Dialogo della Divina Provvidenza

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Capitolo CXXVII

Come ne’ predecti ministri regna l’avarizia, prestando ad usura; ma singularmente vendendo e comprando li benefizi e le prelazioni.

E de’ mali che per questa cupiditá sono advenuti ne la sancta Chiesa.

- Ora ti dirò della seconda, cioè de l’avarizia; ché quello che il mio Figliuolo ha dato in tanta larghezza ( unde tu el vedi tucto aperto il Corpo suo in sul legno della croce che da ogni parte versa ), e non l’ha ricomprato d’oro né d’argento, anco di sangue; per larghezza d’amore non ci capie solo una metá del mondo, ma tucta l’umana generazione, e’ passati, e’ presenti e i futuri.

Non v’è ministrato Sangue che non v’abbi ministrato e dato fuoco, perché per fuoco d’amore egli ve l’ha dato; né fuoco né Sangue senza la natura mia divina, perché perfectamente si uní la natura divina nella natura umana; e di questo Sangue unito per larghezza d’amore, te misero Io n’ho facto ministro: e tu, con tanta avarizia e cupiditá, quello che il mio Figliuolo ha acquistato in su la croce ( ciò sonno l’anime ricomprate con tanto amore ), e quello che Elli t’ha dato essendo facto ministro del Sangue, e tu ne se’ facto, misero, in tanta strectezza che per avarizia ti poni a vendere la grazia dello Spirito sancto, volendo che i tuoi subditi si ricomprino da te, quando ti chieggono, quello che tu hai ricevuto in dono.

La tua gola non hai disposta a mangiare anime per onore di me, ma a devorare pecunia.

E tanto se’ facto strecto in caritá di quel che tu hai ricevuto in tanta larghezza, che Io non cappio in te per grazia, né il proximo tuo per amore.

La substanzia che tu ricevi temporale in virtú di questo Sangue, la ricevi largamente; e tu, misero avaro, non se’ buono altro che per te, e come ladro e furo, degno della morte etternale, imboli quel de’ poveri e della sancta Chiesa, e spendilo luxuriosamente con femmine e uomini disonesti e co’ parenti tuoi, e spendilo in delizie e règgine i tuoi figliuoli.

O miserabili, dove sonno e’ figliuoli delle reali e dolci virtú, le quali tu debbi avere?

dove è l’affocata caritá con che tu debbi ministrare?

dove è l’ansietato desiderio de l’onore di me e salute de l’anime?

dove è il crociato dolore che tu debbi portare di vedere il lupo infernale che ne porta le tue pecorelle?

Non ci è, perché nel tuo cuore strecto non v’è né amore di me né di loro: tu ami solamente te medesimo d’amore proprio sensitivo, col quale amore aveleni te e altrui.

Tu se’ quel dimonio infernale che le inghioctisci con disordinato amore; altro non appetisce la gola tua, e però non ti curi perché ’l dimonio invisibile ne le porti: tu, esso dimonio visibile, ne se’ facto istrumento a mandarle a l’inferno.

Cui ne vesti e ne ingrassi di quel della Chiesa? te e gli altri dimòni con teco insieme e gli animali, cioè i grossi cavagli che tu tieni per tuo dilecto disordinato e non per necessitá.

E tu debbi tenere per necessitá e non per dilecto; questi dilecti sonno degli uomini del mondo, e i tuoi dilecti debbono essere i poveri e il visitare gl’infermi, sovenendoli ne’ loro bisogni spiritualmente e tenporalmente, però che per altro non t’ho Io facto ministro né dátati tanta dignitá.

Ma, perché tu se’ facto animale bruto, però ti dilecti in essi animali.

Tu non vedi, ché, se tu vedessi e’ supplíci che ti sonno apparecchiati se tu non ti correggi, tu non faresti cosí: anco ti dorresti di quello che tu hai facto nel tempo passato e correggeresti el presente.

Vedi quanto, carissima figliuola, Io ho ragione di lagnarmi di questi miseri, e quanta larghezza Io ho usata in loro; ed essi verso me tanta strectezza.

