Libro delle fondazioni

Capitolo 18

Racconta della fondazione del monastero di San Giuseppe di Salamanca, avvenuta nell'anno 1570.

Dà alcuni consigli importanti alle priore.

1. Ultimate queste due fondazioni, tornai a Toledo, dove rimasi alcuni mesi, per comprare la casa di cui ho parlato e lasciare tutto in ordine.

Mentre ero impegnata in questa faccenda, mi scrisse il rettore della Compagnia di Gesù di Salamanca per dirmi che lì sarebbe stato assai utile un monastero di queste nostre religiose, e me ne esponeva le ragioni.

Quel che mi aveva trattenuto fino allora dal fondare là un monastero senza rendite era la povertà del luogo.

Ma, considerando che anche Avila è assai povera e che mai le vien meno l'aiuto di Dio, né credo che verrà mai meno a coloro che lo servono, essendoci inoltre nei nostri monasteri una situazione assai tranquilla e ordinata, dato il numero esiguo delle religiose, che si aiutano col lavoro delle loro mani, decisi di accettare.

E, recatami da Toledo ad Avila, mi adoperai da lì per ottenere l'autorizzazione del vescovo di Salamanca il quale, informato dal padre rettore del nostro Ordine e saputo che la fondazione sarebbe stata a gloria di Dio, ebbe la bontà di darcela subito.

2. A me sembrava che, ormai in possesso dell'autorizzazione dell'Ordinario, il monastero fosse fatto, tanto la cosa mi pareva facile.

Così provvidi subito a prendere in affitto una casa procuratami da una signora di mia conoscenza.

C'era qualche difficoltà da superare, perché quello non era il tempo degli affitti e perché era occupata da alcuni studenti, dai quali si riuscì ad ottenere che l'avrebbero lasciata libera, quando si fosse presentato chi doveva entrarvi.

Essi ignoravano a che cosa sarebbe servita, perché io avevo una enorme cura di non far trapelare nulla fino alla presa di possesso.

Conosco infatti per esperienza i mezzi a cui ricorre il demonio per impedire la fondazione d'uno solo dei nostri monasteri.

E sebbene in questo Dio non gli abbia permesso in principio di ostacolarci, perché voleva che si fondasse, dopo sono state tante le difficoltà e così vari i contrasti sofferti, che ancora non sono del tutto rimossi, nonostante siano trascorsi vari anni dalla fondazione mentre scrivo queste cose.

Credo, pertanto, che Dio vi sia assai ben servito, se il demonio non lo può soffrire.

3. Munita dunque dell'autorizzazione e sicura della casa, fiduciosa nella misericordia di Dio, non avendo lì nessuno che potesse darmi alcun aiuto in tutto quel che occorreva fare – ed era molto – per sistemare la casa, partii alla volta di Salamanca, portando con me, per maggiore segretezza, una sola compagna.

Ritenevo che il meglio da farsi fosse questo: non far venire le consorelle fino alla presa di possesso.

Era stata una buona lezione quello che mi era accaduto a Medina del Campo, ove mi ero vista in gran difficoltà.

Così, se fosse sorto qualche ostacolo, ne avrei sofferto da sola, con quell'unica compagna che non potevo evitare di prendere con me.

Arrivammo la vigilia di Tutti i Santi, dopo aver viaggiato gran parte della notte precedente con un freddo intenso e dormito in un villaggio, ove mi ero sentita assai male.

4. Nel parlare di queste fondazioni, tralascio gli enormi disagi dei viaggi, per il freddo, il sole, la neve che a volte non cessava di cadere tutto il giorno.

Di quando in quando ci smarrivamo, oppure mi accadeva di essere colpita da forti mali con attacchi di febbre, perché – gloria a Dio! – è cosa consueta per me avere ben poca salute.

Ma vedevo chiaramente che nostro Signore mi dava forza.

Infatti a volte, nel momento d'intraprendere una fondazione, mi è accaduto di sentirmi in preda a tanti mali e dolori, da affliggermene molto perché mi sembrava di non essere in grado neanche di stare in cella, se non coricata.

