Diario dei colloqui con Fra Leopoldo

Torino, 11 Febbraio 1919

Dopo pranzo alle ore 16,10, fui da Fra Leopoldo.

Si parlò subito di vocazione.

Mi disse che parlando stamani con un padre di me, questi gli aveva consigliato non insistere per il matrimonio, perché vi sono delle anime che è bene vivano totalmente per il Signore.

Più di una volta mi aveva accennato al suo desiderio che rimanessi nel mondo per poter fare del bene, oggi invece mi sembrò proclive che io mi facessi o francescano o Fratello.

Io gli ripetei che avrei fatto tutto ciò che voleva il Signore in qualunque modo, sia per lo stato ecclesiastico sia per quello del matrimonio, purché fossi in quello che voleva il Signore.

Mi parla ancora della sua fotografia.

Poi gli ricordo che ieri sera mi aveva accennato ad una visione di Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, e Fra Leopoldo è contento di parlarmene.

Mi dice che fu tre anni prima circa di farsi religioso.

Era allora in casa della Mamma, la quale poverina rimase inferma più di 20 anni.

Bisogna notare che Fra Leopoldo parla della Mamma con un affetto così vivo, con una pietà così forte, con una dolcezza così figliale, come se ancora fosse viva e vicina a lui.

Ebbene, mi racconta che un giorno un po' triste, scoraggiato di vederla soffrire, si era adagiato su un sofà, e vi si era addormentato.

In quel breve riposo ha una visione.

Vede la Vergine col Bambino tutta luminosa e di una bellezza da Paradiso, la quale gli dice: "Abbi pazienza, tua madre è una Santa", e poi scomparve.

Fra Leopoldo mi dice che non avrebbe abbandonato mai la sua povera Mamma, la quale aveva sofferto tanto cristianamente, e si decise a farsi religioso soltanto dopo la morte.

Ebbene, venuto a S. Tommaso, un giorno vide in un corridoio un bel quadro e si fermò stupito.

Riconobbe in quel quadro la stessa, identica figura di N.S. del Sacro Cuore, che gli era apparsa.

Chiese che quadro fosse a Padre Curato, ed ebbe in risposta che fu il primo quadro che si pose in Chiesa per la divozione a Nostra Signora.

Si ritorna a parlare ancora sullo stato, e Fra Leopoldo mi dice, con il tono delle confidenze, che il Signore mi vuole tanto bene, e che quello che ha sentito per me, non lo ha provato mai per nessuno, pregando.

"Ne è testimonio quel biglietto che le ho dato l'altro giorno.

Quello che mi ha fatto provare il Signore per lei, è cosa che non ho sentito mai per gli altri, e quel detto le deve servire di guida.

E poi stia tranquillo che il Signore mi ha fatto sentire che lo avrebbe guidato lui, illuminato, ed il Signore non ha fretta".

E mi dice di ricordarmelo bene.

Mi racconta la guerra che il diavolo gli ha sempre fatto anche palesemente sia prima che dopo che è religioso.

E sorridendo mi dice che quando abitava nella soffitta di S. Dalmazzo, ma che era a servizio dei Conti Mella ( mi pare ), solitava andare al mattino a fare la S. Comunione.

Ebbene doveva una mattina, d'accordo con altri amici, andare all'Ausiliatrice, e svegliandosi non trovò le calze che solitava mettere ai piedi del letto.

Gira e rigira le calze non si trovano, perde tempo e così è costretto a rinunziare, andando però lo stesso a S. Dalmazzo invece, senza calze, tenendo la sua roba presso il Conte.

La mattina dopo gli succede altrettanto e avendo messo alla sera le sue calze sotto il guanciale per vedere il giuoco, la mattina trovò le tre paia di calze stese ai piedi del letto.

Fra Leopoldo sorride, e mi dice che potrebbe citarmi altri fatti.

Fra Leopoldo si raccoglie un momento, alza gli occhi al cielo, ed esce in una di quelle sue espressioni così piene di amor di Dio, così sicure di quanto sente che si fa ascoltare con attenzione e devozione: "Come si sta bene col Signore!

Io poi, continua, che senza nessun merito il Signore mi ha chiamato a cose così sante, commetterei colpa grave, se soltanto con un pensiero offendessi il Signore.

Ma non sa le meraviglie che il Signore mi ha fatto provare!".

Mi dice che in questi ultimi detti dei giorni scorsi il Santo Crocifisso lo consigliasse di scrivere sempre subito e tutto quanto gli andava dicendo.

Negli ultimi esortava anche i Vescovi ad aiutare perché si estenda in tutti i paesi del mondo la Pia Unione, che avrebbe la casa madre in Torino presso i Fratelli delle Scuole Cristiane.

Fra Leopoldo mi dice che mi sta preparando un regalo, che mi sarebbe stato guida quando sarei stato a casa.

Gli domando curioso che cosa è, ma non me lo vuol dire.

Dice che forse se fosse morto prima sarebbe stato destinato ad altra persona, ma che ora desidera venga a me.

Gli domando ancora il Santo Crocifisso.

Fra Leopoldo, con una sicurezza da far tremare, mi dice che il Santo Crocifisso parlerà anche a me, mi dirà tante cose, e che vedrò.

Non è questa la prima volta che Fra Leopoldo mi conferma queste cose, e nel pronunziarle sembra che il suo sguardo veda lontano, nell'avvenire, e lo dica per ispirazione, tanto è sicuro.

Alle mie proteste, egli chiude gli occhi, e sembra rinforzarsi in quanto ha detto e ripete: "Continui così, vedrà".

Mi dice che il Signore non è contento che egli abbia delle affezioni, e che tutte le volte che potevano sorgere delle occasioni il Signore non le ha permesse mai, perché il suo cuore fosse unito, interamente unito a quello di Gesù.

La sua amicizia con me, essendo tutta spirituale, il Signore la permette.

Mi dice che sin da ragazzo e poi da giovane ha sentito questo amore per il Signore, che allora non sapeva spiegarsi quello che sentiva.

Fra Leopoldo ha una felicità nell'animo, che mi è impossibile esprimere.

Egli mi dice la gioia che si prova, la contentezza, divenendo vecchi, di aver amato il Signore.

E parla della morte, del Paradiso come io non ho sentito mai nessuno, con una certezza dell'aldilà non retorica, ma come se egli avesse già fatto un viaggio, ed attendesse di ritornarvi.

E me lo dice spesso, come potrebbe avere un solo dubbio dopo tutto quello che il Signore gli ha rivelato, e le gioie ineffabili che gli ha fatto provare quaggiù.

Ripeto: si esce da quelle visite con il cuore pieno di Fede, e si passa per le vie dimentichi di essere nel mondo.

Quando suonano le 17, Fra Leopoldo mi chiede se è la mezza, ma quando sente la campana del coro, giunge le mani ed esclama: "Sembra impossibile che il tempo con lei, parlando del Signore, fugga così.

Domani venga presto, ma davvero".

Mi prende sotto braccio, mi accompagna all'uscio, dove mi raccomanda di pregare per la mia vocazione, per la salute, per i miei, ed egli mi accomanda di salutare Cambiaghi, mi sorride e ripete: "Sia lodato Gesù Cristo".

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