Il castigo e il perdono dei peccati e il battesimo dei bambini |
Al carissimo figlio Marcellino il Vescovo Agostino, servo del Cristo e servo dei servi del Cristo, salute nel Signore.
Avevo già risposto con due lunghi libri alle questioni che mi sottoponesti e sulle quali mi chiedevi di scriverti qualcosa.
Anzitutto contro quanti dicono che Adamo sarebbe morto anche se non avesse peccato e che nel suo peccato non è passato nulla per propagazione nei suoi discendenti; in modo particolare poi in riferimento al battesimo dei bambini, che tutta la Chiesa universale celebra costantemente con prassi piissima e materna; e infine sulla questione se in questa vita esistano, siano esistiti ed esisteranno uomini senza nessun peccato.
Con questi libri non mi sembra certamente d'esser venuto incontro su questo terreno a tutte le attese di tutti - ciò non so se a me o a chiunque altro sia possibile, anzi non dubito che sia impossibile -; ma tuttavia mi sembra d'aver fatto qualcosa per cui i difensori della fede, trasmessa su questi temi dai nostri predecessori, non si trovino completamente disarmati di fronte alle novità di quanti dissentono.
Ma dopo pochissimi giorni ho letto alcuni scritti di Pelagio, uomo santo, mi si dice, e cristiano di non poca perfezione.
Essi contengono brevissime spiegazioni delle Lettere dell'apostolo Paolo.
Al passo dove l'Apostolo dice che a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte e cosi ha raggiunto tutti gli uomini, ( Rm 5,12 ) ho trovato una particolare argomentazione di coloro che negano che i bambini portino in sé il peccato originale.
Confesso che in quei miei volumi, pur tanto lunghi, non ho confutato tale argomentazione, perché non mi è venuto in mente che qualcuno potesse pensare o fare affermazioni simili.
Perciò, non avendo io voluto aggiungere nulla a quell'opera a cui avevo già posto definitivamente termine, ho creduto di dover inserire in questa lettera sia la sopraddetta argomentazione con le stesse parole in cui l'ho letta, sia l'argomentazione contraria che mi sembra di doverle opporre.
Quella argomentazione è formulata cosi: Coloro che sono contro la trasmissione del peccato cercano di confutarla nella seguente maniera: Se il peccato di Adamo, dicono, nuoce pure a coloro che non peccano, logicamente anche la giustizia del Cristo giova ugualmente a coloro che non credono, perché l'Apostolo dice che per mezzo di un solo uomo gli uomini si salvano, come e anzi più di come sono periti a causa di un solo uomo.
Come ho detto, in quei miei libri che ti ho scritto non ho risposto a questa argomentazione e non mi sono sognato affatto di confutarla.
Il primo punto che devi osservare è come essi giudichino assurdissimo e falsissimo che la giustizia del Cristo giovi anche ai non credenti, quando dicono: Se il peccato di Adamo nuoce pure a coloro che non peccano, anche la giustizia del Cristo giova ugualmente a coloro che non credono.
Da ciò pensano logico concludere che nemmeno il peccato del primo uomo ha potuto nuocere ai bambini non peccanti, come anche la giustizia del Cristo non può giovare alle persone non credenti.
Dicano allora cosa giovi la giustizia del Cristo ai bambini battezzati, dicano assolutamente quello che vogliono.
Certamente se si ricordano d'esser cristiani, non esitano ad ammettere un qualche giovamento.
Perciò in qualunque modo giovi il battesimo, esso non può giovare a persone non credenti, come asseriscono essi stessi.
Sono costretti quindi a computare i bambini battezzati nel numero dei credenti e a concordare con l'autorità della santa Chiesa d'ogni luogo, la quale non li stima indegni del nome di fedeli, non potendo la giustizia del Cristo, anche secondo costoro, giovare ai bambini se non in quanto credenti.
Come dunque lo spirito di giustizia di coloro per mezzo dei quali i bambini rinascono trasferisce in questi, mediante la loro risposta, quella fede che non hanno potuto avere ancora per volontà propria, cosi la carne del peccato di coloro per mezzo dei quali nascono trasferisce in essi quella colpa che non hanno ancora contratto con la propria vita.
E come lo Spirito della vita li rigenera fedeli nel Cristo, cosi il corpo della morte li aveva generati peccatori in Adamo.
La prima generazione infatti è generazione carnale, l'altra spirituale, la prima ci fa figli della carne, la seconda figli dello Spirito, la prima figli della morte, la seconda figli della risurrezione, la prima figli del secolo, la seconda figli di Dio, la prima figli dell'ira, la seconda figli della misericordia, e perciò la prima ci vincola al peccato originale, la seconda ci svincola da ogni peccato.
Dobbiamo infine sentirci obbligati ad accettare per autorità divina ciò che non riusciamo a comprendere con la più perspicace intelligenza.
Fanno bene costoro a ricordare che la giustizia del Cristo non può giovare se non a persone credenti e a riconoscere che giova in qualche modo ai bambini.
Allora, come abbiamo detto, dal battesimo in poi devono computarli senza alcuna esitazione nel numero dei credenti.
Logicamente dunque se non vengono battezzati, saranno tra coloro che non credono: quindi non avranno la vita, ma l'ira di Dio rimane su di loro, perché chi non crede nel Figlio non avrà la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui; ( Gv 3,36 ) quindi sono stati giudicati, perché chi non crede è già stato giudicato; ( Gv 3,18 ) quindi saranno condannati perché chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. ( Mc 16,16 )
Ora, vedano costoro con quale giustizia tentino o si affannino di asserire che non sono destinati alla vita eterna, ma all'ira di Dio perché giudichi lui e condanni gli uomini che sono senza peccato; se, come non hanno peccato proprio, cosi non c'è in essi nessun peccato originale.
