Contro il Manicheo Secondino

Indice

1 - La buona coscienza di Agostino

La benevolenza che traspare dalla tua lettera mi è gradita.

Ma se devo ricambiare il tuo affetto, sono triste perché sei rimasto tenacemente legato a falsi sospetti, in parte riguardo me, in parte contro la stessa verità che non può essere cambiata.

Ma ciò che di non vero attribuisci al mio animo, facilmente trascuro.

Infatti mi attribuisci ciò che, sebbene non riconosca in me, potrebbe tuttavia esserci in un uomo.

Quindi sebbene sbagli sul mio conto, non sbagli nell'inserirmi nel numero degli uomini, poiché ciò che reputi essere in me, potrebbe essere comunque nell'animo umano, sebbene non ci sia nel mio.

Quindi non c'è bisogno che mi sforzi a levarti questa idea.

Infatti la tua speranza non dipende da me, e nulla impedisce che tu possa essere buono prima che lo diventi io.

Pensa di Agostino ciò che vuoi: la sola coscienza non mi accusi agli occhi di Dio.

Come dice l'Apostolo: A me interessa poco essere giudicato da voi, o da un tribunale terrestre. ( 1 Cor 4,3 )

Io non ti darò il contraccambio, per non osar pensare male in qualche cosa della tua mente, che non posso capire.

E non dico che tu mi abbia voluto offendere subdolamente, ma di te penso tutto ciò che tu stesso scrivi di te nella tua lettera.

Perciò non importa che tu non abbia pensato bene sul mio conto, ritenendo che io abbia lasciato l'eresia dei Manichei per paura di qualche scomodità materiale che mi sarebbe potuta venire dall'aderire alla vostra comunità, o per il desiderio di onore che mi sarebbe potuto derivare dalla Chiesa cattolica.

Tuttavia, per quanto mi riguarda, non pensando male di te, credo che il tuo sospetto sia benevolo e ritengo che tu mi abbia scritto non per accusarmi, ma per correggermi.

Se poi avessi la bontà di credermi, tu che attacchi i segreti del mio animo, che non posso tirar fuori e mostrare ai tuoi occhi, facilmente cambieresti idea e non vorresti più affermare temerariamente ciò che non sai.

2 - Perché Agostino ha lasciato i Manichei

Lo ammetto, ho lasciato i Manichei per paura, ma per paura di quelle parole che ha detto l'apostolo Paolo: Lo Spirito dice chiaramente che nei tempi a venire alcuni abbandoneranno la fede, dando ascolto agli spiriti seduttori e alle dottrine dei demoni impartite da ipocriti impostori, che hanno la coscienza bruciata, che proibiscono le nozze ed il cibo che Dio ha creato, per azione di grazia, perché se ne sfamassero i fedeli e coloro che conobbero la verità. Ogni creatura di Dio è infatti buona, e non deve essere respinto nulla di ciò che può essere percepito per opera di grazia. ( 1 Tm 4,1-4 )

Sebbene con queste parole l'Apostolo abbia voluto descrivere forse altri eretici, tuttavia brevemente e chiaramente ha descritto soprattutto i Manichei.

Per questa paura, pur avendo solo la saggezza di un ragazzo, me ne andai da quella comunità.

Ammetto anche di aver desiderato ardentemente l'onore, per allontanarmi da lì, ma quell'onore di cui parla l'Apostolo: Gloria, onore e pace a chi opera il bene. ( Rm 2,10 )

Ora chi tenterà di operare il bene, se riterrà che il male non sia nella volontà mutevole, ma nella natura immutabile?

Da cui viene che lo stesso Signore, a coloro che pur essendo malvagi pensavano di dire cose buone, disse: O fate albero e frutti buoni, o albero e frutti malvagi. ( Mt 12,33 )

Ma ai malvagi mutati in buoni, l'Apostolo dice: Siete stati una volta oscurità, adesso siete luce nel Signore. ( Ef 5,8 )

Ma se non vuoi credermi sui sentimenti che nutre il mio animo, pensa ciò che vuoi, bada solo a ciò che pensi della stessa verità.

Non ti prenda nessuna tentazione che non sia umana. ( 1 Cor 10,13 )

Umano infatti è l'errore che tu credi essere nel mio animo, che potrebbe esserci anche se non c'è.

