Diario dei colloqui con Fra Leopoldo

Torino, 25 Gennaio 1919

Oggi alle 13 sono salito con Cambiaghi a Valsalice per intervistare il Dott. Coiazzi, Salesiano del liceo, professore di lettere e filosofia, e abilitato all'insegnamento delle lingue inglese e francese, sulla sua opera intorno alla vita e colloqui di Giosuè Borsi.

Vi ero già stato due volte, ma non ero riuscito perché la prima era il dì dell'Immacolata e lo trovai impegnato nella Cappella per l'Oratorio festivo e la seconda lo incontrai lungo il viale che usciva.

Oggi, invece, quando gli fu annunziata la visita, il Dott. Coiazzi, un'anima ardente di fede e di cultura soda, ci venne incontro con cordialità e premura.

Dopo la presentazione, egli ci condusse a passeggio sul terrazzo sopra la tomba del Venerabile ed esposi i punti sui quali desideravo spiegazioni: Giosuè Borsi, Psichari, Oratorio festivo.

Ed entrò senz'altro a parlare di Giosuè Borsi.

La sua parola è semplice, penetrante, ardente.

Ci dice che si è recato ultimamente a Firenze presso la mamma di Giosuè e si è fermato là 20 giorni per raccogliere materiale onde completare in una nuova edizione la vita dell'eroe cristiano.

Ed il materiale non gli è mancato.

Tra i fatti salienti avvenuti dopo la morte del Borsi, ne cita quattro o cinque con dati e documenti che certo mi impressionano.

Mi spiace non aver notato le date e quindi mi sono sfuggite, come i nomi delle persone, ma verranno prossimamente pubblicati nel suo libretto.

Una conversione importante è quella di Gualtiero Tumiati, lo scrittore brillante, il quale è già ormai praticante.

Egli che era amico di Borsi, ha sentito, lo stesso giorno della morte, la voce distinta di Giosuè che gli diceva: "Dunque deciditi, è l'ora".

Contemporaneamente, nella stessa ora, la voce si faceva sentire mentre erano a tavola al suo amico ..............., il quale, rivoltosi alla moglie, le domandò se aveva sentito Giosuè dire distintamente: "Dunque deciditi, è l'ora".

La voce poco dopo ripeté le parole e non sapevano a che attribuirla, soltanto dopo, quando si sparse la voce della morte, compresero tutto.

L'unione di quell'uomo era illegale con quella donna.

Sistemarono la loro posizione, riconobbero i bimbi ed ora vivono cristianamente.

Importante pure è il fatto di una signora, la quale sembra avesse avuta relazione nella vita libera di Giosuè.

Poiché è bene osservare, come ci tiene a risaltare il Prof. Coiazzi, che Borsi non è stato mai un ateo nel vero senso della parola.

Egli ha sempre sentito la verità della fede nella mente, ma la sua vita è stata tutta diversa anche dai più elementari principi di questa fede.

Ebbene, facendo un giorno prima di partire per la guerra una discussione sulla immortalità dell'anima e sostenendo egli questa verità, la signora gli aveva risposto che essa non credeva e vi avrebbe creduto soltanto quando uno morto glielo avrebbe detto.

Ebbene Borsi, con lo spirito allegro e con colorito speciale alle parole rispose sorridendo che egli sarebbe partito per la guerra, sarebbe morto sul campo ed egli stesso le avrebbe annunciato tale verità.

Giosuè parte, muore il 15/11/1915 e quella signora si sente invitata da una voce a leggere un brano di un libro ( un libro di Seneca ), sente additarsi il comma da leggere, nel quale vi era un richiamo di altro libro in fondo alla pagina.

E così di voce in voce, di libro in libro, Giosuè conduce quella signora come guida sulla via del Signore.

Altro fatto. Ad una signora ( e mi dispiace non avere i nomi e dati che mi sono sfuggiti, ma li chiederò di nuovo in una prossima intervista ) era venuto in mano il testamento spirituale di Giosuè.

