerosi « nuovi poveri » che vivono gomito a gomito con coloro che nuotano nell'abbondanza e nell'eccessivo consumismo.

14. La demografia

Diecimila anni or sono, la terra contava probabilmente cinque milioni di abitanti.

Nel XVII secolo, all'alba dei tempi moderni, cinquecento milioni.

In seguito, il ritmo della crescita demografica è andato aumentando:

un miliardo di abitanti all'inizio del XIX secolo,

1,65 all'inizio del XX,

3 miliardi nel 1960,

4 miliardi nel 1975,

5,2 nel 1990,

5,5 nel 1993,

5,6 nel 1994.22

Nel mentre, la situazione demografica è andata sviluppandosi a ritmi diversi nei paesi « ricchi » e nei paesi « in via di sviluppo ».23

Tale situazione è in corso di evoluzione: la proliferazione, va ricordato, è una reazione della natura - e di conseguenza, dell'uomo - alle minacce contro la sopravvivenza della specie.

Alcune ricerche evidenziano che, nella misura in cui diventano più ricche, le popolazioni passano da una situazione di alta natalità ed alta mortalità a quella opposta: ridotta natalità e ridotta mortalità.24

Il periodo di transizione può risultare critico per quanto attiene alle risorse alimentari; la mortalità infatti diminuisce prima della natalità.

L'aumento della popolazione deve essere accompagnato da cambiamenti tecnologici, se non si vuole interrompere il ciclo regolare della produzione agricola, non fosse altro che per l'impoverimento dei terreni, la riduzione di quelli a riposo e l'assenza di rotazione agricola.

15. Le sue implicazioni

La crescita demografica rapida è causa o conseguenza del sottosviluppo?

Eccezion fatta per alcuni casi estremi, la densità demografica non spiega la fame.

In merito si osserva che, da una parte, è proprio nei delta dei fiumi e nelle vallate sovrappopolate dell'Asia che sono state realizzate le innovazioni agricole della « rivoluzione verde »; dall'altra, paesi poco popolati, quali lo Zaire o la Zambia, pur se in grado di nutrire una popolazione venti volte più numerosa senza dover ricorrere a massicci lavori di irrigazione, restano in realtà con difficoltà alimentari: il motivo è da ricercarsi negli squilibri imposti dagli Stati, dalla politica e dalla gestione economica e non in cause oggettive o nella povertà economica.

Si sostiene attualmente che esistono maggiori possibilità di contenere un'eccessiva crescita demografica intervenendo per diminuire la povertà di massa, piuttosto che vincere la povertà limitandosi a ridurre il tasso di crescita della popolazione.25

Fin tanto che nei paesi in via di sviluppo le famiglie continueranno a ritenere che la loro produzione e la loro sicurezza, possano essere assicurate solo da una prole numerosa, la situazione demografica evolverà solo lentamente.

È necessario ribadire che più generalmente sono le trasformazioni economiche e sociali26 che consentono ai genitori di accogliere il dono di un figlio.

In questo ambito, l'evoluzione dipende in gran parte dal livello socioculturale dei genitori.

È necessario dunque prevedere per le coppie un'educazione alla paternità ed alla maternità responsabili, nel completo rispetto dei principi etici e morali; conviene facilitare loro l'accesso a metodi naturali di pianificazione familiare che risultino in armonia con la vera natura dell'uomo.27

C) Le cause politiche

16. L'influenza della politica

Il blocco dell'afflusso di derrate alimentari è stata utilizzato nel corso della storia, ieri come oggi, quale arma politica o militare.

Può trattarsi di veri e propri crimini contro l'umanità.

Il XX secolo ha conosciuto numerosi casi del genere, quali, ad esempio:

a) Il blocco sistematico della fornitura di cibo ai contadini ucraini da parte di Stalin, attorno al 1930, con un bilancio di circa otto milioni di morti.