Mi volgevo, allora, a nostro Signore, lamentandomi di lui e chiedendogli come voleva che facessi ciò che non potevo fare; in seguito Sua Maestà mi faceva riprendere le forze, pur a fatica, e con l'ardore e lo zelo che egli m'ispirava, sembrava che io mi dimenticassi di me.

5. Per quel che ora ricordo, non ho mai rinunciato ad una fondazione nel timore della sofferenza, anche se ero assai restia ad affrontare viaggi, specialmente lunghi.

Ma appena mi mettevo in cammino, la fatica mi sembrava poca, pensando chi fosse colui a servizio del quale si faceva il viaggio e considerando che nella nuova casa si sarebbe lodato il Signore e vi sarebbe stato riposto il santissimo Sacramento.

È infatti di una particolare consolazione per me vedere una chiesa di più, specialmente se penso al gran numero di quelle che i luterani distruggono.

Non so quali tribolazioni, per grandi che siano, si debbano temere quando a prezzo di esse si procura tanto bene alla cristianità.

Se anche molti non tengono presente che Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, si trova in tanti luoghi nel santissimo Sacramento, ciò non toglie che tale verità dovrebbe essere per noi motivo di gran conforto.

Non c'è dubbio che io lo provi assai vivo molte volte quando, nel coro, vedo queste anime così pure attendere alle lodi di Dio.

E la loro virtù si dà a conoscere in mille modi, sia nell'obbedienza, sia nella gioia che procura loro una così stretta clausura e solitudine, sia nella letizia che provano quando si offre ad esse un motivo di mortificazione.

Più il Signore dà grazia alle priore per metterle alla prova, più sono contente, al punto che si stancano con maggiore facilità le priore di esercitarle in ciò, che non esse d'obbedire.

A questo riguardo i loro desideri sono insaziabili.

6. Mi vengono in mente ora alcune cose in fatto di mortificazione, che forse, figlie mie, potranno servire alle priore, e delle quali parlerò subito, ad evitare di dimenticarle, sia pure allontanandomi dall'argomento della fondazione che avevo cominciato a trattare.

Le priore infatti, avendo attitudini e virtù differenti, tendono a condurre le loro religiose per il cammino a cui esse inclinano.

Quella che ha grande spirito di mortificazione ritiene facile, come lo sarebbe per lei, qualunque fatica ella imponga per piegare la volontà, pratica che, di fatto, forse anche a lei costerebbe un grande sforzo.

Dobbiamo badare molto a questo e non imporre alle altre quello che sarebbe gravoso per noi.

La discrezione è molto importante per governare.

Nei nostri monasteri è estremamente necessaria, starei quasi per dire « più necessaria che altrove », perché si deve avere maggior cura delle religiose sottoposte alla nostra autorità, sia dal punto di vista interiore, sia da quello esteriore.

Altre priore, dotate di grande pietà, vorrebbero che si stesse sempre a pregare.

Il Signore, però, in fin dei conti, conduce le anime per vie diverse, e le priore devono considerare che non sono state elette a questa carica per scegliere il cammino delle altre a proprio gusto, ma per guidarle secondo la Regola e le Costituzioni, malgrado i loro personali desideri e la ripugnanza che ne avvertissero.

7. Sono stata una volta in uno dei nostri monasteri con una priora molto amante della penitenza: conduceva tutte per questa strada.

Accadeva, talvolta, che l'intera comunità si sottoponesse ininterrottamente alla disciplina per la durata dei sette salmi penitenziali, con orazioni e altre simili austerità.

Lo stesso avviene se la priora è molto dedita all'orazione: benché non sia l'ora di attendervi, dopo il Mattutino trattiene lì l'intera comunità, mentre sarebbe assai meglio che tutte andassero a dormire.

Se poi – come ho detto – è amante della mortificazione, non concederà alle altre un momento di tregua, e queste pecorelle della Vergine son lì, sempre zitte, come docili agnellini.

