Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone XXVII

I. Alle pelli di quale Salomone è paragonata la bellezza della sposa

1. Dopo aver accompagnato con i dovuti uffici di umanità l’amico che torna alla patria, ritorno, fratelli, al mio compito di edificazione che avevo interrotto.

È fuori luogo infatti piangere a lungo uno che è nella gioia, e inopportuno per chi siede a tavola mandare giù molte lacrime.

E anche se noi piangiamo per il nostro dolore, non dobbiamo però esagerare, perché non sembri che più che lui amiamo i comodi che ci venivano da lui.

Temperi dunque il gaudio del nostro caro la mestizia dei desolati, e ci renda più tollerabile il dolore della sua assenza il pensiero che egli è con Dio.

Con l’aiuto delle vostre preghiere intendo ora far vedere quello che, a mio parere, sta sotto quelle tende che sono state addotte come esempio di bellezza per la sposa.

Abbiamo toccato questo argomento, come ben ricordate, ma non abbiamo discusso e dichiarato come mai la sposa sia detta scura come i tabernacoli di Cedar.

E come è detta bella come le tende di Salomone, quasi che Salomone, in tutta la sua gloria abbia avuto qualcosa di degno della bellezza della sposa e del suo glorioso ornamento.

Se dicessimo che queste tende, come anche i tabernacoli di Cedar, non stanno a indicare la bellezza della sposa ma piuttosto la sua oscurità, questo senso potrebbe andare, né mancherebbero ragioni per provarne la congruenza, come del resto abbiamo fatto.

Ma se paragoniamo lo splendore della sposa alla bellezza di queste tende, allora ci occorre l’aiuto di colui alla porta del quale voi bussate nella preghiera, perché possa aprirci come si deve il senso di questo mistero.

Non vi è infatti cosa alcuna tra quelle che splendono agli occhi del corpo che, paragonata alla bellezza interiore di un’anima santa, non sembri vile e brutta.

Che cosa può offrire la figura di questo mondo che passa, che possa uguagliare la bellezza di quell’anima che, spoglia del vecchio uomo terreno si è rivestita dello splendore di quello che è del cielo, adorna di ottimi costumi come di monili, più pura ed eccellente dell’etere, più splendida del sole?

Non guardare, dunque, questo Salomone terreno, quando vuoi indagare di chi siano le tende alle quali la sposa si vanta di essere simile nella sua bellezza.

2. Dunque, che cosa vuol dire quando si esprime così: Sono bella come le tende di Salomone? ( Ct 1,4 ).

Qualche cosa di grande e di mirabile, come io penso, se noi andiamo con la mente non a questo Salomone, ma a colui del quale è detto: Ecco, qui c’è uno più grande di Salomone ( Mt 12,42 ).

Poiché questo pio Salomone è talmente Salomone che non solo è chiamato Pacifico, come significa il nome Salomone, ma è la stessa Pace, come dice san Paolo: Egli è la nostra pace ( Ef 2,4 ).

Presso questo Salomone non dubito affatto che si possa trovare qualche cosa a cui possa essere paragonata la bellezza della sposa.

Senti quello che il salmo dice in particolare delle sue tende: Tu stendi il cielo come una tenda ( Sal 104,2 ).

Non certamente il primo Salomone, figlio di Davide, per quanto molto sapiente e potente, ha disteso il cielo come una tenda, ma piuttosto colui che non solo è sapiente, ma è la stessa Sapienza, questi lo ha disteso e lo ha creato.

Di questo, infatti, e non di quell’altro è quella voce che dice: Quando ( l’eterno Padre ) fissava i cieli io ero là ( Pr 8,27 ).

Era presente senza dubbio con la sua virtù e con la sua sapienza.

E non pensare che assistesse ozioso come semplice spettatore, per il fatto che dice: « Io ero là » e non « preparavo ».

Guarda un poco più in là e troverai che soggiunge che era con lui come architetto ( Pr 8,30 ).

E infine dice: Tutto quello che il Padre fa, anche il figlio lo fa ( Gv 5,19 ).

Anch’egli, dunque, stende il cielo come una tenda.

Bellissima tenda che, coprendo tutta la terra come un immenso padiglione, rallegra gli occhi degli uomini con lo spettacolo del sole, della luna e della mirabile varietà degli astri.

Che vi è di più bello di questa tenda? Che vi è di più splendido che il cielo?

