Contro Giuliano

Indice

Libro III

18.34 - Giuliano chiama Agostino "sacerdote del diavolo"

Per questo non credo affatto, come vai calunniando, che "i coniugi possano generare senza il calore del corpo" e neppure che "Dio non ha creato l'uomo o l'ha creato per il diavolo o l'ha creato il diavolo".

Neppure gli stessi genitori possono creare l'uomo, ma Dio per mezzo dei genitori.

Se il diavolo non può sottrarre al potere divino neppure se stesso, quanto meno può sottrarre la natura umana, assoggettata a sé a causa della colpa dopo la condanna divina?

Stando così le cose, se non proprio devoto del diavolo, cosa di cui tu accusi me, certamente ti dimostri suo collaboratore, quantunque voglia dare l'impressione di accusarlo.

Sostieni infatti che i bambini non debbono essere sanati per mezzo di Cristo da quel male che li tiene soggetti al diavolo e, con insana dottrina, difendi la loro sanità.

Secondo la vera fede, invece, io sostengo che "Isacco è nato dallo stesso piacere della concupiscenza", da cui sono nati tutti gli altri uomini, eccetto Colui in virtù del quale siamo liberati dal male.

Non nego neppure che "la mano della divina Provvidenza è presente nei genitali dei peccatori".

Eccola prodursi con forza da una estremità all'altra, e curare opportunamente ogni cosa; ( Sap 8,1 ) e niente di lurido la raggiunge. ( Sap 7,25 )

Per questo la Provvidenza può ottenere tutto quello che vuole anche dalle cose immonde e sporche, e rimane sempre assolutamente pura e incontaminata.

Non è necessario che ti affatichi, inoltrandoti in lunghe circonlocuzioni, per dimostrarmi cose che già ammetto.

Rispondi piuttosto, se ti è possibile, al mio quesito: Perché mai Isacco sarebbe stato eliminato dal suo popolo se entro l'ottavo giorno non fosse stato circonciso col segno del battesimo di Cristo? ( Gen 17,14 )

Spiegaci un po', se ti è possibile, come si poteva essere colpiti da una pena così grave qualora non si fosse stati liberati da quel sacramento.

Non si può negare che, per fare nascere un figlio alla loro età, Dio ha vivificato la vulva di Sara morta all'emissione del seme ed il corpo di Abramo morto alla capacità di generare come i giovani.

Ma per quale motivo Isacco, innocente quanto a peccati personali, pur se fosse nato da genitori adulteri, avrebbe potuto meritare di essere eliminato dal suo popolo se non fosse stato circonciso?

Non divagare in cose oscure, ambigue e superflue, ma rispondi al mio interrogativo chiaro, semplice, necessario.

18.35 - Dio non può condannare nessuno immune da colpa

Adduci la testimonianza dell'Apostolo non secondo la sua prospettiva, ma secondo la tua.

Quantunque ora non trattiamo di questo argomento e sarebbe troppo lungo e superfluo il disputarne, tuttavia poni la citazione dell'Apostolo: Come potrebbe Dio essere il giudice del mondo?

Se infatti, per la mia menzogna, la veracità di Dio risulta più insigne, a sua gloria, come avviene che sono ancora giudicato come peccatore? ( Rm 3,6-7 )

E poi aggiungi: "Con queste parole l'Apostolo dimostra che Dio, se non ha conservato la propria maniera di comandare, ha perduto il potere di giudicare".

A questo punto concludi: "L'Apostolo ha detto questo per frenare coloro che asserivano che i peccati degli uomini tornavano a lode di Dio, che avrebbe comandato cose impossibili per prepararsi una materia per la misericordia.

E in tal modo, a tuo giudizio, attraverso le parole dell'Apostolo si dimostra che gli uomini sono giudicati con giustizia quando hanno trasgredito comandi possibili, mentre lo sono ingiustamente quando hanno trasgredito comandi impossibili".

