Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone LI

I. I fiori o i frutti di cui è ripiena la Chiesa e l’anima fedele

1. Circondatemi di fiori, stipatemi di frutti, perché languisco d’amore ( Ct 2,5 ).

È cresciuto l’amore perché più numerosi del solito ne sono stati gli incentivi.

Vedi infatti con quanta larghezza questa volta le sia stato concesso non solo di vedere ma anche di parlare con il diletto.

Nella stessa visione che le è stata concessa egli le si è mostrato con volto più sereno, con parole più dolci, con discorsi più prolungati.

Né solo ha goduto della sua conversazione, ma ha avuto motivo di gloriarsi delle sue lodi.

Inoltre ha sperimentato il refrigerio della sua ombra, si è cibata del suo frutto, ha bevuto al suo calice.

Non si può infatti pensare che sia uscita digiuna dalla cella vinaria, nella quale si vanta di essere stata ultimamente introdotta; ma assetata si, perché chi beve ne avrà ancora sete ( Sir 24,29 ).

Dopo tutte queste cose, andatosene, come di solito, lo Sposo, essa si mostra languente di amore, cioè a causa dell’amore.

Quanto più dolce aveva provato la sua presenza, tanto più sentiva molesta ora la sua assenza.

La sottrazione della cosa che ami, infatti, ne fa crescere il desiderio, e più ardente è il desiderio, tanto più ne soffri la mancanza.

Prega perciò la sposa di essere confortata dai profumi dei fiori e dei frutti, fino a che ritorni colui la cui assenza le è oltremodo molesta.

Questo è il filo del racconto.

2. Ora tentiamo di cavarne il frutto spirituale che vi si nasconde, con la guida dello Spirito.

E se è la comune Chiesa dei santi che qui si sente parlare, nei fiori e nei frutti siamo designati noi e tutti coloro che in tutto il mondo si sono convertiti dal mondo.

Nei fiori viene mostrata la novella e ancora tenera vita degli incipienti, nei frutti la fortezza dei proficienti e la maturità dei perfetti.

Da questi circondata la madre gravida e fruttificante, per la quale vivere è Cristo e morire un guadagno, sopporta con grande pazienza la pena del suo tardare, perché secondo la Scrittura le viene dato del frutto delle sue mani, come da primizie dello Spirito, e la lodano in pubblico le sue opere.

Se invece, secondo il senso morale, vuoi applicare queste due cose a una singola anima, i fiori cioè e i frutti, puoi intendere per fiori la fede e per frutti le opere.

E non senza ragione, penso io, pensi in questo modo se, come fiore che precede il frutto, così bisogna che la fede preceda le buone opere.

Diversamente, senza fede è impossibile piacere a Dio, come dice San Paolo, il quale dice di più: Tutto quello che non viene dalla fede è peccato ( Rm 14,23 ).

Pertanto, né c’è frutto senza fiore, né senza fede vi è opera buona.

Ma anche la fede senza le opere è morta, come appare inutile il fiore a cui non tiene dietro il frutto.

Circondatemi di fiori, stipatemi di frutti, perché languisco d’amore.

Dunque, dalle buone opere radicate in una fede sincera, riceve conforto l’anima abituata alla quiete ogni volta che le viene sottratta, come suole accadere, la luce della contemplazione.

Chi mai infatti, non dico di continuo, ma a lungo, fino a che è in questo corpo, può godere della luce della contemplazione?

Ma ogni volta che cade, come ho detto, dalla contemplazione, sempre ritorna alla vita attiva, per ritornare di qui, come da vicino, più familiarmente, allo stesso punto, perché queste due cose sono compagne e abitano insieme: Marta cioè è sorella di Maria.

E anche se scende dalla luce della contemplazione, non si lascia cadere nelle tenebre del peccato o nell’ignavia dell’ozio, ma si trattiene nella luce delle buone opere.

E perché tu sappia che anche le opere buone sono luce, dice: Splenda la vostra luce davanti agli uomini ( Mt 5,16 ): il che senza dubbio è stato detto delle opere che gli uomini potevano vedere.

