La fame nel mondo una sfida per tutti  

Indice

V - La fame: un appello all'amore

60. Il povero ci chiama all'amore

In tutti i paesi del mondo, l'esperienza della vita quotidiana ci sollecita - se non chiudiamo gli occhi - a incrociare lo sguardo di coloro che hanno fame.

In questo sguardo, è « la voce del sangue di tuo fratello che grida a me dal suolo » ( Gen 4,10 ).

Sappiamo che è Dio stesso che ci chiama in colui che ha fame.

La sentenza del Giudice universale condanna senza alcuna clemenza: « … Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il Diavolo ed il suoi angeli.

Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare … » ( Mt 25,41ss ).

Queste parole che salgono dal cuore di Dio fattosi uomo, ci fanno comprendere il significato profondo del soddisfacimento dei bisogni elementari di ogni uomo agli occhi del suo Creatore: non abbandonate colui che è fatto ad immagine di Dio, voi abbandonereste il Signore stesso.

È Dio stesso che ha fame e che ci chiama nel gemito di colui che ha fame.

Discepolo del Dio che si rivela, il cristiano è sollecitato ad ascoltare, se così si può dire, l'appello del povero.

È infatti un appello all'amore.

61. La povertà di Dio

Secondo gli autori dei salmi, i canti del Vecchio Testamento, « i poveri » si identificano con i « giusti », con coloro « che cercano Dio », « che lo temono », che « hanno fiducia in lui », che « sono benedetti », che « sono i suoi servitori » e « conoscono il suo nome ».

Come riflessa in uno specchio concavo, tutta la luce degli « Anawim », i poveri della prima Alleanza, converge verso la donna che costituisce la cerniera fra i due Testamenti: in Maria riluce tutta la dedizione a Yahvè e tutta l'esperienza che guida il popolo di Israele, e si incarna nella persona di Gesù Cristo.

Il « Magnificat » è la lode che gli rende testimonianza: l'inno dei poveri la cui ricchezza è tutta in Dio ( cf. Lc 1,46ss ).

Questo canto si apre con un'esplosione di gioia che esprime un'immensa gratitudine: « L'anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio mio salvatore ».

Ma non sono le ricchezze o il potere che fanno esultare Maria: infatti, ella si vede piuttosto « piccola, insignificante e umile ».

Questa idea di base ispira tutta la sua lode e si oppone radicalmente a coloro che mirano a soddisfare la loro sete d'orgoglio, di potere e di ricchezza.

Chi si atteggia in tal modo sarà « disperso », « rovesciato dal suo trono », « rinviato a mani vuote ».

Gesù stesso riprende questo insegnamento di sua Madre nel suo discorso evangelico sulle Beatitudini, che iniziano - e non a caso - con l'espressione « beati i poveri ».

Le sue parole indicano in cosa consista l'uomo nuovo, in opposizione alle « ricchezze » che costituiscono l'oggetto delle sue critiche.

E ai poveri che si indirizza la sua Buona Novella ( cf. Lc 4,18 ).

L'« inganno delle ricchezze », al contrario, allontana dalla sequela di Cristo ( cf. Mc 4,19 ).

Non si possono servire due padroni, Dio e Mammona ( cf. Mt 6,24 ).

La preoccupazione per il domani è indice di mentalità pagana ( cf. Mt 6,32 ).

Per il Signore non si tratta di belle parole; infatti ne dà testimonianza con la propria vita: « Ma il figlio dell'uomo, lui, non ha ove posare il capo » ( Mt 8,20 ).

62. La Chiesa è con i poveri

Il precetto biblico non va né falsato né taciuto: è in controtendenza con lo spirito del mondo e con la nostra sensibilità naturale.

La nostra natura e la nostra cultura sono turbate davanti alla povertà.

La povertà evangelica è a volte oggetto di commenti cinici da parte degli indigenti, come pure da parte dei benestanti.

I cristiani sono accusati di voler perpetuare la povertà.

Un tale disprezzo della povertà sarebbe propriamente diabolico.

Il segno di Satana ( cf. Mt 4 ) è quello di opporsi alla volontà di Dio facendo riferimento alla sua Parola.

Un discorso del Papa Giovanni Paolo II può aiutarci ad evitare di giungere a tale conclusione, che ci permetterebbe di giustificare il nostro egoismo.