E tuttavia neppure esso è da paragonare minimamente alla gloria e alla bellezza della sposa, per il fatto che anch’esso passa con la sua figura, che è corporea e soggetta ai sensi del corpo.

Le cose infatti che si vedono sono temporali, quelle invece che non si vedono sono eterne ( 2 Cor 4,18 ).

II. Chi sia il decoro della sposa al quale non è paragonabile neanche la bellezza del cielo

3. Ma vi è anche una certa bellezza razionale della sposa e una sua immagine spirituale, e questa è eterna, perché immagine dell’eternità.

È suo decoro, per esempio, la carità, e la carità, come avete letto, non viene mai meno ( 1 Cor 13,8 ).

È anche sua bellezza la giustizia: E la sua giustizia, è detto, rimane per sempre ( Sal 112,3 ).

È anche la pazienza, della quale leggi che la pazienza dei poveri non sarà delusa per sempre ( Sal 9,19 ).

Che cosa dire della povertà volontaria? E dell’umiltà?

Non è forse promesso alla prima il regno eterno, e all’altra un’esaltazione ugualmente eterna?

E lo stesso si dica del timore santo di Dio che dura nei secoli dei secoli.

Così la prudenza, la temperanza, così la fortezza e tutte le altre virtù sono tutte perle nell’ornamento della sposa, fulgenti di eterno splendore.

Eterno dico, perché essa è sede e fondamento dell’eternità.

L’anima, infatti, non è luogo della vita eterna e beata se non mediante e attraverso le virtù.

Onde il profeta dice a Dio che davvero è la vita beata: La giustizia e il diritto sono la base del suo trono ( Sal 89,15 ).

E l’Apostolo dice che Cristo abita per la fede nei nostri cuori ( Ef 3,17 ).

E i discepoli distesero le vesti sull’asinello sul quale doveva sedere il Signore, significando con ciò che il Salvatore non siede sulla nuda anima, che cioè non trovi rivestita della dottrina e dei costumi degli Apostoli.

E per questo la Chiesa, che ha la promessa della felicità futura, ha cura nel frattempo di prepararsi e di ornarsi con un vestito dorato, circondandosi con la varietà delle grazie e delle virtù, per essere trovata degna e capace di ornarsi della pienezza della grazia.

4. Del resto a questa così bella varietà spirituale che, come primo indumento, fin da ora la Chiesa ha ricevuto nell’abito della sua santificazione, non trovo paragonabile in alcun modo per bellezza questo cielo visibile e corporeo, pur così splendido nel suo genere per la varietà, degli astri.

Ma vi è un cielo dei cieli, del quale dice il Profeta: Cantate al Signore che ascende sopra il cielo del cielo a oriente ( Sal 68,33.34 ).

E questo è il cielo intellettuale e spirituale; e colui che ha creato i cieli con sapienza, lo ha fatto e stabilito in eterno e abita in esso.

E non pensare che la devozione della sposa resti al di qua di quel cielo nel quale sa che abita il diletto, perché dove è il suo tesoro, ivi è anche il suo cuore.

Invidia coloro che sono presenti al volto verso il quale essa sospira, e si studia di conformarsi con la vita a coloro con i quali, per il momento, non può associarsi nella visione, esclamando con la condotta più che con le parole: Signore, amo la casa dove dimori e il luogo dove abita la tua gloria ( Sal 26,8 ).

III. Il cielo del cielo: è la pelle di Salomone e in esso sono le pelli di Salomone

5. Questo è il cielo che non ritiene indegno di addurre come paragone.

Un cielo disteso come una tenda, non attraverso spazi materiali ma per affetti del cuore; un cielo adorno di meravigliose e svariate opere del divino artefice.

Vi sono poi divisioni, non di colori, ma di beatitudini.

Poiché vi pose alcuni come Angeli, altri come Arcangeli, Virtù, Dominazioni, Principati, Potestà, altri Troni, Cherubini e Serafini.

Così è composto questo cielo, così dipinta questa tenda.

Questa è una delle tende del mio Salomone, e la principale in tutto l’ornamento della sua gloria.

Questa grandiosa tenda contiene in sé molte altre tende, pure di Salomone, poiché ogni beato e santo che là si trova è una tenda di Salomone.

Sono infatti benigni, distesi nella carità, e arrivano fino a noi, desiderosi di condividere senza gelosia la gloria che possiedono con noi, talmente che alcuni di essi non ricusano per questo di abitare fra noi, prendendosi premurosamente cura di noi, tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza.

