La fame nel mondo una sfida per tutti

Indice

II - Sfide di natura etica da affrontare insieme

22. La dimensione etica del fenomeno

Per progredire verso una soluzione del problema della fame e della malnutrizione nel mondo, è indispensabile coglierne la natura etica.

Se la causa della fame è un male morale, al di sopra ed al di là di tutte le cause fisiche, strutturali e culturali, le sfide sono della stessa natura morale.

Ciò può motivare l'uomo di buona volontà che crede nei valori universali, dentro la varietà delle culture, ed in particolar modo il cristiano che vive l'esperienza del rapporto preferenziale che il Signore onnipotente vuole stabilire con ogni uomo, chiunque egli sia.

Questa sfida richiede una migliore comprensione dei fenomeni, la capacità degli uomini di rendersi reciproco servizio - il che è realizzabile con il semplice intervento delle forze economiche ben concepite - ed anche lo sradicamento di ogni genere di corruzione.

Ma, ben oltre, la sfida si colloca principalmente sul piano della libertà di ogni uomo di cooperare, nella sua azione di ogni giorno, alla promozione di ogni uomo e di tutti gli uomini, ovvero di collaborare allo sviluppo del bene comune.34

Tale sviluppo implica la giustizia sociale e la destinazione universale dei beni della terra, la pratica della solidarietà e della sussidiarietà, la pace ed il rispetto dell'ambiente naturale.

Questa è la direzione da prendere per ridare la speranza e per costruire un mondo più accogliente per le prossime generazioni.

Affinché sia possibile progredire in tal senso, dovrà essere favorita, promossa ed eventualmente nuovamente incoraggiata la ricerca organica del bene comune, quale necessaria componente delle motivazioni di base di tutti gli attori politici ed economici, nella loro riflessione e nel loro agire, a tutti i livelli ed in tutti i paesi.

Le motivazioni personali ed istituzionali delle persone sono necessarie al buon funzionamento della società, ivi comprese le famiglie.

Ma gli uomini, ognuno per conto suo e tutti congiuntamente, debbono far propria questa conversione che consiste nel non sacrificare la ricerca del bene comune al proprio interesse strettamente personale, a quello dei loro congiunti, dei loro datori di lavoro, dei loro clan, dei loro paesi, anche se legittimi.

I principi elaborati a poco a poco dalla dottrina sociale della Chiesa costituiscono una guida preziosa per l'impegno dell'umanità contro la fame.

Il perseguimento del bene comune è l'area di incontro ove convergono:

- la ricerca della massima efficacia nella gestione dei beni terreni;

- un maggior rispetto della giustizia sociale attuata mediante la destinazione universale dei beni;

- l'esercizio della solidarietà, che impedisce l'appropriazione dei mezzi finanziari da parte dei benestanti, e che consentirà ad ogni uomo di non venire escluso dal corpo sociale ed economico, nè di essere privato della sua dignità fondamentale.

- una pratica competente e permanente della sussidiarietà - che garantisce i responsabili dall'appropriarsi del potere, che, di fatto, è il potere di servire.

È dunque l'insieme dell'insegnamento sociale della Chiesa che deve impregnare più o meno coscientemente la filosofia dell'azione dei responsabili.

Tale affermazione rischia di essere accolta con scetticismo o addirittura con cinismo.

L'attività di molti responsabili si svolge in un ambiente duro, a volte crudele, generatore di angosce e di una orgogliosa ricerca del potere, per mantenerlo.

Costoro possono essere inclini a ritenere che le considerazioni etiche costituiscano altrettanti ostacoli.

Tuttavia, la frequente esperienza quotidiana nei luoghi più diversi, dimostra che le cose stanno altrimenti: in effetti, solo uno sviluppo equilibrato e che mira al bene comune si rivelerà autentico e contribuirà - anche se a lungo termine - alla stabilità sociale.

Ad ogni livello, ed in tutti i paesi, molti sono coloro che normalmente operano in maniera discreta, tenendo conto degli interessi legittimi dei loro simili.

Compito immenso dei cristiani è, ovunque, la promozione di comportamenti di tal genere: al pari di un pizzico di lievito in una pasta molto dura, vi sono chiamati dalla loro stretta adesione all'amore che il Signore ha per tutti gli uomini e che essi sperimentano nel profondo del loro essere.

Questo compito esaltante si traduce nell'offrirne l'esempio in ogni ambito, tecnico, organizzativo, morale e spirituale, aiutandosi reciprocamente a tutti i livelli di responsabilità, coinvolgendo tutti coloro che non ne sono « esclusi » dalle loro condizioni sociali.

