Leggenda dei tre compagni

Capitolo III

Come il Signore visitò per la prima volta il cuore di Francesco

Con dolceza mirabile, in virtù della quale egli cominciò a prgredire spiritualmente

nel superameno di sé e di ogni vanità, nella orazione, l'elemosina e l'amore alla povertà

[1402] 7. Tornato che fu dunque ad Assisi, dopo alcuni giorni, i suoi amici lo elessero una sera loro signore, perché organizzasse il trattenimento a suo piacere.

Egli fece allestire, come tante altre volte, una cena sontuosa.

Terminato il banchetto, uscirono da casa.

Gli amici gli camminavano innanzi; lui, tenendo in mano una specie di scettro, veniva per ultimo, ma invece di cantare, era assorto nelle sue riflessioni.

D'improvviso, il Signore lo visitò, e n'ebbe il cuore riboccante di tanta dolcezza, che non poteva muoversi né parlare, non percependo se non quella soavità, che lo estraniava da ogni sensazione, così che ( come poi ebbe a confidare lui stesso ) non avrebbe potuto muoversi da quel posto, anche se lo avessero fatto a pezzi.

Gli amici, voltandosi e scorgendolo rimasto così lontano, lo raggiunsero e restarono trasecolati nel vederlo mutato quasi in un altro uomo.

Lo interrogarono: "A cosa stavi pensando, che non ci hai seguiti?

Almanaccavi forse di prender moglie?".

Rispose con slancio: "È vero. Stavo sognando di prendermi in sposa la ragazza più nobile, ricca e bella che mai abbiate visto".

I compagni si misero a ridere.

Francesco disse questo non di sua iniziativa ma ispirato da Dio.

E in verità la sua sposa fu la vita religiosa, resa più nobile e ricca e bella dalla povertà.

[1403] 8. E da quell'ora smise di adorare se stesso, e persero via via di fascino le cose che prima amava.

Il mutamento però non era totale, perché il suo cuore restava ancora attaccato alle suggestioni mondane.

Ma svincolandosi man mano dalla superficialità, si appassionava a custodire Cristo nell'intimo del cuore, e nascondendo allo sguardo degli illusi la perla evangelica, che intendeva acquistare a prezzo di ogni suo avere, spesso e quasi ogni giorno s'immergeva segretamente nell'orazione.

Vi si sentiva attirato dall'irrompere di quella misteriosa dolcezza che, penetrandogli sovente nell'anima, lo sospingeva alla preghiera perfino quando stava in piazza o in altri luoghi pubblici.

Aveva sempre beneficato i bisognosi, ma da quel momento si propose fermamente di non rifiutare mai l'elemosina al povero che la chiedesse per amore di Dio, e anzi di fare largizioni spontanee e generose.

A ogni misero che gli domandasse la carità, quando Francesco era fuori casa, provvedeva con denaro; se ne era sprovvisto, gli regalava il cappello o la cintura, pur di non rimandarlo a mani vuote.

O essendo privo di questi, si ritirava in disparte, si toglieva la camicia e la faceva avere di nascosto all'indigente, pregandolo di prenderla per amore di Dio.

Comperava utensili di cui abbisognano le chiese e segretamente li donava ai sacerdoti poveri.

[1404] 9. In assenza del padre, quando Francesco rimaneva in casa, anche se prendeva i pasti solo con la madre, riempiva la mensa di pani, come se apparecchiasse per tutta la famiglia.

La madre lo interrogava perché mai ammucchiasse tutti quei pani, e lui rispondeva ch'era per fare elemosina ai poveri, poiché aveva deciso di dare aiuto a chiunque chiedesse per amore di Dio.

E la madre, che lo amava con più tenerezza che gli altri figli, non si intrometteva, pur interessandosi a quanto egli veniva facendo e provandone stupore in cuor suo.

In precedenza ci teneva a riunirsi alla brigata degli amici, quando lo invitavano, e amava tanto le compagnie, che si levava da tavola appena preso un boccone, lasciando i genitori contristati per la sua partenza inconsulta.

Adesso invece non aveva cuore che per i poveri: amava vederli e ascoltarli per distribuire aiuti generosi.

[1405] 10. La grazia divina lo aveva profondamente cambiato.

Pur non indossando un abito religioso, bramava trovarsi sconosciuto in qualche città, dove barattare i suoi abiti con gli stracci di un mendicante e provare lui stesso a chiedere l'elemosina per amore di Dio.

[1406] Avvenne in quel torno di tempo che Francesco si recasse a Roma in pellegrinaggio.

Entrato nella basilica di San Pietro, notò la spilorceria di alcuni offerenti, e disse fra sé: "Il principe degli Apostoli deve essere onorato con splendidezza, mentre questi taccagni non lasciano che offerte striminzite in questa basilica, dove riposa il suo corpo".

E in uno scatto di fervore, mise mano alla borsa, la estrasse piena di monete di argento che, gettate oltre la grata dello altare, fecero un tintinnio così vivace, da rendere attoniti tutti gli astanti per quella generosità così magnifica.

Uscito, si fermò davanti alle porte della basilica, dove stavano molti poveri a mendicare, scambiò di nascosto i suoi vestiti con quelli di un accattone.

E sulla gradinata della chiesa, in mezzo agli altri mendichi, chiedeva l'elemosina in lingua francese.

Infatti, parlava molto volentieri questa lingua, sebbene non la possedesse bene.

Si levò poi quei panni miserabili, rindossò i propri e fece ritorno ad Assisi.

Insisteva nella preghiera, affinché il Signore gl'indicasse la sua vocazione.

A nessuno però confidava il suo segreto né si avvaleva dei consigli di alcuno, fuorché di Dio solo e talvolta del vescovo di Assisi.

In quel tempo nessuno, in effetti, seguiva la vera povertà, che Francesco desiderava sopra ogni altra cosa al mondo, appassionandosi a vivere e morire in essa.

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