Per la qual cosa come si chiama cielo tutta quella moltitudine insieme raccolta di beati, e ai singoli appartiene quello che è detto: Distende il cielo come una tenda ( Sal 104,2 ).

Credo che vediate ora quali e di quale Salomone siano quelle tende alle quali la sposa si gloria di essere paragonata.

IV. La gloria della sposa, per la quale si paragona alla sommità del cielo e donde le derivi

6. Vedete ora la gloria di colei che si paragona al cielo, e a quel cielo che è tanto più glorioso quanto più divino.

Né a torto prende per sé un paragone di là dove trae origine.

Infatti se quanto al corpo che ha dalla terra si dice simile al tabernacolo di Cedar, perché non dovrebbe gloriarsi quanto all’anima che è dal cielo, di essere simile al cielo, soprattutto dal momento che la sua vita ne testimonia l’origine, la dignità della natura e della patria?

A somiglianza degli angeli adora e rende culto a un solo Dio; ama Cristo sopra ogni cosa, al pari degli angeli, e questo in una carne di peccato e in un fragile corpo, cosa che non hanno gli angeli, infine anche gusta le cose che sono presso di loro, e non le cose terrene.

Quale prova più evidente della sua origine celeste che mantenere l’innata somiglianza anche nella regione della dissomiglianza, potersi gloriare di una vita pura anche nell’esilio, e vivere una vita angelica in un corpo simile a quello delle bestie?

Sono queste cose effetto della celeste potenza, non di quella terrena, e indicano, chiaramente che è di origine celeste l’anima, capace di queste cose.

Sentilo ancora più chiaro: Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo Sposo ( Ap 21,2-3 ).

E ancora: E udii una voce potente che usciva dal trono che diceva: ecco la dimora di Dio con gli uomini, Egli dimorerà tra di loro ( Ap 21,3 ).

E perché? Credo che agisca così per scegliersi una sposa tra gli uomini.

Grande cosa! Veniva alla sposa, e non veniva senza la sposa.

Cercava una sposa, e la sposa era con lui. Erano forse due? Niente affatto.

Una sola infatti, dice, è la mia colomba ( Ct 6,8 ).

Ma come da diversi greggi di pecore vuile farne uno solo, perché vi sia un solo ovile e un solo pastore, così, avendo unita a sé come sposa fin dal principio la moltitudine degli angeli, piacque a lui di adunare dagli uomini una chiesa e unirla a quella che è dal cielo, perché vi sia una sola sposa e un solo Sposo.

Dunque, unendosi con la terrena quella celeste diventa perfetta, non duplice, e riconosce come detto a sé: Una sola è la mia perfetta ( Ct 6,8 ).

Unica pertanto la rende la conformità, essendo ora simili nella devozione, e poi pari nella gloria.

7. Abbiamo dunque entrambi dal cielo, lo Sposo Gesù e la sposa Gerusalemme.

Ora di Gesù sappiamo che egli per mostrarsi, annientò se stesso, prendendo la forma di servo e apparendo come uomo.

Ma la Chiesa in quale forma o figura, o in quale abito la vide scendere colui che la vide?

Forse nella frequenza degli Angeli che vide scendere e salire sopra il Figlio dell’uomo?

Ma diciamo meglio che abbia visto la sposa quando vide il Verbo incarnato, riconoscendo l’uno e l’altra in una sola carne.

Quando infatti quel santo Emmanuele portò sulla terra il magistero della celeste disciplina, quando per mezzo di lui ci apparve una certa quale immagine visibile di quella superna Gerusalemme che è madre nostra e forma della sua bellezza espressa in Cristo, noi abbiamo intravisto nello Sposo la sposa, e ammirando un solo e medesimo Signore della gloria abbiamo visto in lui, lo Sposo decorato di corona, e la sposa adorna dei suoi monili.

Egli stesso, pertanto, che è disceso è il medesimo che è asceso, sicché nessuno ascende in cielo se non chi è disceso dal cielo, il solo e medesimo Signore e Sposo nel capo, e la sposa nel corpo.

Né invano fu visto sulla terra l’uomo, celeste che fece simili a sé e celesti moltissimi della terra, perché si avveri quanto si legge: Quale il celeste, tali anche i celesti ( 1 Cor 15,48 ).