23. L'amore del prossimo per raggiungere lo sviluppo

Questa ricerca del bene comune si può fondare esclusivamente sull'attenzione e sull'amore per gli uomini.

Nelle situazioni più diverse, essi si trovano ogni giorno di fronte all'alternativa: autodistruzione personale e collettiva o amore per il prossimo.

La seconda opzione manifesta la consapevolezza di una responsabilità che, per amore degli uomini, non indietreggia di fronte ai propri limiti, né di fronte all'ampiezza dei compiti da realizzare.

« Come giudicherà la storia una generazione che ha tutti i mezzi per nutrire la popolazione del pianeta e che si rifiuterebbe di farlo per un accecamento fratricida?

Che deserto sarebbe un mondo in cui la miseria non incontrasse l'amore che fa vivere? ».35

L'amore va oltre il semplice dono.

Lo sviluppo si coltiva mediante l'azione dei più coraggiosi, dei più competenti e dei più onesti: costoro si sentono allo stesso tempo solidali con tutti gli uomini che sono condizionati in misura maggiore o minore da ciò che essi fanno o dovrebbero fare.

Tale responsabilità universale e concreta è una manifestazione essenziale dell'altruismo.
La solidarietà è chiaramente un'esigenza per tutti.

Fortunatamente, non è necessario attendere che la maggioranza degli uomini si converta all'amore per il prossimo, per raccogliere i frutti dell'azione di coloro che agiscono nel proprio contesto senza attendere.

Vanno accolti come fondato motivo di speranza i risultati dell'azione di coloro i quali, a tutti i livelli, nella loro attività quotidiana, si comportano quali servitori di tutto l'uomo e di tutti gli uomini.

24. La giustizia sociale e la destinazione universale dei beni

Al centro della giustizia sociale si colloca il principio della destinazione universale e comune dei beni della terra.

Il Papa Giovanni Paolo II così lo ha espresso: « Dio ha dato la terra a tutto il genere umano perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere nè privilegiare nessuno ».36

Questa affermazione, costante nella tradizione cristiana, non è sufficientemente ribadita, anche se essa si rivolge chiaramente all'umanità intera, a prescindere dall'appartenenza confessionale.

Tale assioma costituisce di per sè un fondamento necessario per l'edificazione di una società di giustizia, di pace e di solidarietà.

Infatti, generazione dopo generazione, dobbiamo considerarci come coloro che amministrano temporaneamente le risorse della terra e il sistema di produzione.

A fronte delle finalità della creazione, il diritto di proprietà non è un assoluto, tanto è vero che è esercitato e riconosciuto in maniera diversa dalle diverse culture; è una delle espressioni della dignità di ciascuno, ma è giusto solo in quanto indirizzato al bene comune e se concorre alla promozione di tutti.

25. Le costose deviazioni dal bene comune: le « strutture di peccato »

Ignorare il bene comune si accompagna ad una ricerca esclusiva e a volte esasperata di beni particolari quali il denaro, il potere, la reputazione, perseguiti per se stessi come un assoluto: essi si convertono così in idoli.

E in tal modo che nascono le « strutture di peccato »,37 coacervo di luoghi e di circostanze, ove le abitudini sono perverse e tali da obbligare a dar prova di eroismo qualsiasi nuovo venuto che si rifiuti di adottarle.

Le « strutture di peccato » sono molteplici: alcune sono diffuse a livello mondiale - come per esempio i meccanismi ed i comportamenti che generano la fame - altre sono su scala molto più ridotta, ma provocano dissimmetrie tali da rendere molto più difficile la pratica del bene.

Queste « strutture » determinano sempre costi elevati in termini umani: sono luoghi di distruzione del bene comune.

È meno frequente constatare quanto esse siano degradanti e costose a livello economico.

Se ne possono offrire esempi sconvolgenti.38

Lo sviluppo è frenato non soltanto dall'ignoranza e dall'incompetenza, ma anche, e su vasta scala, dalle molteplici « strutture di peccato » che agiscono quale contagiosa deviazione della destinazione universale dei beni della terra verso scopi particolari e sterili.

È evidente, in effetti, che l'uomo non può sottomettere la terra e dominarla in maniera efficacebadorando nel contempo falsi idoli quali il denaro, il potere e la reputazione, considerati beni a sé stanti e non strumenti per servire ogni uomo e tutti gli uomini.