Credi essere verità la sacrilega favola persiana, che è assolutamente falsa e del tutto ingannevole riguardo non solo ad un uomo qualsiasi, ma anche riguardo al sommo Dio, ed è intrecciata ed inchiodata a terribili menzogne.

Non posso lasciar correre, né trascurare simile morte dell'anima.

Infatti è ciò di cui posso discutere con te. Infatti non solo riguardo al mio animo, di cui non posso dire niente di più se non di credermi, ma se non lo vuoi fare, non so che fare.

Sbagli anche riguardo alla luce dell'anima che le menti razionali, quanto più pure tanto più serenamente vedranno.

Se mi ascoltassi con pazienza, ti dimostrerei quanto è lontano dalla verità ciò che pensi.

Come infatti non posso percepire le sensazioni che provano i tuoi occhi, né tu quelle dei miei, ma riguardo ad esse possiamo credere o non credere, mentre entrambi possiamo indicare l'immagine che è visibile ai nostri occhi, così è anche riguardo alle emozioni delle nostre anime, che sono solo le nostre, se ci piace ci crediamo, se non ci piace non ci crediamo.

Allo stesso modo osserviamo con menti serene la ragione della verità, che non è mia né tua, ma per entrambi è posta per essere osservata, senza la nebbia dell'ostinazione.

3 - Gesù primogenito e re di tutte le luci

Non ti porterò altri documenti, per dimostrare l'errore di Mani, se non la stessa tua lettera.

Scrivi infatti: Ringrazio l'ineffabile e santissima Maestà di Dio, ed il suo primogenito sovrano di tutte le luci, Gesù Cristo.

Dimmi di quali luci sia re Gesù Cristo, di quelle che ha creato o di quelle che ha generato?

Noi infatti diciamo che Dio Padre ha generato un Figlio uguale a lui, per mezzo di lui ha poi creato, cioè ha stabilito e fatto le creature inferiori, che evidentemente non possono essere quel che è colui che fece e per cui fece.

Così poiché per mezzo di lui fece i secoli, giustamente è detto dall'Apostolo re dei secoli, ( 1 Tm 1,17 ) come chi sta in alto per chi sta in basso, e forte nel governare, governando chi necessita di un governo.

Ma tu, quando chiami Gesù Cristo re di tutte le luci, se le ha generate, dimmi perché non sono uguali a chi le ha generate?

Se poi le consideri uguali, come mai lo definisci sovrano di esse, dato che il re deve governare, e in nessun modo quelli che sono governati possono essere uguali a colui che li governa?

Ma se poi queste luci non le ha generate, ma le ha create, da dove le creò?

Se le propagò da se stesso, perché sono inferiori? Perché degenerarono?

Se non da se stesso dimmi da dove? O forse non generò né creò i lumi su cui regna?

Hanno origine e natura propria, ma sicuramente sono meno forti, poiché si aspettano o desiderano essere governati dal vicino più potente.

Non capisci che se è così, oltre al popolo delle tenebre, ci sono altre due nature, e che l'una ha bisogno dell'altra, ma nessuna delle due dipende dallo stesso principio dell'altra?

Tu di certo rifiuterai questa opinione, perché del tutto contraria a quella di Mani, che tenta di affermare che non costituiscono due nature il re dei lumi e i lumi che sono governati, ma ci sono il regno delle luci e quello delle tenebre.

Ti rifugerai nel dire che i lumi sono generati e quando domanderò perché siano inferiori, probabilmente tenterai di dire che sono uguali.

Ma se nuovamente ti domandassi perché siano governati e tu negassi che lo siano, allora ti chiederò perché abbiano un re.

Ove non vedo altra soluzione per la tua ingenuità, se non di pentirti dell'entrata che hai messo nella tua lettera, attraverso cui tu stesso non riesci ad uscire.

Ma anche se ti dovessi pentire e dicessi che non bisogna considerare sconfitto Mani perché nella tua lettera hai commesso qualche imprudenza, citerò innumerevoli passi dai libri di Mani, dove parla del regno della luce che per natura è opposto al regno delle tenebre, e dove parla non di un regno, ma di regni.

Perché nella stessa lettera del rovinoso Fondamento, parlando di Dio Padre, dice: Non essendoci nei suoi regni nulla di mancante o di malfermo.