Lo legge, e poi con aria di disprezzo lo mette sotto i piedi e lo calpesta ripetendo: "La solita letteratura, anche tu non senti ciò che scrivi".

Ebbene quella signora diventa cieca.

Impensierita di quell'oltraggio, pensa riparare e prendendo il documento, se lo pone sugli occhi e gradatamente le ritorna la vista.

La signora è fuori di sé dalla gioia e va pellegrinando alla casa di Giosuè dalla mamma.

Non osa entrare. La domestica annunzia alla mamma che vi è una signora che piange e non vuole entrare.

La signora Diana corre, prega di entrare e la signora racconta, mettendosi a disposizione completa della mamma.

Un ufficiale cieco scrive alla mamma di Giosuè una lettera di riconoscenza e fra l'altro dice: "Leggo col sistema Braille il testamento spirituale di Borsi con gli occhi spenti e con il cuore illuminato".

Altro fatto. Un ufficiale che era vissuto in trincea con Borsi, edificato dalla condotta, dalla carità, dalla purezza, dall'entusiasmo di quel giovane ufficiale, aveva per Borsi un'ammirazione grande.

Il Prof. Coiazzi parla con molta facilità e semplicità di questi fatti e dice che non siamo obbligati a crederli miracoli e nemmeno pretendere che gli altri li credano tali, perché la Chiesa non si è pronunziata ancora.

Quello che è certo è che questi fatti sono avvenuti perché le persone che li attestano sono vive e si tratta di tutti convertiti viventi e non di persone morte.

Certo, dice, sono cose che, per noi che crediamo, portano consolazione e le persone che si interessano di questi fatti meritano tutta la nostra stima.

Dice che le lettere che ormai giungono alla mamma di Borsi non si contano più; né egli ha potuto leggerle tutte.

É certo però cosa straordinaria la quantità di anime che leggendo i colloqui di Giosuè si sono convertite, altre rinvigorite nella fede, altre messe nella buona strada.

Racconta il fatto avvenuto anche nella Chiesa di S. Maria al Fiore, dove il Prof. Don Benedetto Galbiati, valente oratore di Monza, leggendo un giorno dal pulpito il testamento spirituale di Borsi, esortò ad una piccola offerta i presenti per rendere pubblico e distribuire diffusamente questo documento, che avrebbe fatto tanto bene.

Sceso dal pulpito, si presenta all'oratore un signore e dice che pensava lui per la spesa occorrente alla pubblicazione di questo benefico documento.

Il Prof. Coiazzi che ci intrattiene a parlare del Borsi già per un'ora, ci invita a salire nella sua camera per prendere visione dei documenti.

É una cameretta da religioso e ci colpisce la semplicità di quest'uomo di tanta cultura e di una carità veramente di un figlio di Don Bosco.

Il Prof. Coiazzi parla con calore, ma si sente sicuro di quanto va dicendo per uno studio profondo fatto sulle opere del Borsi, sui documenti che con squisita cortesia ci fa passare, sulle visite fatte a Firenze alla mamma, al Cardinale Maffi, a Padre Alfani ed a quanto si scrisse su Giosuè.

Ci fa vedere il libro "Prime fons" del Borsi, l'altro "Scruta obsoleta", una lettura dantesca e un'infinità di altre opere minori, novelle, conferenze, ecc. compresa quella del Prof. Romagnoli e di Paolini.

Ma ciò che maggiormente attira l'attenzione è un libricino in pelle usato dal Borsi e con la sua firma autografa, la "Divina Commedia" che la mamma ha donato al Prof. Coiazzi.

Prendo nelle mani, leggo, direi con venerazione, un foglietto scritto in matita dal Borsi.

É il foglietto con il quale trasmette al Cappellano Don Ezio Barbieri l'ultima lettera alla mamma, quel documento tanto prezioso.

