Vita seconda

La povertà nei letti

Capitolo XXXIII

Episodio del Signore d'Ostia e sua lode

[649] 63. Nei giacigli e nei letti abbondava così ricca povertà che se uno poteva avere qualche povero panno consunto sulla paglia, lo considerava un letto nuziale.

Mentre si teneva il Capitolo a Santa Maria della Porziuncola, il Signor di Ostia con largo seguito di cavalieri e di ecclesiastici si recò là a fare visita ai frati.

Al vedere come i frati dormivano per terra ed osservando i letti, - che avresti creduto covili di fiere - scoppiò in lacrime amare: « Ecco, dove dormono i frati! » esclamò di fronte a tutti, ed aggiunse: « Cosa sarà di noi miseri, che usiamo malamente di tante cose superflue? ».

Tutti i presenti, commossi sino alle lacrime, si allontanarono assai edificati.

Questi era il Signore d'Ostia, che fatto poi porta massima della Chiesa, si oppose sempre ai nemici, fino a che rese al cielo, come ostia santa, l'anima beata.

O cuore generoso, o viscere di carità!

Posto in alto, si affliggeva di non avere alti meriti, mentre in realtà era più insigne per la virtù che per la dignità.

Capitolo XXXIV

Cosa gli accadde una notte per un guanciale di piume

[650] 64. Poiché abbiamo fatto cenno ai letti, viene a mente un altro episodio forse utile a ricordarsi.

Da quando convertito a Cristo aveva dimenticato volontariamente le cose terrene, il Santo non volle più coricarsi su un materasso, né avere sotto il capo un cuscino di piume.

Né infermità né ospitalità offertagli da altri potevano infrangere questa barriera di severità.

Gli capitò però nell'eremo di Greccio, che, essendo ammalato agli occhi più del solito, fu costretto controvoglia a servirsi di un modesto cuscino.

Durante la prima notte sul far del giorno, il Santo chiama il compagno e gli dice « Fratello, non ho potuto dormire questa notte e neppure stare in piedi a pregare.

Mi trema il capo, si piegano le ginocchia e mi sento scosso in tutto il corpo come se avessi mangiato pane di loglio.

Credo - aggiunse - che vi sia il diavolo in questo cuscino che ho sotto il capo.

Toglilo via, perché non voglio più avere il diavolo sotto la testa ».

Il frate cerca di consolare il Padre, che continua a lamentarsi sottovoce, e prende a volo il cuscino, che gli è stato gettato, per portarlo via.

Sta per uscire, quando all'improvviso perde la parola, ed è colto da tanto orrore e bloccato in tale modo che non riesce a muoversi dal luogo né ad articolare minimamente le braccia.

Poco dopo fu chiamato dal Santo, che si era accorto del fatto: fu così liberato e, tornato indietro, raccontò quello che gli era accaduto.

« Ieri sera - gli disse il Santo - mentre recitavo compieta, ho capito con tutta chiarezza che il diavolo stava per venire alla mia cella ».

E aggiunse: « Il nostro nemico è molto astuto e di sottile ingegno: non potendo nuocere dentro all'anima, offre materia di malcontento almeno al corpo ».

Facciano bene attenzione quelli che dispongono cuscini da ogni lato, così da appoggiarsi sul soffice ovunque si rivoltino.

Il diavolo segue volentieri la molta ricchezza, gode di stare vicino a letti di gran pregio, particolarmente quando non si è costretti da necessità e lo vieta l'ideale professato.

E al contrario l'antico serpente rifugge dall'uomo spoglio d'ogni cosa, sia perché sdegna la compagnia del povero, sia perché teme l'altezza della povertà.

Se il frate riflette che sotto le piume c'è il diavolo, il suo capo sarà contento della paglia.

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