Non c'è dubbio che ciò m'ispiri una profonda devozione e confusione ma, a volte, mi è anche causa di grande tentazione.

Assorte tutte in Dio, le sorelle non se ne rendono conto, ma io temo per la loro salute.

Vorrei che osservassero la Regola, cosa che dà già molto da fare, e che attendessero al resto con moderazione.

Ciò è assai importante, specialmente per quanto riguarda la mortificazione.

Vi facciano attenzione le priore, per amore di nostro Signore, essendo molto importante la discrezione nelle nostre case.

Si adoperino a conoscere le varie attitudini delle consorelle perché, se in questo non si comportano con molta prudenza, nuoceranno alle loro religiose e le getteranno nell'inquietudine.

8. Devono, innanzitutto, aver presente che quanto riguarda la mortificazione non costituisce un obbligo: questo è ciò che in primo luogo devono considerare.

Anche se l'anima ne abbia un gran bisogno per acquistare la libertà e un alto grado di perfezione, non è cosa da farsi in poco tempo.

Le priore, pertanto, devono aiutare progressivamente ogni religiosa, secondo la capacità intellettiva che Dio ha dato a ciascuna, e secondo la sua disposizione spirituale.

Sembrerà forse alle priore che qui la capacità intellettiva non abbia nulla a che vedere.

Ma s'ingannano, perché vi sono certe anime che prima di arrivare a capire cos'è la perfezione e anche lo spirito della nostra Regola, durano fatica.

Forse proprio tali religiose saranno inseguito le più sante, ma intanto non sapranno neppure quando debbano scusarsi e quando no, né conoscono il rispetto di altre piccole osservanze che, una volta comprese, sarebbero forse praticate da loro facilmente.

Ma esse non arrivano a comprenderle e, quel che è peggio, non le ritengono neanche un motivo di perfezione.

9. C'è una religiosa, in uno dei nostri monasteri, che, per quanto io posso giudicare, è una delle più grandi serve di Dio che si trovino in essi, sia per il suo spirito interiore e per le grazie di cui la favorisce Sua Maestà, sia per penitenza e umiltà.

Eppure non riesce a capire alcuni punti delle Costituzioni.

Denunziare le colpe altrui in Capitolo le sembra una mancanza di carità e si chiede come si possa dire qualcosa delle consorelle.

Potrei menzionare altre cose dello stesso genere da parte di alcune che sono grandi serve di Dio e che sotto certi aspetti si rivelano evidentemente superiori a quelle che conoscono bene le regole.

La priora non deve credere di poter conoscere subito le anime.

Lasci questo a Dio, che è il solo a poterlo fare, e cerchi di condurre ognuna dove Sua Maestà la fa andare, supposto, beninteso, che non manchi all'obbedienza né ai punti essenziali della Regola e delle Costituzioni.

Quella delle undicimila vergini che si nascose non per questo fu meno santa e martire.

Anzi, presentandosi sola al martirio, forse soffrì più delle altre.

10. Orbene, tornando alla mortificazione, per esercitare in essa una monaca, la priora le ordina una cosa che, benché leggera, a lei sembra assai ardua, e pur eseguendo l'ordine, resta così inquieta e provata, che sarebbe stato meglio non avergliela ingiunta.

Lo si vede in seguito.

Pertanto la priora stia attenta a non volerla perfezionare a forza di braccia, ma proceda con pazienza e per gradi fino a quando non operi in lei il Signore.

In caso contrario, ciò che si fa per avvantaggiarla nella perfezione – senza la quale sarebbe ugualmente un'ottima religiosa – non servirebbe ad altro che ad agitarla e ad abbatterla, il che è una cosa terribile.

Vedendo quel che fanno le altre, a poco a poco ne seguirà l'esempio, come spesso noi abbiamo visto, e quand'anche ciò non avvenga, si salverà ugualmente senza questa virtù.

Io ne conosco una che tutta la vita l'ha posseduta in grande misura e serve il Signore già da lunghi anni in molti modi.