Questo crimine, a lungo passato sotto silenzio o quasi, è stato confermato recentemente in occasione dell'apertura degli archivi del Cremlino.

b) I recenti assedi in Bosnia, specie quello di Sarajevo, quando il meccanismo stesso degli aiuti umanitari è stato preso in ostaggio.

c) Gli spostamenti forzati della popolazione in Etiopia, per il raggiungimento del controllo politico da parte del partito unico al governo; il bilancio è stato di centinaia di migliaia di morti a seguito della carestia provocata dalle migrazioni forzate e dall'abbandono delle culture.

d) Il blocco delle forniture alimentari in Biafra, durante gli anni '70; lo si utilizzò quale arma contro la secessione politica.

Il crollo dell'Unione Sovietica da un lato ha eliminato le cause delle guerre civili, provocate dal suo intervento diretto o dalle reazioni ad esso: rivoluzioni senza sbocco, spostamento forzato di popolazioni, disorganizzazione dell'agricoltura, lotte tribali, genocidi.

Tuttavia sussistono o sono riapparse numerose situazioni in grado di generare gli stessi fenomeni.

Anche se non dello stesso ordine di grandezza, esse costituiscono nondimeno un pericolo per le popolazioni: si tratta segnatamente del risorgere dei nazionalismi, favoriti da qualche Stato a regime ideologico ma anche dalle ripercussioni a livello locale delle lotte di influenza tra paesi industrializzati o ancora, in alcuni paesi, e specie in Africa, dalla lotta per il potere.

Da menzionare altresì le situazioni di embargo per ragioni politiche, quali quelli nei confronti di Cuba o dell'Iraq, i cui regimi vengono considerati una minaccia per la sicurezza internazionale e che prendono in ostaggio, per così dire, le loro popolazioni.

Di fatto, sono le popolazioni stesse - oggetto di questo tipo di atti di forza - ad esserne le prime vittime.

E per questo che i costi in termini umanitari di tali decisioni debbono essere presi in debita considerazione.

D'altro canto, alcuni responsabili politici fanno leva sulle miserie del loro popolo, provocate dalle loro stesse macchinazioni, per costringere la comunità internazionale a ristabilire l'afflusso di rifornimenti.

Si tratta ogni volta di una situazione specifica, da affrontare caso per caso, nello spirito della Dichiarazione Mondiale sulla Nutrizione, che afferma: « L'aiuto alimentare non può essere rifiutato per ragioni di obbedienza politica, di situazione geografica, di sesso, di età o di appartenenza ad un gruppo etnico, tribale o religioso ».28

Esistono ulteriori ripercussioni dell'azione politica sulla fame.

A più riprese si è assistito all'esportazione gratuita delle eccedenze agricole ( per esempio di grano ) da parte dei paesi industrializzati produttori, verso alcuni paesi con difficoltà di sviluppo e nei quali l'alimentazione di base è costituita dal riso.

Il vero obiettivo era quello di sostenere i propri prezzi interni.

Queste esportazioni gratuite hanno prodotto risultati molto negativi: la popolazione è stata portata a modificare le sue abitudini alimentari, scoraggiando in tal modo i produttori locali i quali, viceversa, hanno bisogno di essere fortemente sostenuti.

17. La concentrazione dei mezzi

Le differenze di condizioni economiche all'interno dei paesi con difficoltà di sviluppo, sono più vistose di quelle esistenti nei paesi industrializzati o fra i paesi stessi.

La ricchezza ed il potere sono molto concentrati nell'ambito di uno strato ristretto ma complesso della popolazione, che è a contatto con gli ambienti internazionali e in possesso del controllo dell'apparato dello Stato, esso stesso fortemente deficitario.

Qualsiasi tendenza al miglioramento vi è del tutto assente mentre, a volte, si registrano nette tendenze alla regressione economica e sociale.

Il divario fra il tenore di vita, non solo ingenera situazioni conflittuali, che possono condurre a violenze a catena, ma favorisce inoltre il clientelismo quale unica possibilità di realizzazione personale.

Il risultato è quello di paralizzare le iniziative possibili sul piano meramente economico e, d'altro canto, quello di impoverire profondamente le motivazioni altruiste che esistono in tutte le società tradizionali.

