Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone XLV

I. La duplice bellezza dell’anima, cioè l’innocenza e l’umiltà

1. Come sei bella, amica mia, come sei bella, i tuoi occhi sono come di colomba ( Ct 1,14 ).

Bene, ottimamente; dall’amore ha origine la presunzione della sposa, dall’amore l’indignazione dello Sposo.

Lo dimostra come va a finire la cosa.

Difatti, alla presunzione segue la correzione, a questa tiene dietro l’emendazione, e questa è seguita dalla rimunerazione.

È presente il Diletto, sparisce il Maestro e il Re, la dignità si spoglia, si mette da parte la riverenza.

Cede il fasto dove prende piede l’affetto.

E a quel modo che una volta Mosè parlava come amico a un amico e il Signore rispondeva, così ora tra il Verbo e l’anima, come tra due vicini, si instaura un discorso molto familiare.

E non fa meraviglia.

Da un’unica fonte d’amore confluisce per entrambi il vicendevole amore e il vicendevole ardore.

Perciò da una parte e dall’altra volano parole più dolci del miele, vi sono sguardi vicendevoli pieni di soavità, santi indizi di amore.

Infine lo Sposo chiama amica la sposa, la dice bella, la chiama ancora bella, ricevendo in cambio da lei le medesime espressioni affettuose.

Non è superflua questa ripetizione, è conferma di vero amore, e forse indica qualche cosa di recondito da scoprire.

2. Cerchiamo la duplice bellezza dell’anima: questo mi sembra suggerire il testo.

Ornamento dell’anima è l’umiltà.

Non dico questo da me stesso, avendolo già detto prima il Profeta: Aspergimi con issopo e sarò mondato ( Sal 51,9 ) volendo significare con quell’umile erba che ha virtù purgative l’umiltà.

Con questa il Re Profeta, dopo la grande caduta, confida di venire lavato, in modo da recuperare quasi un niveo candore d’innocenza.

Tuttavia, in colui che ha gravemente peccato, l’umiltà, anche se è da amare, non è tuttavia da ammirare.

Ma se uno conserva l’innocenza e vi unisce l’umiltà, non ti sembra che possieda un’anima veramente bella?

Maria Santissima non cessò di essere santa e non le mancò l’umiltà; perciò il Re fu preso dalla sua bellezza, perché aveva associato l’umiltà con l’innocenza.

Guardò, dice, l’umiltà della sua serva ( Lc 1,48 ).

Beati dunque coloro che custodiscono monde le loro vesti, vale a dire della semplicità e dell’innocenza, a condizione però che vi aggiungano l’ornamento dell’umiltà.

Questi tali si sentiranno dire: Come sei bella, amica mia, come sei bella!

Oh! Se tu lo dicessi anche una sola volta all’anima mia, o Signore Gesù: ecco tu sei bella!

Oh! Se custodissi in me l’umiltà.

Poiché ho malamente conservato la prima veste.

Sono tuo servo, non oso infatti dirmi amico, io che non mi sento ripetere la testimonianza della mia bellezza.

Mi basta se la sento una volta sola.

Ma anche questo è in questione?

So che cosa fare: venererò come serva l’amica; io, deforme omiciattolo ammirerò la stragrande bellezza che è in lei.

Chissà se almeno per questo troverò grazia agli occhi dell’amica, e in grazia di lei anch’io verrò annoverato tra gli amici?

E poi c’è l’amico dello Sposo, e gode oltremodo per la voce dello Sposo ( Gv 3,29 ).

Ecco, la sua voce risuona alle orecchie della diletta.

Ascoltiamo e godiamo.

Sono vicini, parlano insieme; stiamo vicini anche noi; non ci sottragga a questo colloquio nessuna preoccupazione secolare, nessuna lusinga di piaceri corporali.

II. Il rimprovero rivolto alla sposa sull’umiltà è segno di compiacimento; i suoi occhi di colomba

3. Ecco, dice, tu sei bella, amica mia, ecco tu sei bella.

« Ecco » è una parola che indica ammirazione, le altre sono parole di lode.

È veramente da ammirare colei che non è divenuta umile dopo aver perso la santità, ma perché rimanendo santa, vi ha aggiunto l’umiltà.

A ragione viene ripetutamente detta bella colei a cui non mancò l’una e l’altra bellezza.