In occasione della sua visita alla favela del Lixão de São Pedro, in Brasile, il 19 ottobre 1991, il Santo Padre, riflettendo sulla prima beatitudine del Vangelo di San Matteo, illustrò il nesso fra povertà e fiducia in Dio, fra beatitudine ed abbandono totale al Creatore.

E dichiarava: « Ma esiste un'altra povertà, molto diversa da quella che Cristo proclamava beata, e che colpisce una moltitudine di nostri fratelli, impedendone lo sviluppo integrale in quanto persone.

Di fronte a questa povertà, che è carenza e privazione dei beni materiali necessari, la Chiesa fa sentire la sua voce …

È per ciò che la Chiesa sa che ogni trasformazione sociale deve necessariamente passare per una conversione dei cuori e prega a tal fine.

Questa è la prima e la principale missione della Chiesa ».90

Come già affermato, l'appello di Dio, di cui la sua Chiesa si fa eco, evidentemente è un richiamo alla condivisione, alla carità attiva e concreta che si indirizza non solo ai cristiani, ma a tutti gli uomini.

Come sempre, e oggi più che mai, la Chiesa è vicina a tutti coloro che svolgono un'azione umanitaria a servizio dei loro fratelli, per la soddisfazione dei loro bisogni e per la difesa dei loro diritti fondamentali.

Il contributo della Chiesa allo sviluppo della persona e dei popoli, non si limita unicamente alla lotta contro la miseria e il sottosviluppo.

Esiste una povertà provocata dal convincimento che basti proseguire sulla via del progresso tecnico ed economico per rendere ogni uomo più degno di tale nome.

Ma all'uomo non può bastare uno sviluppo senz'anima, e l'eccesso di opulenza risulta a suo danno, al pari dell'eccesso di povertà.

È il « modello di sviluppo » creato dall'emisfero settentrionale e che questo diffonde nell'emisfero meridionale, ove il senso religioso ed i valori umani ivi presenti, rischiano di essere spazzati via dall'invasione di un consumismo fine a se stesso.

63. Il povero ed il ricco sono entrambi chiamati alla libertà

Dio non vuole la povertà del suo popolo, cioè di tutti gli uomini, poiché Egli nel grido di ciascuno di essi rivolge a noi una chiamata.

Ci dice semplicemente che il povero, al pari del ricco accecato dalla sua ricchezza, sono entrambi uomini mutilati: il primo, per circostanze che lo oltrepassano suo malgrado, il secondo, a motivo delle sue stesse mani, troppo piene, e con la sua stessa complicità.

Così ambedue si trovano ostacolati ad accedere alla libertà interiore alla quale Dio non cessa di chiamare tutti gli uomini.

Il povero « colmo di ricchezze » non troverà in questo un'egoistica rivalsa sulla cattiva sorte, bensì una condizione che gli consentirà infine di non vedere limitate le sue capacità fondamentali.

Il ricco, « rimandato a mani vuote », non è punito per essere ricco, ma è liberato dalla pesantezza e dall'opacità inerenti al suo attaccamento troppo esclusivo ai beni, di qualsiasi natura essi siano.

Il canto del Magnificat non è una condanna, ma un appello alla libertà e all'amore.

In questo processo di duplice guarigione, il povero è chiamato a sanare il suo cuore ferito da un'ingiustizia che può condurlo fino all'odio per se stesso e per gli altri.

Il ricco è chiamato ad abbandonare il suo fardello di paccottiglie, lui che si tappa gli occhi e le orecchie e nasconde le profondità del suo cuore sotto le coltri delle sue povere ricchezze: denaro, potere, immagine e piaceri di ogni tipo, che riducono la percezione che ha nei confronti di se stesso e degli altri, e che, nel mentre aumentano i suoi beni, fanno crescere i suoi desideri.

64. La necessaria conversione del cuore dell'uomo

La fame nel mondo fa toccare con mano le debolezze degli uomini, a tutti i livelli: la logica del peccato evidenzia come il peccato stesso, questo male del cuore dell'uomo, è all'origine delle miserie della società, attraverso il meccanismo, se così si può dire, delle « strutture di peccato ».

Per la Chiesa, sono l'egoismo colpevole, la ricerca ad ogni costo del denaro, del potere e della gloria, che rimettono in questione lo stesso valore del progresso in quanto tale.