II. La sposa cerca di sostentarsi con la fede e le opere delle giovinette, perché lo sposo è assente

3. Circondatemi di fiori, stipatemi di frutti, perché languisco d’amore.

Quando è vicino colui che si ama l’amore vive, languisce quando chi si ama è lontano.

E questo altro non è che un certo tedio del desiderio impaziente dal quale e necessariamente presa l’anima di chi ama fortemente quando l’oggetto del suo amore è assente; mentre, tutta protesa nell’aspettativa sente come un ritardo anche l’affrettarsi.

E perciò chiede di essere circondata da un cumulo di frutti di buone opere con i profumi della fede, tra i quali, tardando lo Sposo, nel frattempo riposa.

Dico a voi la mia esperienza.

Se talvolta ho appreso che qualcuno di voi, da me esortato, aveva fatto dei progressi, allora non mi è rincresciuto di aver preferito, lo confesso, la fatica dei discorsi al mio riposo e alla mia quiete.

Quando per esempio, dopo un sermone, un tipo iracondo si trova mutato in mite, un superbo in umile, un pusillanime in forte; e chi è mite, umile e forte è cresciuto, ognuno nella sua grazia, e si riconosce diventato migliore di prima; così chi forse si era intiepidito e languiva nella vita spirituale, e gli intorpiditi e i sonnolenti, se all’infuocata parola del Signore pare si siano infervorati e svegliati; e se coloro che, abbandonata la fonte della sapienza, si erano scavate le cisterne della volontà propria che sono incapaci di contenere acqua, per cui a ogni comando, come si sentissero schiacciati da un peso, con cuore arido mormoravano, non avendo in sé nessun umore di devozione: se tutti costoro, dico, ricevuta la rugiada della parola e la pioggia abbondante mandata da Dio al suo popolo, dimostrano di aver rifiorito nelle opere dell’obbedienza, divenuti in tutto ossequienti e devoti, allora vi dico, non ha più motivo di tristezza la mia mente per l’interrotta applicazione alla gioiosa contemplazione, dal momento che mi trovo circondato da tanti fiori e frutti di pietà.

Sopporto con pazienza di venire strappato agli amplessi dell’infeconda Rachele, quando mi trovo tra l’abbondante frutto dei vostri profitti.

Non rimpiangerò affatto di aver interrotto la quiete della contemplazione per preparare i miei sermoni quando vedrò germogliare in voi il mio seme e crescere i frutti della vostra giustizia.

La carità, infatti, che non cerca l’interesse proprio, mi ha già da molto tempo facilmente persuaso di questo, cioè di non preferire nessuna delle cose che io desidero ai vostri interessi.

Pregare, leggere, scrivere, meditare, e tutte le altre, cose che interessano la vita interiore, tutto ho considerato come una perdita per voi.

4. Circondatemi di fiori, stipatemi di frutti, perché languisco d’amore.

Queste cose ha dunque dette la sposa alle giovanette in assenza dello Sposo, ammonendole a progredire nella fede e nelle opere buone, fino a che egli ritorni, comprendendo che in questo vi è e il beneplacito dello Sposo e la loro stessa salvezza e in più la sua propria consolazione.

So di aver spiegato più a fondo questo passo nel libro dell’amore di Dio e sotto un altro aspetto, se migliore o peggiore lo giudichi il lettore, se qualcuno vorrà vederli tutti e due.

Non sarò certamente giudicato da un uomo prudente riguardo ai diversi sensi, purché sia in nostro favore da una parte e dall’altra la verità, e la carità, alla quale le Scritture devono servire, porti edificazione a tante più persone quanti più saranno i sensi veri che da esse nel suo lavoro ricaverà.

Perché poi dovrebbe dispiacere nei sensi della Sacra Scrittura ciò che sperimentiamo ogni giorno e continuamente nell’uso delle cose?

A quanti usi del nostro corpo, per portare un esempio, viene impiegata la sola acqua?

Così una sola frase della Parola di Dio non è strano che abbia diversi sensi, adattabili alle diverse necessità e usanze delle anime.

