Dialogo della Divina Provvidenza

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Capitolo CXLII

Come Dio providde verso de l’anime dando i sacramenti, e provede a’ servi suoi affamati del sacramento del Corpo di Cristo; narrando come providde piú volte, per mirabile modo, verso d’una anima affamata d’esso sacramento.

- Sai tu, carissima figliuola, come Io provego questi miei servi che sperano in me?

In due modi: cioè che tucta la providenzia, che Io uso a le mie creature che hanno in loro ragione, è sopra l’anima e sopra ’l corpo.

E ciò, che Io adopero di providenzia nel corpo, è facto in servizio de l’anima, per farla crescere nel lume della fede, farla sperare in me e perdere la speranza di sé, e perché vega e cognosca che Io so’ Colui che so’, che posso, voglio e so sovenire al suo bisogno e salute.

Tu vedi che ne l’anima, per la vita sua, Io l’ho dati e’ sacramenti della sancta Chiesa, perché sonno suo cibo: none il pane, che è cibo grosso corporale, e però è dato al corpo; ma, perché ella è incorporea, vive della parola mia.

Però disse la mia Veritá nel sancto Evangelio che di solo pane non viveva l’uomo, ma d’ogni parola che procede da me, cioè di seguitare con spirituale intenzione la doctrina di questa mia Parola incarnata, la quale parola in virtú del Sangue suo e’ sacramenti vi dánno vita.

Sí che i sacramenti spirituali sonno dati a l’anima: poniamo che si pongano e si diano con lo strumento del corpo; non darebbe a l’anima vita di grazia solamente quello acto, se essa anima non si disponesse a riceverli con espirituale, sancto e vero desiderio.

E però ti dixi che egli erano spirituali, che si dánno a l’anima perché è cosa incorporea: non obstante che sieno pórti per lo mezzo del corpo, come decto è, al desiderio de l’anima è dato che ’l riceva.

Alcuna volta, per crescerla in fame e sancto desiderio, gli le farò desiderare e non potrá averli; non potendoli avere, cresce la fame, e nella fame il cognoscimento di sé, reputandosene indegna per umilitá.

E Io alora la fo degna, provedendo spesse volte in diversi modi sopra questo sacramento.

E tu sai che egli è cosí, se ben ti ricorda d’averlo udito e provato in te medesima.

Perché la clemenzia mia dello Spirito sancto, che gli ha presi a servire ( dato lo’ da me per la mia bontá ), spirará la mente d’alcuno ministro che l’ha a dare questo cibo, che, costrecto dal fuoco della mia caritá d’esso Spirito sancto, el quale gli dá stimolo di coscienzia, unde per coscienzia si muove a pascere la fame e compire il desiderio di quella anima.

Farò indugiare alcuna volta in su l’extremitá e, quando in tucto ella n’avará perduta la speranza, ed ella avará quel che desidera.

E non poteva Io cosí provedere nel principio come ne l’ultimo?

Sí bene: ma follo per crescerla nel lume della fede, acciò che mai non manchi che ella none speri nella mia bontá; e per farla cauta e prudente, ché imprudentemente non volti el capo a dietro, allentando la fame del sancto desiderio: e però la indugio.

Sí come ti ricorda di quella anima, che, giognendo nella sancta chiesa con grande fame della comunione, e giognendo el ministro a l’altare, ella dimandò el Corpo di Cristo tucto Dio e uomo: egli rispose che non volea darlele.

In lei crebbe il pianto e il desiderio: e in lui, quando venne ad offerire il calice, crebbe lo stimolo della coscienzia, costrecto dal servidore dello Spirito sancto che provedeva a quella anima.

E come provedeva e lavorava in quel cuore dentro, cosí el mostroe di fuore, dicendo a quel che ’l serviva:

- Dimanda se ella si vuole comunicare, ché Io lel darò volontieri.

- E se ella aveva una sprizza di fede e d’amore, crebbe in grandissima abondanzia il desiderio; intantoché pareva che la vita si volesse partire dal corpo.

E però l’avevo Io permesso: per farla crescere e farle diseccare ogni amore proprio, infidelitá e speranza che avesse in sé.

Alora providi col mezzo della creatura.

Un’altra volta provedará el servidore dello Spirito sancto solo, senza questo mezzo, sí come piú volte a molte persone è adivenuto e adiviene tucto dí a’ servi miei.

Ma, tra l’altre, due admirabili, sí come tu sai, te ne narrarò per farti dilatare in fede e a commendazione della mia providenzia.

Ricordati e rammentati in te medesima d’avere udito di quella anima, che, stando nel tempio mio della sancta chiesa, el dí della conversione del glorioso appostolo Pavolo mio dolce banditore, con tanto desiderio di giognere a questo sacramento, pane di vita, cibo degli angeli dato a voi uomini, che ella provò quasi a quanti ministri vennero a celebrare; e da tucti le fu denegato per mia dispensazione, perché volsi che ella cognoscesse che, mancandole gli uomini, non le mancavo Io, suo Creatore.