A tutte le altre argomentazioni che Pelagio mette in bocca a coloro che discutono contro il peccato originale ho già risposto, penso sufficientemente e chiaramente, in quei due libri del mio lungo lavoro.
Se tale mia opera ad alcuni sembrerà piccola o oscura, mi perdonino e si mettano d'accordo con quelli che forse la disapprovano non perché piccola, ma perché eccessiva; e coloro poi che non arrivano ancora all'intelligenza delle affermazioni che io stimo d'aver fatto in modo lucido, per quanto lo comportava la natura delle questioni, non mi accusino di negligenza o d'insufficiente capacità, ma piuttosto preghino Dio di ricevere da lui il dono dell'intelligenza.
Dobbiamo tuttavia notare senza negligenza che quest'uomo buono e lodevole, come ne parlano quanti lo conoscono, non ha messo fuori tale argomentazione contro la propaggine del peccato originale in nome proprio, ma ha fatto conoscere ciò che dicono quelli che non l'approvano, e non solo ha fatto conoscere questo che ho esposto adesso e a cui ho risposto, ma anche tutti gli altri ragionamenti ai quali ho ricordato d'aver già risposto in quei libri.
Infatti dopo aver detto: Se il peccato di Adamo nuoce pure a coloro che non peccano, logicamente anche la giustizia del Cristo giova ugualmente a coloro che non credono - e nella mia risposta vedi come questo non contrasta con quanto diciamo, ma anzi ci suggerisce che cosa dobbiamo dire -, seguitando aggiunge: Dicono inoltre: Se il battesimo monda quell'antica colpa, coloro che sono nati da due persone battezzate devono essere esenti da tale peccato, perché i genitori non potevano trasmettere ai posteri il peccato che essi stessi non avevano più.
C'è pure da aggiungere che se a venire per trasmissione non è l'anima, ma la carne soltanto, unicamente la carne riceve il peccato per trasmissione e unicamente la carne ne merita la pena.
Dicono ingiusto che l'anima nata oggi e non dalla massa di Adamo porti un peccato altrui tanto antico.
Dicono ancora privo di qualsiasi ragione che Dio, mentre rimette i peccati propri, imputi i peccati altrui.
Ti prego, non vedi come Pelagio abbia messo tutto questo nei suoi scritti non in nome proprio, ma in nome di altri, tanto era convinto trattarsi di non so quale novità che ha cominciato ora a rumoreggiare contro l'antica, radicale fede della Chiesa da vergognarsi o da temere di abbracciarla per proprio conto?
E forse egli personalmente non ritiene che nasca senza peccato l'uomo al quale riconosce necessario il battesimo in cui si fa la remissione dei peccati.
Forse egli personalmente non ritiene che senza peccato si danni l'uomo, il quale se non è battezzato si deve necessariamente computare tra i non credenti, non potendo sbagliare la Scrittura evangelica nel dire apertissimamente: Chi non crederà sarà condannato. ( Mc 16,16 )
Forse infine egli personalmente non ritiene che senza peccato l'immagine di Dio venga esclusa dal regno di Dio, com'è scritto: Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non può entrare nel regno di Dio, ( Gv 3,5 ) cosicché senza peccato o venga precipitata nella morte eterna o ancora più assurdamente abbia la vita eterna fuori dal regno di Dio, quando il Signore predicendo che cosa alla fine dire ai suoi: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno preparato per voi fino dalla fondazione del mondo, ( Mt 25,34 ) ha pure manifestato che cosa fosse il regno di cui parlava, concludendo: Cosi se ne andranno quelli nella combustione eterna e i giusti alla vita eterna. ( Mt 25,46 )
Credo dunque che questi ed altri corollari che derivano da tale errore, troppo perversi e troppo contrastanti con la verità cristiana, non li condivida affatto quest'uomo che è cristiano in maniera tanto egregia.
Ma può darsi anche che Pelagio subisca talmente le argomentazioni di quanti respingono la trasmissione del peccato da aspettare d'udire o di conoscere che cosa venga contrapposto a costoro.
Perciò quanto dicono quelli che respingono la trasmissione del peccato da una parte non l'ha voluto tacere per insinuare che è questione da discutere, dall'altra parte l'ha rimosso dalla propria persona, perché non fosse giudicato consenziente anche lui personalmente.
Anche se non riuscissi a confutare gli argomenti di costoro, io vedo tuttavia che bisogna rimanere attaccati alle verità che nelle Scritture sono evidentissime, perché partendo da queste si svelino le verità oscure.
Oppure, se la mente non è ancora capace o di comprenderle come già dimostrate o d'investigarle come tuttora astruse, si credano per fede senza alcuna esitazione.
Ebbene, che cosa di più manifesto di tante e cosi grandi testimonianze della parola di Dio, dalle quali appare limpidissimamente che nessuno può giungere alla vita e salvezza eterna al di fuori della società del Cristo e che nessuno può essere dal giudizio divino condannato ingiustamente, cioè escluso da quella vita e salvezza?
Ne viene la conseguenza che, non facendo altro il battesimo se non incorporare i bambini nella Chiesa, ossia associarli al corpo e alle membra del Cristo, ( Ef 1,23 ) essi sono evidentemente destinati alla dannazione, se ad essi non viene conferito il battesimo.
Ma non potrebbero essere condannati, se veramente non avessero un peccato.
E poiché quell'età non ha potuto fare nessun peccato nella propria vita, non resta che avere l'intelligenza o, se questa non ci è ancora possibile, avere almeno la fede che i bambini contraggono il peccato originale.