Cupidigia, orgoglio e vanità accecano colui che vi soccombe e che finisce per non comprendere più neppure quanto le sue percezioni siano limitate e le sue azioni autodistruttive.

La destinazione universale dei beni presuppone che denaro, potere e reputazione siano ricercati quali strumenti per:

a) costituire mezzi di produzione di beni e servizi di effettiva utilità sociale ed in grado di promuovere il bene comune;

b) condividere con i più svantaggiati che incarnano, agli occhi di tutti gli uomini di buona volontà, il bisogno di bene comune: in effetti, essi sono testimonianza vivente della carenza di tale bene.

Più ancora, per i cristiani, essi sono figli amati da Dio che, tramite loro ed in loro, viene a visitarci.

L'« assolutizzazione » di queste ricchezze le spoglia, in tutto o in parte, della loro utilità per il bene comune.

Il funzionamento dell'economia mondiale appare globalmente mediocre - specie in rapporto ai risultati di punta che ottengono alcuni paesi su periodi alquanto lunghi - ed estremamente costoso in termini umani ( laddove funziona e laddove non funziona ), in quanto è profondamente minato dal costo delle cattive abitudini, vera costrizione morale che grava sugli individui.

Invece, non appena dei gruppi di persone riescono a lavorare di comune accordo facendosi carico della collettività intera e di ogni singola persona, si registrano progressi notevoli: persone fino a quel momento poco utili, eccellono per la qualità dei loro servizi e gli esiti positivi modificano progressivamente le condizioni materiali, psicologiche e morali della vita.

Si tratta in realtà degli « opposti » delle « strutture di peccato »; le si potrebbero definire « strutture del bene comune », che preparano la « civiltà dell'amore ».39

L'esperienza vissuta in queste situazioni offre una pallida idea di quello che potrebbe essere un mondo in cui gli uomini avessero più frequentemente a cuore, in tutte le loro attività e nell'esercizio di tutte le loro responsabilità, i loro interessi comuni e la sorte di ciascuno.

26. All'ascolto preferenziale dei poveri ed al loro servizio: la condivisione

Se chi è economicamente povero è testimonianza della scarsa attenzione per il bene comune, egli ha anche un messaggio particolare da darci.

Sulla realtà della vita pratica ha pareri ed esperienze a lui propri, che i più fortunati non conoscono.

Come afferma Papa Giovanni Paolo II nella Lettera Enciclica Centesimus annus: « ma soprattutto sarà necessario abbandonare la mentalità che considera i poveri - persone e popoli - come un fardello e come fastidiosi importuni, che pretendono di consumare quanto altri hanno prodotto … l'elevazione dei poveri è una grande occasione per la crescita morale, culturale ed anche economica dell'intera umanità ».40

I pareri degli indigenti - che non sono nè più nè meno esatti e completi dei pareri dei responsabili - sono tuttavia essenziali a questi ultimi, se desiderano che la loro azione a lungo termine non conduca all'autodistruzione.

Avviare politiche economiche e sociali difficili e costose, senza tener conto della percezione della realtà che ha il più piccolo, rischia di portare entro un certo lasso di tempo a vicoli ciechi, che sono assai onerosi per la terra intera.

È quanto è avvenuto con il debito del Terzo Mondo.

Se i creditori ed i debitori avessero considerato il punto di vista dei più poveri quale uno degli elementi essenziali della realtà - dando così prova di maggiore saggezza - sarebbero stati indotti ad una maggiore prudenza, e in molti paesi, l'avventura non si sarebbe risolta così male o addirittura avrebbe volto al meglio.

Nella complessità dei problemi da risolvere, o piuttosto, nella complessità delle condizioni di vita da migliorare, questo ascolto preferenziale dei poveri consente di non cadere nella schiavitù del breve termine, nella tecnocrazia, nella burocrazia, nell'ideologia, nell'idolatria del ruolo dello Stato o del ruolo del mercato; gli uni e gli altri hanno la loro utilità essenziale, ma in quanto strumenti da non assolutizzare.

Gli organismi intermedi hanno specificamente la funzione di far intendere la voce dei poveri e di cogliere le loro percezioni, al pari delle loro necessità e dei loro desideri.

Ma spesso, questi organismi sono particolarmente disarmati di fronte al loro compito.

Risentono a volte della loro posizione di monopolio, che li porta a coltivare il proprio potere; altre volte di posizioni concorrenziali, dove altri cercano di utilizzare il povero come mezzo per accedere al potere.