In un tale contesto, lo Stato svolge spesso un ruolo preponderante, che gli consente di favorire i settori di esportazione della produzione - il che di per sé è un bene - lasciando tuttavia uno scarso margine di profitto all'insieme delle popolazioni locali.

In altri casi, per debolezza o per ambizione politica, le autorità fissano i prezzi dei prodotti agricoli a livelli talmente bassi che i contadini finiscono per sovvenzionare gli abitanti delle città, situazione che favorisce l'esodo rurale.

I mezzi di comunicazione di massa, l'elettronica e la pubblicità, contribuiscono anch'essi a questo spopolamento delle campagne.

L'aiuto allo sviluppo a beneficio di questi paesi funge allora da incoraggiamento più o meno indiretto a quei governi che perseguono tali pericolose strategie e vengono in tal modo a beneficiare di questo sostegno finanziario del tutto illegittimo, in quanto le loro politiche sono nettamente contrarie al vero interesse dei loro popoli.

I paesi industrializzati debbono interrogarsi se in tal senso non abbiano malauguratamente lanciato segnali negativi per tanti anni.

18. Le destrutturazioni economiche e sociali

Le destrutturazioni economiche e sociali sono la contemporanea risultanza di cattive politiche economiche e delle pressioni politiche nazionali ed internazionali ( cf. nn. 11-13 e n. 17 ).

Qui di seguito sono menzionate alcune delle più frequenti e delle più perniciose:

a) Le politiche nazionali che, dietro pressione delle popolazioni svantaggiate delle città, considerate come una potenziale minaccia alla stabilità politica del paese, abbassano artificialmente i prezzi agricoli, a detrimento dei produttori locali di prodotti alimentari.

Tale situazione si è generalizzata in Africa nel corso del decennio 1975-85, provocando una netta diminuzione delle produzioni locali.

Numerosi paesi che disponevano di un ampio potenziale agricolo, quali lo Zaire e lo Zambia, per la prima volta sono risultati importatori netti.

b) La politica della maggior parte dei paesi industrializzati, i quali proteggono ampiamente la loro agricoltura, favorendo la produzione di eccedenze, che poi esportano a prezzi inferiori a quelli del mercato interno.

Diversamente i prezzi mondiali sarebbero più elevati, beneficiando così gli altri paesi esportatori.

Dopo vari anni di stimolo all'incremento della produzione, che hanno portato a forti destrutturazioni nello stesso sistema agricolo, i beneficiari di un tal genere di protezione si trovano oggi, in Europa, in situazioni non giustificabili.

Questa politica, sostenuta dall'opinione pubblica locale, può risultare totalmente contraria all'interesse dei consumatori di tutto il mondo, tanto dei paesi privilegiati quanto di quelli più poveri.

Nei paesi protetti, infatti, sono i consumarori interni a fare le spese di tale protezione trovando sul mercato prezzi alti; mentre, nei paesi non protetti, gli agricoltori locali, che pur sono elementi essenziali per il benessere del proprio paese, vengono penalizzati da importazioni a prezzi tagliati che gravano notevolmente sui prezzi interni, accelerando la loro rovina e le migrazioni verso le città.

c) Le culture tradizionali di produzione alimentare sono spesso minacciate da uno sviluppo economico aberrante, come nel caso, ad esempio, della sostituzione delle produzioni tradizionali con una agricoltura industriale mirata sia all'esportazione ( grandi derrate agricole destinate all'esportazione e tributarie dei mercati agricoli internazionali ), sia alla produzione di surrogati locali ( per esempio, in Brasile, produzione di canna da zucchero per l'alcool ad uso automobilistico, allo scopo di ridurre le importazioni di petrolio, con conseguente sradicamento dei contadini dalle loro terre e migrazioni in massa ).

D) La terra può nutrire i suoi abitanti

19. I notevoli progressi dell'umanità

A fronte delle macroscopiche incoerenze alle quali abbiamo accennato, fanno tuttavia riscontro progressi non meno spettacolari che hanno consentito alla popolazione mondiale di passare in trent'anni ( 1960-1990 )29 da 3 a 5,3 miliardi.