Se tiri queste conclusioni, cosa pensi di Isacco, che sarebbe stato senz'altro punito con la pena della perdizione dell'anima sua se non fosse stato circonciso entro l'ottavo giorno, anche se nulla gli era stato comandato né di possibile né di impossibile?

Non comprendi, alfine, che quel primo precetto dato nel paradiso fu possibile e facile, e, dopo che esso è stato disprezzato e violato da un solo uomo tutti abbiamo contratto quel peccato comune come in una massa di origine?

Non comprendi che solo in seguito ad esso un pesante giogo è stato imposto sui figli di Adamo dal giorno nel quale sono usciti dal seno della madre loro fino al giorno nel quale ritorneranno alla madre di tutti? ( Sir 40,1 )

Poiché da questa generazione, condannata in Adamo, nessuno può essere liberato senza la rigenerazione in Cristo, Isacco sarebbe stato eliminato se non avesse ricevuto il segno di quella rigenerazione.

E non sarebbe stato eliminato ingiustamente perché egli sarebbe uscito, senza il segno di rigenerazione da questa vita, nella quale, nato da una generazione condannata, era entrato condannato.

Se non è questo il motivo, dimmene un altro. Dio è buono ed è giusto.

Egli può liberare taluni senza meriti buoni perché è buono, ma non può condannare nessuno senza demeriti perché è giusto.

Un bambino di otto giorni non aveva nessun demerito derivante da peccati personali: per qual motivo, dunque, senza la circoncisione sarebbe stato condannato, se non avesse contratto un peccato dalla nascita?

19.36 - L'ignoranza del bambino e la sua innocenza

Va' avanti e continua ad intrecciare vanità a vanità.

Non mi riferisco alle parole della Scrittura citate da te, ma alle conclusioni che cerchi di trarne.

Affermi, per esempio, che "la perfetta ignoranza deve essere chiamata giustizia; lo si deduce dalle parole rivolte da Dio ad Abimelec, che, non sapendo si trattasse della moglie di un altro, stava per unirsi a Sara: Anche io so che con la semplicità del tuo cuore hai fatto ciò. ( Gen 20,6 )

Per lo stesso motivo lo stato dei neonati non è leso dalla volontà dei genitori, perché, anche nel caso che essa fosse cattiva, non potrebbe in nessun modo giungere alla loro coscienza".

Perché, allora, non li chiami giusti, se la perfetta ignoranza dev'essere chiamata giustizia?

Nulla è più perfetto della ignoranza dei bambini: nulla, di conseguenza, può essere detto più giusto.

"I bambini non nascono giusti né ingiusti, ma lo diventano con le proprie azioni; l'infanzia è solo arricchita della dote dell'innocenza".

Che significano queste tue parole?

Non sono anche tue queste altre: "L'uomo dunque nasce pieno di innocenza, ma capace di virtù; meriterà la lode o la riprensione a seconda della volontà che viene dopo"?

O forse credi che la giustizia non è una virtù?

Come puoi affermare dunque che il bambino non è ancora pieno di virtù, ma solo capace, mentre nello stesso tempo lo ritieni pieno di ignoranza, che, a tuo dire, deve esser chiamata giustizia?

Non finiresti per negare che la giustizia è una virtù?

Questa assurdità non riuscirà ancora a svegliarti e a farti pentire di averla detta?

Le parole del Signore vegliano, ma tu dormi.

Non ha detto al re: so che hai il cuore giusto, oppure: hai il cuore puro, poiché sta scritto: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. ( Mt 5,8 )

Tu invece proponi Abimelec come esempio di peccatore.

Dio gli aveva detto: So che con la semplicità del tuo cuore hai fatto ciò.

Non si riferiva a tutto o a qualsiasi altra cosa, ma solo al fatto che non aveva la coscienza di commettere adulterio.

19.37 - Il contagio del peccato passa dai genitori ai figli

Sono sorpreso tuttavia perché dall'esempio ricordato ti sforzi di dedurre una cosa impossibile e ti rifiuti di vederci quello che non vuoi ascoltare.