L'azione dei sindacati è dunque particolarmente necessaria e sfiora l'eroismo quando questi vogliono svolgere una funzione così essenziale, senza farsi distruggere o fagocitare.41

In tali condizioni, la condivisione diventa un'autentica collaborazione alla quale ciascuno contribuisce, offrendo a tutti ciò di cui necessita la comunità degli uomini.

Il più svantaggiato svolge il suo specifico ruolo, tanto più essenziale essendo egli realmente un escluso.42

Questo paradosso non deve meravigliare il cristiano.

Il dovere di garantire a ciascuno lo stesso diritto di accesso al minimo indispensabile per vivere non è più unicamente obbligo morale di condivisione con l'indigente - cosa già notevole - ma reintegrazione nella stessa comunità che, senza di lui, tende ad inaridirsi e finanche a distruggersi.

Il posto del povero non è alla periferia, in una emarginazione dalla quale si potrebbe tentare bene o male di farlo uscire.

Egli deve essere posto al centro delle nostre preoccupazioni ed al centro della famiglia umana.

E là che potrà svolgere l'unico ruolo unico che gli compete nella comunità.

In questa prospettiva, la giustizia sociale, che è anche giustizia commutativa, acquista pieno significato.

Fondamento di tutte le azioni per la difesa dei diritti, assicura la coesione sociale, la coesistenza pacifica delle nazioni, ma anche il loro comune sviluppo.

27. Una società integrata

La concezione di una giustizia radicata nella solidarietà umana, e che a questo titolo comanda ai più forti di aiutare i più deboli, deve condurre i nostri passi ovunque la voce del povero si faccia sentire, per aprire un solo cantiere ove giustizia, pace e carità congiungano i loro sforzi.

Le società non possono validamente costituirsi sull'esclusione di alcuni dei loro membri.

Ne consegue, per coerenza, ed è quindi implicito, il diritto che anche i poveri hanno di organizzarsi per meglio ottenere l'aiuto di tutti nella lotta di liberazione dalla loro miseria.

28. La pace, un equilibrio di diritti

Una pace duratura non è frutto di un equilibrio di forze ma di un equilibrio di diritti.

La pace non è neppure frutto della vittoria del forte sul debole, ma, all'interno di ogni popolo e fra i popoli, frutto della vittoria della giustizia sui privilegi iniqui, della libertà sulla tirannia, della verità sulla menzogna,43 dello sviluppo sulla fame, la miseria o l'umiliazione.

Per giungere ad una vera ed autentica pace, ad un'effettiva sicurezza internazionale, non è sufficiente impedire le guerre ed i conflitti; è necessario anche favorire lo sviluppo, creare condizioni in grado di garantire il pieno godimento dei diritti fondamentali dell'uomo.44

In tale contesto, democrazia e disarmo diventano due esigenze della pace, indispensabile per uno sviluppo autentico.

29. Il disarmo, un'urgenza da cogliere

I conflitti regionali sono costati circa diciassette milioni di morti in meno di mezzo secolo.

« Negli anni '80, il totale mondiale delle spese militari ha raggiunto un livello senza precedenti in tempi di pace; valutate a un bilione ( mille miliardi ) di dollari l'anno, rappresentano all'incirca il cinque per cento del totale del reddito mondiale ».45

Di qui l'importanza e l'urgenza, per tutti i responsabili politici ed economici, di far sì che tali enormi somme stanziate per la morte, nell'emisfero settentrionale come in quello meridionale, lo siano, d'ora in poi, per la vita.

Un tale atteggiamento costituirebbe il riscontro fattuale delle ragioni morali che sostengono il disarmo progressivo; in tal modo si potrebbero rendere disponibili importanti risorse finanziarie a vantaggio dei paesi in via di sviluppo, somme indispensabili al loro autentico progresso.46

Una « struttura di peccato » particolarmente radicata è costituita dall'esportazione di armi in misura superiore alle necessità legittime di autodifesa dei paesi acquirenti, oppure destinate a trafficanti internazionali, che oggi propongono su catalogo le armi più sofisticate a coloro che hanno i mezzi per acquistarle.

Su questo terreno fiorisce la corruzione, ma il male è ancor più profondo.

Si devono lodare quei governi che, subentrati a regimi che avevano impegnato i loro paesi nell'acquisto di armi in quantità di gran lunga superiore ai loro bisogni, hanno avuto il coraggio di denunciare questi contratti, rischiando in tal modo di alienarsi la benevolenza dei paesi esportatori.

