Dialogo della Divina Provvidenza

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Capitolo CXLIII

De la providenzia di Dio verso di coloro che sono in peccato mortale.

- L’anima o ella è in stato di peccato mortale, o ella è imperfecta in grazia, o ella è perfecta.

In ogniuno uso, dilargo e do la mia providenzia; ma in diversi modi, con grande sapienzia, secondo che Io veggo che gli bisogna.

Agli uomini del mondo, che giacciono nella morte del peccato mortale, provego destandoli con lo stimolo della coscienzia, o con fadiga che sentiranno nel mezzo del cuore per nuovi e diversi modi.

E sonno tanti questi modi, che la lingua tua non sarebbe sufficiente a narrarli.

Unde spesse volte si partono, per questa importunitá delle pene e stimolo di coscienzia che è dentro ne l’anima, da la colpa del peccato mortale.

E alcuna volta ( perché Io delle spine vostre sempre traggo la rosa ), concependo el cuore de l’uomo amore al peccato mortale o alla creatura fuore della mia volontá, Io gli tollarò el luogo e il tempo che non potrá compire le volontá sue, intantoché con la stanchezza della pena del cuore, la quale egli ha acquistata per suo difecto, non potendo compire le sue disordinate volontá, torna a se medesimo con compunzione di cuore e stimolo di coscienzia, e con esse gicta a terra il farnetico suo.

El quale drictamente si può chiamare « farnetico », ché, credendosi ponere l’affecto suo in alcuna cosa, quando viene a vedere, non era cavelle.

Era bene ed è alcuna cosa la creatura cui egli amava di miserabile amore; ma quello, che egli ne pigliava, era non cavelle, però che ’l peccato non è cavelle.

Di questo non cavelle della colpa, che è una spina che pugne l’anima, Io ne traggo questa rosa, come decto è, per provedere a la salute sua.

Chi mi costrigne a farlo?

Non egli, che non mi cerca né adimanda l’aiutorio e providenzia mia se none in colpa di peccato, in delizie, ricchezze e stati del mondo: ma l’amore mi costrigne, perché v’amai prima che voi fuste; senza essere amato da voi, Io v’amai ineffabilemente.

Questo mi costrigne a farlo, e l’orazioni de’ servi miei, e’ quali ( el servidore dello Spirito sancto, clemenzia mia, ministrando lo’ l’onore di me e la dileczione del proximo loro ) cercano con inextimabile caritá la salute loro, studiandosi di placare l’ira mia e di legare le mani della divina mia giustizia, la quale merita lo iniquo uomo che Io usi contra di lui.

Essi mi strengono con le lagrime, umili e continue orazioni.

Chi gli fa gridare? La mia providenzia, che proveggo a la necessitá di quel morto, perché decto è ch’Io non voglio la morte del peccatore, ma che egli si converta e viva.

Inamórati, figliuola, della mia providenzia.

Se tu apri l’occhio della mente tua e del corpo, tu vedi che gli scellerati uomini che giacciono in tanta miseria, e’ quali so’ facti puzza di morte, obscuri e tenebrosi per la privazione del lume, essi vanno cantando e ridendo, spendendo il tempo loro in vanitá, in delizie e grandi disonestá: tucti lascivi, mangiatori e bevitori, intantoché del ventre loro si fanno dio, con odio, con rancore, con superbia e con ogni miseria ( delle quali miserie piú distintamente sai ch’Io te ne narrai ), e non cognoscono lo stato loro.

Vanno per la via a giognere alla morte etternale, se non si correggono nella vita loro, e vanno cantando!

E non sarebbe reputata grande stoltizia e pazzia se quelli, che è condannato a la morte e va a la giustizia, andasse cantando e ballando, mostrando segni d’allegrezza?

Certo sí. In questa stoltizia stanno questi miseri, e tanto piú senza comparazione veruna, quanto essi ricevono, quegli pena finita, e costoro pena infinita, morendo in stato di danpnazione.

E vanno cantando!

Ciechi sopra ciechi! stolti e macti sopra ogni stoltizia!

E i servi miei stanno in pianto, in affliczione di corpo e in contrizione di cuore, in vigilia e continua orazione, con sospiri e lamenti, macerando la carne loro per procurare a la loro salute; ed essi si fanno beffe di loro!

Ma elle caggiono sopra e’ loro capi, tornando la pena della colpa in cui ella debba tornare, e i fructi delle fadighe portate per amore di me si dánno in cui la bontá mia gli ha facti meritare, però che io so’ lo Idio vostro giusto, che a ogniuno rendo secondo che averá meritato.

Ma e’ veri servi miei non allentano e’ passi per le beffe, persecuzioni e ingratitudine loro; anco crescono in maggiore sollicitudine e desiderio.

Questo chi el fa, che con tanta fame bussino alla porta della mia misericordia?

La providenzia mia, che proveggo e procuro insiememente la salute di questi miseri, e augmento la virtú e cresco il fuoco della dileczione della caritá ne’ servi miei.

Infiniti sonno questi modi di providenzia, ch’Io uso ne l’anima del peccatore per trarlo della colpa del peccato mortale.

Ora ti parlaró di quello che fa la mia providenzia in coloro che sonno levati dalla colpa, e sonno ancora inperfecti; non ricapitolando gli stati de l’anima, perché giá ordinatamente te gli ho narrati, ma breve breve alcuna cosa ti dirò.

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