In quel foglietto scritto in matita e con calligrafia affrettata, lo prega di consegnare alla mamma la lettera dopo la sua morte.

É di poche parole, ma commoventi.

Questo documento il Prof. Coiazzi lo farà pubblicare nella nuova vita che lui scriverà e lo ritornerà al Card. Maffi dal quale lo ebbe.

Ed è con vero desiderio e piacere che il Dott. Coiazzi mi permette di esaminare la corrispondenza di due illustri persone del quale il Prof. Coiazzi ne è stato stupito nel vedere in due eminenti persone tali tanto spirito di apostolato e tanta carità e semplicità evangelica: il Card. Maffi di Pisa e l'illustre Padre Alfani.

Mi dice che in quest'ultimo ha trovato una fede tale, una cura d'anime così ardente, come non avrebbe creduto.

E mi legge queste lettere, questo epistolario fra i due personaggi nelle quali vi sono comunicazioni consolanti.

Una è il documento della Cresima del Borsi del Cardinale Maffi che commuove.

E ve n'è un fascicolo che mi fa scorrere in fretta perché il tempo fugge.

Interessantissima è una del Padre Alfani al Card. Maffi sulla conversione di anime avvenute dopo la morte del Borsi, sia perché abbia agito direttamente o per mezzo dei suoi colloqui e della vita.

In questa lettera vi è un segno e spiega che è una fermata indipendente da lui, perché era stata richiesta l'opera sua di Sacerdote da un ufficiale che lo chiamava per mettersi a posto con Dio, per azione del Borsi.

E dice che in poco tempo erano stati molti, uomini dell'alta società, ufficiali, ecc. che avevano richiesto la sua opera per conoscere il Signore e convertirsi.

Si sente leggendo questi documenti un senso profondo di evangelica soddisfazione da parte di queste elette persone, e passa nei nostri cuori un'onda di gioia per la grazia che il Signore ci ha fatto donandoci la fede.

Vi sono anche e queste verranno pubblicate, lettere scritte all'amico suo del cuore, Massimo Bontempelli , per alcune volontà testamentarie e pubblicazione di opere.

Per fortuna, o meglio per grazia di Dio, i colloqui e le lettere si riuscì a pubblicarle noi, altrimenti sarebbero state deformate e mutilate nella loro forma, perché era decisione dell'animo di pubblicarle come saggio e valore letterario, non come scopo cristiano, o meglio elevazioni dello spirito di Giosuè.

In una copia di lettera che il Prof. Coiazzi permette per cortesia che noi prendiamo visione, diretta a Massimo, vi è un'esortazione così ardente, un'intimazione così affettuosa perché creda alle verità della fede, perché creda, si converta, preghi, che fa pensare e il Borsi assicura Massimo che è certissimo della verità che pratica e che esorta pure lui.

Il Bontempelli, scrittore del secolo, non si è ancora convertito.

Entra a parlare poi di Ernesto Psichari.

Dice che come persona di cultura è forse superiore al Borsi, ma è un altro carattere, più studioso, più profondo nel pensiero.

E la sua conversione è veramente una grazia straordinaria.

Per sua estrema bontà e cortesia ci fa leggere una lettura in francese ricevuta dalla mamma del Psichari, protestante, la quale viva tuttora divisa dal marito greco, e si firma col cognome di Renau, figlia di Ernesto l'apostata, non Psichari.

Essa ringrazia Coiazzi della vita scritta sul suo figlio e dice che quantunque pensasse e pensi diversamente dal suo figlio morto, pur tuttavia la relazione con Ernesto era ottima sotto ogni rapporto.

Mi dà diverse spiegazioni per gli Oratori festivi, regolamenti, una vita sul Borsi, riviste dei Salesiani e ci accompagna con continua premura e cortesia sino alla porta, giù nel cortile, ringraziando non noi lui, ma lui noi e pregandoci di ritornare ancora.

Indice