30. Rispetto dell'ambiente

La natura ci sta dando una lezione di solidarietà che rischiamo di dimenticare.

Nella catena stessa della produzione alimentare, tutti gli uomini si scoprono elementi attivi o passivi di un ecosistema.

Un nuovo campo di responsabilità si apre alle coscienze.

Non si può voler contemporaneamente nutrire un maggior numero di persone ed indebolire l'agricoltura.

Tuttavia, l'agricoltura risulta tanto più inquinante ( ricorso massiccio a concimi, pesticidi e macchinari ) quanto più diffusa diventa l'industrializzazione, senza che purtroppo a ciò faccia riscontro una corretta lavorazione.

Assieme ad altri elementi necessari alla vita, aria e acqua, terreni e foreste sono minacciati dall'inquinamento, dal consumo eccessivo, dalla desertificazione provocata dall'uomo e dal disboscamento.

In cinquant'anni, metà delle foreste tropicali sono state rase al suolo, il più delle volte per ricavarne terreni, o per politiche cieche di sfruttamento accelerato, volto a riequilibrare l'onere del debito.

Nelle regioni più povere, la desertificazione è provocata da pratiche di sopravvivenza che aumentano la povertà: pastorizia eccessiva, taglio di alberi ed arbusti per la cottura degli alimenti e per il riscaldamento.47

31. Ecologia e sviluppo equo

Una gestione ecologicamente sana del pianeta è urgente.

Limitandosi al solo aspetto della produzione agroalimentare - già notevole - si evidenziano due elementi.

In primo luogo, il suo costo andrà integrato nell'attività economica:48 qui bisogna domandarsi se sono sempre i poveri a doverne sopportare l'onere a scapito della loro alimentazione.

In secondo luogo, la preoccupazione di comprendere meglio l'equilibrio fra ecologia ed economia fa maturare l'idea attuale di sviluppo duraturo.

Ma questo obiettivo non deve offuscare la necessità di promuovere, con ancor maggior vigore, uno sviluppo equo.

In ultima analisi, lo sviluppo non può essere duraturo se non nella misura in cui è equo.

Altrimenti, è probabile che alle distorsioni attuali se ne aggiungano di nuove.

32. Cogliere insieme la sfida

Fame e malnutrizione richiedono azioni specifiche che non possono essere dissociate da un impegno rinnovato per lo sviluppo integrale della persona e dei popoli.

Di fronte all'ampiezza di questo fenomeno, la Chiesa Cattolica deve sempre più contribuire a migliorare tale situazione.

Fa dunque appello alla partecipazione di tutti, alla concertazione ed alla perseveranza.

Molti, fortunatamente, sono gli sforzi già messi in atto per vincere la fame da parte di singole persone, delle Organizzazioni non governative, dei poteri pubblici e delle Organizzazioni internazionali.

Basti ricordare soltanto la Campagna mondiale contro la fame ed altre iniziative, alle quali i cristiani partecipano volentieri.

33. Riconoscere il contributo dei poveri alla democrazia

Il dinamismo dei poveri è poco conosciuto.

Per invertire questa tendenza è necessario modificare vari atteggiamenti e prassi, economiche, sociali, culturali e politiche.

Quando i poveri sono tenuti in disparte dall'elaborazione di quei progetti che li riguardano, la storia dimostra che, in linea di principio, non ne traggono beneficio.

La solidarietà della comunità umana è tutta da costruire.

Non si imparerà a condividere il pane quotidiano, se non favorendo un riorientamento delle coscienze e delle azioni dell'intera società.49

Sono questi gli atteggiamenti che conducono ad una vera democrazia.

La democrazia è generalmente considerata elemento essenziale per lo sviluppo umano, in quanto consente una partecipazione responsabile alla gestione della società; d'altra parte, i due elementi vanno di pari passo, e la fragilità dell'una può compromettere l'altro.

Se il principio d'uguaglianza soccombe di fronte ai rapporti di forza, il ruolo dei poveri nella società sarà ridotto a quello della mera sopravvivenza.

Una democrazia si giudica dalla sua capacità di coniugare libertà e solidarietà, prendendo così radicalmente le distanze dal liberalismo assoluto o da altre dottrine, che negano il senso della libertà o che costituiscono ostacolo alla vera solidarietà.50

34. Le iniziative comunitarie

Di fronte alla miseria, ovunque un numero crescente di individui e di gruppi scelgono di partecipare ad azioni comunitarie.

Tali iniziative vanno fortemente incoraggiate.

