Sommario della conferenza con i Donatisti |
In primo luogo, riunitasi l'assemblea dopo il giorno di intervallo nel luogo già menzionato, prescelto perché di comune gradimento, il giudice invitò nuovamente tutti a sedere e pregò di farlo.
I Cattolici sedettero subito, i Donatisti invece si rifiutarono.
Per giustificare questo rifiuto, essi dissero fra l'altro che la Scrittura proibiva loro di sedere con gente di tal fatta. ( Sal 26,4 )
A questa provocazione per il momento i Cattolici non reagirono, per evitare di ritardare ulteriormente i lavori, riservandosi comunque di rispondere al momento opportuno nel corso della seduta del terzo giorno.
Allora il giudice rispose che anch'egli avrebbe svolto il proprio compito di istruire la causa stando in piedi.
In secondo luogo fu data lettura della richiesta che [ i Donatisti ] avevano presentato il giorno prima, nella quale chiedevano che venisse esibita loro una copia del mandato dei Cattolici, perché potessero presentarsi il giorno prestabilito dopo averlo esaminato attentamente, tanto più che i notisti non sarebbero stati in grado di stendere il verbale aggiornato degli atti.
Fu letta anche la risposta del giudice a questa lettera, nella quale accedeva a quanto richiesto.
In terzo luogo il giudice domandò [ ai vescovi ] che cosa pensassero anche delle firme, se cioè concordavano su quanto aveva proposto nell'editto, che ciascuno firmasse i propri interventi.
I Cattolici risposero che avevano già espresso il loro consenso per iscritto nella lettera, i Donatisti invece si dissero molto contrariati poiché ciò non rientrava nella prassi.
E quando il giudice domandò loro se ritenevano sufficiente il numero dei responsabili, incaricati di sorvegliare la redazione degli atti, che aveva assegnato per ciascuna parte, cominciarono a chiedere di aggiornare la seduta, poiché desideravano ricevere una copia degli atti già redatti: soltanto allora avrebbero risposto.
A questo punto nacque un lungo battibecco, nel corso del quale si dovette leggere ripetutamente dalle tavolette il testo stenografato del loro assenso, dato per trattare quel giorno la questione.
Essi replicarono che ignoravano la stenografia e reclamavano di ricevere preventivamente in visione una copia degli atti.
Il giudice ordinò di portare i registri, custoditi sotto chiave, e fece leggere le note che i rispettivi segretari avevano preso, affinché non ci fosse discrepanza con quanto essi stessi avevano concordato.
Ma non cessavano di rimettere in discussione la pubblicazione degli atti, lamentando che i segretari non erano in grado di redigere il verbale del processo.
Anche a questo si rispose che, nella loro notificazione, avevano sollecitato una copia del mandato dei Cattolici, proprio perché volevano venire ben preparati a questo giorno e i segretari non potevano presentarsi con i verbali già pronti.
Allora, non sapendo più che dire, vollero dibattere daccapo la questione della data di prescrizione, su cui gli era già stata data una risposta più che esauriente, e alla quale era stato dedicato il primo giorno.
Comunque i Cattolici anche su questo punto risposero loro che, non solo si poteva leggere nell'editto del giudice che la data della conferenza era stata fissata alle calende di giugno, ma anch'essi avevano redatto il loro memoriale otto giorni prima delle calende di giugno, dunque quando era già spirato il termine utile entro il quale, secondo loro, si sarebbe dovuto trattare la questione, cioè quattordici giorni prima delle calende di giugno.
Fu detto anche che Primiano stesso aveva promesso di venire alle calende di giugno.
I Cattolici sottolinearono tutte queste circostanze, perché erano venuti a sapere che essi avevano parlato in termini malevoli ai loro fedeli su tale questione.
Malgrado ciò, i Donatisti si accanirono nel reclamare un aggiornamento del dibattito.
I Cattolici, rendendosi conto che gli altri continuavano a trastullarsi su questioni di nessun conto per appesantire la mole degli atti con fiumi di parole, chiesero al giudice di concedere pure a loro la reclamata dilazione.
Essa fu concessa nella misura di sei giorni, a far data dalla risposta dei segretari, sul giorno in cui si sarebbero potuti pubblicare gli atti, purché da parte loro si impegnassero, appena pubblicati gli stessi, a firmare i loro interventi.
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