Fai di tutto perché si creda che per la preghiera di Abramo è stata restituita la libidine alle donne perché sta scritto: Infatti Dio aveva reso sterile ogni matrice della casa di Abimelec, per il fatto di Sara moglie di Abramo. ( Gen 20,18 )

Da questa conclusione vuoi dedurre che, per l'ira di Dio, era stata sottratta la libidine a quelle donne, mentre, molto più semplicemente, quelle parole significano che, chiusa la vulva per una qualche infermità, la donna non poteva concepire o non poteva partorire dopo avere concepito.

Tu che non ammetti che qualcuno possa essere colpito dalla giustizia divina per peccati non personali, ma di altri, non pensi che Abimelec ha potuto peccare, quantunque non l'abbia fatto con cuore di adultero, e che Dio ha punito quel peccato, piccolo quanto si voglia, nelle donne che gli appartenevano?

Vedi quindi che il contagio del peccato è passato dall'uomo alle donne con le quali si univa, o che erano soggette a lui.

Eppure ti ostini a non volere ammettere che il peccato possa passare dai genitori ai figli, che provengono dal loro seme.

Pensa, piuttosto, quanto insondabile è l'abisso della sapienza e della scienza di Dio, ( Rm 11,33 ) e finiscila di chiacchierare contro i misteri del peccato originale.

20.38 - I movimenti della concupiscenza sono turpi

Dopodiché cominci a discutere sull'eccesso della concupiscenza che dichiari riprovevole, quasi che nel moderarla quando i coniugi ne fanno buon uso, dovrebbe essere lodato il cavallo cattivo e non l'auriga che lo guida.

Quale giovamento ti portano le testimonianze della Scrittura con le quali si dimostra che Dio proibisce e condanna l'eccesso della libidine?

Quantunque possiamo avere in orrore le brutture di taluni atti disonesti, che si possono commettere con i genitali, fa' bene attenzione a ciò che la concupiscenza della carne, non frenata, può fare con le sue sollecitazioni, fino far lamentare i suoi effetti anche nel corpo dei casti durante il sonno.

20.39 - La concupiscenza si vince combattendola

"Come poteva Dio cercare i giusti a Sodoma, ( Gen 18,26 ) se la natura stessa li faceva tali?".

Poni questo interrogativo come se dicessimo che la natura più eccellente della mente non sia in grado di frenare la concupiscenza della carne.

Al contrario noi sosteniamo che la concupiscenza è un male al punto che deve essere vinta nello scontro, fino a che, al pari di una ferita nel corpo, non venga perfettamente sanata dalla cura.

20.40 - Il naturale uso della donna

Se credi che "l'Apostolo, dicendo che alcuni abbandonarono i rapporti naturali con la donna e si accesero di brame gli uni verso gli altri" ( Rm 1,27 ) ha lodato la libidine perché dichiarava naturale il rapporto con la donna, dovrai lodare ogni rapporto con le donne; dovrai lodare perfino lo stupro che si commette con la donna, perché anche lì il rapporto è naturale, anche se riprovevole per la sua illegittimità.

I figli nati da esso, infatti, non legittimi, sono detti naturali.

Con quelle parole l'Apostolo non ha lodato la concupiscenza della carne: ha solo dichiarato naturale l'azione per cui la natura umana viene all'esistenza con la nascita.

20.41 - La cattiva concupiscenza non è una sostanza

"I sodomiti hanno peccato anche nella creatura del pane e del vino".

Con queste parole vorresti dimostrare che la libidine è buona, ma sono colpevoli gli uomini che ne fanno cattivo uso, così come è buona la creatura del pane e del vino, anche se si fa peccato facendone cattivo uso.

Non capisci quello che dici, al punto da non vedere che il pane e il vino non hanno voglie contro lo spirito, ma sono essi piuttosto ad essere desiderati smoderatamente da chi ne fa cattivo uso, e che inoltre entrano nel nostro corpo dall'esterno.