Attualmente, un numero sempre maggiore di paesi appoggia la partecipazione popolare, ma alcune realtà operano tentando ancora, con conseguenze a volte molto pesanti, di ridurre al silenzio tali iniziative che, se li disturbano, rappresentano tuttavia le basi indispensabili per un effettivo sviluppo.

Alcune Organizzazioni non governative ( ONG ) per lo sviluppo, create a partire da iniziative locali, hanno favorito la formazione di una nuova società civile a base popolare in molti paesi in via di sviluppo, organizzando mezzi di concertazione e di sostegno molto diversificati.

Grazie ai dinamismi popolari che in tal modo si sono aperti la strada, numerosi individui fra i più indigenti, possono finalmente uscire dalla loro miseria e migliorare la loro condizione di fronte alla fame e alla malnutrizione.

Nel corso degli ultimi anni, alcune Associazioni Internazionali Cattoliche e nuove comunità ecclesiali hanno avviato varie iniziative in campo socio-economico.

Per combattere la fame e la miseria, si ispirano alle corporazioni medioevali e specie alle unioni cooperative del XIX secolo, nelle quali promotori del bene comune fondavano delle istituzioni secondo lo spirito evangelico o trovando supporto nella solidarietà sociale.

Il primo a sottolineare la necessità di organizzarsi per la promozione sociale fu il quacchero P. C. Plockboy ( 1695 ).

Altri pionieri del passato più conosciuti sono: Félicité Robert de Lamennais ( 1782-1854 ), Adolf Kolping ( 1856 ), Robert Owen (1771-1858 ), il barone Wilhelm Emmanuel von Ketteler ( 1811-1877 ), mentre oggigiorno sorgono associazioni che mirano al bene comune della società e intendono arginare l'egoismo, l'orgoglio e l'avidità che spesso costituiscono le leggi della vita collettiva.

Le esperienze maturate nel corso di tutta la storia ed i risultati di queste nuove iniziative danno adito a sperare di trarne i frutti in futuro.51

35. L'accesso al credito

« Uno dei grandi risultati delle ONG è stato quello di garantire ai poveri l'accesso al credito ».52

Questo accesso al credito da parte di gruppi popolari è divenuto una pratica d'avanguardia, in grado di far progredire un'economia di sussistenza informale fino a costituire un reale tessuto economico di base.

Forse, si è ancora lontani dall'innalzare in maniera significativa il livello del Prodotto Interno Lordo ( PIL ), ma l'importanza del fenomeno risiede anche nel suo significato intrinseco e nella strada che apre.

Sostenendo le iniziative comunitarie, dando fiducia ai partners locali, si evita il persistere di schemi assistenziali e si gettano lentamente le basi di uno sviluppo integrale.53

36. Il ruolo fondamentale delle donne

Nella lotta contro la fame e in favore dello sviluppo, il ruolo della donna è, di fatto, fondamentale, pur se spesso non ancora sufficientemente riconosciuto ed apprezzato.

È opportuno sottolineare il ruolo primario della donna nella sopravvivenza di intere popolazioni, specie in Africa.

Sono spesso le donne che producono il necessario per l'alimentazione delle famiglie.

Specie nei paesi in via di sviluppo, ad esse spetta di dare alla loro famiglia un'alimentazione sana ed equilibrata, ma diventano le prime vittime di decisioni adottate a loro insaputa, quali l'abbandono delle culture orticole e dei mercati locali di cui, tuttavia, esse sono i principali operatori.

Tale approccio non rispetta le donne e nuoce allo sviluppo; in simili condizioni, il passaggio all'economia di mercato e l'introduzione delle tecnologie possono peggiorare - nonostante le migliori intenzioni - le condizioni di lavoro delle donne.

La malnutrizione colpisce le donne in maniera particolare: sono loro le prime a risentirne, ed il loro stato si ripercuote poi sulle loro maternità, incidendo sul futuro sanitario e scolastico dei figli.

Ma lo scopo di questa lotta deve inseririsi in un contesto più ambizioso: mirare a migliorare nei paesi poveri lo status sociale delle donne, offrendo loro un miglior accesso alle cure sanitarie, alla formazione ed anche al credito.

In tal modo, le donne potranno collaborare al meglio all'aumento della produzione, alla realizzazione dello sviluppo, all'evoluzione economica e politica dei loro paesi.54

Ma questo progresso deve aver cura di conservare i ruoli dell'uomo e della donna, senza scavare un solco fra di loro, evitando di femminilizzare gli uomini o di virilizzare le donne.55

L'auspicabile evoluzione della condizione della donna non deve far perdere di vista, tuttavia, l'attenzione che essa deve dare alla vita che nasce e che sboccia.