Perciò se hanno qualcosa d'ambiguo le parole apostoliche: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mando e con il peccato la morte e cosi ha raggiunto tutti gli uomini, ( Rm 5,12 ) e ammesso che possano a volte essere tirate ad altro senso, è forse ambigua anche la dichiarazione: Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non può entrare nel regno di Dio? ( Gv 3,5 )
Sono forse ambigue anche le altre parole: Lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati? ( Mt 1,21 )
Sono forse ambigue anche le altre: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati? ( Mt 9,12 )
Cioè Gesù non è necessario a coloro che non hanno il peccato, ma a coloro che devono essere salvati dal peccato.
È forse ambigua anche l'affermazione di Gesù che, se gli uomini non mangeranno la sua carne, ( Gv 6,54 ) se cioè non saranno partecipi, del suo corpo, non avranno la vita?
Con queste ed altre simili testimonianze che ora tralascio, splendenti di luce divina, certissime di autorità divina, la Verità non proclama forse senza nessuna ambiguità che i bambini non battezzati non solo non possono entrare nel regno di Dio, ma non possono nemmeno avere la vita eterna fuori dal corpo del Cristo, al quale s'incorporano ricevendo il sacramento del battesimo?
La Verità non attesta forse senza dubbio di sorta che dalle pie mani di coloro che li portano non per altro i bambini vengono portati a Gesù, cioè al Cristo, salvatore e medico, se non per essere guariti dalla peste del peccato mediante la medicina dei suoi sacramenti?
Perché dunque riguardo alle parole dell'Apostolo, se di esse eventualmente dubitavamo, esitiamo ad intenderle anch'esse in modo che si accordino con queste testimonianze delle quali non possiamo dubitare?
Quantunque, in tutto quel passo dove l'Apostolo dichiara che per il peccato di uno solo è venuta la condanna di molti e per la giustizia di uno solo è venuta la giustificazione di molti, ( Rm 5,18 ) niente mi sembra incerto all'infuori delle parole: Adamo, forma del futuro. ( Rm 5,14 )
Questo concetto infatti non si adatta realmente solo alla sentenza che i discendenti di Adamo sarebbero stati generati nella sua medesima forma, cioè con il suo peccato, ma le parole di Paolo possono essere tirate a tanti e tanti diversi significati.
Anche noi per esempio ne abbiamo fatto talvolta e ne faremo forse applicazione diverse senza contraddire tuttavia il senso primo, e lo stesso Pelagio non si è attenuto ad una sola esposizione.
Le altre asserzioni poi che vengono fatte nel medesimo testo, considerate e trattate diligentemente, come in qualche modo mi sono sforzato di fare nel primo di quei libri, sebbene per difficoltà di argomento portino ad un discorso un po' oscuro, non potranno però avere altro senso all'infuori di quello che ha tenuto la Chiesa fino dall'antichità e cioè che i bambini fedeli hanno sempre ricevuto per mezzo del battesimo del Cristo la remissione del peccato originale.
Perciò non senza ragione il beato Cipriano dimostra come la Chiesa osservi ciò che è stato creduto e inteso fino dagli inizi.
Poiché era stato consultato se il battesimo fosse da darsi prima dell'ottavo giorno, egli asserisce che anche i bambini appena nati sono già idonei a ricevere il battesimo del Cristo.
Si sforza di dimostrare con tutte le sue possibilità che i neonati erano già perfettamente idonei al battesimo, perché nessuno, quasi per rispetto al numero dei giorni, in quanto anticamente i bambini erano circoncisi nell'ottavo giorno, credesse di dover attendere ancora che diventassero idonei.
Ma, per quanto svolga un grande patrocinio in loro difesa, confessa tuttavia che essi non sono immuni dal peccato originale, perché, negando questo, toglierebbe lo stesso motivo del battesimo, in vista della cui recezione li difendeva.
Puoi leggere, se vuoi, la stessa lettera del suddetto martire Sul battesimo dei bambini2: a Cartagine non può mancare.
Ma anche qui ho creduto di doverne riferire quanto può bastare alla presente questione.
Considera attentamente quello che scrive: Dice: Riguardo al bambini, che tu dici non essere opportuno battezzare nel secondo o terzo giorno dalla nascita e doversi tener conto della legge dell'antica circoncisione, cosi da credere che un neonato non si debba battezzare e santificare prima dell'ottavo giorno, ben altro è sembrato opportuno a noi nel nostro Concilio.
In esso infatti nessuno approvò quello che tu credi doversi fare, ma tutti invece giudicammo che a nessun neonato si debba negare la misericordia e la grazia di Dio.
Dicendo il Signore nel suo Vangelo: "Il Figlio dell'uomo non è venuto a perdere, ma a salvare le anime degli uomini", ( Lc 9,56 ) per quanto dipende da noi, se è possibile, nessun'anima deve perdersi.
Non senti come dice, non senti come ritiene non solo per la carne, ma anche per l'anima del bambino esiziale e mortifero uscire da questa vita senza quel salutare sacramento?
Perciò anche se non dicesse nient'altro, sarebbe compito nostro capire che un'anima non può perire senza peccato.
Ma osserva che cosa poco dopo confessa apertamente dei bambini, pur difendendo la loro innocenza.
Dice: Del resto, se qualcosa potesse impedire agli uomini di conseguire la grazia, più di tutto lo potrebbero impedire agli adulti e ai grandi i peccati gravi.
Ora, se anche ai più grossi delinquenti e a coloro che hanno peccato molto contro Dio si concede la remissione dei peccati quando sono giunti a credere e se nessuno viene escluso dal battesimo e dalla grazia, quanto meno ne dev'essere escluso un bambino, che, essendo nato da poco, non ha commesso nessun peccato, ma ha solamente contratto il contagio dell'antica morte, nascendo carnalmente secondo Adamo con la prima nascita!
