Concilio di Basilea

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Sessione XXII ( 15 ottobre 1435 )

Condanna del libello di Agostino Favaroni

Il sacrosanto sinodo di Basilea, legittimamente riunito nello Spirito santo, espressione della chiesa universale, a perpetua memoria.

Poiché tra le altre opere di pietà, questo santo sinodo si è riunito in modo particolare per conservare la verità della fede cattolica e per estirpare gli errori e le eresie, è nostra precipua sollecitudine - non appena sappiamo che si diffonde qualcosa che possa offendere la purezza della fede cristiana ed annebbiare lo splendore della luce nelle menti dei fedeli - intervenire tempestivamente e liberare con ogni diligenza il campo del Signore dalla nociva zizzania ( Mt 13,30 ) e dai rovi.

Questo santo concilio condanna quindi e riprova un libello, pubblicato dal maestro Agostino, detto volgarmente da Roma, arcivescovo di Nazareth.

Il primo trattato riguarda il mistero dell'unità di Gesù Cristo e della chiesa, cioè del Cristo totale; il secondo, del Cristo capo e del suo principato; un altro della carità del Cristo per gli eletti e del suo infinito Minore.

Lo condanna con i suoi sostenitori perché contiene una dottrina non sana ed erronea.

In particolare condanna la scandalosa affermazione contenuta nello stesso libro, erronea nella fede e che le pie orecchie dei fedeli non possono ascoltare senza orrore, che, cioè, il Cristo pecca ogni giorno, e che da quando cominciò ad essere ha peccato ogni giorno, quantunque egli dica che non intende affermare ciò del Cristo, capo della chiesa e nostro salvatore, ma delle sue membra, che egli ha affermato essere Un solo Cristo, col Cristo capo.

Condanna anche queste proposizioni ed altre simili, che esso dichiara ricadere negli articoli condannati nel sacro concilio di Costanza, e cioè:

Non tutti i fedeli giustificati sono membra del Cristo, ma solo gli eletti, che alla fine regneranno col Cristo.

Le membra di Cristo, da cui è formata la chiesa, sono costituite secondo l'ineffabile prescienza di Dio; ( 1 Pt 1,2 ) essa tuttavia, non è formata se non da quelli che sono stati chiamati secondo il proposito ( Rm 8,28 ) della scelta.

Non è sufficiente, perché alcuni diventino membra del Cristo, essere uniti a lui dal vincolo dell'amore, ma si richiede un'altra unione.

Ed anche le seguenti proposizioni, contenute nel libro:

L'umana natura nel Cristo è veramente Cristo.

L'umana natura nel Cristo è la persona di Cristo.

L'intima causa che determina la natura umana nel Cristo, non si distingue realmente dalla stessa natura determinata.

La natura umana nel Cristo è senza dubbio la persona del Verbo: e il Verbo, nel Cristo, assunta la natura, è realmente la persona che assume.

La natura umana assunta dal verbo con unione personale è veramente Dio naturale e proprio.

Cristo secondo la volontà creata ama tanto la natura umana unita alla persona del Verbo, quanto ama la persona divina.

Come in Dio due persone sono ugualmente amabili, cosi nel Cristo le due nature, l'umana e la divina sono ugualmente amabili a causa della persona che hanno in comune.

L'anima del Cristo vede Dio cosi chiaramente ed intensamente, come Dio vede chiaramente ed intensamente se stesso.

Il santo sinodo condanna queste proposizioni ed altre che derivano dalla stessa radice e contenute nello stesso libro come erronee nella fede.

Perché, quindi, non avvenga che qualcuno dei fedeli a causa di questa dottrina cada in errore, comanda severamente che nessuno osi insegnare, predicare, difendere o approvare la dottrina di questo libro e in particolare le proposizioni sopra riferite, già dannate e riprovate, come abbiamo riferito, ed anche quei trattati che lo difendessero.

Quelli poi che si comportassero diversamente vengano puniti come eretici ed anche con altre pene canoniche.

In nessun punto però, il concilio intende derogare con queste sue disposizioni alle espressioni ed agli scritti dei santi dottori che parlano di questi argomenti; anzi accetta e accoglie le loro dottrine secondo il loro vero significato, come viene comunemente esposto e dichiarato nelle scuole di teologia da essi stessi o da altri dottori.

Con questa sentenza il santo sinodo non intende neppure pregiudicare la persona dell'autore, perché anche se è stato convocato, ha allegato le cause della sua assenza, ed in alcuni suoi scritti ed in altri modi ha sottomesso la sua dottrina al giudizio della chiesa.

Concludendo, questo santo sinodo comanda ed impone a tutti gli arcivescovi, vescovi, cancellieri delle università, e agli inquisitori per l'eresia, che vogliano usare la loro accorta diligenza e provvedere che nessuno possa avere questo libro e gli scritti che lo difendono, od osi conservarlo e tenerlo presso di sé, e che anzi lo consegni alle persone sopra indicate, perché ne facciano quello che le leggi dispongono.

In caso diverso, si proceda contro di essi con, le sanzioni canoniche.

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