Alcuni paesi in fase di sviluppo ne offrono l'esempio, arginando quelle eccessive modifiche della sensibilità femminile che si verificano attualmente in Occidente, senza con ciò paralizzare la donna nel suo ruolo tradizionale.

In effetti, non bisogna ripetere in questo ambito gli errori commessi penalizzando le strutture tradizionali a vantaggio dei modelli occidentali, particolarmente inadatti alle situazioni locali ed adottati senza i necessari adeguamenti.

37. Integrità e senso sociale

È imperativo motivare tutti gli attori sociali ed economici a favorire politiche di sviluppo che abbiano per obiettivo quello di assicurare a tutti gli uomini pari opportunità di vivere dignitosamente e questo con il concorso degli sforzi e dei sacrifici necessari.

Ciò risulterà però impossibile se i responsabili non dimostreranno indiscutibilmente la loro integrità e il loro senso del bene comune.

I fenomeni di fughe di capitali, di spreco o di appropriazione delle risorse a vantaggio di una minoranza familiare, sociale, etnica o politica, sono diffusi e di pubblico dominio.

Tali deviazioni vengono denunciate di sovente, senza che per questo gli autori siano di fatto sollecitati a porre fine a queste attività - a volte di notevole entità - che ledono gli interessi dei poveri.56

È specialmente la corruzione57 che spesso ostacola le riforme necessarie al perseguimento del bene comune e della giustizia, le quali vanno di pari passo.

La corruzione, dalle molteplici cause, costituisce in primo luogo un gravissimo abuso della fiducia che la società accorda ad un individuo, a cui viene affidato il mandato di rappresentarla ed il quale, invece,approfitta di tale potere per trarne vantaggi personali.

La corruzione è uno dei meccanismi costitutivi di numerose « strutture di peccato » ed il suo costo per il pianeta è di gran lunga superiore all'ammontare complessivo delle somme sottratte.