« Infatti, sconvolto l'ordine dei valori e mescolando il male col bene, gli individui ed i gruppi guardano solamente alle cose proprie, non a quelle degli altri; e così il mondo cessa di essere il campo di una genuina fraternità, mentre invece l'aumento della potenza umana minaccia di distruggere ormai lo stesso genere umano ».91, legata alla nozione di "progresso", dalle connotazioni filosofiche di tipo illuministico …

Ad un ingenuo ottimismo meccanicistico, è subentrata una fondata inquietudine per il destino dell'umanità …

Oggi si comprende meglio che la pura accumulazione di beni e servizi, anche a favore della maggioranza, non basta a realizzare la felicità degli uomini ».

Per contro, l'amore che si instaura nel cuore dell'uomo, gli consente di superare i propri limiti e di agire nel mondo, creando « strutture del bene comune »: queste favoriscono il cammino verso la « civiltà dell'amore »92 per coloro che sono ad esse più sensibili, i quali vi trascinano anche gli altri.

L'uomo è così chiamato a riformare il suo agire; la posta in gioco è di vitale importanza per il mondo.

Egli è condotto a riformare il suo cuore, con un movimento del suo essere teso all'unificazione di sé e della comunità umana nell'amore.

Questa riforma dell'uomo nella sua totalità, è radicale per profondità e conseguenze, in quanto l'amore è radicale per la sua stessa essenza; non accetta divisioni, abbraccia tutti gli impulsi della persona, le sue azioni al pari della sua preghiera, i suoi mezzi materiali al pari delle sue ricchezze spirituali.

La conversione del cuore degli uomini, di ciascuno e di tutti insieme, è la proposta di Dio che può cambiare profondamente la faccia della terra, cancellarne gli orrendi tratti della fame che sfigurano parte del suo volto.

« … Convertitevi e credete al Vangelo » ( Mc 1,15 ) è l'imperativo che accompagna l'annuncio del Regno di Dio e che realizza la sua venuta.

La Chiesa sa che questo mutamento intimo e profondo, spingerà l'uomo nella sua vita di tutti i giorni a guardare oltre il suo immediato interesse, a mutare man mano la sua maniera di pensare, di lavorare, di vivere, per apprendere in tal modo, nel quotidiano, ad amare nel pieno esercizio delle sue facoltà, nel mondo così come è.

Per quanto poco ci prestiamo a ciò, Dio stesso se ne prenderà cura.

65. « Diffidate degli idoli »

Ecco la promessa che ci fa il Signore : « Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati: io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne » ( Ez 36,25-27 ).

Che questo magnifico linguaggio biblico non ci tragga in errore!

Non si tratta qui di un appello ai buoni sentimenti, per arrivare ad una semplice condivisione materiale, per quanto valida ed efficace possa essere.

Si tratta della proposta più impegnativa che ci possa essere, quella di Dio stesso, che viene ad offrire a ciascuno di noi un cammino di liberazione dai nostri idoli ed ad insegnarci ad amare.

Questo impegna tutto il nostro essere, che si trova così riunificato.

Allora, potremo vincere le nostre paure ed i nostri egoismi per essere attenti ai nostri fratelli e servirli.

I nostri idoli ci insidiano da molto vicino; sono la nostra ricerca, individuale e comunitaria, di ricchi o di poveri, dei beni materiali, del potere, della reputazione, del piacere, considerati come fini a se stessi.

Servire questi idoli rende schiavo l'uomo e povero il pianeta ( cf. n. 25 ).

L'ingiustizia profonda subita da colui che non dispone del necessario, risiede precisamente nel fatto che egli è obbligato, spinto dalla necessità, a ricercare innanzitutto questi beni materiali.

Il cuore del povero Lazzaro è più libero di quello del ricco malvagio e Dio, attraverso la voce di Abramo, non chiede soltanto al ricco di condividere la mensa con Lazzaro, ma gli chiede di cambiare il suo cuore, di accettare la legge dell'amore per diventare suo fratello ( cf. Lc 16,19ss ).

È liberandoci dai nostri idoli che Dio consentirà non solo che il nostro lavoro trasformi il mondo, accrescendo i diversi tipi di ricchezza, ma soprattutto farà in modo che il lavoro stesso venga inteso come servizio a tutti gli uomini.

Il mondo, allora, potrà ritrovare la sua bellezza originale, che non è unicamente quella della natura il giorno della Creazione, ma quella del giardino mirabilmente lavorato e reso fertile dall'uomo, al servizio dei suoi fratelli, alla presenza amorevole di Dio e per amore suo.

