Leggenda dei tre compagni

Capitolo IV

Come a contatto con i lebbrosi cominciò a vincere se stesso

Ed a sentire dolce ciò che prima gli pareva amaro

[1407] 11. Un giorno che stava pregando fervidamente il Signore, sentì dirsi: "Francesco, se vuoi conoscere la mia volontà, devi disprezzare e odiare tutto quello che mondanamente amavi e bramavi possedere.

Quando avrai cominciato a fare così, ti parrà insopportabile e amaro quanto per l'innanzi ti era attraente e dolce; e dalle cose che una volta aborrivi, attingerai dolcezza grande e immensa soavità".

Felice di questa rivelazione e divenuto forte nel Signore, Francesco, mentre un giorno cavalcava nei paraggi di Assisi, incontrò sulla strada un lebbroso.

Di questi infelici egli provava un invincibile ribrezzo, ma stavolta, facendo violenza al proprio istinto, smontò da cavallo e offrì al lebbroso un denaro, baciandogli la mano.

E ricevendone un bacio di pace, risalì a cavallo e seguitò il suo cammino.

Da quel giorno cominciò a svincolarsi dal proprio egoismo, fino al punto di sapersi vincere perfettamente, con l'aiuto di Dio.

[1408] Trascorsi pochi giorni, prese con sé molto denaro e si recò all'ospizio dei lebbrosi; li riunì e distribuì a ciascuno l'elemosina, baciandogli la mano.

Nel ritorno, il contatto che dianzi gli riusciva repellente, quel vedere cioè e toccare dei lebbrosi, gli si trasformò veramente in dolcezza.

Confidava lui stesso che guardare i lebbrosi gli era talmente increscioso, che non solo si rifiutava di vederli, ma nemmeno sopportava di avvicinarsi alle loro abitazioni.

Capitandogli di transitare presso le loro dimore o di vederne qualcuno, sebbene la compassione lo stimolasse a far l'elemosina per mezzo di qualche altra persona.

Lui voltava però sempre la faccia dall'altra parte e si turava le narici.

Ma per grazia di Dio diventò compagno e amico dei lebbrosi così che, come afferma nel suo Testamento, stava in mezzo a loro e li serviva umilmente.

[1409] 12. Queste visite ai lebbrosi accrebbero la sua bontà.

Conducendo un suo compagno, che aveva molto amato, in località fuori mano, gli diceva di avere scoperto un grande e prezioso tesoro.

Quello ne fu tutto felice e volentieri si univa a Francesco quando era invitato.

Spesso lo conduceva in una grotta, presso Assisi, ci entrava da solo, lasciando fuori l'amico, impaziente di impadronirsi del tesoro.

Francesco, animato da un nuovo straordinario spirito, pregava in segreto il Padre; però non confidava a nessuno cosa faceva nella grotta; Dio solo lo sapeva, e a lui incessantemente chiedeva come impadronirsi del tesoro celeste.

Il nemico del genere umano, che lo teneva d'occhio, si sforzava di ritrarlo dalla buona via, incutendogli paura e agitazione.

C'era infatti in Assisi una donna mostruosamente contratta, e il demonio, apparendo a Francesco, gli ravvivava nella memoria l'aspetto orrendo di quella sventurata, promettendogli che, se non si ritraeva dai suoi propositi, avrebbe inflitto a lui quella deformità.

Ma il cavaliere di Cristo, non curando le minacce del diavolo, seguitava a pregare nella grotta che il Signore gl'insegnasse la via.

Pativa nell'intimo sofferenza indicibile e angoscia, poiché non riusciva ad essere sereno fino a tanto che non avesse realizzato la sua vocazione.

I pensieri più contrastanti cozzavano nella sua mente, e la loro importunità lo sconvolgeva.

Nel cuore però gli ardeva un fuoco divino, e non riusciva a celare esteriormente quell'ardore.

Era affranto dal pentimento di aver cosi gravemente peccato, ma le colpe passate e le tentazioni presenti non lo allettavano più, sebbene non fosse ancora sicuro di non ricaderci.

All'uscire dalla grotta, all'amico egli appariva divenuto un altro uomo.

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