Concilio di Basilea

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Sessione XXI ( 9 giugno 1435 )

Delle annate

Il sacrosanto concilio generale di Basilea, legittimamente riunito nello Spirito santo, espressione della chiesa universale, a perpetua memoria.

In nome dello Spirito santo paraclito, questo santo sinodo stabilisce, che sia nella curia romana che altrove, per ottenere la conferma delle elezioni, l'accettazione delle postulazioni, la provvista delle presentazioni, e per ogni conferimento, collazione, elezione, postulazione, presentazione, anche fatta da laici, e ancora per ogni costituzione, installazione, investitura, non si esiga d'ora in avanti assolutamente nulla, sia prima che dopo, dalle chiese anche cattedrali e metropolitane, dai monasteri, dalle dignità, dai benefici, dagli offici ecclesiastici, qualsiasi essi siano, a titolo di sigillo della bolla di annate comuni, di servizi minori, di primi frutti, di redditi del primo anno o sotto qualsiasi altro titolo, colore, scusa, col pretesto di qualsiasi consuetudine, privilegio, o statuto, o per qualsiasi altra causa od occasione, direttamente, o indirettamente.

Sarà dato solo il compenso dovuto agli scrittori, agli abbreviatori, e ai registratori delle lettere o minute per il loro lavoro.

Se qualcuno credesse di poter contravvenire a questo sacro canone esigendo qualche compenso, dandolo o promettendolo, incorra nelle pene stabilite contro i simoniaci, e non acquisti nessun diritto e nessun titolo alle dignità e ai benefici ottenuti in questo modo.

Anche gli obblighi, le promesse, le censure e le disposizioni date, e tutto quello che potesse esser fatto in pregiudizio di questo utilissimo decreto, non avranno nessuna forza e siano ritenuti nulli.

E se - Dio ci guardi - il romano pontefice, che più degli altri deve mettere in esecuzione ed osservare i canoni dei concili universali, scandalizzasse la chiesa col fare qualche cosa contro questa disposizione, sia deferito al concilio generale.

Gli altri siano puniti con una degna punizione dai loro superiori in proporzione della loro colpa, secondo le disposizioni dei canoni.

Come si debba celebrare in chiesa l'ufficio divino

Se uno nel pregare un principe di questo mondo si preoccupa di presentarsi con abito decoroso, con portamento dignitoso, di non precipitare nel parlare, ma di pronunciare chiaramente le parole, e di essere attento con la mente, quanto più diligentemente deve fare attenzione ad usare queste cautele nel luogo sacro, nell'accingersi a pregare l'Onnipotente?

Stabilisce, quindi, il santo sinodo, che in tutte le cattedrali e chiese collegiate, ad ore opportune, dato il dovuto segnale col suono delle campane, si recitino con riverenza, da tutti, le lodi divine per ogni ora, non di corsa o in fretta, ma piano e adagio e con una pausa conveniente, specie a metà di ciascun versetto dei salmi, osservando la dovuta differenza tra l'ufficio solenne e quello fermale.

Nell'accingersi a recitare le ore canoniche, si entri in chiesa con la tunica talare e con le cotte pulite, lunghe fin sotto la metà della tibia, o con cappe, secondo la diversità delle stagioni e delle regioni, tenendo in capo non i cappucci, ma le almucie o le berrette.

Giunti in coro, ci si comporti con serietà, come il luogo e l'ufficio esigono; non chiacchierando o parlando, o leggendo lettere o altri scritti.

E poiché si recano li proprio per recitare i salmi, non devono tenere le labbra unite e chiuse, ma cantino tutti - specie quelli costituiti in maggiore dignità - gioiosamente i salmi, e i canti a Dio.

Quando si dicono le parole: Gloria al Padre, al Figlio, e allo Spirito Santo, si alzino tutti.

Quando si pronuncia quel glorioso nome di Gesù, nel quale ogni ginocchio si piega, dei celesti, degli abitatori della terra, degli inferi ( Fil 2,10 ) tutti inchinino il capo.

Nessuno, mentre si cantano pubblicamente le ore in comune, legga o reciti privatamente l'ufficio; non solo, infatti, in tal modo defrauda il coro dell'onore che gli spetta, ma disturba anche gli altri che cantano i salmi.

Perché poi queste norme siano debitamente osservate, - ed anche le altre che riguardano il proseguimento del divino ufficio o la disciplina del coro - il decano, o quegli cui spetta sia solerte e vigilante, volgendo lo sguardo attentamente, qua e là, perché non sia fatto nulla senza il dovuto ordine.

Quanto ai trasgressori di queste disposizioni, siano puniti con la multa di quell'ora in cui le norme predette sono state trasgredite, o con una maggiore, secondo la gravità della trasgressione.

In qual tempo ciascuno debba essere in coro

Chi, a mattutino, non sarà presente all'ufficio divino da prima della fine del salmo Venite exsultemus, ( Sal 95,1 ) nelle altre ore da prima della fine del primo salmo, e nella messa da prima dell'ultimo kyrie, eleison alla fine, - a meno che, costretto da una necessità, e chiesta e ottenuta dal presidente del coro la licenza di allontanarsi, non debba andarsene per quell'ora sia considerato assente, salve le consuetudini delle chiese, qualora ve ne fossero di più strette su questo punto.

Si osservi la stessa disciplina con coloro che non prendano parte alle processioni dal principio alla fine.

Per l'osservanza di questa norma sia designato qualcuno, il quale abbia l'incarico di annotare le singole persone che non giungono al tempo stabilito, obbligato dal giuramento ad agire fedelmente e a non risparmiare nessuno.