Costui anzi ha il diritto d'essere ammesso con più facilità alla remissione dei peccati per il fatto stesso che a lui non si rimettono peccati propri, ma peccati altrui.
Vedi con quanta sicurezza fa queste affermazioni un uomo cosi grande, partendo dall'antica e indubitabile regola della fede?
Egli porta questi documenti certissimi, proprio perché servano a dimostrare ciò che era incerto.
Su tale questione l'aveva consultato colui a cui risponde, ed era stato emanato un decreto del Concilio che gli ricorda: se un bambino fosse portato anche prima dell'ottavo giorno, nessuno esitasse a battezzarlo.
Che i bambini fossero implicati nel peccato originale non veniva allora definito o confermato dal Concilio quasi come una verità nuova o come una verità contraddetta allora da qualcuno.
L'interrogazione verteva su di un altro argomento.
A causa della legge della circoncisione si discuteva se fosse opportuno battezzare i bambini anche prima dell'ottavo giorno.
Perciò nessuno fu d'accordo con chi lo negava perché non era già una questione da esaminare o da discutere, ma si riteneva come punto fermo e certo che un'anima sarebbe mancata alla salvezza eterna, se avesse finito questa vita senza la reazione di quel sacramento, sebbene i bambini recentissimi dalla nascita fossero implicati nel solo reato del peccato originale.
Perciò anche ad essi era necessaria la remissione dei peccati, benché molto più facile per loro, trattandosi di peccati altrui.
Per mezzo di queste verità certe fu risolta la questione incerta dell'ottavo giorno e nel Concilio fu deciso che era lecito venire in aiuto del neonato in qualsiasi giorno perché non perisse in eterno.
Si spiegava anche come la stessa circoncisione carnale fosse ombra dell'avvenire.
Non nel senso che anche il battesimo si dovesse dare nell'ottavo giorno dalla nascita, ma nel senso che noi veniamo circoncisi spiritualmente nella risurrezione del Cristo, il quale risorse, si, dai morti nel terzo giorno dopo la sua crocifissione, tuttavia in relazione ai giorni che si succedono nella settimana risorse nel giorno ottavo, cioè nel primo giorno dopo il sabato.
Adesso, con l'audacia di non so quale nuovo metodo di discussione, taluni tentano di far passare come incerto per noi ciò che i nostri antenati adducevano come certissimo per risolvere quelle che ad altri sembravano incertezze.
Non so quando si sia cominciato per la prima volta a discutere su questo punto.
Ma so che anche quella santa persona di Girolamo, il quale ancora ai nostri giorni è tanto rinomato per fama e fatica nelle lettere ecclesiastiche, per risolvere certe questioni ricorre nei suoi libri senza alcuna discussione anche a questo insegnamento certissimo.
Scrivendo infatti sul profeta Giona, arrivato al passo dove si ricorda che perfino i bambini furono obbligati al digiuno, dice: Si parte dall'età più grande e si giunge alla più piccola.
Nessuno è senza peccato, nemmeno se di un solo giorno fosse stata la sua vita e facili a contarsi i suoi anni.
Se gli astri non sono puri agli occhi di Dio, quanto meno il verme e la putredine e coloro che sono implicati nel peccato dell'offesa di Adamo!3
Se ci fosse facile interrogare quest'uomo dottissimo, quanti commentatori delle divine Scritture di ambedue le lingue, quanti scrittori di questioni cristiane egli ci potrebbe ricordare, che da quando è stata costituita la Chiesa non altro ritennero, non altro ricevettero dai predecessori, non altro tramandarono ai posteri!
Per conto mio, benché siano molti di meno gli scrittori che ho letto, non ricordo d'aver trovato un insegnamento diverso presso i cristiani che accettano l'uno e l'altro Testamento, non solo presso quelli che vivono nella Chiesa cattolica, ma nemmeno presso quelli che vivono in qualsiasi eresia o scisma.
Non ricordo d'aver letto diversamente in coloro di cui ho potuto leggere gli scritti su questi argomenti e che seguissero le Scritture canoniche o credessero di seguirle o volessero che lo si credesse.
Non so da dove ci sia scoppiata fuori repentinamente questa laboriosa seccatura.
Poco tempo fa trovandomi a Cartagine le mie orecchie furono colpite di sfuggita da queste parole di certe persone che conversavano occasionalmente: I bambini si battezzano non perché ricevano la remissione dei peccati, ma perché vengano santificati nel Cristo.4
Fui turbato da questa novità, ma sia perché non era opportuno che dicessi qualcosa in contrario, sia perché l'autorità di quelle persone non era tale da preoccuparmi, con facilità misi l'accaduto tra le cose passate e dimenticate.
Ed ecco ormai che quell'errore si difende con passione di fiamma [ contro la Chiesa ], ecco che anche con gli scritti si affida alla storia, ecco che la faccenda giunge a tal punto di crisi che veniamo pure consultati dai nostri fratelli, ecco che siamo costretti a discutere e a controbattere con altri scritti.
Pochi anni or sono ci fu a Roma un certo Gioviniano, che si dice persuadesse alle nozze le donne consacrate a Dio, anche d'età alquanto avanzata, non adescando qualcuno a volerle sposare, ma sostenendo nelle sue discussioni che le vergini consacrate non hanno presso Dio nessun merito in più dei fedeli coniugati.
Non gli venne tuttavia mai in mente questo espediente: asserire che i bambini nascono senza peccato originale.
Se l'avesse potuto inventare, le donne sarebbero state molto più proclivi a sposare, sapendo di mettere alla luce dei figli mondissimi.