Dove poi esistono regni, chi è tanto cieco da non capire che non possono esserci re in tutto uguali a coloro su cui regnano?

Se vuoi riflettere, chi è tanto vicino e tanto conveniente all'onestà del tuo cuore da farti pentire di aver scritto queste cose nella tua lettera?

Senza dubbio Gesù Cristo è re dei lumi che non sono in alcun modo uguali a lui, ma sottomessi, ed è rettore di loro beati.

Pentiti piuttosto d'essere stato di Mani, di cui la fronte veritiera della tua lettera con un solo colpo ha abbattuto le ingannevoli macchinazioni.

Poiché infatti Cristo è re dei lumi, né creò da se stesso creature inferiori su cui regnare, né li prese vicino a sé per regnare su di essi, lui che non li generò né li creò, perché non ci fossero due generi di bene, indipendenti l'uno dall'altro, senza bisogno l'uno dell'altro, cosa che è contraria all'ordine della verità.

Resta che non generò quei lumi su cui regna, che sono buoni, poiché sono inferiori, né li ha usurpati, poiché sono suoi, ma Dio li ha fatti e li ha stabiliti.

4 - Omogeneità di natura fra Dio e i suoi prodotti

Se volessi chiedere da dove Dio creò i lumi, e cominciassi ad immaginare il soccorso di una materia che Dio stesso non fece, perché non sembri che l'onnipotente non possa fare ciò che vuole senza l'aiuto di un qualcosa che non ha fatto, di nuovo così subiresti le inesplicabili ombre dell'errore.

Ma aggiungendo per un colpo di genio i detti profetici riguardo alla sublime ed ineffabile Maestà: Disse e le cose sono state fatte; comandò e furono create. ( Sal 148,5 )

In questo modo vedrai in che senso nella religione cattolica si dica che Dio fece dal nulla tutte le cose molto buone. ( Gen 1,31 )

Se infatti le avesse create da qualcosa, le avrebbe create o da se stesso, o da altro.

Ma se da se stesso, Dio le ha generate e non le ha create.

Ma perché dunque ha generato esseri inferiori? Se infatti non fossero inferiori, Dio non potrebbe essere loro re.

Se non le ha generate da se stesso, non le ha create nemmeno da altro che non ha fatto.

Se infatti le avesse fatte da altro, esisteva già un qualche bene che lui non aveva fatto, da cui avrebbe stabilito il regno per sé.

Se è così, Dio non è più il creatore delle cose buone, poiché esisteva un bene che non aveva creato ( infatti non dal male aveva fatto i lumi su cui regnare ).

Resta perciò che se li fece da qualcosa, li fece da qualcosa che aveva già fatto.

5 - La primogenitura di Cristo

Da ciò viene che dobbiamo ammettere che Dio abbia creato dal nulla le prime origini delle cose che voleva stabilire.

Altrimenti, quando hai detto che Gesù Cristo è primogenito dell'ineffabile e santissima Maestà di Dio, vuoi che s'intenda non secondo la concezione umana, per la quale Cristo si è degnato, come dice l'Apostolo e come crede la fede cattolica, di avere fratelli per adozione rispetto ai quali è primogenito, ( Rm 8,29 ) ma vuoi piuttosto che s'intenda secondo la stessa eccellenza della divinità, così che i lumi su cui governa siano suoi fratelli, non fatti dal Padre per lui, ma generati dal Padre dopo di lui e, dato che sono stati generati dopo, lui è primogenito, ma tutti sono della stessa sostanza del Padre?

Se credi che sia così, per prima cosa vai contro il Vangelo, dove Gesù Cristo è anche detto unigenito: E abbiamo visto, dice, la sua gloria che come quella di un unigenito proviene dal Padre.

Non avrebbe assolutamente detto la verità se l'eterna virtù e santità del Figlio, che è della stessa sostanza del Padre ed è prima di tutte le creature, avesse fratelli della stessa sostanza.

Poiché i testi sacri parlano di un Figlio unigenito e primogenito: unigenito perché non ha fratelli, primogenito perché li ha, non riusciresti in nessun modo a comprendere come le due cose si accordino al Figlio, secondo la stessa natura della divinità.