Di essi bisogna far uso più parco e moderato, affinché la concupiscenza, male nostro interno, non abbia a combattere con maggiore veemenza e vigore, mentre la mente è aggravata di più da un corpo corruttibile appesantito dalla materia più abbondante.

Di questo male, della cui malizia fa fede chi combatte contro di esso e chi da esso è soggiogato, fanno buon uso il genitore che pudicamente genera il figlio e Dio che, secondo la sua Provvidenza, crea l'uomo.

21.42 - Giuliano parla di lotte contro la concupiscenza

Or dunque ti prego di riflettere.

Messa da parte ogni bramosia di vittoria, perché la verità possa vincerti salutarmente ti prego di riflettere attentamente se devi dare l'assenso alla tua o alla nostra tesi.

Molto a proposito, tu dici, "hai fatto una breve osservazione perché al lettore restassero impresse nell'animo le cose che hai trattato in tutto il libro".

Subito dopo spieghi di che osservazione si tratta scrivendo: "Chi conserva la moderazione della concupiscenza naturale, fa buon uso di un bene; chi invece non la conserva fa cattivo uso di un bene; chi poi per amore della santa verginità, disprezza anche la moderazione, fa meglio a non servirsi di un bene, perché la fiducia nella sua salvezza e nella sua forza gli ha fatto disprezzare il rimedio, onde poter affrontare gloriose lotte".

A queste tue affermazioni, rispondo in questi termini: chi conserva la moderazione della concupiscenza carnale, fa buon uso di un male; chi invece non la conserva fa cattivo uso di un male; chi per amore della santa verginità disprezza anche la moderazione fa una cosa migliore non facendo alcun uso di un male, perché la fiducia nell'aiuto e nel dono di Dio gli ha fatto disprezzare i deboli rimedi onde poter esercitare lotte ancor più gloriose.

Tutto il nocciolo della nostra controversia sta qui: far buon uso di un bene o di un male?

In questa controversia vorrei che tu non ripudiassi gli illustrissimi giudici, di cui ti ho parlato nei miei precedenti libri, facendoti vedere come essi, eruditi nella sana dottrina, hanno espresso il loro pensiero sull'argomento senza alcuna prevenzione di parte.

Dal momento che, se non ti correggi, anche per loro prepari un'accusa, o, per dirla in modo più mite, un richiamo, mi servirò di te stesso come giudice, per difendere la mia tesi contro la tua, riferendomi espressamente alle tue parole, scritte non in qualche parte altrove, ma nello stesso libro e nello stesso passo.

Hai scritto: "… La santa verginità, confidando nella sua salvezza e nella sua forza, ha disprezzato il rimedio per poter affrontare gloriose lotte".

Ti domando: quale rimedio ha disprezzato? Risponderai: il matrimonio.

Ti domando ancora: contro quale malattia è necessario questo rimedio?

Rimedio infatti deriva da medère, vale a dire da "medicare".

Entrambi, quindi, siamo concordi nel vedere nel matrimonio un rimedio: perché mai allora tu lodi la malattia della libidine, a causa della quale si va incontro alla morte, se ad essa non si oppone il freno della continenza o il rimedio del matrimonio?

In precedenza ho già avuto modo di trattare la cosa con te laddove con chiarezza, tra i dissoluti ed i casti, hai posto la pudicizia coniugale, che "placa con caste mani i focosi e loda coloro che non hanno bisogno di tale rimedio".

Ti ripeto con brevità e chiarezza quello che dicevo sopra: "Quando affermo che la concupiscenza è una malattia, perché lo neghi pur ammettendo che ad essa è necessario un rimedio?

Se ammetti il rimedio, riconosci pure la malattia; se poi insisti a negare la malattia, nega pure il rimedio.

Arrenditi, ti prego, alla verità che talvolta parla per mezzo della tua stessa bocca. Non si offre il rimedio a chi è sano".

