Diario dei colloqui con Fra Leopoldo

Torino, 1 Febbraio 1919

Oggi alle 16 fui da Fra Leopoldo.

Egli si mostra sempre più lieto di vedermi e non so esprimere il piacere che leggo sul suo viso durante queste visite.

Oggi Fra Leopoldo mi sembra più raccolto ancora del solito, quantunque i suoi occhi siano così pieni di gioia.

Gli parlo un momento dei bambini, dei quali si interessa.

Ma mi accorgo che ha qualche cosa da dirmi di importante, perché il suo sguardo è rivolto al cielo e la sua voce ha la tonalità delle confidenze importanti.

Vi sono dei momenti nei quali Fra Leopoldo sembra favellare nascostamente col cielo, perché si ferma ad intervalli come attendere l'ispirazione divina.

E mi dice di ritornare il giorno dopo perché aveva da consegnarmi un biglietto con un detto del Signore.

Io chiedo subito su che cosa il Signore si era degnato di rivelare, e Fra Leopoldo con riservata ma pur lieta compiacenza mi dice trattarsi di me.

Io rimango un po' colpito, chino gli occhi, ed oso appena chiedere come mai il Signore si degnava interessarsi di me che ero indegno.

Fra Leopoldo mi risponde che questo non sa, ma con una serietà buona, semplice, affettuosa, continua a dirmi che ciò che sa è che il Signore mi vuole tanto bene.

E continua: "Stamani, erano verso le cinque, mentre stavo facendo la Santa Adorazione, mi sentii prendere da un affetto così forte per lei nel Signore che non mi ricordai più nulla, e chiesi al Signore facendo il suo nome di aiutarlo per la sua vocazione.

E allora Gesù Crocifisso mi disse ciò che ora non ricordo più bene, ma che presso a poco "vuole che lei corrisponda all'amore che Nostro Signore ha per lei"".

E mi ripete che Nostro Signore mi vuole tanto bene e che ora si spiega perché ha concesso a me un privilegio così alto e solo.

"Poiché, continua, consideri un po' che favore altissimo è stato il suo.

Nessuno, fuori del Prof. Teodoreto e del Prof. Rostagno sa ed ha mai visto le rivelazioni del Santo Crocifisso, e creda che è un favore grandissimo, e a lei il Signore lo ha permesso.

Indubbiamente Gesù ha i suoi disegni.

Guardi, mi dice, il diavolo lavorerà contro di lei, e se anche dei Sacerdoti non crederanno, e metteranno dei bastoni non si sgomenti, lei preghi, e stia tranquillo, il Signore sarà con lei".

Io rimango un po' confuso da tanta bontà del Santo Crocifisso, e chiedo se nulla ha risposto in merito alla mia vocazione.

Fra Leopoldo mi ha risposto di no, ma gli ha fatto capire che mi guiderà lui.

Fra Leopoldo non mi parla più come un vecchio religioso ad un giovane, ma senza che il discorso scenda mai a parlare di cose che non siano di Dio, mi parla più che come un amico, un buon fratello, ed ha tanta dolcezza, affezione, premure, confidenza, spontaneità, da far sì che anch'io usi con lui altrettanta confidenza, spontaneità, ed è per questo che egli ne è tanto contento e soddisfatto.

Mi dice che anche così nel mondo posso fare tanto bene, e mi porta degli esempi.

Non gli nascondo la mia grande riconoscenza al Signore per tutte le grazie che continuamente concede a me ed ai miei.

Fra Leopoldo che ascolta attentamente, apre con maggior forza gli occhi, incrocia le sue braccia, si stringe le spalle, e come vedesse lontano, mi dice con sicurezza: "Stia tranquillo, che più saranno quelle che il Signore le farà.

Purché lei continui così, e preghi. Vedrà, vedrà".

Io gli espongo qualche dubbio, ritornando a casa, e temo di non continuare così.

Fra Leopoldo mi rassicura, dicendo che il Signore mi teneva ancora un po' a Torino appunto per rendermi maturo e sicuro, e poi di non temere.

Mi consiglia in ufficio di non mormorare mai di nessuno e con nessuno, usare pazienza con tutti, non cercare di aver ragione, di inimicarsi con nessuno, e vivendo in pace, e possibilmente non facendo comunella con tutti, sarei rimasto in pace col Signore.

Mi dice che anche in comunità se non si usa pazienza, guai, ci si turba, e non si rimane col Signore, mentre invece dappertutto si può godere della tranquillità e pace del Signore.

Ripeto, oggi Fra Leopoldo aveva un tono più dolce, se fosse possibile dire, del solito.

In queste ultime visite, ogni volta mi dà consigli d'oro, senza pretendere di darmeli, perché io li tengo per tali, mentre egli li dice così parlando, mosso da un affetto grande e da un grande desiderio di farmi del bene.

Ho notato che quando vado solo parla con me più liberamente nel senso che non ha segreti per quanto riguarda i detti del Signore, e mi parla di ciò che non direbbe in presenza di altri.

Perché la sua umiltà è tale che tace e tacerebbe con altri qualunque cosa che ponesse in rilievo la sua persona, mentre con me non lo fa perché sa che non ha segreti, e tutto dice per rendere gloria al Signore.

Mi domanda di Cambiaghi, si compiace dei suoi progressi e mi dice che spera ritornando a casa si conservi buono.

Vengono ad annunziare un'altra visita.

Fra Leopoldo, che ad intervalli mi usa del tu, mi chiede scusa, ed alle mie proteste ed al mio piacere di sentirmi trattato così, egli china la testa, si raccoglie un po', e dice che non sta bene.

Mi domanda se ritornando a casa avrò amici intimi, e gli rispondo che ne avevo uno ma che attualmente è ammalato.

Vi era pure qualche buon ragazzo, ma desideravo raccogliermi per studiare.

Mi dice che è bene aver qualcuno buono, e mi consiglia a studiare o meglio continuare la musica che è scienza divina.

Riguardo alla mia vocazione, sentendo che io sono pronto a fare quello che il Signore vuole, mi dice di attendere, pregare, sperando che il Signore decida.

Non vuole che io mi muova qualunque sia la persona che verrà, e me lo ripete.

Sono tutte prove di stima e benevolenza che io non merito.

Prima di farla entrare mi chiede se abbiamo qualche cosa di importante a dirci, sorride, e mi prega di rimanere.

Entra un giovane. Rimango ancora qualche momento.

Ho notato che Fra Leopoldo è contento di avere persone ma desidera sempre di parlare del Signore.

Le altre cose di mondo non lo interessano, e si vede che le ascolta per carità, non per diletto.

Io me ne accorgo praticandolo ogni giorno, e me lo disse egli stesso.

Pur tuttavia sul suo volto non passa mai la più piccola impazienza.

Mi congeda, e alla porta mi raccomanda di ritornare domani.

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