È un uccello raro sulla terra e il non perdere la santità, e nella santità rimanere umili.

E perciò beata colei che realizzò entrambe queste cose.

E poi è stato provato, non ha coscienza di colpa alcuna, eppure non rifiuta la correzione.

Noi invece, quando siamo rei di grossi peccati, sopportiamo a mala pena di essere ripresi: costei invece, pur senza peccato, sente con animo tranquillo le cose amare che vengono dette contro di lei.

Poiché se desidera vedere la gloria dello Sposo, che c’è di male?

È piuttosto una cosa che merita lode.

E tuttavia, sgridata, ne fa penitenza, e dice: Il mio diletto è per me un fascetto di mirra, riposerà sempre sul mio seno.

Vale a dire: mi basta, non voglio più ormai conoscere se non Gesù e Gesù Crocifisso.

Grande umiltà! Innocente nelle azioni, assume i sentimenti del penitente, e colei che non ha di che pentirsi ha tuttavia di che far penitenza.

Perché dunque, dici, è stata sgridata se non ha fatto nulla di male?

Ma ascolta ora il modo di fare e la prudenza dello Sposo.

Come un giorno l’obbedienza di Abramo fu messa alla prova, così ora l’umiltà della sposa.

E come quegli, adempiuta l’obbedienza, si sentì dire: Ora so che temi Dio ( Gen 22,1-18 ) così ora a questa, con parole un poco diverse, viene ora detto: ora conosco che sei umile.

Questo significano le parole: Come sei bella.

E per questo ripete la lode, per indicare che alla gloria della santità ha aggiunto l’ornamento dell’umiltà.

Ecco tu sei bella, amica mia, ecco tu sei bella.

Ora conosco che tu sei bella non solo per l’amore che hai per me, ma anche dalla tua umiltà.

Non ti dico ora bella tra le donne, né bella nelle guance o nel collo, come dicevo prima, ma ti proclamo bella semplicemente: non bella in paragone di altri, non con distinzione, non in parte.

4. E aggiunge: I tuoi occhi come di colomba ( Ct 1,14 ).

Viene ancora lodata apertamente l’umiltà.

Considera il fatto che essa, rimproverata per il desiderio di cercare cose troppo alte, subito non ha indugiato a scendere a cose più semplici, tanto da dire: Il mio diletto è per me un fascetto di mirra.

C’è veramente una grande distanza tra il volto della gloria e il fascetto di mirra, ed è perciò una bella prova di umiltà l’accettare di essere richiamata di là qui.

Dunque: I tuoi occhi come di colomba.

Ormai, dice, non cammini in cose grandi, né in cose meravigliose più alte di te; ma come una semplicissima colomba ti contenti di cose più semplici, nidificando nei fori della pietra, dimorando nelle mie piaghe, e guardando le cose che mi riguardano, la mia incarnazione e passione con occhi di colomba.

III. Il suo intuito spirituale

5. Ma poiché lo Spirito. Santo è apparso sotto forma di colomba, l’occhio della colomba potrebbe piuttosto significare qui, più che la semplicità, l’intuito spirituale.

E se vi piace si può confrontare questo testo con quello dove i compagni dello Sposo hanno promesso alla sposa di farle dei pendenti d’oro, non pensando certo alle orecchie corporali, come ho spiegato allora, ma intendendo informare l’udito del cuore.

Per questo poté capitare che il cuore, maggiormente purificato dalla fede, che viene dall’udito, fosse reso più adatto a vedere ciò che prima non era in grado di contemplare.

E poiché ricevendo gli orecchini la sposa parve, aver progredito per una visione più acuta nell’intelligenza spirituale, piacque allo Sposo, al quale piace sempre che sia veduto di preferenza nello spirito quello che vi è in lui.

Ed elencando ciò che ha detto in sua lode dice: I tuoi occhi come di colomba, come per dire: « Ormai guardami in spirito, perché Spirito è davanti alla tua faccia Cristo Signore.

Hai ora possibilità di farlo, perché i tuoi occhi sono come di colomba.

Prima non l’avevi, e perciò fosti meritevole di rimprovero; ora avrai facilità di vedere perché i tuoi occhi sono di colomba, vale a dire spirituali.

Non potrai vedere tutto quello che chiedevi, poiché sei ancora in questa vita, ma quanto ti potrà essere sufficiente per il momento.