Nei suoi scritti - ebbe infatti anche l'ardire di scrivere -, che dei fratelli mandarono a Girolamo perché li ribattesse, questi non solo non trovò nulla di simile, ma anzi per la confutazione di alcuni vani argomenti di Gioviniano porta fuori tra molte altre sue prove anche la verità del peccato originale dell'uomo come certissima e come verità di cui era certo che nemmeno Gioviniano dubitava.5
Queste sono le parole [ di Girolamo ]: "Scrive Giovanni: Chi dice di dimorare nel Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato. ( 1 Gv 2,6 )
Scelga [ Gioviniano ] delle due cose quella che vuole, gli consentiamo l'opzione.
Dimora egli nel Cristo o non dimora? Se ci dimora, si comporti dunque come il Cristo.
Se poi è follia ripromettersi la parità di virtù con il Signore, egli non dimora nel Cristo, perché non si comporta come il Cristo.
Egli non commise peccato e non fu trovata falsità nella sua bocca.
Se lo maledicevano, non contraccambiava con maledizioni e come agnello sotto chi lo tosa non apri la sua bocca. ( Is 53,7-9; 1 Pt 2,22-23 )
Venne a lui il principe di questo mondo e non ci trovò nulla. ( Gv 14,30 )
Colui che non aveva conosciuto peccato Dio lo trattò da peccato in nostro favore. ( 2 Cor 5,21 )
Noi invece, secondo la Lettera di Giacomo, "manchiamo tutti in molte cose", ( Gc 3,2 ) e "nessuno è mondo da peccati, nemmeno se di un solo giorno è la sua vita". ( Gb 14,4-5 )
Chi infatti può vantarsi d'avere il cuore puro o chi può confidare d'essere immune da peccati? ( Pr 20,9 )
Siamo ritenuti colpevoli a somiglianza di Adamo che prevaricò. ( Rm 5,14 )
Perciò anche Davide dice: "Nell'iniquità fui concepito, nel peccato mi concepì mia madre". ( Sal 51,7 )
Non ho ricordato tutto questo perché ci vogliamo appoggiare alle sentenze di autori occasionali quasi abbiano autorità canonica, ma perché appaia che dai primi tempi fino ai nostri giorni, quando è nata questa novità, l'insegnamento del peccato originale è stato custodito nella fede della Chiesa con tanta costanza che esso dai commentatori della parola del Signore veniva addotto come argomento certissimo per confutare altri errori, invece d'esserci qualcuno che lo confutasse come falso.
Del resto, nei santi Libri canonici s'impone con forza l'autorità chiarissima e pienissima di questa sentenza, con la quale l'Apostolo grida: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte e cosi ha raggiunto tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui. ( Rm 5,12 )
Perciò non si può dire senza fare riserve nemmeno questo: il peccato di Adamo ha nociuto anche ai non peccanti, perché la Scrittura dichiara: Tutti hanno peccato in lui.
E questi peccati originali non si dicono peccati altrui nel senso che non appartengano affatto ai bambini, dal momento che in Adamo hanno peccato tutti allorché nella sua natura, per quella forza innata per cui li poteva generare, erano ancora tutti lui solo; ma si dicono peccati altrui, perché gli altri uomini non vivevano ancora la propria vita e la vita di quell'unico uomo conteneva da sola tutto quello che sarebbe stato nella sua discendenza futura.
Dio non rimette i peccati senza la rigenerazione battesimale.
Dicono: È privo di qualsiasi ragione che Dio, mentre rimette i peccati propri, imputi i peccati altrui.
Rimette i peccati, ma ai rigenerati dallo Spirito, non ai generati dalla carne; li imputa, ma non già come altrui, bensì come propri.
Ecco, erano peccati altrui quando non esistevano ancora gli uomini che per propagazione li ricevessero e li portassero, adesso invece per la generazione carnale sono già peccati propri di coloro ai quali non sono stati ancora rimessi dalla rigenerazione spirituale.
Dicono: Ma se il battesimo monda da quell'antica colpa, coloro che sono nati da due persone battezzate devono essere esenti da tale peccato, perché i genitori non potevano trasmettere ai posteri il peccato che essi stessi non avevano più.
Ecco da dove nella maggioranza dei casi prende forza l'errore: dal fatto che gli uomini su questi problemi hanno prontezza ad interrogare, ma non hanno prontezza ad intendere.
A quale uditore infatti o con quali parole potrei io spiegare come la corrotta origine mortale non nuoccia a coloro che sono stati iniziati ad un'altra origine immortale e nuoccia invece a coloro che in forza della medesima origine corrotta nascono da coloro ai quali essa non può nuocere più?
Come lo potrà capire un uomo la cui mente un po' tarda è impedita sia dal pregiudizio della propria opinione, sia dall'ostacolo gravissimo della ostinazione?
Tuttavia, se io mi fossi assunto questa causa contro gente che proibisse assolutamente di battezzare i bambini o sostenesse l'inutilità di battezzarli, dicendo che i figli dei cristiani acquistano necessariamente il merito dei genitori, avrei allora forse da fare più fatica e da usare maggiore attenzione per convincerla di questa dottrina.
Allora, se dinanzi a persone ottuse e litigiose io trovassi a resistermi, per la naturale oscurità dell'oggetto, la difficoltà di respingere il falso e di convincere del vero, forse ricorrerei ad esempi che sono alla mano e rivolterei la domanda: chiederei cioè, a coloro che si sorprendono come il peccato tolto dal battesimo rimanga nei figli dei genitori battezzati, di spiegarmi in che modo il prepuzio tolto dalla circoncisione rimanga nei figli dei genitori circoncisi e in che modo anche la pula separata dal grano con tanta diligenza di lavoro umano ritorni nelle spighe che nascono dal frumento spulato.