III. Quale sia la sinistra, quale la destra dello sposo e quali le conseguenze di questi nomi

5. Segue: La sua sinistra è sotto il mio capo, e la sua destra mi abbraccerà ( Ct 2,6 ).

Anche su questo passo nel predetto opuscolo  [De diligendo Deo ] ricordo di aver parlato diffusamente; ma manteniamo l’ordine del discorso.

È chiaro che lo Sposo è di nuovo presente, penso per rinfrancare con la sua presenza la sposa languente.

Come non si sentirà ristabilita alla sua presenza, lei che si era abbattuta per la sua assenza?

Dunque, lo Sposo non può sopportare che la sua diletta sia in angustia; è già lì; non può infatti tardare quando è chiamato da così intensi desideri.

E anche perché ha saputo che per tutto il tempo della sua assenza, la sposa è rimasta fedele nel compiere le buone opere e sollecita nel progredire, per il fatto cioè che aveva chiesto di ammassare attorno a sé fiori e frutti.

Per questo è tornato questa volta con una più ricca ricompensa di grazia.

Ecco, con un braccio sostiene il capo della diletta che giace, e prepara l’altro per abbracciarla e stringerla al cuore.

Felice l’anima che si adagia sul petto di Cristo e riposa tra le braccia del Verbo!

La sua sinistra sotto il mio capo, e la sua destra mi abbraccerà.

Non dice: « Mi abbraccia », ma mi abbraccerà, perché tu sappia che, non ingrata per la prima grazia, previene la seconda con il ringraziamento.

6. Impara a non essere tardo o fiacco nel ringraziare, impara a mostrarti riconoscente a ogni singolo dono.

Considera, dice, con diligenza le cose che ti vengono servite ( Pr 23,1 ) affinché nessuno dei doni di Dio sia privo del dovuto ringraziamento, sia che, si tratti di doni grandi, mediocri o anche piccolissimi.

Ci viene comandato di raccogliere i frammenti perché non vadano perduti, vale a dire che non dobbiamo dimenticarci neppure dei minimi benefici.

Non è forse perduto ciò che si dona a un ingrato?

L’ingratitudine è nemica dell’anima, rende vani i meriti, disperde le virtù, fa perdere i benefici.

L’ingratitudine è un vento bruciante, che dissecca per sé la fonte della pietà, la rugiada della misericordia, il flusso della grazia.

Per questo la sposa, non appena ha sentito la grazia della mano sinistra dello Sposo, ha reso grazie, senza aspettare la pienezza che è nella destra.

Né quando si è, ricordata che la sinistra già era sotto il suo capo si dichiarò similmente abbracciata dalla destra ma disse: Mi abbraccerà.

7. Del resto, che cosa pensiamo che sia per il Verbo la « sinistra » e la « destra »?

Forse che ciò che si dice parola dell’uomo ha queste parti corporee divise tra sé e lineamenti distinti che distinguono tra destra e sinistra?

Quanto più colui che è Dio e parola di Dio non ammette affatto tale varietà, ma è colui che è, cioè tanto semplice nella sua natura da non avere parti, così unico da non ammettere numeri.

È infatti la Sapienza di Dio, della quale è scritto: E della sua sapienza non vi è numero ( Sal 147,5 ).

Ma se una cosa è invariabile, questa è incomprensibile, e per ciò stesso ineffabile, necessariamente: dove, prego, troveresti parole per descrivere degnamente e descrivere propriamente quella maestà?

E tuttavia diciamo in qualche modo di essa quello che in qualche modo sentiamo, per rivelazione dello Spirito Santo, di essa.

Sappiamo dall’autorità dei Padri e dalla consuetudine delle Scritture che è lecito prendere delle similitudini; adatte dalle cose che conosciamo, e prendere a prestito parole conosciute, senza cercarne delle nuove, con le quali vengano rivestite congruamente e convenientemente le medesime similitudini.

Diversamente sarebbe ridicola cosa insegnare cose ignote per mezzo di cose ignote.

8. Dunque, poiché si è soliti per destra e sinistra significare le cose avverse e quelle prospere, mi sembra che in questo luogo la « sinistra » stia a significare la minaccia del supplizio, e la « destra » invece la promessa del regno.

