Dialogo della Divina Provvidenza

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Capitolo CXXX

Di molti altri defecti e’ quali comectono li predecti iniqui ministri.

- O carissima figliuola, questi miseri, de’ quali Io t’ho narrato, non ci hanno alcuna considerazione; però che, se essi l’avessero, non verrebbero a tanti difecti né eglino né gli altri, ma farebbero come gli altri che virtuosamente vivevano.

E’ quali prima eleggevano la morte che volessero offender me e sozzare la faccia de l’anima loro e diminuire la dignitá nella quale Io gli avevo posti, ma crescevano la dignitá e la bellezza de l’anime loro.

Non che la dignitá del sacerdote, puramente la dignitá, possa crescere per virtú né minuire per difecto, come decto t’ho; ma le virtú sonno uno adornamento e una dignitá che dánno a l’anima, oltre a la pura bellezza de l’anima che ella ha dal suo principio quando Io la creai a la imagine e similitudine mia.

Questi cognobbero la veritá della bontá mia e la bellezza e dignitá loro, perché la superbia e amore proprio non l’aveva obfuscato né tolto el lume della ragione, però che n’erano privati e amavano me e la salute de l’anime.

Ma questi tapinelli, perché al tucto sonno privati del lume, non si curano d’andare di vizio in vizio, in fine che giongono a la fossa.

E del tempio de l’anima loro e della sancta Chiesa, che è uno giardino, ne fanno riceptacolo d’animali.

O carissima figliuola, quanto m’è abominevole che le case loro che debbono essere riceptacolo de’ servi miei e de’ poverelli, e debbono tenere per sposa el breviario, e i libri della sancta Scriptura per figliuoli, e ine dilectarsi per dare doctrina al proximo loro in prendere sancta vita; e esse sono riceptacolo d’inmondizie e d’inique persone.

La sposa sua non è il breviario, anco tracta la decta sposa del breviario come adultera, ma è una miserabile dimonia che immondamente vive con lui; e’ libri suoi sonno la brigata de’ figliuoli; e co’ figliuoli, che egli ha acquistati in tanta bructura e miseria, si dilecta senza vergogna alcuna.

Le pasque e i dí solempni, ne’ quali egli debba rendere gloria e loda al nome mio col divino officio e gictarmi oncenso d’umili e devote orazioni, e egli sta in giuoco e in sollazzo con le sue dimonie e va brigatando co’ secolari, cacciando e ucellando come se fusse uno secolare e uno signore di corte.

O misero uomo, a che se’ venuto?

Tu debbi cacciare e ucellare ad anime per gloria e loda del nome mio, e stare nel giardino della sancta Chiesa; e tu vai per li boschi.

Ma perché tu se’ facto bestia, tieni dentro ne l’anima tua gli animali de’ molti peccati mortali; e però se’ facto cacciatore e ucellatore di bestie, perché l’orto de l’anima tua è insalvatichito e pieno di spine: però hai preso dilecto d’andare per li luoghi deserti cercando le bestie salvatiche.

Vergògnati, uomo, e raguarda e’ tuoi difecti, però che hai materia di vergognarti da qualunque lato tu ti vòlli.

Ma tu non ti vergogni, perché hai perduto el sancto e vero timore di me.

Ma, come la meretrice che è senza vergogna, ti vantarai di tenere il grande stato nel mondo e d’aver la bella fameglia e la brigata de’ molti figliuoli.

E se tu non gli hai, cerchi d’averli, perché rimangano eredi del tuo.

Ma tu se’ ladro e furo, però che tu sai bene che tu non el puoi lassare, perché le tue erede sonno e’ poveri e la sancta Chiesa.

O dimonio incarnato, senza lume, tu cerchi quel che tu non debbi cercare; loditi e vantiti di quello che tu debbi venire a grande confusione e vergognarti dinanzi a me, che veggo lo intrinsico del cuore tuo, e dinanzi a le creature.

Tu se’ confuso, e le corna della tua superbia non ti lassano vedere la tua confusione.

O carissima figliuola, Io l’ho posto in sul ponte della doctrina della mia Veritá a ministrare a voi perregrini e’ sacramenti della sancta Chiesa; ed egli sta nel miserabile fiume di socto al ponte, e nel fiume delle delizie e miserie del mondo ve li ministra, e non se n’avede che li giogne l’onda della morte, e vanne insieme co’ suoi signori dimòni, a’ quali esso ha servito e lassatosi guidare per la via del fiume senza alcuno ritegno.

E se egli non si corregge, giogne a l’etterna danpnazione con tanta reprensione e rimproverio, che la lingua tua non sarebbe sufficiente a narrarlo.

E molto piú egli che un altro, secolare: unde una medesima colpa è piú punita in lui che in un altro che fusse nello stato del mondo; e con piú rimproverio si levano e’ nemici suoi nel ponto della morte ad accusarlo, sí come Io ti dixi.

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