E però a l’ultima messa Io tenni questo modo che Io ti dirò, e usai uno dolce inganno per farla inebbriare della providenzia mia.

Lo inganno fu questo: che, avendo ella detto di volersi comunicare, quel che serviva nol volse dire al ministro.

Vedendo ella che egli non rispondeva del no, aspectava con grande desiderio di potersi comunicare.

Decta la messa e trovandosi di no, crebbe in tanta fame e in tanto desiderio, con vera umilitá reputandosene indegna e riprendendo la sua presumpzione, parendole avere presumpto di giognere a tanto misterio.

Io, che exalto gli umili, trassi a me il desiderio e l’affecto di quella anima, dandole cognoscimento ne l’abisso della Trinitá di me, Dio etterno, illuminando l’occhio de l’intellecto suo nella potenzia di me, Padre etterno, nella sapienzia de l’unigenito mio Figliuolo e nella clemenzia dello Spirito sancto, e’ quali siamo una medesima cosa.

E in tanta perfeczione si uní quella anima, che ’l corpo si sospendeva da la terra, perché, come nello stato unitivo de l’anima Io ti narrai, era piú perfecta l’unione che l’anima aveva facta per affecto d’amore in me che nel corpo suo.

E in questo abisso grande, per satisfare al desiderio suo, ricevecte da me la sancta comunione.

E in segno di ciò che Io in veritá l’avevo satisfacto, per piú dí sentí per admirabile modo nel gusto corporale il sapore e odore del Sangue e del Corpo di Cristo crocifixo, mia Veritá.

Unde ella si rinnovellò nel lume della mia providenzia, avendola gustata cosí dolcemente.

Tucto questo fu visibile a lei, ma invisibile agli occhi delle creature.

Ma el secondo fu visibile agli occhi del ministro a cui adivenne il caso: ché, essendo quella anima con grande desiderio d’udire la messa e della comunione, per passione corporale non era potuta andare alla chiesa a quella ora che bisognava.

Pur gionse, essendo l’ora tardi, a la consecrazione, cioè che gionse in su quella ora che ’l ministro consecrava.

Ed essendo egli da l’uno capo della chiesa, ella si pose da l’altro, però che l’obbedienzia non le concedeva che ella stesse ine.

Ella si pose con grandissimo pianto, dicendo:

- O miserabile anima mia! e non vedi tu quanto di grazia tu hai ricevuto, che tu se’ nel tempio sancto di Dio e hai veduto il ministro, che se’ degna d’abitare ne l’inferno per li tuoi peccati?

- El desiderio però non si quietava, ma quanto piú si profondava nella valle de l’umilitá, tanto piú era levata in su, dandole a cognoscere con fede e speranza la mia bontá, confidandosi che ’l servitore dello Spirito sancto notricasse la fame sua.

Io alora le diei quello che ella in quello modo non sapeva desiderare.

El modo fu questo: che, venendo el sacerdote per comunicarsi, nel dividere ne cadde uno pezzuolo, el quale per mia dispensazione e virtú ( il moccolino de l’ostia, cioè quella particella che se n’era levata ) si partí da l’altare e andò ne l’altro capo della chiesa, dove ella era.

E, credendosi ella che non fusse cosa visibile ma invisibile, sentendosi comunicata, pensossi con grande e affocato desiderio che, come piú volte l’era adivenuto, Io l’avesse satisfacto invisibilmente.

Ma egli non parbe cosí al ministro, che, non trovandola, sentiva intollerabile dolore.

Se non che ’l servidore della mia clemenzia gli manifestò nella mente sua chi l’aveva avuta, sempre però dubitando infino che dichiarato si fu con lei.

E non potevo Io tollerle lo impedimento del difecto corporale e farla andare ad ora, dacciò che ella avesse potuto ricevere il sacramento dal ministro?

Sí; ma volevo farle provare che, col mezzo della creatura e senza il mezzo della creatura, in qualunque stato e in qualunque tempo si sia, in qualunque modo sa desiderare e piú che non sa desiderare, Io la posso, so e voglio satisfare, come decto è, con maravigliosi modi.

Questo ti basti, carissima figliuola, averti narrato della providenzia mia, la quale Io uso con l’anime affamate di questo dolce sacramento.

E cosí in tucti gli altri, secondo che lo’ bisogna, uso questa dolce providenzia.

Ora ti dirò alcuna cosellina come Io l’uso dentro ne l’anima, la quale uso senza il mezzo del corpo, cioè con estrumento di fuore.

Benché parlandoti degli stati de l’anima Io te ne dicesse, nondimeno anco te ne dirò.

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