« "Contro la fame cambia la vita", è il motto nato in ambienti ecclesiali e che indica ai popoli ricchi la via per diventare fratelli dei poveri … »93

66. L'attenzione al povero …

Il cristiano, là dove Dio lo ha posto nel mondo, risponderà all'appello di colui che ha fame ponendosi seriamente delle domande circa la propria stessa vita.

L'appello di colui che ha fame spinge l'uomo a interrogarsi sul senso e sul valore della sua attività quotidiana.

Cercherà di vedere le conseguenze, prossime ed a volte più remote, del suo lavoro professionale, volontario, artigianale, domestico.

Misurerà la ricaduta, molto più concreta e più ampia di quanto potesse ritenerla, dei suoi atti, anche di quelli più ordinari, e dunque della sua effettiva responsabilità.

Esaminerà la gestione del suo tempo, che nel mondo attuale, per difetto o per eccesso, provoca tante sofferenze; per esempio, nel caso della disoccupazione, può diventare un fattore altamente distruttivo.

Aprirà gli occhi della mente e del cuore e, se saprà cogliere l'invito rivolto da Dio a tutti gli uomini, si porrà con regolarità, discrezione ed umiltà all'ascolto e al servizio di chi è nel bisogno.

È questo un richiamo rivolto in particolar modo a coloro che il linguaggio corrente definisce « i responsabili ».

San Paolo ribadisce, e non a caso, che « Gesù Cristo … da ricco che era si è fatto povero per voi » ( 2 Cor 8,9 ).

In effetti, Egli voleva renderci ricchi con la sua povertà e con l'amore che noi dobbiamo avere nei confronti del povero.

67. … nell'ascolto di Dio

L'ascolto di Dio presente nel povero, aprirà il cuore dell'uomo e lo solleciterà a cercare un incontro personale sempre nuovo con Dio.

Questo incontro che Dio stesso vuole, Lui che non cessa di cercare ogni uomo e tutto l'uomo, proseguirà nel cammino quotidiano che trasforma progressivamente la vita di colui che accetta « di aprire la porta » a Dio medesimo che umilmente bussa ( cf. Ap 3,20 ).

L'ascolto di Dio richiede del tempo, con Dio e per Dio.

È la preghiera personale: essa sola consente all'uomo di mutare il proprio cuore e, di conseguenza, il proprio agire.

Il tempo dedicato a Dio non è tolto ai poveri.

Una vita spirituale forte ed equilibrata non ha mai distolto alcuno dal servizio dei suoi fratelli.

E se San Vincenzo de' Paoli ( 1660 ), famoso per il suo impegno in favore dei diseredati, diceva: « Lascia la tua preghiera se tuo fratello ti chiede una tazza di tisana », non bisogna scordarsi che il santo pregava circa sette ore al giorno e trovava nella preghiera il sostegno al suo agire.

68. Cambiare vita …

L'uomo che è all'ascolto di suo fratello e che si apre alla presenza ed all'azione di Dio, rimetterà progressivamente in discussione le sue abitudini di vita.

La corsa all'abbondanza, alla quale partecipa un numero sempre crescente di individui, spesso in mezzo ad una crescente miseria, cederà progressivamente il passo ad una maggiore semplicità di vita che in molti paesi è già dimenticata, ma che ridiventerà possibile ed anche auspicabile, nel momento in cui il consumatore nelle sue scelte cesserà di preoccuparsi dell'apparire.

Infine, l'uomo, che così accetta di mutare il suo modo di vivere per cercare di conformarsi a quello che Dio stesso ci ha mostrato nelle parole di Cristo, e che riflette sulle conseguenze della sua attività - quale che essa in apparenza sia, importante o insignificante - si metterà in tal modo al servizio del bene comune, della promozione integrale di tutti gli uomini e di ogni singolo uomo.

69. … per cambiare la vita

Liberato progressivamente delle sue paure e delle sue ambizioni puramente materiali, illuminato sulle possibili conseguenze dei suoi propri atti, quale che sia il suo ruolo, l'uomo, che così accoglie la presenza di Dio in tutti gli aspetti della sua vita, diventerà un operatore della civiltà dell'amore.

