Cammino di perfezione

Capitolo 12

Fa vedere quanto poca stima deve avere della vita e dell’onore chi ama veramente Dio.

1. Passiamo ad altre cose che sono anch’esse molto importanti, benché sembrino di poco conto.

Tutto ci appare gravoso, e a ragione, perché si tratta di una guerra contro noi stessi, ma appena ci mettiamo all’opera, Dio agisce così efficacemente nell’anima e le dona tante grazie che le sembra poco tutto ciò che si può fare in questa vita.

Per noi monache, poi, il più è fatto, quando rinunziamo alla libertà per amor di Dio, rimettendola nelle mani degli altri.

Inoltre, osserviamo tante pratiche gravose: digiuni, silenzio, clausura, servizio del coro, che anche a volerci trattare con delicatezza non potremmo farlo se non raramente, e forse l’avrò fatto soltanto io in tanti monasteri che ho visto.

Allora, perché trattenerci dal praticare la mortificazione interiore che rende tutto il resto molto più meritorio e perfetto e ce lo fa compiere con maggiore pace e dolcezza?

Ci si arriva – come ho detto – a poco a poco, rinnegando la propria volontà e il proprio istinto anche nelle piccole cose, fino ad assoggettare il corpo allo spirito.

2. Torno a dire che tutto o quasi tutto consiste nel rinunciare a noi stessi e ai nostri agi.

Chi comincia infatti a servire il Signore, il meno che gli può offrire è la vita.

E che deve temere chi gli ha già dato la sua volontà?

È evidente che se è un vero religioso o una vera anima di orazione che pretende godere i doni di Dio, non deve tornare indietro ma desiderare di morire per Dio e soffrire anche il martirio.

Del resto, non lo sapete, sorelle, che la vita del buon religioso, che vuol essere fra i più intimi amici di Dio, è un lungo martirio?

Lungo, perché tale può dirsi in confronto a quello di coloro cui veniva tagliata la testa.

Ma la vita è breve, anzi a volte brevissima.

E che sappiamo se la nostra non sarà così breve che dopo un’ora o un momento dall’aver peso la risoluzione di servire totalmente Dio, si estinguerà?

Sarebbe possibile perché, dopo tutto, non c’è da fare assegnamento su quanto ha fine.

E, pensando che ogni ora può essere l’ultima, chi di voi non vorrà impiegarla bene?

Credetemi, questo pensiero è la cosa più sicura.

3. Adoperiamoci, pertanto, a contraddire in tutto la nostra volontà; se ci impegneremo a farlo, come ho detto, a poco a poco, senza saper come, ci troveremo sulla vetta.

Ma non sembra troppo rigoroso dire che noi non dobbiamo cercare soddisfazione in nulla?

Sì, perché non si dice quali grazie e gioie comporti questa contraddizione e quanto si guadagna con essa anche in questa vita, quale sicurezza!

Qui, poiché tutte voi percorrete questa strada, il più è fatto.

Ora, stimolatevi e aiutatevi a vicenda: in questo ciascuna di voi deve cercare di superare le altre.

4. Vegliate attentamente sui vostri moti interiori, specialmente su quelli riguardanti la preminenza.

Dio ci liberi, per la sua passione, di fermarci a dire o pensare cose di tal genere: « sono più anziana nell’Ordine », « ho più anni », « ho lavorato di più », « quella è trattata meglio di me ».

Bisogna respingere subito questi pensieri, appena si presentano, perché il fermarsi su di essi o parlarne è una peste e l’origine di grandi mali.

Se doveste avere una priora che sopporta tali considerazioni, anche poco, credete che Dio ha permesso che l’abbiate in punizione dei vostri peccati e che sia qui l’inizio della vostra rovina.

Pregate quindi ardentemente il Signore di porvi rimedio, perché vi trovate in grave pericolo.

5. Può darsi che vi domandiate perché insisto tanto su questo, che giudichiate rigorosa tale dottrina perché Dio accorda le sue grazie anche a coloro che non sono ancora pervenuti a un così completo distacco.

Lo credo, perché con la sua sapienza infinita vede che ciò è necessario per condurli a lasciare tutto per lui.

Per « distacco » non intendo solo l’entrare in religione, giacché vi possono essere ostacoli per abbracciare questa via, e in ogni luogo un’anima perfetta può essere distaccata e umile; solo che sarà a costo di maggiore sforzo da parte sua, perché l’ambiente ha molta importanza.