Ma la fede cattolica, che distingue tra Creatore e creatura, non ha alcuna difficoltà nel comprendere questi due termini, accogliendo unigenito secondo ciò che è scritto: In principio c'era il Verbo, ed il Verbo era in Dio, e Dio era il Verbo, ( Gv 1,14 ) primogenito di tutte le creature secondo quanto dice l"Apostolo: Così è primogenito di molti fratelli, ( Col 1,18 ) che il padre generò per una fraterna società, non della stessa sostanza, ma per adozione di grazia.

Leggi così le scritture: non troverai mai che Cristo è figlio di Dio per adozione.

Di noi poi molto spesso è detto: Avete ricevuto lo spirito di adozione dei figli, aspettando l'adozione, la redenzione del nostro corpo; ( Rm 8, 15.23 ) Per ricevere l'adozione dei figli; ( Gal 4,5 ) Ci ha predestinato ad essere figli adottivi; ( Ef 1,5 ) Gente santa, popolo destinato all'adozione; ( 1 Pt 2,9 ) Vi ha chiamato per mezzo del nostro Vangelo all'adozione della gloria del nostro Signore Gesù Cristo, ( 2 Ts 2,12-13 ) e tutti gli altri passi del genere che possono venire incontro nel ricordarli o nel leggerli.

Infatti una cosa è che per l'eccellenza del padre sia l'unico Figlio di Dio, altra che per una grazia misericordiosa ricevano il potere di diventare figli di Dio credendo in lui.

Diede loro la possibilità - dice san Giovanni - di diventare figli di Dio. ( Gv 1,12 )

Quindi non lo erano per natura, ma ebbero la possibilità di esserlo credendo nel suo unico figlio, che non ha risparmiato, ma a noi tutti lo ha consegnato, ( Rm 8,32 ) per renderlo in rapporto a lui unigenito, in rapporto a noi primogenito.

Quindi da quello è unigenito, non dalla carne, dal sangue, o dalla volontà dell'uomo, né dalla volontà della carne, ma da Dio, per lui diviene primogenito dei fratelli nella Chiesa: Il Verbo divenne carne, e abitò tra noi. ( Gv 1,14 )

Noi in quanto siamo stati per natura figli dell'ira ( Ef 2,3 ) e della vendetta, legati al vincolo della mortalità, pur essendo lui il creatore, che senza alcun dubbio dall'alto al basso dispone ogni cosa per misura, numero e peso, ( Sap 11,21 ) tuttavia noi siamo nati dalla carne, dal sangue e dalla volontà dell'uomo o dalla volontà della carne, ma dopo che abbiamo ricevuto il potere di diventare figli di Dio, noi siamo nati non dalla carne, dal sangue, o dalla volontà dell'uomo, o dalla volontà della carne, ma da Dio, non con uguale natura, ma per la grazia dell'adozione.

6 - Cristo e i suoi fratelli

Quindi se ti concedessi che Gesù Cristo non sia l'unico figlio del Padre, secondo la stessa divina sostanza, ma che abbia fratelli nati dopo di lui, nei confronti dei quali è primogenito, come potrebbe essere loro re?

Te lo chiedo, oppure oseresti dire che è più forte perché nato per primo?

Ti dovresti vergognare di credere che sia così. Se non è ciò che pensi, cos'è che pensi?

Addolcisci il tuo animo e rendilo mite nel considerare la verità senza ostinazione.

Vorrei chiederti anche in che modo intendi che Gesù Cristo sia primogenito in quella divina, ottima ed eterna sostanza: perché nato per primo nel tempo, così da considerarlo primogenito rispetto a quelli che sono nati dopo in quel regno ( né possiamo dire di quante ore, giorni, mesi, o anni sia più anziano chi è nato per primo, ma tuttavia pensiamo che per un certo intervallo e spazio temporale queste generazioni si siano succedute ), o forse non nel tempo, ma per la stessa eccellenza di una divinità più alta, per la quale meritò di essere re sui suoi fratelli lumi, e lo consideriamo primogenito, come nato in un principato?

Se risponderai che nel tempo è il primo e maggiore dei fratelli, e per questo gli è stato dato il regno sui fratelli, perché nascendo li ha preceduti, e perché egli c'era quando quelli non c'erano ancora, perché lo chiami fratello?