Con questi e simili esempi a coloro, che credessero superflua l'amministrazione dei sacramenti della purificazione per i figli di genitori già purificati, cercherei forse di far capire in qualche modo quanto invece sia saggio e retto battezzare i figli dei battezzati.
Dimostrerei come sia possibile che ad un uomo in possesso di ambedue i germi, e di quello della morte nella carne e di quello dell'immortalità nello spirito, non rechi danno in quanto rigenerato mediante lo Spirito il germe che reca danno al suo figlio in quanto generato mediante la carne; e come sia possibile che nel genitore sia stato mondato dalla remissione ciò che dev'essere mondato anche nel figlio con uguale remissione, come si verifica nella circoncisione o nella trebbiatura e ventilazione.
Siccome però adesso stiamo trattando con coloro che ammettono la necessità di battezzare i figli dei battezzati, quanto meglio facciamo a dire a costoro: "Voi che asserite che da persone mondate dalla macchia del peccato dovrebbero nascere figli senza peccato, perché non fate attenzione che ugualmente si potrebbe dire a voi che da genitori cristiani dovrebbero nascere figli cristiani?
Perché dunque credete che i figli abbiano bisogno di diventare cristiani?
Forse non era cristiano il corpo nei loro genitori, ai quali fu detto: Non sapete che i vostri corpi sono membra del Cristo? ( 1 Cor 6,15 )
O forse, si, il corpo è nato cristiano da genitori cristiani, ma non ha ricevuto un'anima cristiana?
Questo sarebbe ancora più strano.
Infatti, non credendo voi certamente, d'accordo con l'Apostolo, che l'anima abbia fatto del bene o del male prima di nascere, ( Rm 9,11 ) qualunque delle due sia la vostra opinione su di essa, l'anima o è stata tratta da trasmissione e allora, come il corpo nasce cristiano da persone cristiane cosi pure l'anima dovette esser tratta cristiana; oppure l'anima è stata creata dal Cristo o in un corpo cristiano o per un corpo cristiano e allora dovette o esser creata cristiana o esser mandata cristiana.
A meno che non diciate che le persone cristiane possono generare un corpo cristiano e il Cristo da parte sua invece non ha potuto creare un'anima cristiana.
Cedete dunque alla verità e rendetevi conto che, se è possibile per vostra stessa confessione che da persone cristiane nasca un figlio non cristiano, che da membra del Cristo nasca chi non è membro del Cristo e - per andare incontro anche a tutti quelli che sono legati ad una religione, sebbene falsa - che da persone iniziate nasca un figlio non iniziato, cosi è anche possibile che da persone mondate nasca un figlio non mondato.
Quale risposta darete a chi domanda perché da persone cristiane l'uomo non nasce cristiano se non questa: non è la generazione che fa cristiani, ma la rigenerazione?
Allo stesso modo dunque rendetevi conto che ugualmente nessuno è mondato dai peccati nascendo, ma tutti sono mondati rinascendo.
E quindi chi nasce da persone mondate, perché rinate, rinasca perché sia mondato anche lui.
Ai loro figli i genitori hanno potuto trasmettere quello che essi stessi non avevano più.
Non solo per esempio i chicchi di frumento la pula e un uomo circonciso il prepuzio, ma anche, e voi pure lo dite, i fedeli che non hanno più l'infedeltà la trasmettono tuttavia ai figli: e ciò non è proprio dei genitori in quanto rigenerati ormai per mezzo dello Spirito, ma dipende dal vizio del seme mortale per il quale i figli sono stati generati nella carne.
Certo infatti i bambini che mediante il sacramento dei fedeli pensate di dover far diventare fedeli non negate che siano nati infedeli da genitori fedeli".
Ecco ciò che pensano: Se a venire per trasmissione non è l'anima, ma soltanto la carne, unicamente la carne riceve il peccato per trasmissione ed unicamente la carne ne merita la pena perché dicono sarebbe ingiusto che l'anima nata oggi e non dalla massa di Adamo porti un peccato altrui tanto antico.
Sta' attento, ti prego, come Pelagio da uomo circospetto - sono di un suo libro le parole che ho trascritte qui sopra - avverta in quanto difficile questione si trovi nei riguardi dell'anima.
Non dice infatti che l'anima non viene per trasmissione, ma se a venire per trasmissione non è l'anima, facendo benissimo a parlare sospensivamente e non risolutamente di un problema tanto oscuro, di cui non possiamo trovare, o con molta difficoltà, delle testimonianze certe e chiare nelle Scritture sante.
Anch'io perciò con asserzione non precipitosa replico cosi a questa proposizione: "Se a venire per trasmissione non è l'anima, quale giustizia sarebbe che essa, creata in questo istante e immune da ogni peccato, pienamente esente da ogni contagio di peccato, debba soffrire nei bambini le malattie della carne, i diversi dolori e, cosa ancora più brutta, perfino gli assalti dei demoni?
Nulla infatti di tutto questo soffre la carne senza che in essa espii di più l'anima che vive e sente.
Se questo appare giusto, allora può ugualmente apparire come sia giusto anche che l'anima vada incontro nella carne, che è pure carne del peccato, al peccato originale, da mondare con il sacramento del battesimo e con l'amore misericordioso della grazia.
Se invece non può apparire la giustizia del primo fatto, nemmeno credo la giustizia del secondo.
O sopportiamo dunque l'oscurità di ambedue e ci ricordiamo che siamo uomini, o tentiamo altrimenti nei riguardi dell'anima, se ci sembrerà necessario, un altro lavoro, discutendone con sobria cautela".
