Diario dei colloqui con Fra Leopoldo

Torino, 10 Febbraio 1919

Oggi alle 16 fui da Fra Leopoldo.

Appena entrai mi disse che mi aspettava già.

Sul suo volto vi era la solita pace, e sul suo labbro un sorriso sì dolce che esprimeva quanta gioia avesse nel cuore.

Anche ieri sera fui a visitarlo con Cambiaghi, e quantunque vi fosse un giovane della Pia Unione e non si sia entrati nell'argomento delle meraviglie del Signore, pure fu una lezione per noi salutarissima.

Durante la nostra visita Fra Leopoldo si dovette alzare almeno una ventina di volte per andare ad aprire la porta, ebbene non lo sentimmo mai una volta dire una parola d'impazienza, mai un lamento, ma ritornava sempre ilare per dirci una buona parola.

E così oggi.

Io non ho mai sentito una volta sola Fra Leopoldo lamentarsi di nessuno, né del lavoro, né del sacrificio, di nulla, ma ho notato sempre un sorriso che nascondeva anche qualche contrarietà e tutto faceva per amor di Dio.

Vorrei saper dire l'affezione nel Signore che Fra Leopoldo ha per me, il piacere che mostra nel vedermi, il desiderio che ha di comunicarmi tante intime cose del Signore per edificarmi, e le premure per dimostrarmi il suo sentimento d'amico.

Mi racconta tutto, e mi parla con tale confidenza che mi spinge sempre ad aprirgli tutto il mio cuore.

Con una parola si potrebbe definire questo religioso: un Santo.

Ma noi studiandolo solo come uomo, dobbiamo attribuirgli delle virtù così alte da terminare ad appellarlo tale.

Non lo vidi mai irato, mai la sua voce sentii più alterata, eppure egli è il perno del convento, perché oltre la cucina s'interessa della biancheria, della pulizia, dell'ordine, di tutto insomma.

Infatti per tutto si chiama Fra Leopoldo, come io ho potuto constatare.

Condizione di più per essere messa a prova la sua pazienza, umiltà, carità, virtù che esercita tutte al massimo grado.

Spesso Fra Leopoldo mi guarda con un caro sorriso di compiacenza, poi alza gli occhi al cielo, e ripete: "Ma, tutto per amor di Dio".

Ritornando alla visita d'oggi, mi domanda del mio raffreddore, e poi mi racconta un fatto di una ragazza morta in concetto di santità, sentito raccontare oggi da un Padre.

Dopo morta, avrebbe aperto le mani che stringevano il Crocifisso per poterla mettere nel feretro.

Mi dice che nonostante un'indifferenza religiosa da sgomentare il Signore crea sempre le sue anime, ed anche in questo periodo di guerra ne ha suscitate molte.

È contento delle mie visite perché io gli rivolgo sempre delle domande che gli fanno molto piacere.

Fra Leopoldo mi consegna una busta, e mi dice che vi è la sua fotografia unica che possiede, fatta quattro anni fa circa, cedendo a pressione fattagli dal Cav. Cavallotti e da pie benefattrici, e che se non è pentito di averla fatta, pure ora non la farebbe più.

Perché gli sembra una cosa vana, e poi il Signore vuole che si tenga nascosto, ed il Signore ha i suoi disegni, quindi mi prega di non farla vedere a nessuno, eccetto che al sig. Ammiraglio e mia famiglia.

La mia gioia è grande, né sfugge a Fra Leopoldo che sorride, ed alle mie calde parole di grazie, dicendo che la terrò come cosa preziosissima vicino al mio letto, e mi rivolgerò ad essa per ottenere grazie, Fra Leopoldo china la testa.

Ho toccato un punto assai delicato.

Io vi ritorno, e gli dico che certamente Fra Leopoldo che tanto mi aiuta ora mi aiuterà ancora dal Paradiso, dove andrà subito dopo la morte.

Fra Leopoldo parla della morte non con ostentato o non sentito desiderio, ma con una tranquillità che fa stupire.

E mi dice con semplicità e calma: "Oh sì in Paradiso subito.

Il Signore vede delle macchie negli angeli, figuriamoci che cosa troverà in questo povero peccatore".

Poi, alza gli occhi al cielo, segno che ha qualche cosa di importante da comunicarmi, e mi dice:

"Certo che il Signore mi ha già detto qualche cosa a questo riguardo".

Fra Leopoldo già diverse volte mi ha fatto qualche accenno a ciò, ma non si è mai spiegato, certamente per umiltà, per non parlare di sé.

Ma nei detti che io ho già letto, e lo facevo notare oggi a lui, in un punto il Signore gli dice che appena morto attraverserà le sfere celesti, per andare ad occupare il posto tra le anime privilegiate.

Fra Leopoldo mi dice che tutti i detti del Signore sono basati sulla sua misericordia, che il Signore aspetta sempre i peccatori, sin dopo morte.