Ciò malgrado, presenta certe imperfezioni e spesso prova certi sentimenti che non riesce a dominare: ella lo riconosce e se ne affligge con me. Credo che Dio la lasci in questi difetti senza peccato, non essendovene in essi alcuno, affinché si umili e abbia motivo di vedere che non è del tutto perfetta.

Così, alcune saranno capaci di sopportare grandi mortificazioni, e quanto più quelle che vengono loro imposte riusciranno gravose, tanto più ne godranno, perché il Signore ha dato ormai loro interiormente la forza di dominare la propria volontà; altre, invece, non le sopporteranno neppure piccole, e imporgliele sarà come caricare di due staia di grano un bambino, il quale non solo non ne sopporterà il peso, ma ne sarà schiacciato e stramazzerà a terra.

Così, figlie mie – parlo alle priore –, vogliate perdonarmi se le cose che ho visto in alcune di voi mi hanno fatto dilungare tanto a questo riguardo.

11. Eccovi un altro consiglio molto importante: quand'anche sia per provare l'obbedienza, non ordinate mai cose che, una volta fatte, possano costituire peccato, sia pur veniale.

Ho saputo di alcune che, se fossero state fatte, avrebbero costituito un peccato mortale.

Le religiose, almeno, potranno forse salvarsi a causa dell'innocenza, ma non la priora alla quale nessuno può assicurare che i suoi ordini non saranno immediatamente eseguiti.

Siccome infatti le consorelle leggono e sentono raccontare ciò che facevano i santi eremiti, sembra loro buono qualunque ordine o, almeno, buona l'esecuzione di esso da parte loro.

Ma le religiose devono pur sapere che non possono fare una cosa che è per se stessa un peccato mortale, per il fatto che viene loro comandata, tranne che non si tratti di lasciare la Messa o i digiuni della Chiesa, o altri obblighi di questo genere, dai quali la priora potrebbe aver motivo di ordinare la dispensa.

Ma gettarsi in un pozzo o fare altre cose del genere, sarebbe colpevole, perché nessuna deve aspettarsi che Dio opererà per lei un miracolo, come li operava con i santi: ci sono molti altri modi per esercitare la perfetta obbedienza.

12. Tutto ciò che sia esente da questi pericoli è da me approvato.

Una volta una consorella di Malagón chiese alla priora il permesso di darsi una disciplina.

La priora, alla quale doveva averlo chiesto altre volte, le rispose: « Mi lasci stare ».

Ma siccome insisteva, riprese: « Se ne vada a fare una passeggiata; mi lasci stare ».

L'altra, con grande semplicità, passeggiò per alcune ore, finché una consorella le chiese perché passeggiava tanto o qualcosa di simile.

Ella rispose che le era stato comandato di farlo.

Frattanto suonò il Mattutino, e chiedendo la priora perché quella religiosa non fosse presente, l'altra le disse ciò che accadeva.

13. È necessario, perciò, come ho detto altre volte, che le priore abbiano l'avvertenza, con le anime di cui conoscono la grande obbedienza, di badare a quel che fanno.

Un'altra religiosa infatti mostrò un giorno alla priora uno di quei vermi assai grossi, invitandola a vedere quanto fosse bello.

La priora le rispose, scherzando: « Ebbene, se lo mangi ».

Se ne andò e lo fece friggere con ogni cura.

La cuoca le chiese perché lo friggesse ed ella rispose: « Per mangiarlo », e così avrebbe fatto, senza che la priora lo sospettasse lontanamente, con grave danno, probabilmente, della sua salute.

Godo molto, lo ammetto, quando vedo eccedere le mie figlie nell'obbedienza, perché ho un particolare rispetto di questa virtù, e ho fatto quanto mi era possibile perché l'abbiano anche loro.

Ma tutto ciò mi sarebbe servito a poco se il Signore, nella sua immensa misericordia, non avesse concesso a tutte, in generale, la grazia di praticarla.

Piaccia a Sua Maestà di far sì che sia sempre più perfetta tale obbedienza fra noi! Amen.

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