Da allora pertanto sulla terra si vive secondo il costume dei celesti, mentre a somiglianza di quella superna e beata creatura, anche questa, che è venuta dall’estremità della terra per udire la sapienza di Salomone, si unisce a lui; suo celeste Sposo, con casto amore, sebbene non ancora nella visione; come la prima, ma sposata per la fede, secondo che Dio aveva promesso per bocca del profeta: Ti farò mia sposa nella benevolenza e nell’amore, e ti fidanzerò con me nella fede ( Os 2,21-22 ).

Perciò si sforza di conformarsi sempre maggiormente alla forma che è venuta dal cielo, imparando da essa a essere vereconda e sobria, pudica e santa, paziente e compassionevole, mite e umile di cuore.

E perciò con tali costumi cerca in ogni modo di piacere, pur non vedendolo, a colui nel quale gli Angeli ambiscono di fissare lo sguardo, e mentre è animata da fervore evangelico, si dimostra con ciò concittadina dei santi e familiare di Dio, si mostra diletta, si mostra sposa.

V. Essa, la sposa, è anche un cielo bellissimo nel quale inabita Dio

8. Io penso che ogni anima simile non sia soltanto celeste per l’origine, ma che si possa chiamare non senza ragione, per imitazione, cielo stesso.

E allora dimostra chiaramente che trae origine dal cielo, quando al cielo è rivolta tutta la condotta della sua vita.

È dunque un cielo una tale anima, ed ha per sole l’intelligenza, per luna la fede, per astri le virtù.

O, in altro senso; è per lei sole lo zelo per la giustizia, o il fervore della carità, e luna la continenza.

Come infatti il chiarore della luna, come si dice, proviene dal sole, così senza la giustizia e la carità non ha alcun merito la continenza.

Perciò dice il Saggio: O quanto è bella una casta generazione con gloria! ( Sap 4,1 ).

Non mi dispiace, poi, di aver chiamato stelle le virtù, considerando quanto si addice la similitudine.

Come infatti nella notte le stelle splendono e durante il giorno non si vedono, così la vera virtù non apparisce nella prosperità, e risplende invece nell’avversità.

La prima cosa è richiesta dalla cautela, la seconda imposta dalla necessità.

Dunque, la virtù è una stella, l’uomo adorno di virtù è un cielo.

A meno che qualcuno, leggendo quello che Dio ha detto per bocca del Profeta: Il cielo è la mia sede ( Is 66,1 ), pensi che si tratti di questo cielo rotante e visibile, e non piuttosto quello che più apertamente intende la Scrittura dove dice: L’anima del giusto è sede della sapienza ( Pr 12,23 ).

Ma chi dalla dottrina del Salvatore ha imparato che Dio è spirito, e che si deve adorare in spirito, non dubita che gli si debba assegnare anche una sede spirituale.

E io lo faccio volentieri, non meno riguardo all’anima dell’uomo giusto che allo spirito angelico.

Mi conferma in questo senso soprattutto quella fedele promessa: Io e il Padre, dice il Figlio, verremo a lui ( cioè all’uomo santo ), e faremo dimora presso di lui ( Gv 14,23 ).

Penso che il Profeta non abbia voluto anche lui parlare di un cielo diverso: Ma tu abiti nel Santo, lode d’Israele ( Sal 22,4 ).

E l’Apostolo dice chiaramente che Cristo abita per la fede nei nostri cuori ( Ef 3,17 ).

9. Né fa meraviglia se il Signore Gesù abita volentieri in questo cielo che non solo creò con una sola parola, ma si acquistò combattendo e redense con la sua morte.

E perciò, anche dopo tanta fatica, dice, esprimendo piuttosto il suo vivo desiderio: Questo è il mio riposo per sempre, qui abiterò perché l’ho desiderato ( Sal 132,14 ).

E beata colei alla quale viene detto: Vieni, o mia eletta, e porrò in te il mio trono ( resp. Uff. Nott. delle sante Vergini ).

Perché ora sei triste, o anima mia, perché su di me gemi?

Pensi che troverai anche tu in te un luogo per il Signore?

E quale luogo vi è mai in noi adatto a questa gloria, capace di questa maestà?

Oh, potessi adorare almeno nel luogo dove si posarono i suoi piedi!

Chi mi darà di poter baciare almeno le impronte di qualche anima che il Signore abbia scelto a sua eredità?