In realtà bisogna condurti di chiarezza in chiarezza; e perciò vedi come puoi adesso: man mano che potrai di più, vedrai anche di più ».

6. Non penso, fratelli, che sia mediocre questa visione, né che sia comune a tutti, anche se è inferiore a quella che si godrà in futuro.

Deducetelo anche dalle cose che seguono.

IV. La lode dello sposo per cui la sposa sente la sua bellezza

Segue infatti il testo: Ecco tu sei bello, diletto mio, ecco tu sei bello ( Ct 1,15 ).

Vedi come sta già in alto e come ha portato in su la punta della mente colei che per un certo diritto di proprietà acclama come suo diletto il Signore di tutte le cose.

Bada infatti come non dica semplicemente « diletto », ma « diletto mio », per indicare che è suo.

Visione davvero grande, dalla quale la sposa ha avuto un tale aumento di fiducia e di autorità, da non considerare più come Signore il Signore di tutte le cose, ma solo come diletto.

Penso infatti che questa volta non siano state affatto immesse nei suoi sensi immagini carnali, o quella della croce o altre forme corporee qualsiasi.

Sotto queste immagini infatti, come lo vide il Profeta, non vi era nello Sposo né bellezza, né decoro ( Is 53,2 ).

Ora invece la sposa, avendolo veduto, lo dichiara bello e leggiadro, dando a vedere che le era apparso in una visione migliore.

Il diletto infatti parla con la sposa bocca a bocca, come una volta con il santo Mosè, ed essa vede apertamente, Dio, e non solo per enigmi e figure.

E tale lo pronuncia con la bocca quale lo contempla con la mente, mediante una visione davvero sublime e soave.

I suoi occhi vedranno il Re nella sua bellezza, non tuttavia come Re, ma come diletto.

Lo abbia pure visto altri sopra un trono eccelso ed elevato, e altri attesti che gli è apparso faccia a faccia: a me sembra che in questo l’eminenza sia nella sposa, perché là si dice che fu visto il Signore, qui invece il diletto.

Dice infatti: Ho veduto il Signore seduto sopra un soglio eccelso ed elevato ( Is 6,1 ); e ancora: Ho visto il Signore faccia a faccia, ed rimasta salva la mia vita ( Gen 32,30 ).

Ma: Se io sono il Signore, dice, dov’è il mio timore? ( Mal 1,6 ).

Che se ad essi viene fatta la rivelazione con il timore, perché dov’è il Signore, ivi è il timore, io se avessi da scegliere, tanto più volentieri e più caramente sceglierei la visione della sposa, in quanto la vedo fatta in un sentimento migliore, quale è l’amore.

Il timore infatti comporta la pena, ma la carità perfetta caccia via il timore.

C’è in verità molta differenza tra l’apparire terribile nei consigli sugli uomini, e apparire bello tra i figli dell’uomo: Ecco tu sei bello, diletto mio, e leggiadro.

Queste parole veramente suonano amore, non timore.

V. Parola del Verbo all’anima o risposta dell’anima al Verbo

7. Ma forse nascono obiezioni nel tuo cuore, e ti chiedi dubbioso: « Come mai vengono riferite le parole del Verbo dette all’anima, e di riscontro quelle dell’anima al Verbo, di modo che essa ha udito la, voce di chi le parlava e le diceva che era bella, ed essa a sua volta subito loda con le stesse parole colui che l’aveva lodata?

Come possono avvenire queste cose? Poiché noi parliamo con la parola, non parla la parola.

Così’ l’anima non ha modo di parlare se la bocca del « corpo non le forma la parole per il discorso ».

Fai bene a cercare una spiegazione.

Ma bada che è lo Spirito che parla, e ciò che si dice va inteso in senso spirituale.

Ogni volta perciò che senti o leggi che il Verbo e l’anima parlano tra di loro o a vicenda si guardano, non immaginare che passino tra l’uno e l’altra voci materiali, né che appariscano immagini corporee dei due interlocutori.

Ascolta piuttosto ciò che tu debba pensare al riguardo.

Spirito è il Verbo e spirito è l’anima, e hanno le loro lingue con cui parlano l’uno con l’altra e manifestano la loro presenza.