Per ora tuttavia le parole dell'Apostolo: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte e cosi ha raggiunto tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui ( Rm 5,12 ) intendiamole cosi da non essere giudicati in contrasto insipiente ed infelice con tante e tanto grandi testimonianze delle divine Scritture, le quali c'insegnano che nessuno può ottenere la vita e la salvezza eterna al di fuori della società del Cristo che si fa in lui e con lui quando riceviamo i suoi sacramenti e veniamo incorporati alle sue membra.
Non in altro senso fu detto ai Romani: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte e cosi ha raggiunto tutti gli uomini, ( Rm 5,12 ) se non nel senso in cui è stato detto ai Corinzi: A causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti, e come tutti muoiono in Adamo, cosi tutti riceveranno la vita nel Cristo. ( 1 Cor 15,21-22 )
Nessuno dubita che questo sia stato detto della morte del corpo, perché la questione a cui l'Apostolo si dedicava allora con grande impegno riguardava la risurrezione del corpo.
Sembra perciò che qui abbia taciuto del peccato, perché non si trattava della giustizia.
Nella Lettera ai Romani invece mette ambedue le cose e le sottolinea ambedue molto a lungo: il peccato in Adamo, la giustizia nel Cristo, la morte in Adamo, la vita nel Cristo.
Tutte le parole di questo ragionamento dell'Apostolo, per quanto ho potuto e mi è sembrato sufficiente, le ho esaminate e spiegate, come ho già detto, nel primo dei due libri.
Tuttavia anche nella Lettera ai Corinzi conclude il lungo tratto sulla risurrezione in modo da non lasciarci nessun dubbio che pure la morte del corpo è avvenuta per causa del peccato.
Dopo aver detto: È necessario che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.
Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria.
Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?, aggiunge: Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge. ( 1 Cor 15,53-56 )
Poiché dunque, come lo dichiarano le esplicitissime parole dell'Apostolo, la morte in tanto sarà assorbita per la vittoria in quanto questo corpo corruttibile e mortale si rivestirà d'incorruttibilità e d'immortalità ( Rm 8,11 ), ossia in quanto Dio risusciterà anche i nostri corpi mortali per la presenza in noi del suo Spirito, è manifesto che anche di questa morte corporale, contraria alla risurrezione corporale, l'ago avvelenato fu il peccato: l'ago che inoculò la morte, non l'ago fatto dalla morte: moriamo per il peccato, non pecchiamo per la morte.
Si dice dunque pungiglione della morte nello stesso senso in cui si dice albero della vita: ( Gen 2,9 ) non un albero che era stato fatto dalla vita dell'uomo, ma un albero da cui era fatta la vita dell'uomo; cosi pure albero della scienza quello da cui dipendeva la scienza dell'uomo, non un albero che dipendesse dalla scienza dell'uomo.
Cosi dunque anche l'ago della morte: l'ago che causò la morte, non l'ago che è stato causato dalla morte.
Diciamo ugualmente pozione di morte quella per cui un uomo è morto o può morire, non quella preparata da un moribondo o da un morto.
L'ago pertanto della morte è il peccato: per la puntura del peccato è stato condannato a morte il genere umano.
Perché cerchiamo ancora di quale morte si tratti, se dell'anima o del corpo, se della prima per cui moriamo tutti o della seconda per cui moriranno allora gli empi? ( Ap 2,11ss )
Non c'è motivo di agitare tale questione, non c'è posto per il dubbio: le parole con le quali l'Apostolo ha trattato l'argomento ci rispondono, se le interroghiamo.
Dice: Quando questo corpo mortale si sarà vestito d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria.
Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?
Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge. ( 1 Cor 15,54-56 )
Parlava della risurrezione del corpo, per cui la morte sarà assorbita per la vittoria, quando questo corpo mortale si sarà vestito d'immortalità.
Allora s'insulterà la morte stessa che sarà ingoiata nella vittoria dalla risurrezione corporale.
Allora le si dirà: O morte, dov'è la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo pungiglione?
Ciò dunque si dirà alla morte del corpo.
Questa infatti sarà ingoiata dall'immortalità vittoriosa, quando questo corpo mortale sarà vestito d'immortalità.
Alla morte, s'intende del corpo, sarà detto: O morte, dov'è la tua vittoria, quella riportata qui da te su tutti, tanto che anche il Figlio di Dio dovette combattere con te e superarti non evitandoti, ma accettandoti?
Hai vinto nei morenti, sei stata vinta nei risorgenti.
La tua vittoria con la quale avevi ingoiato i corpi dei morenti è stata temporanea, la nostra vittoria con la quale sei stata ingoiata tu nei corpi dei risorgenti durerà eterna.
Dov'è il tuo pungiglione? Cioè dov'è il peccato da cui siamo stati punti e avvelenati, il peccato che ti ha inoculata anche nei nostri corpi e te li ha dati in potere per cosi lungo tempo?
Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge. ( 1 Cor 15,56 )
Peccammo tutti in uno solo e cosi morimmo tutti in uno solo.
Ricevemmo la legge, non per finire di peccare con l'emendazione, ma per peccare di più con la trasgressione.
Infatti la legge sopravvenne, perché abbondasse la colpa; la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato.
Ma siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, ( 1 Cor 15,57 ) affinché dove abbondò il peccato, sovrabbondasse la grazia, ( Rm 5,20 ) e ai credenti la promessa venisse data in virtù della fede in Gesù Cristo ( Gal 3,22 ) e vincessimo la morte con la risurrezione immortale e l'ago della morte, il peccato, con la giustificazione gratuita.
Nessuno dunque su questo terreno inganni se stesso e inganni gli altri.
Il senso manifesto della santa Scrittura toglie di mezzo tutte le tergiversazioni.