Questo santo sinodo comanda anche che nelle chiese in cui non vi fossero distribuzioni per le singole ore, siano senz'altro stabilite norme di modo che ognuno percepisca un utile più o meno grande secondo il suo lavoro, togliendo assolutamente l'abuso, per cui chi è presente ad una sola ora, usurpa le distribuzioni di tutto il giorno; e l'altro, per cui i preposti, o decani, o gli altri officiali, solo per il fatto che sono officiali, anche se attualmente siano assenti non per utilità della chiesa, percepiscono le distribuzioni quotidiane.

Come debbano recitarsi le ore canoniche fuori del coro

Questo santo sinodo ammonisce tutti quelli che sono beneficiati o costituiti negli ordini sacri, che sono tenuti a recitare le ore canoniche, perché vogliano recitare l'ufficio diurno e notturno non con voce gutturale, o fra i denti, o mangiandosi o storpiando le parole; e neppure inframezzando discorsi o ridendo; ma che - lo dicano soli o in compagnia - lo recitino con riverenza e pronunciando bene le parole, e in luogo tale per cui non debbano perdere la devozione.

Si devono, anzi, preparare e disporre ad esso, conformemente a quanto sta scritto: Prima della preghiera prepara l'anima tua, perché tu non sia uno di quelli che tentano Dio. ( Sir 18,23 )

Di quelli che durante i sacri misteri vanno in giro per la chiesa

Coloro che godono di benefici ecclesiastici, specie se maggiori, se durante la celebrazione degli uffici divini fossero visti andare in giro per la chiesa o fuori, nei dintorni di essa, camminando o chiacchierando con altri, perdano ipso facto la presenza non solo di quell'ora, ma di tutto il giorno.

Chi, ripreso una volta, non si correggesse, sia privato delle distribuzioni per un mese; e sia sottoposto anche ad una pena maggiore, se la sua pertinacia lo richiedesse, cosi che alla fine sia costretto a desistere.

Si faccia anche in modo che i divini uffici non vengano impediti o disturbati dall'andare e venire tumultuoso per la chiesa da parte di chiunque.

I religiosi che nelle chiese conventuali mancassero su questi punti, siano gravemente puniti a discrezione dei loro superiori.

Della tabella appesa in coro

Perché ogni cosa nella casa di Dio proceda con ordine e ciascuno sappia cosa deve fare, si ponga una tabella appesa in modo permanente nel coro, nella quale sia scritto cosa si deve leggere o cantare da ciascun canonico o dagli altri beneficiati in ogni ora per una settimana, o anche per un tempo più lungo.

Chi poi fosse negligente nel compiere - personalmente o per mezzo di altri - quanto è scritto in essa, perda per ogni ora le distribuzioni di un giorno intero.

Di quelli che nella messa non cantano tutto il credo, o cantano o leggono a voce troppo bassa, o senza l'inserviente

Volendo abolire l'abuso di alcune chiese, nelle quali il Credo - che è il simbolo e la professione della nostra fede - non viene cantato completamente fino alla fine, o si tralascia il Prefazio o l'orazione del Signore, o si cantano nella chiesa canzoni secolari, o si celebra la messa - anche privata - senza l'inserviente, o a voce talmente bassa, nelle orazioni, da non essere percepita dagli astanti, stabiliamo che chi sarà stato trovato colpevole su questi punti, sia debitamente punito dal suo superiore.

Di quelli che danno in pegno il culto divino

Aboliamo anche l'abuso, che deroga apertamente al culto divino, per cui alcuni canonici, contraendo debiti si obbligano in tale forma coi loro creditori, che, se al tempo stabilito non avessero soddisfatto ai loro obblighi, cessino dai divini uffici; e dichiarando nulla questa obbligazione, anche se confermata con giuramento, stabiliamo che chi fa un contratto illecito di tal genere, perda ipso facto i frutti di tre mesi, da devolversi alla chiesa stessa.

E fino a che non abbia ripreso la celebrazione dei divini uffici, non percepisca provento dalla stessa chiesa.

Di quelli che tengono il capitolo durante la messa maggiore

Questo santo sinodo proibisce che i canonici nel tempo della messa solenne, specie nei giorni festivi, tengano capitoli, o atti capitolari, o altre trattazioni a meno che non lo richieda una assoluta ed evidente necessità.

Chi per tale ora indicesse il capitolo, sia sospeso per una settimana dalle distribuzioni quotidiane; ed anche i canonici per quella ora non percepiscano le stesse distribuzioni.

Non si tengano spettacoli in chiesa

Detestando anche quel vergognoso abuso, divenuto frequente in alcune chiese, - per cui alcuni benedicono con mitra, pastorale e vesti pontificati come vescovi e altri si vestono da re e duchi ( e questa festa in alcune regioni si chiama dei matti, o degli innocenti, o dei fanciulli ), altri fanno giochi da maschere e da teatro, altri balli e baldorie tra uomini e donne e spingono la gente al divertimento e al riso, altri preparano banchetti e conviti, - questo santo sinodo stabilisce e comanda sia agli ordinari che ai decani e rettori di chiese, sotto pena della sospensione da tutti i proventi ecclesiastici per tre mesi, che non permettano più che nella chiesa, che deve essere casa di preghiera, ( Is 56,7; Mt 21,13 ) e anche nel cimitero abbiano luogo questi e simili ludibri, e che si tengano mercati o commerci di fiere.

E non manchino di punire i trasgressori con la censura ecclesiastica e con altri rimedi del diritto.

Questo santo sinodo stabilisce pure che siano nulle tutte le consuetudini, le leggi e i privilegi che su questi argomenti non si accordino con questi decreti.

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