Indice

34 Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, § 1906 ove si trova la definizione di « bene comune », ripresa da Gaudium et spes, n. 26, § 1: « l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi come ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente »
35 Giovanni Paolo II, Discorso al Palazzo della CEAO
( Comunità Economica dell'Africa Occidentale ), Ouagadougou, 29 gennaio 1990
36 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Centesimus annus, n. 31
37 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Reconciliatio et pænitentia, n. 16 ( in termini di peccato sociale che produce mali sociali ),
Lettera Enciclica Sollicitudo rei socialis, nn. 36-37 e
Lettera Enciclica Centesimus annus, n. 38.
Questi documenti utilizzano anche espressioni quali « situazioni di peccato » o anche « peccati sociali », facendo sempre risalire la causa di questi peccati all'egoismo, alla ricerca del profitto ed al desiderio di potere
38 La realizzazione dell'arma chimica, senza « ricadute », che serve solo ad attaccare o a difendersi, ne è testimonianza.
A mero titolo di esempio, le 500.000 tonnellate di prodotti mortali, in grado di distruggere 60 miliardi di uomini, di cui dispone l'ex Unione Sovietica, hanno avuto un costo di produzione di 200 miliardi di dollari USA, ed altrettanto costerà distruggerle.
Si tratta di risorse reali, e dunque di una perdita secca per il pianeta.
Questa avventura perversa si traduce in un abbassamento del tenore di vita degli uomini ( principalmente, ma non solo, nell'ex URSS ) e addirittura in fame per numerose famiglie che altrimenti non l'avrebbero conosciuta
39 Cf. Paolo VI, Omelia del Natale 1975 a conclusione dell'Anno Santo.
Questo concetto è stato utilizzato per la prima volta dal Papa Paolo VI
40 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Centesimus annus, n. 28
41 Cf. Larry Salmen, Listen to the People, Participant Observer Evaluation of Development Projects, The World Bank and Oxford University Press 1987.
A tale proposito si può ricordare il metodo dell'osservatore partecipante, praticato da un consulente della Banca Mondiale.
Profondamente motivato dall'amore per gli uomini, non ha esitato a trascorrere periodi da tre a sei mesi, nelle « favelas » dell'America del Sud ( specie Quinto e La Paz ), per condurre la stessa vita della popolazione.
Ogni volta è stato così in grado di consigliare gli architetti che lavoravano al rinnovamento urbano, per evitare che le nuove costruzioni venissero sistematicamente danneggiate dai nuovi abitanti, usciti dalle loro misere catapecchie.
ÈE l'ascolto preferenziale del povero che, nel caso specifico è anche beneficiario, come lo stesso buon senso, che richiede eroismo.
In un secondo momento, il consulente ha diffuso questo metodo in Thailandia, coinvolgendo l'autorità mondiale della Banca per convincere i funzionari di Bangkok ad andare a vivere loro stessi per un certo periodo con i loro concittadini svantaggiati per garantire in tal modo il successo dei programmi di nuovi alloggi urbani.
Da segnalare ugualmente lo straordinario intervento di un pastore inglese, Stephen Carr, che ha vissuto per 20 anni in due villaggi africani, servendosi unicamente delle risorse e delle tecniche tradizionali.
Era divenuto molto influente in quei luoghi e, di passaggio a Washington, è stato intervistato dalla Banca Mondiale nell'anno 1985/86.
La sua testimonianza ha illuminato gli specialisti della Banca, che accusavano un insuccesso dopo l'altro nei progetti agricoli dell'Organismo in Africa.
Esiste una simbiosi fra il contadino e la terra.
La bella terra d'Africa è buona ma molto fragile.
I cambiamenti di abitudini indotti nei contadini dall'economia moderna e la perdita dei valori ancestrali ha comportato la distruzione della terra.
I missionari cattolici, e forse anche altri, lo avevano perfettamente capito.
Le vecchie missioni erano rispettose dei talenti e specie dell'esperienza tradizionale.
Questi valori sono stati riscoperti da alcune ONG, fra le quali la FIDESCO, con sede in Francia e presente in alcuni altri paesi europei
42 Cf. l'opera del P. Joseph Wrejinsky e di ATD QuartMonde
43 Cf. Giovanni XXIII, Lettera Enciclica Pacem in terris, cap. III
44 Giovanni Paolo II, Discorso alla Conferenza della FAO in occasione della celebrazione del 50mo anniversario dell'Organizzazione, n. 2 ( 23 ottobre 1995 )
45 Banca Mondiale, Rapport sur le développpement dans le monde 1990 ( Rapporto sullo sviluppo nel mondo ), 1990, Washington 1990, p. 19
46 Cf. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Il commercio internazionale delle armi. Una riflessione etica, Città del Vaticano 1994
47 Cf. FAO, Sviluppo duraturo ed ambiente, politiche ed attività della FAO, Roma 1992
48 Cf. Giovanni Paolo II, Discorso XXV Conferenza della FAO, n. 8 ( 16 novembre 1989 )
49 Cf. Chirografi d'istituzione delle Fondazioni Pontificie « Giovanni Paolo II per il Sahel », fondata il 22 febbraio 1984 e « Populorum Progressio », fondata il 13 febbraio 1992.
La sede legale delle due Fondazioni è presso il Pontificio Consiglio « Cor Unum », Stato della Città del Vaticano; la sede del Consiglio di Amministrazione della Fondazione « Giovanni Paolo II per il Sahel » è a Ouagadougou ( Burkina Faso ) e quella della Fondazione « Populorum Progressio » a Santafé di Bogotà ( Colombia )
50 Cf. Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea generale delle Nazioni Unite in occasione del 50° anniversario dell'Organizzazione, nn. 12 e 13 ( 5 ottobre 1995 )
51 Citiamo alcune di queste iniziative:
Economia di Comunione Opera di Maria, Movimento del Focolare ( Grottaferrata, Roma )
AVSI Comunione e Liberazione (Milano),
FIDESCO Communauté Emmanuel ( Parigi );
« Famiglia in Missione » Cammino Neocatecumenale ( Roma ),
Opera sociale « Kolping International » ( Colonia )
52 PNUD, op. cit., p. 31 ( cf. nota n. 29 )
53 Cf. IFAD ( Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo ), The Role of Rural Credit Projects in Reaching the Poor, Rome-Oxford 1985
54 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera alle donne, n. 4 ( 29 giugno 1995 )
55 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Mulieris dignitatem, nn. 6-7
Cf. anche Esortazione Apostolica postsinodale Christifideles laici
56 Si può trarre una valutazione dell'ordine di grandezza della corruzione, dalle stime dei servizi competenti di repressione delle frodi ( specie in Francia, TRACFIN ) sull'entità del riciclaggio del denaro
57 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Sollicitudo rei socialis, n. 44