Perché vuoi fare precipitare il tuo cuore in un precipizio di empietà, ritenendo che quella divina e somma natura possa cadere nella mutabilità del tempo, e che possa esistere qualcosa che non ci fu prima?

O forse, poiché occorreva che di là si facessero avanzare delle luci contro la stirpe delle tenebre, chiami generazioni queste stesse manifestazioni che pensi essere state fatte nel tempo per combattere nel tempo?

Quindi non bastava una luce, perché tutta quella guerra la faceva per virtù divina.

Ma se c'era bisogno di molti, l'ordine spirituale permette di pensare che l'ingresso è stato troppo stretto, perché potessero uscire insieme allo stesso tempo e che quello che dei fratelli fosse uscito per primo fosse detto primogenito e meritasse di divenire re sugli altri?

Non voglio affrontare minuziosamente ogni argomento, per non essere prolisso, per il tuo ingegno capace di cogliere tutto da poche cose.

Eleva dunque lo spirito, sgombra la nebbia della contesa.

Vedo che né secondo i luoghi, né secondo i tempi, i moti, i progressi, l'origine, il tramonto ci possano essere cambiamenti, se non in una natura mutevole, che tuttavia se non venisse da Dio artefice e creatore, l'Apostolo non avrebbe detto: E onorarono e riverirono le creature piuttosto che il Creatore, che è benedetto nei secoli. ( Rm 1,25 )

7 - Differenza fra Creatore e creatura

In questo passo, due sono le cose assolutamente importanti, che ti prego di considerare con me.

La prima è che se si trattasse di una creatura estranea a Dio, l'Apostolo non avrebbe parlato di Dio come di un creatore; la seconda è che se il Creatore e la creatura fossero della stessa sostanza, l'Apostolo non avrebbe sottolineato che: Servirono la creatura piuttosto che il Creatore, poiché chiunque avesse servito non avrebbe smesso di onorare quella stessa sostanza.

Come infatti nessuno può servire il Figlio senza servire anche il Padre, perché sono entrambi della stessa sostanza, così nessuno potrebbe servire la creatura senza servire il Creatore, se fossero entrambi della stessa sostanza.

Quindi se tu distinguessi e capissi, comprenderesti che c'è molta differenza tra Creatore e creatura e dovresti comprendere come la creatura non sia la prole del Creatore.

Se lo fosse non sarebbe inferiore, ma uguale e della stessa sostanza, e per questo chiunque servisse e onorasse la creatura, nello stesso tempo servirebbe e onorerebbe il suo Creatore e Padre.

Ma per lo stesso fatto che sono stati ripresi e considerati detestabili dall'Apostolo coloro i quali hanno onorato e servito la creatura piuttosto che il Creatore, è dimostrato chiaramente che le loro sostanze siano diverse.

Allo stesso modo infatti non può essere visto e compreso il Figlio, se nello stesso non è compreso il Padre.

Lo stesso Figlio infatti dice: Chi vede me vede anche il Padre, ( Gv 14,9 ) e così non può essere onorato il Figlio senza che si onori il Padre.

E perciò se il Figlio è una creatura, e non può essere onorato senza che sia onorato anche il Creatore, non sono dannati coloro i quali onorano la creatura piuttosto che il Creatore.

Credo che tu capisca in questo modo che non ti conviene dire che Gesù Cristo è primogenito della segretissima ed ineffabile Maestà e re di tutte le luci, a meno che la smetti di essere un manicheo così da non distinguere tra creatura e Creatore.

Così Gesù Cristo è unigenito perché è Verbo di Dio, Dio in Dio, ( Gv 1,1 ) allo stesso modo immutabile ed eterno, non pensando di essere uguale a Dio per usurpazione. ( Fil 2,6 )

Allo stesso modo è primogenito di tutte le creature, perché in lui tutte le cose sono state create, nei cieli e sulla terra, le cose visibili e quelle invisibili.

Conosci infatti la lettera dell'Apostolo ai Colossesi. ( Col 1,15-16 )

8 - I gradi della creazione

Perciò quando ti domando da dove vengano tutte le creature che, per quanto buone nel loro genere, sono comunque inferiori al Creatore e a lui che è immutabile corrispondono loro che sono mutabili, tu non saprai rispondere altro se non che la creatura è stata fatta dal nulla.