Nei paesi in via di sviluppo « la speranza di vita alla nascita è passata dai quarantasei anni nel 1960 ai sessantadue anni nel 1987.

Il tasso di mortalità dei bambini al di sotto dei cinque anni si è ridotto della metà, e due terzi dei lattanti al di sotto dell'anno di età sono vaccinati contro le principali malattie dell'infanzia.

Il consumo di calorie per abitante è aumentato del 20% circa fra il 1965 ed il 1985 ».30

Dal 1950 al 1980, la produzione complessiva delle derrate alimentari nel mondo è raddoppiata e « nel mondo esiste complessivamente sufficiente cibo per tutti ».31

Il fatto che la fame continui nonostante ciò ad esistere, evidenzia la natura strutturale del problema: « il problema principale è costituito dalle condizioni di accesso a questo cibo che non sono eque ».32

È un errore quello di misurare il consumo alimentare effettivo delle famiglie utilizzando il solo parametro statistico della disponibilità di cereali per abitante.

La fame non è un problema di disponibilità, ma di solvibilità della domanda; è un problema di miseria.

D'altro canto, è da notare che la sopravvivenza di una moltitudine di individui è assicurata tramite una economia informale che, essendo per sua stessa natura non dichiarata, è precaria e difficilmente quantificabile.

20. I mercati agroalimentari

Sui mercati agroalimentari mondiali vengono scambiati vari prodotti che non sempre sono quelli consumati nella maggior parte dei paesi con difficoltà di sviluppo.33

Le eccessive fluttuazioni dei prezzi, contrarie agli interessi sia dei produttori che dei consumatori, sono la risultanza di meccanismi spontanei di aggiustamenti e risultano amplificate dalle particolari caratteristiche di questi mercati.

I tentativi di stabilizzazione sono risultati tutti poco soddisfacenti, se non addirittura controproducenti per gli stessi produttori.

D'altro canto, un rialzo dei prezzi è reso impossibile dallo stesso funzionamento dei mercati.

Il limitato numero di operatori commerciali a livello internazionale, non consente manovre sui prezzi e costituisce un ostacolo all'inserimento di nuovi soggetti, il che è sempre negativo.

Lo sviluppo delle capacità di produzione dipende in maniera massiccia dalla diffusa applicazione dei progressi tecnici nella produzione ( progressi nel settore della genetica e delle varie applicazioni ).

Da notare che la produzione media di riso in Indonesia è passata, in una sola generazione, da 4 a 15 tonnellate per ettaro, con un aumento di gran lunga superiore a quello record della popolazione.

Nella maggior parte dei paesi nei quali l'agricoltura progredisce, il rendimento agricolo migliora in tale misura da consentire un aumento, anche netto, della produzione, nonostante la notevole contrazione nel numero degli addetti all'agricoltura.

21. L'agricoltura moderna

L'accusa sempre più frequentemente rivolta alle culture intensive è quella di avere un impatto negativo sull'ambiente e di mettere in pericolo le risorse naturali quali l'acqua ed i terreni, specie per l'uso sconsiderato di concimi e di prodotti fitosanitari.

In primo luogo, per agricoltura intensiva si intende un rapporto più elevato fra consumi intermedi - essenzialmente di tipo industriale - e superficie agricola utilizzata.

Ci troviamo in presenza di un affrancamento delle tecnologie agricole dalla terra, loro supporto naturale.

Il legame di reciprocità che le univa, cede il posto ad un dualismo più temerario fra tecnologia agricola ed ambiente economico.

L'agricoltura intensiva necessita generalmente di un cospicuo apporto di capitali finanziari.

Ma, nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo, si pratica ancora una cultura di sussistenza, basata essenzialmente sul « capitale » umano, con mezzi tecnici limitati oltre che in condizioni di difficoltà di approvvigionamento idrico.

Anche se la « rivoluzione verde » ha ottenuto un discreto successo, in svariati paesi in via di sviluppo non è stata in grado di risolvere i problemi di produzione alimentare.