Come dall'origine si trae la morte nel corpo di questa morte, cosi dall'origine si è tratto il peccato in questa carne di peccato. ( Rm 7,24 )
Per guarirci dal peccato, sia da quello contratto per propaggine, sia da quello fatto per volontà, e per risuscitare la stessa carne è venuto nella somiglianza della carne del peccato il Medico, che non è necessario ai sani, ma ai malati, né è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori. ( Mc 2,17 )
Vediamo dunque il senso di quello che dice l'Apostolo quando ammonisce i cristiani a non separarsi dai loro coniugi non cristiani: Il marito non credente viene reso santo dalla moglie [ credente ] e la moglie non credente viene resa santa dal marito [ credente ]: altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, mentre invece sono santi. ( 1 Cor 7,14 )
Queste parole si debbono intendere nel senso in cui le abbiamo intese noi altrove e Pelagio6 nel suo Commento alla medesima Lettera ai Corinzi, cioè nel senso che si erano già avuti degli esempi sia di mariti che avevano guadagnato al Cristo le loro mogli, sia di donne i mariti, sia di bambini che erano resi cristiani per la volontà cristiana anche di uno solo dei genitori.
Oppure, come sembra più probabile e in qualche modo necessario nelle parole dell'Apostolo, vi dobbiamo intendere una certa santificazione che dal coniuge cristiano raggiungeva il marito o la moglie infedele, oppure dai genitori cristiani i loro figli.
E un esempio di tale santificazione poteva consistere nel fatto che durante la mestruazione si asteneva dall'unione l'uomo o la donna che aveva imparato ciò dalla Legge, poiché è questo uno dei precetti da non prendersi in senso figurato secondo Ezechiele. ( Ez 18,6 )
Potrebbe essere ancora qualsiasi riflesso di santità, che ivi non è espressamente descritto, e che sorga dagli stretti rapporti dei coniugi e dei figli.
Tuttavia questo è da ritenersi senza alcun dubbio: quella santificazione, qualunque sia, non vale a fare cristiani gli interessati e a rimettere a loro i peccati, se non diventano fedeli con i sacramenti secondo il rito dell'iniziazione cristiana ed ecclesiastica.
Infatti, se non sono stati battezzati nel Cristo, né i coniugi non cristiani, per quanto uniti a coniugi santi e giusti, vengono mondati dal peccato che, escludendoli dal regno di Dio, li manda per forza alla condanna, né i bambini, per quanto generati da genitori santi e giusti, vengono assolti dal reato del peccato originale.
A favore dei bambini dobbiamo tanto più pressantemente parlare, quanto meno lo possono fare da sé.
Quello che vuole l'errore, contro la cui novità dobbiamo resistere con l'antica verità, è proprio questo: che si consideri completamente superfluo il battesimo dei bambini.
Ma non lo si dice apertamente, per evitare che la consuetudine della Chiesa, tanto consolidatasi salutarmente, non possa sopportare i suoi violatori.
Però, se ci viene comandato di soccorrere gli orfani, quanto più dobbiamo darci da fare per i bambini, i quali anche in mano dei loro genitori rimarranno più abbandonati e più disgraziati degli orfani, se a loro si negherà la grazia del Cristo che essi non possono chiedere da sé!
Quanto poi a quello che costoro dicono: "Alcuni uomini, già con l'uso ragionevole della propria volontà, sono vissuti o vivono in questo mondo senza alcun peccato" è da desiderare che avvenga, da tentare che avvenga, da implorare che avvenga, non è tuttavia da riconoscere come un fatto avvenuto.
Se infatti lo desideriamo e lo tentiamo e lo imploriamo con degna supplicazione, ogni residuo di peccati che sia rimasto in noi ci viene quotidianamente condonato per il fatto stesso che diciamo sinceramente nell'orazione: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. ( Mt 6,12 )
Chiunque dice che questa orazione non è stata necessaria nella vita attuale ad ogni persona santa che conoscesse e facesse la volontà di Dio, eccettuato unicamente il Santo dei santi, sbaglia molto e non può piacere in nessun modo alla persona che loda.
Se poi stima tale se stesso, s'inganna da sé e la verità non è in lui, non per altro se non perché ritiene il falso. ( 1 Gv 1,8 )
Quel Medico dunque che non è necessario ai sani, ma ai malati, ( Mt 9,12 ) sa in che modo curarci per renderci perfettamente adatti alla salvezza eterna.
Egli, sebbene la morte stessa sia stata inflitta per merito del peccato, non la toglie in questo secolo a coloro ai quali rimette i peccati, perché anche col superare la sua paura affrontino il combattimento per la vera fede.
E in certi casi, anche a quelli che tra i suoi sono giusti, poiché possono ancora insuperbirsi, non dà l'aiuto a raggiungere la perfezione della giustizia.
Lo scopo è che, non essendo giusto davanti a lui nessun vivente, ( Sal 143,2 ) sentiamo di dover rendere sempre grazie alla sua indulgenza e cosi veniamo guariti con la santa umiltà dalla prima causa di tutti i peccati, cioè dal tumore della superbia.
Mentre la mia intenzione era di scrivere una breve lettera, è nato invece un libro prolisso. Speriamo che sia tanto ben rifinito, com'è finalmente finito!
Indice |
2 | Cipriano, Ep. 64 ad Fidum: CSEL 3/2, pp. 718 ss |
3 | Girolamo, Comm. in Ionam 3: PL 25, 1195; Gb 14,4-5; Gb 25,5-6 |
4 | De gestis Pelagii 22, 46 |
5 | Girolamo, Contra Iovinianum 2: PL 23, 285 ss |
6 | AugG., De serm. Domini in monte 1, 45 |