Tuttavia se egli si degna di infondere anche nella mia anima l’unzione della sua misericordia, e così stenderla come una tenda, la quale appunto quando viene unta si dilata, perché anch’io possa dire: Ho corso nella via dei tuoi comandamenti, poiché hai dilatato il mio cuore ( Sal 119,32 ), potrò forse anch’io indicare in me stesso, anche se non un cenacolo grande e tappezzato dove egli possa mettersi a tavola con i suoi discepoli, almeno un posticino dove possa reclinare il capo.

Guardo da lontano quelli veramente beati dei quali è detto: Abiterà in loro e con loro camminerò ( 2 Cor 6,16 ).

VI. Di che cosa deve essere priva la sposa, di che cosa abbondare per diventare cielo di Dio

10. O quanta larghezza possiede quell’anima, quale prerogativa di meriti, quale divina presenza in se stessa è trovata degna di ricevere e capace di comprendere!

Quale anima è quella che possiede spaziosi ambulacri degni della maestà di Dio?

Non certamente quella che è intricata in cause giudiziarie o in affari secolari, o tanto meno quella dedita al ventre o alla lussuria, o avida di spettacoli, bramosa di dominio o tronfia per il potere.

Bisogna infatti che l’anima, per diventare cielo e abitazione di Dio, sia innanzitutto vuota di tutte queste cose.

Diversamente, come potrebbe stare attenta a Dio presente?

E bisogna eliminare in modo assoluto anche l’odio, l’invidia e il rancore, perché la sapienza non entra in un’anima che opera il male ( Sap 1,4 ).

È poi necessario che essa cresca e si dilati affinché possa contenere Dio.

Ora la sua larghezza è in proporzione della sua dilezione, come dice l’Apostolo: Dilatatevi nella carità ( 2 Cor 6,13 ).

Infatti, per quanto l’anima in quanto spirito non abbia affatto quantità, tuttavia la grazia le conferisce ciò che non le dà la natura.

Cresce infatti e si estende, ma spiritualmente; cresce non nella sostanza, ma nella virtù; cresce anche nella gloria; cresce, infine, e progredisce fino a formare l’uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo; cresce anche come tempio santo del Signore.

La quantità, dunque, di ciascuna anima si valuta dal grado di carità che possiede, in maniera tale, per esempio, che è grande quando ha una grande carità, piccola quando ne ha poca e se non ne ha affatto è nulla, come dice san Paolo: Se non ho la carità non sono niente ( 1 Cor 13,12 ).

Se poi avrà cominciato ad averne un pochino, tanto da cercare di amare quelli che l’amano e salutare almeno i propri fratelli e coloro che la salutano, non dirò più che quell’anima sia nulla, dal momento che possiede per lo meno la carità sociale in ragione del dare e del ricevere.

Tuttavia, secondo la parola del Signore, che cosa una tale anima fa di più dei pagani?

E perciò la considererei né ampia, né grande ma del tutto angusta e povera un’anima che possieda una carità così scarsa.

11. Ma se cresce e progredisce in modo che, oltrepassando i limiti di questo amore angusto e interessato, con tutta libertà di spirito arriverà ai vasti confini di una gratuita bontà, in quanto cerchi di estendersi, mediante un certo grembo di buona volontà, a tutto il prossimo, amando tutti e ciascuno come se stessa, si potrà forse ancora dire di lei: che fai di più?

Si fa infatti così ampia perché ha un grembo di carità così ampio da abbracciare tutti, anche quelli che non sa essere a lei uniti da alcun legame carnale, senza essere mossa dalla speranza di venir ricambiata da alcun beneficio, da nessun contraccambio, senza essere costretta da nessun debito, tranne quello di cui è detto: Non abbiate debito verso alcuno, se non quello della mutua dilezione ( Rm 13,8 ).

Ma se riuscirai a sottomettere tutto al regno della carità, e a far occupare tutto fino agli estremi confini da questo pio invasore, in modo che non pensi di chiudere le viscere della pietà neppure ai nemici, ma farai del bene anche a coloro che ti odiano e pregherai per quelli che ti perseguitano e ti calunniano e studierai di essere in pace con coloro che odiano la pace, allora veramente l’ampiezza dell’anima tua sarà come l’ampiezza del cielo, la sua altezza pari alla sua larghezza, e la sua bellezza simile alla sua bellezza, e si adempirà in essa quanto è detto: Distende il cielo come una tenda ( Sal 104,2 ); e in questo cielo di meravigliosa larghezza, altezza e bellezza, non solo si degna di abitare, ma ampiamente passeggia il Sommo e Immenso e Glorioso.