Indubbiamente la tecnica delle culture intensive potrà essere migliorata ulteriormente ed i danni all'ambiente potranno risultare più limitati.

Tuttavia - e ciò vale anche per i paesi industrializzati - è il caso di far ricorso ad altri sistemi di produzione, in grado di garantire meglio sia la tutela delle risorse naturali che la conservazione di un'ampia distribuzione della proprietà produttiva.

In tal senso, è necessario incoraggiare le associazioni agro-zootecniche, la gestione patrimoniale dell'acqua, come pure la formazione all'organizzazione cooperativistica.

Indice

12 Cf. FAO, Necessità e risorse. Atlante dell'alimentazione e dell'agricoltura, Roma 1995, p. 16.
Cf. anche nota n. 4
13 Cf. Alan Berg, Malnutrition: What can be done?
Lessons from World Bank Experience, The John Hopkins University Press for World Bank, Baltimore, Maryland, 1987
14 Alcuni studi condotti dalla FAO e dall'OMS hanno stabilito che il minimo giornaliero necessario è di circa 2100 calorie e la disponibilità quotidiana necessaria di alimenti deve essere pari a 1,55 volte il metabolismo di base; al di sotto di questi parametri un individuo può essere considerato sofferente di sotto alimentazione cronica ( cf. FAO ed OMS, Conferenza Internazionale sulla Nutrizione. Nutrizione e sviluppo. Una valutazione d'insieme, Roma 1992 ).
Attualmente, esistono ancora nel mondo 800 milioni di individui sotto alimentati, il fabbisogno medio di un adulto è di 2500 calorie al giorno.
Gli abitanti dei paesi industrializzati assimilano circa 800 calorie in eccesso al giorno, mentre gli abitanti dei paesi in via di sviluppo debbono accontentarsi di un apporto di due terzi di tale razione ( cf. Le sud dans votre assiette. L'interdépendance alimentaire mondiale, CRDI, Ottawa 1992, p.26 )
15 3 Cf. Documento preparatorio dell'UNCTAD ( Conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo ) alla seconda Conferenza delle Nazioni Unite sui Paesi meno sviluppati, Parigi 1990
16 FAO ed OMS, Conferenza Internazionale sulla Nutrizione. Dichiarazione mondiale sulla nutrizione: Rapporto finale della Conferenza Roma 1992, n. 2
17 Cf. Banca Mondiale, Poverty and Hunger, 1986.
Questo documento descrive i livelli di insicurezza alimentare ( transitori o cronici ), le cause economiche di tali situazioni ed i mezzi per porvi rimedio a medio ed a lungo termine.
Tale distinzione, pur se utile, presenta l'inconveniente di non evidenziare direttamente le correlazioni fra le diverse cause, il che metterebbe più chiaramente in luce il loro ordine di importanza, in quanto alcune cause sono allo stesso tempo effetto di cause più profonde.
Il concetto di durevole associato allo sviluppo aveva in origine il senso di un processo compatibile con il rispetto dell'ambiente, mentre ora tale nozione comprende anche quella della permanenza dello sviluppo
18 Cf. Banca Mondiale, Poverty and Hunger, 1986
19 Il termine italiano traduce l'espressione francese « pays en mal de développement », la quale esula dal campo della mera economia, e si applica ai paesi la cui evoluzione economica e sociale è eccessivamente onerosa in termini di sofferenze umane, di mezzi finanziari e, in ugual misura, di abbandono di conoscenze e pratiche usuali e di perdita di un patrimonio acquisito nel corso dei secoli
20 L'Asia ha fatto registrare globalmente una performance molto più efficace, dovuta, in complesso a migliori politiche e a migliori realizzazioni, senza che tuttavia la qualità dei rapporti interpersonali possa essere considerata migliore, né i livelli di corruzione più bassi
21 In alcuni paesi si sono dovuti effettuare dei tagli nel settore dell'educazione.