Che piú? Come Io ti dixi, saranno alcuni che prestaranno a usura; non che tengano la tenda come i publichi usurai, ma con molto soctili modi vendaranno el tempo al proximo loro per la loro cupiditá; la qual cosa non è licita per veruno modo del mondo.

Se egli fusse uno presente d’una piccola cosa, e con la sua intenzione egli el ricevesse per prezzo sopra el servizio che egli ha facto a colui prestandoli el suo, quello è usura, e ogni altra cosa che ricevesse per quel tempo, come decto è.

E Io ho posto il misero che le vieti a’ secolari, e egli fa quel medesimo e piú; ché, andandoli uno a chiedere consiglio sopra questa materia, perché egli è in quello simile difecto e perché egli ha perduto il lume della ragione, el consiglio che egli li dae è tenebroso e passionato, per quella passione che è dentro ne l’anima sua.

Questo e molti altri difecti nascono dal cuore suo strecto, cupido e avaro.

E’ si può dire quella parola che dixe la mia Veritá quando entrò nel tempio, che egli vi trovò coloro che vendevano e compravano, cacciandoli fuore con la ferza della fune, dicendo:

- « Della casa del Padre mio, che è casa d’orazione, n’avete facta spilonca di ladroni ».

- Tu vedi bene, dolcissima figliuola, che egli è cosí che della Chiesa mia, che è luogo d’orazione, n’è facto spilonca di ladroni: eglino vendono e comprano, e hanno facta mercanzia della grazia dello Spirito sancto.

Unde tu vedi che chi vuole le prelazioni e i benefizi della sancta Chiesa, gli comprano con molti presenti, presentando quegli che sonno d’atorno di derrate e di denari; e i miserabili non raguardano che elli sia buono piú che gattivo, ma, per compiacerli e per amore del dono che hanno ricevuto, s’ingegnano di mectere questa pianta putrida nel giardino della sancta Chiesa, e faranno per questo, e’ miseri, buona relazione di lui a Cristo in terra.

E cosí l’uno e l’altro usano la falsitá e l’inganno verso Cristo in terra, colá dove essi debbono andare schiecti e con ogni veritá.

Ma se il vicario del mio Figliuolo s’avede de’ difecti dell’uno e de l’altro, li debba punire: e a colui tollere l’offizio suo, se non si corregge e non amenda la sua mala vita; e a colui che compra gli starebbe bene che egli li desse, in quello scambio, la pregione, sí che egli sia correcto del suo difecto, e gli altri ne prendano exemplo e temano, acciò che neuno si levi piú a farlo.

Se Cristo in terra el fa, fa el debito suo; e se non el fa, non sará impunito questo peccato, quando li converrá rendere ragione dinanzi a me delle sue pecorelle.

Credemi, figliuola mia, che oggi egli non si fa, e però è venuta la Chiesa mia in tanti difecti e abominazioni.

Essi non cercano né vanno investigando de la vita loro, quando dánno le prelazioni, se essi sono buoni o gattivi; e se alcuna cosa ne cercano, ne dimandano e cercano da coloro che sonno gattivi con loro insieme, e’ quali non renderebbero altro che buona testimonianza, perché quegli simili difecti sonno in loro medesimi.

E non raguardano ad altro se non a grandezza di stato e a gentilezza e a ricchezza e che sappiano parlare molto polito.

E peggio, ché alcuna volta allegará el concestoro che egli abbi bella persona.

Odi cose di dimòni! ché dove essi debbono cercare l’adornamento e bellezza delle virtú, ed essi raguardano a la bellezza del corpo!

Debbono cercare gli umili poverelli che per umilitá fuggano le prelazioni, ed essi tolgono coloro che vanamente e con infiata superbia le cercano.

Mirano a la scienzia.

La scienzia in sé è buona e perfecta, quando lo scienziato ha insiememente la scienzia e la buona e onesta vita e con vera umilitá.