Già altra volta mi aveva detto questo, ed oggi mi dice del fatto di Don Bosco, che ha risuscitato da morte un bambino, morto senza potersi confessare per sua assenza, e confessatolo dopo, salvatolo.

E mi parla di queste meraviglie con tanta sicurezza e con tanta gioia, e mi dice che rileggendole gli fanno tanto bene.

Si discorre per un momento sulla predestinazione che io combatto, e Fra Leopoldo è pure dello stesso parere, perché ammettendola si distrugge la misericordia di Dio, il libero arbitrio, e non c'è più incitamento né merito alla perfezione, riuscendo inutile ogni nostro sforzo.

Fra Leopoldo mi ripete ancora con grande sicurezza che il Signore mi vuole tanto bene, e che mi aiuterà sempre.

Alle mie titubanze per la vita nuova che avrò in casa mi dice che avrò un periodo che sarò spostato, ma che poi mi ritroverò bene.

Mi dice che in casa troverò molto miglioramento, e di stringermi sempre più a Gesù Crocifisso, formando della mia camera un ambiente di Paradiso.

Mi ripete che il Signore mi farà delle grazie, e me lo ripete con sicurezza come ispirato, che vedrò che me ne farà tante e che sarò contento.

Alla mia richiesta del Crocifisso, mi dice che lo dirà di nuovo al Prof. Teodoreto, e che spera mi darà quello sul quale facevamo la Santa Adorazione nella Cappella: sarebbe per me un vero regalo.

Dimenticavo che nella busta con la fotografia vi era pure un foglietto con due quartine in versi di Fra Leopoldo.

Vi sarebbe da fare qualche correzione, e lo faccio notare a Fra Leopoldo, il quale non si offende, ma nella sua umiltà si compiace del mio giudizio, e mi dice che ne ha molte.

Gli domando se verranno pubblicate e mi risponde che questo non sa perché era in facoltà del Prof. Teodoreto.

Si sente però leggendoli una spontaneità che non si spiega in un uomo che non ha nessuna cultura.

In merito al mio ritorno a casa mi dice che sarà anche per lui doloroso, perché ormai mi ritiene come il suo più intimo amico, tanto da avermi sempre presente anche nella sua stanza, e pregando nella Santa Adorazione, e poi perché è difficile trovare anime che si intendano così santamente.

Mi accenna a qualche detto del Signore, che non trascrivo perché non ricordo bene, e mi dice come fra lui e il Prof. Teodoreto vi siano due corpi, ma un'anima sola per il Santo Crocifisso.

Ancora mi dice come la Vergine Santa, un giorno, temendo egli di peccare ecc., rivolgendosi a Lei la pregasse, Essa gli avrebbe detto: "Finché reciti il Santo Rosario, non temere".

a quel giorno, mi dice Fra Leopoldo, prima di scendere dalla cella, procura di averlo già recitato.

Suonano le cinque.

Mi accenna ad una apparizione di Nostra Signora del Sacro Cuore, ma è suonata la campana del coro.

Fra Leopoldo ripete: "Come passa il tempo quando ci sei tu! Ebbene venga domani che gliela racconto".

Fra Leopoldo oggi per la prima volta si era permesso di passarmi una mano sulla fronte come una carezza paterna, tanto affettuosamente mi prende sotto braccio, e mi accompagna.

Prima però abbiamo parlato del mio amico Cambiaghi, del quale si interessa Fra Leopoldo.

Raccomando caldamente a Fra Leopoldo di chiedere al Signore ciò che vuole da me, e Fra Leopoldo sorride, perché anche già altra volta mi disse che il Signore non ha premura.

Dimenticavo una raccomandazione di Fra Leopoldo.

Ritornando a casa, non aver premura di lavorare subito, ma prima preparare il terreno, e fare intanto quel poco gradatamente che se ne presentano le occasioni.

Io gli dico il mio timore per l'ufficio e Fra Leopoldo mi incoraggia, dicendo che avrò l'aiuto del Signore.

E non mi nasconde il beneficio di avere vicino il Sig. Ammiraglio.

A documentare le parole di non aver fretta nel lavoro, mi porta l'esempio di Suore andate in un paese.

Il Parroco aveva detto di non fare subito, ma continuare la vita come prima, lavorando gradualmente.

Dopo un anno cominciarono, e divennero padrone del paese.

Accompagnandomi alla porta, mi raccomanda di tornar presto domani e mi saluta col "Sia lodato Gesù Cristo".

P.S. Sulla fotografia nella dedica vi era un piccolo errore che ho fatto notare a Fra Leopoldo "ambi" invece di "entrambi", e la mancanza della data.

Fra Leopoldo mi ha autorizzato di correggere, e di mettere la data del 09/02/1919, perché la scrisse ieri.

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