Discretamente, in profondità, il suo lavoro assumerà il carattere di una missione, nella quale si farà obbligo di esercitare e sviluppare i suoi talenti, di contribuire alla riforma delle strutture e delle istituzioni, di avere un comportamento esemplare, che inciterà il suo prossimo ad agire parimenti, e di porsi al servizio della dignità dell'uomo e del bene comune.

Le circostanze della vita fanno sì che un tale approccio al lavoro venga considerato impossibile.

Ma l'esperienza dimostra che anche in situazioni apparentemente senza via d'uscita, ciascuno ha sempre un seppur piccolo margine di manovra, e che le sue scelte hanno un'importanza concreta, sia per i suoi simili sul posto di lavoro, come pure per il bene comune.

Ciascuno, in un certo senso, è responsabile degli altri.94

È uno dei segnali dell'appello all'amore che Dio non cessa di far riecheggiare.

In circostanze a volte difficili, che possono addirittura provocare sofferenze prossime alla testimonianza-martirio, ciascuno deve trovare sostegno nella forza di Dio, che ci promette il suo aiuto se noi lo poniamo al centro della nostra vita, compresa quella attiva.

« Coraggio, popolo tutto del paese, al lavoro, perché io sono con voi … ed il mio Spirito sarà con voi, non temete » ( Ag 2,4-5 ).

Il cristiano lotta contro le « strutture di peccato » e si fa addirittura strumento della loro distruzione.

Pratiche tanto deleterie sul piano dello sviluppo economico e sociale saranno allora meno diffuse.

Nelle regioni ove i cristiani, con coraggio e determinazione, coinvolgeranno uomini di buona volontà, la miseria potrà cessare di progredire, le abitudini di consumo potranno mutare, potranno realizzarsi riforme, la solidarietà svilupparsi e la fame arretrare.

70. Sostenere le iniziative

In prima fila tra questi cristiani figurano i religiosi e i ministri ordinati, chiamati a dare la loro vita per Dio e per i propri fratelli.

Per tutto il corso della storia della Chiesa, dai diaconi degli Atti degli Apostoli ( cf. At 6,1ss ), fino ad oggi, vi sono stati uomini e donne straordinari,95 ordini religiosi e missionari, associazioni di cristiani laici, istituzioni ed iniziative ecclesiali, che hanno cercato di aiutare i poveri e gli affamati.

Hanno combattuto la sofferenza e la miseria sotto tutte le loro forme, in obbedienza a Cristo.

La Chiesa ringrazia tutti coloro che attualmente prestano questi servizi sotto forma di azioni concrete in favore del prossimo, nelle diocesi, nelle parrocchie, presso le organizzazioni missionarie, le organizzazioni caritatevoli e le altre ONG.

Essi trasmettono l'amore di Dio e mostrano l'autenticità del Vangelo.

La Chiesa cattolica è presente in tutti i continenti con circa 2700 diocesi o circoscrizioni molto diverse fra loro,96 molte delle quali impegnate già da tempo nell'azione contro la fame e la povertà.

Le diocesi e le parrocchie sono luoghi privilegiati di discernimento in ordine a ciò che i cristiani possono fare.

In tali contesti, facilitano l'organizzazione di gruppi a livello popolare, di gruppi locali e di comunità.

Comunità di accoglienza a misura d'uomo possono ridare fiducia, aiutare ad organizzarsi, a meglio vivere, ad uscire dalla rassegnazione e dall'annientamento.

Il Vangelo ridiventa così speranza per i poveri, in un crogiuolo ove la forza di Cristo si coniuga con quella dei diseredati.

Ciascuno è chiamato a partecipare a questa azione.

Ciascuno, a seconda delle sue condizioni di vita, della sua posizione nel mondo e nel suo ambiente circostante, deve tradurre in azioni questo appello all'amore che Dio ci trasmette tramite la presenza dei nostri fratelli che hanno fame.

La meravigliosa varietà umana, nella diversità delle culture, comporta una molteplicità di impegni e missioni.

È il caso, dunque, che ogni cristiano favorisca le diverse iniziative locali.

La Chiesa cattolica è consapevole di condividere questo impegno con le altre chiese cristiane e con le altre comunità religiose, come pure con tutti gli uomini di buona volontà.

Le azioni a carattere umanitario sono un importante campo di azione per il cristiano, che dovrà tuttavia contribuirvi in maniera particolare affinché gli scopi dell'associazione e della sua azione rimangano centrati al servizio integrale dell'uomo, senza escludere la sua dimensione spirituale.