IV. Quando la mente ha la sinistra sotto il suo capo, quando sopra; la speranza che è fra l’una e l’altra

Ora, vi e un momento in cui la nostra mente e premuta servilmente dal timore della pena; e allora si deve dire che la sinistra non è affatto sotto il capo, ma sopra il capo, né può l’anima che è in tali disposizioni dire in alcun modo: La sua sinistra è sotto il mio capo.

Ma se progredendo da questo spirito di servitù sarà passata a un sentimento più degno di spontaneo ossequio, in quanto cioè sia provocata più dai premi che non stimolata dai supplizi, e ancor più se sia condotta dall’amore dello stesso bene, allora senza dubbio potrà dire: La sua sinistra è sotto il mio capo; in quanto ha superato con una migliore e più eccellente disposizione dell’animo quel timore servile che è significato nella sinistra, e con degni desideri si è avvicinata anche alla stessa destra che rappresenta le promesse secondo quello che il Profeta dice al Signore: Dolcezza senza fine alla tua destra ( Sal 16,11 ).

Per questo, concepita speranza, dice con fiducia: E la sua destra mi abbraccerà.

9. Tu vedi già ormai con me come a colei che ha bramato e ottenuto un posto tanto soave convenga anche applicarsi quel passo del Salmo che fa dire anche a lei: In pace con lui mi corico e mi addormento, ( Sal 4,9 ) specialmente perché ne dà il seguente motivo: Perché tu solo, Signore, mi hai stabilito nella speranza.

Ed è proprio così. Fino a che uno è spinto dallo spirito di servitù, ha poca speranza, molto timore, non ha pace né requie e la sua coscienza si dibatte tra la speranza e il timore, e massimamente perché soffre maggiormente per il timore della sovraeccellenza, giacché il timore ha la pena ( 1 Gv 4,18 ).

E perciò non compete a lui dire: In pace con lui mi corico e mi addormento, dal momento che non è neppure in grado di affermare di essere stato stabilito nella speranza.

Del resto se, poco alla volta, aumentando la grazia comincerà a diminuire il timore e a progredire la speranza, quando si sarà giunti al punto che la perfetta carità caccia fuori il timore, allora non apparirà una tale anima singolarmente costituita nella speranza, e potrà quindi anche in pace con lui dormire e riposare?

10. Mentre voi dormite tra gli olivi, dice, splendono d’argento le ali della colomba ( Sal 68,14 ).

Questo io penso sia stato detto perché c’è un luogo tra il timore e la sicurezza come tra la sinistra e la destra, cioè la speranza che sta nel mezzo, nella quale la mente e la coscienza, stesovi sotto il soffice strato della carità, soavissimamente riposa.

E forse nel seguito di questo stesso cantico è designato questo passo dove, nella descrizione del cocchio di Salomone, tra le altre cose si dice: Nel mezzo ha steso la carità per le figlie di Gerusalemme ( Ct 3,9-10 ).

Poiché chi si sente stabilito nella speranza non serve più ormai nel timore, ma riposa nella carità.

Infine riposa e dorme la sposa, per la quale viene detto: Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, per le gazzelle, e le cerve dei campi: non destate, non scuotete dal sonno l’amata finché essa non lo voglia ( Ct 2,7 ).

Grande e stupenda degnazione che fa riposare l’anima in contemplazione sul suo petto, e inoltre la difende dalle preoccupazioni nocive, e la protegge dalle attività inquietanti e dalle molestie degli affari, né vuole che sia svegliata se non quando essa vuole.

Ma questo tema è da affrontare non nelle strettezze di un sermone che sta per finire; piuttosto di qui se ne cominci un altro, perché non manchi la debita diligenza nell’esporre questo dolce passo.

Non che, neppure allora, da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, specialmente in una materia così nobile ed eccellente e del tutto sovraeminente, ma la nostra capacità viene da Dio ( 2 Cor 3,5 ) dallo Sposo della Chiesa Gesù Cristo nostro Signore, che è Dio benedetto nei secoli.

Amen.

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