VII. In questo cielo ci sono i cieli; quali sono. Piccolezza e grandezza della sposa

12. Vedi quali cieli ha in sé la Chiesa, essendo essa stessa, nella sua universalità, un immenso cielo, disteso da mare a mare e dal fiume fino ai confini della terra.

Vedi anche per conseguenza a che cosa, in questo, la puoi paragonare, se ricordi quanto è stato poco fa menzionato come esemplare, cioè il cielo del cielo e i cieli dei cieli.

Dunque, sull’esempio di quella che lassù è madre nostra, anche questa, che è ancora pellegrina sulla terra, ha i suoi cieli, vale a dire uomini spirituali, celebri per vita e fama, puri nella fede, fermi nella speranza, grandi nella carità, attenti alla contemplazione.

Costoro, diffondendo come salutare pioggia la parola, tuonano con le ammonizioni, risplendono con i miracoli.

Questi narrano la gloria di Dio, e distesi come tende sopra tutta la terra mostrano la legge della vita e della disciplina scritta in se stessi dal dito di Dio per dare al suo popolo la scienza della salvezza.

Mostrano anche il Vangelo della pace, perché sono tende di Salomone.

13. Riconosci ormai in queste tende l’immagine di quelle cose superne che sono state descritte poco fa a proposito dell’ornamento dello Sposo.

Riconosci similmente la regina che sta alla sua destra adorna di simili ornamenti, non però uguali.

Poiché se questa fruisce fin dal luogo del suo pellegrinaggio e poi nel giorno della sua potenza negli splendori dei santi, di una non piccola porzione di splendore e bellezza, lo Sposo è coronato in modo differente di integrità e di consumata gloria dei beati.

Anche se diciamo che la sposa è perfetta e beata, lo è solo in parte.

È infatti in parte anche tabernacolo di Cedar; bella tuttavia, sia per quella parte di lei che regna già beata, sia anche a motivo degli uomini illustri che, anche in questa sua notte, con la loro sapienza e le loro virtù, formano il suo ornamento, come un cielo adorno di stelle.

Perciò il Profeta: I saggi, dice, risplenderanno come lo splendore del firmamento, e coloro che avranno indotto molti alla giustizia, saranno come stelle per sempre ( Dn 12,3 ).

14. O umiltà! O sublimità!

Tenda di Cedar e santuario di Dio; abitazione terrena e palazzo celeste; casa di fango e aula regale; corpo di morte e tempio della luce; oggetto infine di disprezzo da parte dei superbi e sposa di Cristo.

È scura ma bella, o figlie di Gerusalemme: e sebbene scolorita dalla fatica e dal dolore del lungo esilio, è tuttavia adorna di celeste bellezza, ornata dalle tende di Salomone.

Se non vi piace perché scura, ammirate la sua bellezza; se disprezzate la sua umiltà, contemplate la sua sublimità.

Questo è stato disposto con tanta prudenza e sapienza, con discrezione e convenienza, che cioè nella sposa fossero associate questa bassezza e questa sublimità, secondo il tempo e con disposizione tale che, tra le vicissitudini di questo mondo, la sublimità sostenesse l’umile, perché non venisse meno nelle avversità, e l’umiltà tenesse a freno il sublime, perché evitasse la vanità nella prosperità.

Belle veramente entrambe le cose, che pur essendo contrarie, servono ugualmente al bene della sposa e contribuiscono alla sua salvezza.

15. Questo per quanto riguarda la somiglianza che sembra intercorrere tra la sposa e le tende di Salomone.

Resta da spiegare quell’altro senso che si può dare alle medesime parole e che ho accennato in principio, che cioè tutta la similitudine sia da riferirsi al fatto di essere chiamata scura, e non voglio venir meno alla promessa di spiegarvi anche questo.

Ma lo rimettiamo all’inizio di un altro sermone, sia perché questo è già abbastanza lungo, sia anche perché voi abbiate il tempo, come al solito, di pregare perché la grazia ci accompagni nell’investigare le cose che tornano a lode e gloria dello Sposo della Chiesa, Gesù Cristo nostro Signore che è Dio benedetto nei secoli.

Amen.

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