21.43 - Anche i coniugi casti devono combattere la libidine

Quali sono "le gloriose lotte" delle sante vergini, come le chiami, se non quelle in cui non sono vinte dal male, ma vincono col bene il male?

Io non le ho chiamate soltanto "gloriose", ma "più gloriose".

Quanto alla sottomissione di questo male infatti, anche la pudicizia coniugale possiede una palma, sia pure più piccola.

Anche essa combatte contro la concupiscenza della carne per evitare di andare oltre i limiti del letto nuziale e per non infrangere il tempo fissato per la preghiera dal consenso dei coniugi.

Se la pudicizia coniugale ha tanta forza e tanto grande è il dono di Dio che possa osservare le prescrizioni del codice matrimoniale, essa ancor più energicamente combatte nel letto nuziale per non toccare il corpo del coniuge più di quanto è necessario alla generazione dei figli.

Questa pudicizia non permette il rapporto con la donna in mestruazione, in gravidanza, o in età tale che non abbia più possibilità di concepimento.

Essa non è vinta dal piacere di giacere insieme, ma si abbandona solo quando spera di conseguire l'effetto della generazione.

Secondo l'Apostolo, si commette peccato veniale se, nei rapporti con il coniuge, sempre che non si vada contro natura, si compiono azioni che oltrepassano i limiti del codice matrimoniale, ( 1 Cor 7,6 ) appunto perché non si va in nessun modo oltre il limite della carne del coniuge.

Ma proprio perché non si vada oltre questo limite è necessario combattere contro il male della concupiscenza.

A tal punto essa è male che le si deve resistere con la pudicizia, perché non abbia a recare danno.

21.44 - Giuliano loda la concupiscenza contro cui combatte

Se non sbaglio, anche tu ti trovi in questa lotta.

E poiché pensi di lottare fedelmente, temi di essere sconfitto.

Da cosa temi di essere sconfitto? Da un bene o da un male?

O forse a tal punto temi di essere sconfitto da me da continuare a negare un male ed a lodare come bene quello da cui temi di essere sconfitto?

Braccato da due avversari, ti trovi bloccato su una via senza uscite e vuoi vincere me con l'eloquenza e la libidine con la continenza.

Combattendo contro di essa, però, riconosci che è male; continuandola a lodare, invece, abbandoni il bene della verità.

Ebbene, io vinco te, vincitore e apologista del male, ponendoti dinanzi come giudice non altri, ma te solo.

Vorresti vincere la concupiscenza sconfiggendola e vincere me lodandola.

Ebbene, ti rispondo, chi combatte giudichi se chi loda può essere dichiarato vincitore.

Se è male perché lodare? Se è bene, perché lottare?

Se poi non è né bene né male, perché lodare? perché lottare?

Fin quando sarai vincitore della libidine, sarai giudice contro di te a mio favore.

O forse smetterai di combattere contro la libidine per non essere sconfitto da me in questa controversia, mentre una voce ti sussurra: è meglio non combattere che dimostrare con la lotta che è male quello che si loda? Non farlo, ti prego.

Chi sono io che ci tieni tanto a vincermi? Ti vinca piuttosto la verità perché tu possa continuare a vincere la libidine.

Qualora smettessi di combattere contro di essa, sarai vinto, legato e precipitato tra lordure di ogni genere.

Trattandosi di un male orrendo non ti gioverà neppure a conseguire quello che vuoi; sarai ugualmente sconfitto da me, o, meglio, dalla verità che proclamo.

Lodando la concupiscenza e sconfiggendola, sei vinto anche dal tuo stesso giudizio.

Lodi, infatti, quello stesso male, della cui sconfitta ti vai gloriando.

Se poi smetti di combattere perché la lingua di chi loda non abbia ad esser sconfitta da chi combatte, sarò vittorioso su uno schiavo della concupiscenza e su un disertore della continenza, non già per il tuo giudizio, ma per quello della sapienza.

21.45 - La concupiscenza non viene dal Padre

La questione pertanto è chiusa.