Ma se la scienzia è nel superbo, disonesto e scellerato nella vita sua, ella è uno veleno, e della Scriptura non intende se non secondo la lectera: in tenebre l’intende perché ha perduto el lume della ragione e ha obfuscato l’occhio de l’intellecto suo.

Nel quale lume, col lume sopranaturale, fu dichiarata e intesa la sancta Scriptura, sí come in un altro luogo piú chiaramente ti dixi.

Sí che vedi che la scienzia è buona in sé, ma none in colui che non l’usa come egli la debba usare: anco gli sará fuoco pennace se egli non correggerá la vita sua.

E però debbono piú tosto raguardare a la sancta e buona vita che allo scienziato che gattivamente guidi la vita sua.

Ed eglino ne fanno el contrario: anco e’ buoni e virtuosi, che siano grossi in scienzia, reputano macti e sonno spregiati da loro; e i povaregli schifano, perché non hanno che donare.

Sí che vedi che nella casa mia, che debba essere casa d’orazione, e dove debba rilucere la margarita della giustizia e il lume della scienzia con onesta e sancta vita, e debbavi essere l’odore della veritá, ed egli v’abbonda la menzogna.

Debbono possedere povertá volontaria, e con vera sollicitudine conservare l’anime e trarle delle mani delle dimonia; ed essi appetiscono ricchezze.

E tanto hanno presa la cura delle cose temporali che al tucto hanno abandonata la cura delle spirituali, e non actendono ad altro che a giuoco e a riso e a crescere e multiplicare le substanzie temporali.

E’ miseri non s’avegono che questo è il modo da perderle, però che, se eglino abondassero in virtú e pigliassero la cura delle spirituali, sí come debbono, abbondarebbero nelle temporali.

E molte rebellioni ha avute la sposa mia di quelle che ella non avarebbe avute.

Eglino debbono lassare i morti sepellire a’ morti, ed essi debbono seguitare la doctrina della mia Veritá e compire in loro la volontá mia, cioè fare quello per che Io gli ho posti.

Ed essi fanno tucto el contrario, ché le cose morte e transitorie si pongono a sepellire con disordinato affecto e sollicitudine, e tragono l’officio di mano agli uomini del mondo.

Questo è spiacevole a me e danno a la sancta Chiesa.

Debbonle lassare a loro, e l’uno morto sepellisca l’altro, cioè che coloro, che sonno posti a governare le cose temporali, le governino.

E perché ti dixi « l’uno morto sepellisca l’altro »?

Dico che « morto » s’intende in due modi: l’uno è quando ministra e governa le cose corporali con colpa di peccato mortale per disordinato affecto e sollicitudine; l’altro modo è perché egli è offizio del corpo che sonno cose manuali, e il corpo è cosa morta, che non ha vita in sé se non quanto l’ha tracta da l’anima, e participa della vita mentre che l’anima sta nel corpo, e piú no.

Debbano dunque questi miei unti, che debbono vivere come angeli, lassare le cose morte a’ morti ed essi governare l’anime, che sonno cosa viva e non muoiono mai quanto che ad essere, governandole e ministrando lo’ e’ sacramenti e i doni e le grazie dello Spirito sancto, e pascerle del cibo spirituale con buona e sancta vita.

A questo modo sarebbe la casa mia casa d’orazione, abondando delle grazie e virtú loro.

E perché essi nol fanno, ma fanno el contrario, posso dire che ella sia facta spilonca di ladroni, perché son facti mercatanti per avarizia, vendendo e comprando, come decto è. Ed è facta receptacolo d’animali, perché vivono come animali bruti disonestamente; unde per questo n’hanno facta stalla, perché ine giacciono nel loto della disonestá, e cosí tengono le dimonia loro nella Chiesa, come lo sposo tiene la sposa nella casa sua.

Sí che vedi quanto male, e molto piú, e quasi senza comparazione che quello che Io t’ho narrato, el quale nasce da queste due colonne fetide e puzzolenti, cioè la immondizia e la cupiditá e avarizia.

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