Lingua del Verbo è il fervore della sua degnazione, lingua dell’anima è invece il fervore della devozione.

L’anima che non ha questa è senza lingua, come un bambino che non ha l’uso della parola, e non può intavolare alcun discorso con il Verbo.

Dunque, quando il Verbo muove questa sua lingua, volendo parlare all’anima questa non può non sentire.

Viva infatti è la Parola di Dio, ed efficace, e più penetrante di ogni spada affilata, arrivando fino alla divisione dell’anima e dello spirito ( Eb 4,1-2 ).

E dall’altra parte, quando l’anima muove la sua lingua, molto meno il Verbo la può ignorare, non solo perché è presente dappertutto, ma specialmente perché senza uno stimolo che viene da lui, la lingua della devozione non può muoversi per parlare.

8. Per il Verbo dunque dire all’anima: Sei bella, e chiamarla amica equivale a infondere in lei la spinta ad amare e il desiderio di essere amata; viceversa, chiamare « diletto » il Verbo e proclamarlo « bello » significa testimoniare senza finzione e frode che ama e che è amato, ammirare la sua degnazione ed essere piena di stupore di fronte alla sua grazia.

La sua bellezza è invero il suo amore, e tanto più grande in quanto previene sempre.

Perciò la sposa dall’intimo del cuore e con la voce del sentimento interno tanto maggiormente e ardentemente grida a se stesso di doverlo amare quanto più lo ha sentito prima amante che amato.

Pertanto le parole del Verbo sono l’infusione del dono, la risposta dell’anima è l’ammirazione unita al ringraziamento.

E perciò ama tanto maggiormente in quanto si sente nell’amare vinta; e tanto più presa da meraviglia in quanto si riconosce prevenuta.

Per questo non contenta di dire una volta « bello », ripete « leggiadro », designando con questa ripetizione una bellezza singolare.

VI. La duplice bellezza dello sposo

9. Oppure volle esprimere nelle due nature di Cristo una bellezza degna di ogni ammirazione, in una la bellezza della natura, nell’altra quella della grazia.

Come sei bello, Signore Gesù, al cospetto dei tuoi Angeli, nella forma di Dio, nella tua eternità!

Come sei bello per me, Signore mio, nello stesso spogliarti di questa tua bellezza!

Infatti, per il fatto che ti sei annichilito, che ti sei spogliato tu, lume perenne, dei naturali raggi, maggiormente rifulse la tua pietà, risaltò maggiormente la tua carità, più splendida irradiò la grazia.

Come sei bella per me nel tuo nascere, o Stella di Giacobbe, come esci splendido fiore dalla radice di Jesse, e hai visitato come luce di gioia me che giacevo nelle tenebre, nascendo dall’alto!

Come fosti ammirabile e stupendo anche per le superne Virtù quando venivi concepito per opera dello Spirito, quando nascevi dalla Vergine, nell’innocenza della vita, nella ricchezza del tuo insegnamento, nello splendore dei miracoli, nella rivelazione di misteri!

Come dopo il tramonto, splendido risorgesti, Sole di giustizia, dal cuore della terra!

Come bello infine nel tuo vestito, o Re della gloria, te ne sei tornato nell’alto dei cieli!

Come non diranno le mie ossa per tutte queste cose: chi è come te, Signore?

10. Pensa dunque che la sposa, contemplando il diletto, abbia mirato in lui tutte queste cose quando diceva: Come sei bello, diletto mio, come sei leggiadro!

E non solo queste, ma inoltre certamente qualche cosa della bellezza della natura superiore, che sfugge totalmente al nostro intuito, ed eccede la nostra esperienza.

Dunque la lode ripetuta richiama la bellezza dell’una e dell’altra sostanza.

Ascolta poi come tripudia alla presenza e alla voce del diletto, e davanti a lui canta con un carme nuziale le cose che piacciono agli amanti.

Segue infatti: Il talamo nostro fiorito, le travi delle nostre case sono di cedro, i soffitti di cipresso ( Ct 1,15-16 ).

Ma riserviamo all’inizio di un altro sermone il canto della sposa, affinché anche noi fatti più alacri dopo il riposo, esultiamo e ci rallegriamo più liberamente in esso, a lode e gloria del suo Sposo, Gesù Cristo Signore nostro che è Dio benedetto nei secoli.

Amen.

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