Ma, credetemi, dov’è una vana stima del punto d’onore o desiderio di beni terreni ( e questo può trovarsi tanto dentro i monasteri quanto fuori di essi, anche se dentro le occasioni siano minori, e maggiore, quindi, la colpa ), malgrado si siano trascorsi molti anni nell’orazione ( o, per meglio dire, nella meditazione, perché l’orazione perfetta finisce col correggere questi difetti ), non ci si avvantaggerà molto né si arriverà a godere il vero frutto dell’orazione.

6. Considerate, sorelle, se questi consigli siano o no per voi importanti, tanto più che non siete qui per altro.

Comportandovi diversamente, perdereste l’onore e il profitto che ne potreste guadagnare; così che disonore e perdita vanno qui uniti insieme.

Ognuna consideri quale sia il suo grado d’umiltà e vedrà a che punto è nel progresso spirituale.

Mi sembra che, in fatto di preminenza, il demonio non oserà tentare, neppure con un primo impulso, chi è veramente umile, perché, essendo molto astuto, ne teme il contraccolpo.

È impossibile, per chi è umile, non acquistare maggior forza e non progredire in questa virtù, se il demonio lo tenta in tal senso.

È evidente, infatti, che l’anima deve ritornare sulla sua vita, paragonare il modo con cui ha servito il Signore con ciò che gli deve, considerare l’eccelso dono ch’egli ci fece nell’abbassarsi fino a noi per darci esempio di umiltà e, riconoscendo i suoi peccati, pensare dove avrebbe meritato di stare a causa di essi.

Ne esce così avvantaggiata che il demonio non osa tornare all’attacco per non riportarne la testa rotta.

7. Ecco il consiglio che vi do e non dimenticatelo: non solamente dovete avanzare in umiltà interiormente ( giacché sarebbe un gran male non restare con questo profitto ), ma cercare anche che le consorelle traggano vantaggio dalla vostra tentazione mediante i vostri atti esterni.

Se volete vendicarvi del demonio e liberarvi più presto dalla tentazione, non appena vi sopravvenga, pregate la priora d’imporvi qualche incarico umiliante o adempitelo voi stesse come potete e adoperatevi a studiare il modo di piegare la vostra volontà, praticando cose che vi ripugnano.

Il Signore ve le farà conoscere e la tentazione durerà poco.

Dio ci liberi da coloro che pretendono di servirlo coltivando insieme il proprio onore!

Badate che è un cattivo affare e – come ho detto – lo stesso onore si perde col perseguirlo, specialmente in fatto di preminenze, perché non c’è al mondo un tossico che uccida la perfezione come cose di questo tipo.

8. Direte che sono piccole cose, frutto di natura, di cui non bisogna far caso.

Non scherzateci sopra, perché crescono come la schiuma: non è cosa da nulla quando il pericolo è così grave come lo è in questi punti d’onore e nel badare se non ci sia stato fatto qualche torto.

Sapete perché, fra molte altre ragioni?

Forse in qualcuna l’inizio è una cosa da poco, anzi quasi un nulla, ma subito il demonio fa sì che a un’altra sembri grave, e questa penserà di fare un atto di carità col dirvi che non capisce come possiate sopportare quell’affronto, che prega Dio di darvi pazienza; vi esorta a offrirgli questa prova, superiore a quanto potrebbe soffrire un santo.

Il demonio vi raggira, in conclusione, con tali seduzioni che, pur essendo decise a soffrire, ne uscite con una tentazione di vanagloria, per una prova che non avete neppure sopportata con la perfezione che essa richiedeva.

9. La nostra natura è così debole che, anche quando riconosciamo che non c’è da soffrire per una prova, pensiamo di aver fatto qualcosa, sopportandola, e ne soffriamo, tanto più se vediamo che le altre se ne angustiano per amor nostro.

Così l’anima va perdendo le occasioni che aveva di acquistare meriti, resta più debole e lascia aperta al demonio la porta, perché rinnovi l’assalto con maggior violenza.

Potrà pur accadere, anche quando abbiate preso la risoluzione di sopportare tutto pazientemente, che vengano da voi a dirvi che siete un’insensata, che è bene risentirsi degli affronti.

Oh, per amor di Dio, sorelle mie!

Che nessuna sia indotta da un’inopportuna carità a mostrare compassione per l’altra per ciò che riguarda questi torti immaginari: sarebbe come quella carità usata con il santo Giobbe dai suoi amici e da sua moglie.

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