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[ 1712 ]
La storicità di questo memoriale è provata da due passi della biografia blainiana:
a) Abbiamo ancora tra mano il memoriale giustificativo che il Signor de La Salle scrisse sull'argomento prima di prendere la fuga.
Lo presentiamo in estratto… ( II, p. 72 ).
b) La Salle non aprì bocca per difendersi, ma consegnò ad alcune persone di credito e di grande autorità un ricco incartamento tra cui un memoriale e 13 lettere del giovane abate, ai quali affidava la sua difesa, pregandoli di fargli giustizia.
Diamo maggiore spazio al racconto di questo abominable affaire « perché sia resa giustizia a Jean-Baptiste de La Salle il cui nome fu allora infangato d'ignominia fino al termine dei suoi giorni ».
Jean-Charles era figlio di Julien Clément, chirurgo di Louis XIV o meglio, come precisano i biografi, grand accoucheur du roi, perché interveniva ai parti dei figli del re e dei suoi parenti che, tra legittimi e illegittimi, gli davano un bei da fare.
Per ricompensarlo del tanto lavoro, Louis XIV lo insignì di un titolo nobiliare estensibile ai discendenti.
Se il ventiduenne abatino si fosse accontentato della posizione sociale e del titolo di cui godeva per merito di suo padre, sarebbe forse rimasto tra il numero sterminato degli anonimi, ma non sarebbe divenuto un essere abietto e più tardi, un colpevole di estorsione e un condannato a morte.
Jean-Charles, venuto a conoscenza del bene che si faceva nella scuola professionale ( una maglieria ) della rue Princesse a Parigi, si recò, come s'è già detto, dal Fondatore e lo supplicò di dargli due Fratelli perché anch'egli potesse fondare un convitto professionale e un seminario di maestri di scuola.
Jean-Baptiste rispose evasivamente e chiese di riflettere.
Il giovane abate tornò più volte alla carica e tempestò il Santo di lettere, assicurando che di lì a non molto avrebbe goduto dei benefici di un'abbazia che avrebbe assicurato il mantenimento delle opere sognate, che si limitavano ora al seminario per i maestri, più conforme ai fini dell'Istituto.
L'uomo di Dio continuò ad avanzare le sue giuste riserve finché, anche per le pressioni giunte dall'arcivescovado ( intervenne personalmente il card. de Noailles ), accondiscese.
Jean-Charles fece acquistare allora a Saint-Denis - per 13.000 franchi - la casa di Mile Poignant, la cui sorella aveva fondato la locale scuola dei Fratelli.
Ma poiché i proventi dell'abbazia non giungevano ancora, fu costretto a chiedere un prestito; e proprio a La Salle si rivolse, che gli versò 5.200 franchi ( di cui tornerà in possesso solo nel 1718 ).
I Fratelli entrarono nella nuova casa nella primavera del 1709 e la scuola normale cominciò a funzionare.
Il Fondatore si mostrò soddisfatto anche perché vide finalmente rinascere il seminario dei maestri che era stato da sempre una delle sue grandi idee.
Sistemata ogni cosa, partì in visita alle Comunità del Sud quando, assolutamente non previsto, scoppiò l'uragano.
Lettere urgenti lo richiamavano nella capitale perché i Clément, che nel frattempo erano diventati nobili e ricchi, non avevano alcuna intenzione di restituire i 5.200 franchi avuti in prestito, anzi per, per mettere le mani avanti, accusavano La Salle di avere subornato un minorenne.
Jean-Charles era più ricco del padre con i proventi dell'abbazia promessagli.
E quale abbazia! Un'abbazia che gli forniva il titolo e le rendite di parroco di Saint-Calais, di canonico di Le Mans, di Signore dei sei priorati e di ventiquattro parrocchie.
Provento totale, 16.000 franchi.
Alle accuse della controparte, al momento del processo, l'onestissimo La Salle espose - con il memoriale di cui qui si parla - l'esatto svolgimento dei fatti.
Unì ad esso delle numerose lettere di supplica che l'abate gli aveva inviato perché s'interessasse al suo progetto.
Ma nulla valse. Il giudice si pronunciò nettamente a favore del giovane chierico e La Salle fu condannato su tutta la linea:
1° alla perdita dei 5.200 franchi;
2° a versarne altre 4.600 alla parte lesa;
3° a pagare le spese del processo.
Era il fallimento finanziario dell'Istituto.
Ma non è tutto: a coronamento di questa azione iniqua, il giudice gli inflisse l'ultima umiliazione ( che confermava l'accusa di corruttore ) intimandogli di non chiedere mai più denaro a giovani minori né di compiere azioni simili.
Pur ferito a morte nell'intimo più profondo, Jean-Baptiste non si perse d'animo, non perse neanche la calma: mostrò di avere fortissimi la tempra e il coraggio del pazientissimo Giobbe che dichiarava: Anche se Dio mi uccidesse, spererei ancora in lui.
È però vero che se Dio non paga il sabato… presto o tardi il premio come il castigo non mancano di giungere.
Jean-Charles, che di ecclesiastico aveva solo il nome ( aveva ricevuto solo la tonsura ), continuò i suoi imbrogli, anzi li ingigantì tramando, dopo la morte del Reggente, ai danni dello Stato.
Fu perciò inviato, in catene, lontano da Parigi. Blain ( II, 80 ) si limita a darne scarne notizie, ma ulteriori ricerche permettono di precisare le ultime vicende di quest'anima inquieta.
Dalla Chronique de la Régence et du Règne de Louis XV o Journai del canonico Barbier d'inéreville ( 1742-1830 ), avvocato al Parlamento di Parigi, si viene a sapere che in data 7 luglio 1723 fu decretato l'arresto dell'abate Clément, membro del Gran Consiglio.
L'arresto venne eseguito dal comandante Duval che accompagnò l'abate alla Bastiglia.
Il 27 agosto i commissari regi, riunitisi nella camera di giudizio della prigione, emanarono la sentenza condannando a morte, per decapitazione, l'abate Clément e M. Talhout, suo degno compagno di trame disoneste e di imbrogli tenebrosi.
L'esecuzione non venne però eseguita per intervento del re di Spagna, a cause de son pére scrive lo storico, cioè del celebre accoucheur che aveva aiutato il parto di due regine spagnole.
Infatti, gli venne commutata la pena nella prigione a vita da scontare nelle carceri di Pierre-en-Cise.
P.S. Dalle carte di ]ean-Charles Clément, trovate dopo la sua morte, è venuto fuori anche un contratto di matrimonio.
A quanto pare l'intraprendente abate volle godere anche di questo diversivo; mise su famiglia sposando la vedova del suo cocchiere dalla quale ebbe tre figli.
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