Da notare che in molti dei paesi con difficoltà di sviluppo, una certa propensione a favorire l'insegnamento superiore a spese dell'istruzione primaria, costituisce un problema ricorrente che le istituzioni internazionali debbono affrontare nel loro dialogo con questi paesi
22 Cf. UNFPA ( Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione ), The State of World Population 1993, New York 1993;
United Nations, World Population Prospects; the 1992 Revision, New York 1993.
Cf. anche FNUAP ( Fonds des Nations Unies pur la Population ), Etat de la population mondiale 1994. Choix et responsabilités
23 PNUD ( Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo ), Rapport mondial sur le developpement humain, 1990.
Economica, Parigi 1990.
Cf. ibidem, p. 94: nei paesi in via di sviluppo, laddove vive la maggior parte delle persone che soffrono la fame, la popolazione rurale è più che raddoppiata e la popolazione urbana è triplicata o quadruplicata in 30 anni ( dal 1950 al 1980 )
24 Cf. Franz Böckle u.a., Armut und BevölkerungsEntwicklung in der Dritten Welt ( Povertà e sviluppo demografico nel terzo mondo ) edita dal Gruppo di lavoro scientifico sui problemi della Chiesa universale della Conferenza Episcopale tedesca, Bonn 1991
25 Cf. Pontificia Accademia delle Scienze, Popolazione e Risorse.
Rapporto. Città del Vaticano 1993 ( i dati statistici forniti hanno già subito delle modifiche )
26 Cf. Pontificio Consiglio per la Famiglia, Evoluzioni demografiche.
Dimensioni etiche e pastorali, Città del Vaticano 1994.
Cf. Le contrôle des naissances dans les pays du Sud: promotion des droits des femmes ou des intérêts du Nord, in « Intermondes », vol. 7, n. 1, ottobre 1991, p. 7: recentemente, numerose ricerche hanno dimostrato che altri tre fattori, oltre al controllo delle nascite, contribuiscono parimenti al rallentamento della crescita della popolazione mondiale.
Si tratta dello sviluppo economico e sociale, del miglioramento delle condizioni di vita delle donne, e, paradossalmente, della riduzione della mortalità infantile.
Cf. anche UNICEF ( Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia ), La situation des enfants dans le monde, Ginevra 1991
27 Cf. Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti alla Settimana di Studi su « Risorse e Popolazione », n. 4 e n. 6 organizzata dalla Accademia Pontificia delle Scienze ( 22 novembre 1991 ): « La Chiesa è consapevole della complessità del problema …
Ma al momento di adottare misure di emergenza, non bisogna essere indotti in errore; l'applicazione di metodi che non risultano in armonia con la vera natura dell'uomo, finisce di fatto per causare danni drammatici … che colpiscono in particolare gli strati più poveri e deboli della popolazione, aggiungendo ingiustizia ad ingiustizia ».
Cf. anche Cardinal Angelo Sodano, Intervento alla Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo ( CNUED ), di Rio de Janeiro ( 13 giugno 1992 ), L'Osservatore Romano, 15-16 giugno 1992
28 FAO e OMS, Conferenza Internazionale sulla Nutrizione. Dichiarazione mondiale sulla nutrizione, Rapporto finale della Conferenza, Roma 1992, n. 15
29 Cf. FAO, Agriculture: Horizon 2010, Doc. C 9324, Roma 1993, n. 2.13
30 Cf. PNUD ( Rapporto Mondiale sullo Sviluppo umano 1990 ), Economica Paris 1990, p. 18
31 FAO ed OMS, Conferenza Internazionale sulla Nutrizione. Dichiarazione mondiale sulla nutrizione.
Rapporto finale della Conferenza, Roma 1992, n. 1
32 Ibidem.
33 L'Argentina risulta fra i massimi esportatori di grano e di carne bovina: Questa nazione, dunque, non è da annoverarsi fra i paesi con difficoltà di sviluppo; è un paese industrializzato il cui andamento economico sul lungo periodo era insoddisfacente per ragioni essenzialmente imputabili alle debolezze dei suoi sistemi politici.
Tale situazione è profondamente mutata negli ultimi anni e le conseguenze economiche sono già evidenti.