Per quanto possa lodare la concupiscienza, finché combatti contro di essa, sperimenta con quanta verità l'apostolo Giovanni ha detto di essa e di essa soltanto che non è dal Padre. ( 1 Gv 2,16 )

Se, come tu dici, "chi non conserva la moderazione, fa cattivo uso di un bene", essa rimane un bene anche in chi ne fa un cattivo uso.

Qual è dunque quella che non è dal Padre? O ti proponi di lodare anch'essa comunque voglia intenderla?

Se è male, dove lo sarà? quando lo sarà?

Quando essa è considerata un bene, anche se usato male, non essa sarà cattiva, ma solo chi ne avrà fatto cattivo uso.

Invano quindi Giovanni ha detto che la concupiscenza della carne non è dal Padre, dal momento che per te essa è un bene e, di conseguenza, dev'essere dal Padre, anche se qualcuno ne fa cattivo uso, perché in ogni caso fa cattivo uso di un bene.

Non puoi neppure dire che quando essa è usata moderatamente è dal Padre, mentre non lo è quando è usata immoderatamente, perché anche in questo caso è un bene di cui si fa cattivo uso.

Solo se crederai alla tua lotta e non alla tua lingua potrai uscire da questo vicolo cieco.

La continenza, al contrario, è dal Padre perché se non fosse dal Padre non sarebbe possibile con essa sconfiggere la concupiscenza.

Questa invece, contro cui, se vivi castamente, devi combattere acremente, non è dal Padre.

Non avresti bisogno di combattere contro di essa, se essa non ti contrastasse, se veramente fosse dal Padre, non ti contrasterebbe mentre operi ciò che è donato ed amato dal Padre.

21.46 - Ciò che viene combattuto dev'essere considerato male

Da essa e con essa nasce l'uomo, una creatura di Dio, buona ma non immune dal male, contratto con la generazione e risanato con la grazia della rigenerazione.

Per questo motivo ho detto giustamente: "Non può essere imputato alla bontà del matrimonio il male originale che da esso si contrae, così come la malizia dell'adulterio o della fornicazione non può essere significata dal bene naturale che nasce da essi".4

Ho chiamato "bene naturale" quello che lodi insieme a me; ho chiamato "male originale" quello alle cui sollecitazioni resisti insieme a me e per le cui lodi combatti contro di me.

Non è male che sei nato, ma ciò con cui sei nato e contro cui combatti spiritualmente perché sei rinato.

La tua nascita appartiene all'opera creatrice di Dio ed alla fecondità dei genitori.

Quello contro cui combatti perché sei rinato, appartiene alla prevaricazione seminata dall'astuzia del diavolo e da cui ti ha liberato la grazia di Cristo.

Prima ne hai fatto buon uso nel matrimonio ed ora lo contrasti dentro di te.

Non sei più reo di esso come nella nascita, ma da esso non sarai sciolto se non in virtù della rinascita perché, redento, possa regnare con Cristo.

Volesse il cielo che questa eresia non ti faccia perire con il diavolo, ma, come grandemente desideriamo, dopo aver riconosciuto il male contro cui combatti, possa godere della pace eterna non dopo essere stato separato da esso quasi si trattasse di un'altra natura, ma dopo esserne stato del tutto sanato dentro di te.

21.47 - Il matrimonio è buono, la concupiscenza un male accidentale

Non sono "simile allo speziale - come tu dici - che prometteva una bestia che divorasse se stessa".

Fa' bene attenzione, però, che questo moto bestiale, contro cui ti accorgi di scontrarti nella tua carne, non abbia a consumarti quando sarai rilassato, così come ti ha pervertito quando lo lodavi.

Non ho mai detto, come calunniosamente sostieni, che "il matrimonio è un grande bene ed un grande male" come se in quel modo questa espressione divorasse se stessa.

Ho detto semplicemente che nello stesso uomo c'è una natura buona e un vizio cattivo, come tu stesso hai riconosciuto apertamente negli adulteri, non condannando la natura a causa del vizio né approvando il vizio in virtù della natura.

