Dialogo della Divina Provvidenza

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Capitolo LXXXIII

Come, poi che sancto Paulo appostolo fu tracto a vedere la gloria de' beati, desiderava d'essere sciolto dal corpo; la qual cosa fanno anche quelli che sono giunti al terzo e al quarto santo stato predecto.

- Paulo dunque aveva veduto e gustato questo bene quando Io el trassi al terzo cielo, cioè nell'altezza della Trinitá, gustando e cognoscendo la veritá mia, dove egli ricevette ad pieno lo Spirito santo e imparò la doctrina della mia Veritá, Verbo incarnato.

Vestitasi l'anima di Paulo, per sentimento e unione, di me Padre ecterno, come i beati della vita durabile, excepto che l'anima non era separata dal corpo, ma per sentimento e unione; e piacendo alla mia bontá di farlo vasello d'elleczione nell'abisso di me Trinitá ecterna, lo spogliai di me, perché in me non cade pena, e Io volevo che sostenesse per lo nome mio; e però gli posi per obiecto Cristo crucifixo dinanzi ad l'occhio dell'intellecto suo, vestendoli el vestimento della doctrina sua, legato e incatenato con la clemenzia dello Spirito santo, fuoco di caritá.

Egli, come vasello disposto e reformato dalla bontá mia, perché non fece resistenzia quando fu percosso, anche dixe: « Signore mio, che vuogli tu che io faccia?

Dimi quello che tue vuogli che io faccia, e io el farò »; Io gliel'insegnai, quando gli posi Cristo crucifixo dinanzi ad l'occhio suo, vestendolo della doctrina della mia Veritá.

Illuminato perfectiximamente col lume della vera contrizione ( colla quale spense el difecto suo ), fondato nella mia caritá, si vestí della dottrina di Cristo crucifixo.

E strinselo per sí facto modo, siccome esso ti manifestò, che giamai no gli fu tracto di dosso: né per tentazione di demonia, né per lo stimolo della carne che spesse volte lo impugnava ( lassato ad lui dalla mia bontá per crescerlo in grazia e in merito, e per umiliazione, però che egli avea gustata l'altezza della Trinitá ); neanche per tribolazioni, né per veruna cosa che gli avenisse, allentava el vestimento di Cristo crucifixo, cioè la perserveranzia della doctrina sua, anche, piú strectamente se lo incarnava.

E tanto sello strinse, che egli ne die' la vita, e con esso vestimento ritornò ad me, Dio ecterno.

Sicché Paulo avea provato che cosa era gustare me senza la gravezza del corpo, facendogliele Io gustare per sentimento d'unione, ma non per separazione.

Adunque, poi che fu ritornato ad sé, vestito del vestimento di Cristo crocifixo, alla perfeczione dell'amore che in me aveva gustata e veduta e che i santi gustano separati dal corpo, gli pareva, el suo, imperfecto.

E però gli pareva che la gravezza del corpo gli ribellasse, cioè che gl'impedisse la grande perfeczione della sazietá del desiderio, che riceve l'anima doppo la morte.

Onde la memoria gli pareva imperfecta e debole, come ella è, per la quale debilezza e imperfeczione gl'impediva di potere ritenere ed essere capace e ricevere e gustare me in veritá con quella perfeczione che mi ricevono i santi.

E però gli pareva che ogni cosa, mentre che stava nel corpo suo, gli fuxe una legge perversa che impugnasse e ribellasse contro allo spirito.

Non di impugnazione di peccato, però che giá ti dixi che Io el certificai dicendo: « Paulo, bastiti la grazia mia »; ma di impugnazione che faceva di impedire la perfeczione dello spirito, cioè di vedere me nell'essenzia mia, el quale vedere era impedito dalla legge e gravezza del corpo.

E però gridava: « Disaventurato uomo, chi mi dissolverebbe dal corpo mio? ché io ho una legge perversa, legata nelle menbra mie, che impugna contro allo spirito ».

E cosí è la veritá: però che la memoria è impugnata dalla imperfeczione corporale; lo intellecto è impedito e legato, per questa grossezza del corpo, di non vedere me come Io sono nell'essenzia mia; e la volontá è legata, cioè che non può giugnere col peso del corpo a gustare me, senza pena, Dio ecterno, per lo modo che decto t'ho.

Sicché Paulo diceva la veritá: che egli aveva una legge perversa legata nel corpo che impugnava contro allo spirito.

E cosí questi miei servi, de' quali Io ti dicevo che erano giunti al terzo e al quarto stato della perfecta unione che fanno in me, gridano con lui volendo essere sciolti dal corpo e separati.

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