In tal modo egli sarà un baluardo contro coloro che potrebbero tentare di sviare il dinamismo dell'associazione verso obiettivi politici ispirati al materialismo e ad ideologie che, in ultima analisi, sono sempre distruttive dell'uomo.

71. La chiamata alla missione nella quotidianità di ogni cristiano

Il cristiano è al servizio dei suoi fratelli, in tutti i campi della sua attività e della sua vita.

L'amore operoso è un appello rivolto a tutti i cristiani nel loro lavoro quotidiano, come pure nelle loro iniziative personali.

L'impegno del cristiano, al pari delle sue azioni umanitarie e caritative, proviene dalla stessa chiamata alla missione.

Nella loro attività professionale, come pure in quella di volontariato o nel lavoro domestico, spesso notevole, l'uomo e la donna sono chiamati a vivere la stessa missione, quella di annunciare e servire la Buona Novella nelle gioie e nelle sofferenze quotidiane e in ogni situazione.

La qualità del proprio lavoro, la partecipazione a riforme giuste, l'esempio umile nel comportamento, l'attenzione agli altri, sempre presente anche al di là dei legittimi obiettivi personali ed istituzionali, tutto ciò è un bagaglio quotidiano per l'uomo e la donna che cercano di offrire a Dio, in tutti gli aspetti della loro vita, la possibilità di avvicinarsi loro e di far crescere il mondo intero nel Suo amore.

Saranno allora vieppiù capaci di lottare contro gli sprechi e le ingiustizie e di offrire le loro sofferenze e le loro gioie a Cristo Salvatore, che dà loro il suo Spirito nella vita di ogni giorno.

Il cristiano cercherà di affidare tutte le proprie azioni nelle mani di Colui che parla direttamente al nostro cuore per bocca di ogni povero.

Il cristiano, trascinatore di uomini di buona volontà, con i quali condivide i valori umani fondamentali, dovrà vigilare a che il suo agire personale e quello dei suoi fratelli cristiani, rimanga ispirato alla Parola di Dio e radicato nella vita divina, in unione con la Chiesa e con i suoi pastori.

La comunione nell'azione deve essere comunione con il Signore, che veglierà egli stesso affinché tale azione sia pensata e realizzata nello Spirito Santo e non perda la sua qualità di missione dalla radice divina, missione nella quale il Servo dell'Uomo è cercato in modo personale quale fonte, forza e fine dello stesso agire.

Il cristiano troverà il suo continuo sostegno nella preghiera alla beata Vergine Maria, orante ed agente in uno stesso movimento di servizio incondizionato a Dio ed agli uomini.

La Madre di Dio supplicherà lo Spirito Santo di effondersi nell'intelligenza e nel cuore del cristiano, che diventerà in tal modo, nel suo agire, un collaboratore libero, responsabile e fiducioso, in una azione che testimonierà l'amore di Dio e avrà fin d'ora il suo peso di eternità.

Città del Vaticano, Palazzo San Calisto, 4 ottobre 1996, Festa di San Francesco d'Assisi.

Paul Josef Cordes Arcivescovo titolare di Naisso Presidente Pontificio Consiglio « Cor Unum »

Mons. Iván MarIn Segretario Pontificio Consiglio « Cor Unum »

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90 Giovanni Paolo II, Secondo viaggio in Brasile ( 12-21 ottobre 1991 ), Discorso nella favela del Lixão de São Pedro
91 Costituzione Pastorale Gaudium et spes, n. 37.
Cf. anche Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Sollicitudo rei socialis, nn. 27-28: « una simile concezione [ di sviluppo ], legata alla nozione di "progresso", dalle connotazioni …
92 Cf. nota n. 38
93 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Redemptoris missio, n. 59
94 Questa convinzione non è soltanto diffusa presso i cristiani.
È alla base di un movimento recentemente costituito negli Stati Uniti, il « comunitarismo ».
Il sociologo A. Etzioni presenta il movimento che auspica la promozione del bene comune di ogni uomo nel suo studio The Spirit of Community.
Rights, Responsabilities and the Communitarian Agenda,Crown Publishers, inc. New York 1993
95 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Sollicitudo rei socialis, n. 40
96 Cf. Secretaria Status Rationarium Generale Ecclesiae, Annuarium statisticum Ecclesiae, Typis Vaticanis (1994), p. 41