Ho detto che il matrimonio, da cui sei nato, è un bene e che il male, contro cui tu, rinato, combatti è derivato non dal matrimonio ma dall'origine viziata.

21.48 - Agostino chiamato epicureo da Giuliano

È ridicola l'affermazione che io "percorrendo le vie di Epicuro ho tagliato tutte le briglie con cui si frenano le passioni".

Cosa succederebbe se lodassi il piacere del corpo?

In verità sei tu che con molta eloquenza fai quello che Epicuro faceva senza erudizione ed eleganza, quasi da essere suo avversario solo perché egli non sapeva dire con eloquenza quello che dici tu.

Mi accorgo che dovrai di nuovo affannarti per dimostrare di essere ammiratore del piacere e di non essere epicureo.

Non affaticarti. Ti libererò io stesso da questa preoccupazione.

Non sei epicureo perché questi riponeva tutto il bene dell'uomo nel piacere del corpo mentre tu cerchi di riporre gran parte del bene nella virtù, pur ignorando quella vera, quella cioè della sincera pietà.

Dio infatti ha detto all'uomo: La pietà è sapienza. ( Gb 28,28 )

Donde verrebbe questa sapienza se Dio non concedesse il dono di cui è scritto: Dio rende sapienti i ciechi, ( Sal 145,8 ) e di cui parimenti si legge: Se qualcuno di voi manca di sapienza, la chieda a Dio? ( Gc 1,5 )

Se non sei epicureo tu, che hai preso da lui qualcosa in lode del piacere, molto meno lo sono io che, riguardo al piacere della carne, penso ciò che pensava Ambrogio, che cioè è nemico della giustizia, poiché l'uomo, concepito dal piacere della concupiscenza, prima ancora di nascere è costretto a subire il contagio della colpa1.5

Quanto poi alle mie abitudini ed al modo come vivo, le conoscono bene quelli che mi stanno accanto.

Qui si tratta del domma e della fede cattolica: non ci sia in te la perfidia dell'apostata.

Non mi spaventa la tua lingua come quella di censore.

Riconosco di insegnare agli uomini quello che ho appreso dalla Sacra Scrittura: Se diciamo di non aver peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. ( 1 Gv 1,8 )

Confesso di battermi il petto in mezzo al popolo e con il popolo di Dio e di dire con sincerità: Rimetti a noi i nostri debiti. ( Mt 6,12 )

Non insultateci per questo: siete eretici proprio perché queste cose non vi piacciono.

Noi confidiamo nella vera misericordia di Dio, voi nella vostra falsa virtù.

Voi asserite che la grazia di Dio viene data secondo i nostri meriti, ma non vi rendete conto che se Pelagio non avesse condannato questa affermazione, sarebbe stato condannato dai vescovi cattolici.

Al contrario noi siamo convinti che essa viene elargita gratuitamente e che proprio per questo è chiamata grazia.

Siamo convinti inoltre che da essa vengono tutti i meriti dei santi, secondo l'affermazione dell'Apostolo: Per grazia di Dio sono quello che sono. ( 1 Cor 15,10 )

Voi ci irridete per questo e sfrontatamente ci disprezzate al vostro confronto.

Ma: Siamo diventati il sarcasmo dei soddisfatti, lo schermo dei superbi, ( Sal 123,4 ) e: Volete confondere le speranze del misero perché ha posto nel Signore il suo rifugio. ( Sal 14,6 )

21.49 - Non ciò che è buono, ma ciò che è male dev'essere frenato

Riguardo all'argomento che trattiamo, non vedo perché tu debba dire che "ho tagliato tutte le briglie con cui si frenano le passioni", dal momento che sono convinto che le passioni debbono essere frenate con ogni sforzo, secondo la grazia di Dio che è data agli uomini.

Ti domando: queste passioni che predichi siano frenate e che, secondo te, io rilasserei, sono buone o cattive?

Esse, infatti, non sono di cavalli o di altri animali estranei a noi, ma sono nostre.

Dentro di noi ci sono le cattive passioni che freniamo vivendo bene.

Tu mi accusi di tagliare le briglie con cui si frenano non le buone ma le cattive passioni.

Una di esse è la concupiscenza della carne dalla quale e con la quale nascono i bambini e per la quale sono nella necessità di essere rigenerati.

Di quel male, io affermo, fanno buon uso i coniugi casti e cattivo uso gli adulteri.

Di quel bene, al contrario, sostieni, fanno cattivo uso gli adulteri e buon uso i casti.

Entrambi poi diciamo che la continenza, fa molto meglio a non far uso di quel bene come dici tu, di quel male come dico io.

Per questo motivo, quantunque la nostra coscienza sia nota solo a Dio ed il nostro agire anche agli uomini tra i quali viviamo, entrambi tuttavia facciamo professione di continenza.

Se poniamo in atto quello che professiamo, certamente entrambi freniamo la concupiscenza, combattiamo contro le sue sollecitazioni che ci contrastano ed entrambi la sconfiggiamo se facciamo progresso.

È interessante però notare che io freno un male, tu un bene; io sono contrastato da un male, tu da un bene; io faccio guerra ad un male, tu ad un bene; io voglio sconfiggere un male, tu un bene.

Più probabile, quindi, che tu ti adoperi di accendere maggiormente la concupiscenza lodandola, anziché di frenarla con la continenza.

21.50 - Non si può lodare la concupiscenza e combatterla come nemica

Ammetti di combattere con la continenza gloriose battaglie: contro che cosa, di grazia?

Che altro dirai se non contro la concupiscenza della carne? Ma amica o nemica? Potrai non dichiararla nemica?

La carne infatti ha voglie opposte allo spirito e lo spirito ha desideri opposti alla carne. ( Gal 5,17 )

Queste forze si contrastano reciprocamente come ci attesta l'Apostolo.

Forse quindi fingi di lodarla se non fingi di combatterla.

Non vedo come possa compiere fedelmente l'una e l'altra cosa insieme, lodarla cioè come amica e combatterla come nemica.

Noi crediamo solo una delle due: scegli quale dobbiamo credere.

Se combatti con sincerità, non puoi lodare con sincerità.

Se poi con sincerità ne fai l'apologia, nella lotta scherzi.

Siccome non ti sono nemico come ti è nemico il male che risiede nella tua carne, desidero ardentemente che disprezzi questo male con la rettitudine della dottrina e lo sconfigga con la santità della vita.

Però tra le due possibilità, che tu faccia sinceramente l'una e solo nella finzione l'altra, preferirei senz'altro che lodassi falsamente la concupiscenza anziché la combattessi falsamente.

È più tollerabile la finzione nella lingua, anziché nella vita, così come è più tollerabile la simulazione nella propria tesi anziché nella continenza.

È finta invero la lode, con cui sei avverso alla mia tesi, se non è finta la castità con cui sei avverso alla tua concupiscenza.

Accadrà così che se condurrai con sincerità la tua lotta contro la libidine, non oserai più a lungo proferire false parole contro di me.

Sia che tu simuli una cosa o l'altra o entrambe, - cosa che non saprei proprio come possa fare con sincerità, senza alcuna finzione cioè, e possa combattere quello che lodi e lodare quello che combatti -, ritenendo di te ciò che è più tranquillo, voglio avere a che fare con uno che ha sconfitto la libidine.

Non reputo cattivo il matrimonio, ma dico semplicemente che esso fa buon uso di un male, mentre tu dici che fa buon uso di un bene, dichiarando buona la concupiscenza della carne che, di fatto, combattendola in te dimostri che è cattiva.

In qual modo poi i coniugi, anche quelli che ne fanno buon uso, combattano contro di essa, l'ho già esposto sopra.

Indice

4 De nupt. et concup. 1, 1,1
5 Ambrogio, De paradiso 12, 54: PL 14, 318; De philosophia 2, 5, 1