E perciò quando pecca, quella creatura e la parte di lei che pecca può tendere al nulla, non perché lo sia, ma perché ha meno vigore ed è meno forte.

Infatti se tu spingessi fino al limite estremo di questa diminuzione di vigore e forza, non rimarrebbe nulla.

La creatura ama di sua volontà la vanità quando, abbandonata la stabilità della verità, segue le cose opinabili, cioè che mutano.

Mentre quando sconta la giusta punizione, non di sua volontà soggiace alla vanità, com'è sottomessa nell'uomo che pecca.

Infatti questo dice l'Apostolo: Ogni creatura è sottomessa alla vanità non per propria volontà. ( Rm 8,20 )

Infatti l'uomo riassume in sé tutto.

C'è qualcosa nell'uomo che è invisibile in rapporto all'anima, e visibile in rapporto al corpo.

Ogni creatura poi è in parte visibile, in parte invisibile, ma non tutte le creature possono riassumersi negli animali, in cui non c'è niente di intellettuale.

L'Apostolo dice che la creatura è sottomessa nella speranza, per la misericordia del Liberatore, per la remissione dei peccati e l'adozione di grazia.

Se non volessi ammettere che la creatura è stata fatta dal Padre per mezzo del Figlio nella bontà dello Spirito Santo, Trinità che rimane sempre consustanziale, eterna e immutabile, e che è stata fatta dal nulla, non uguale al Creatore e mutabile, sarei costretto a dire in maniera sacrilega che Dio abbia generato da se stesso qualcosa che non è uguale al generante, e che possa essere sottomessa alla vanità.

Ma se dicessi che sono uguali, sarebbero entrambi mutabili.

Quale peggiore empietà che questa di credere, dire e preferire per una perversa convinzione un Dio che muta in peggio, piuttosto che con giusta convinzione mutare se stessi in meglio?

Se avrai paura di dire che Dio sia mutevole, poiché grande ed evidentissima sarebbe l'empietà, dirai allora che la creatura sia immutabile, così da renderla uguale al Creatore e di una stessa sostanza, ma a questo punto la tua stessa lettera di nuovo ti risponderà.

Onde viene quell'anima che poni in mezzo agli spiriti e della quale dici che dal principio la sua stessa natura diede la vittoria, ma ad essa imponi una legge ed una condizione che se essa agirà concordemente allo spirito delle virtù, avrà con quello vita eterna e possiederà quel regno verso cui ci invita ad andare nostro Dio, ma se dallo spirito dei vizi comincia ad essere tratta, e dopo il consenso si pente, troverà la fonte del perdono di tali sozzure.

Di certo ti sei reso conto che queste parole provengono dalla tua stessa lettera e ti accorgi anche di aver stabilito che la natura dell'anima sia mutevole.

Infatti acconsentire allo spirito dei vizi e di nuovo pentirsi, che altro è se non mutare ora in meglio, ora in peggio?

E questo ti spinge a dire un'evidentissima verità.

La tua stessa anima, anche se tu volessi dissimulare, ti spingerebbe a prestare attenzione alla sua mutabilità, e di tutte le volte che da quando sei nato hai cambiato volontà, dottrine, dimenticanze e consensi, l'anima stessa sarebbe testimone dei suoi cambiamenti, e non ci sarebbe bisogno di addurre altre prove.

9 - Mutabilità delle creature

Ma se non ritieni di trovare alcun soccorso dall'affermare che l'anima sia mutevole, perché hai aggiunto: Non ha peccato di sua volontà, ma sotto la spinta di un altro, è spinta infatti dalla mescolanza della carne, non dalla sua volontà?

Forse vuoi che si intenda in questa frase che l'anima sia immutabile nella sua natura, mutabile per la mescolanza ad una natura diversa.

È come se si volesse sapere perché è così e non se è così.

Perché in questo modo i corpi di Ettore e Aiace e di tutti gli uomini e animali sarebbero detti invulnerabili, se non ci fossero il colpo e la caduta, con i quali potrebbe essere loro inflitta una ferita.

Ma in verità il corpo del solo Achille, o per finzione poetica e per qualche forza occulta, fu detto invulnerabile, poiché pur essendo colpito dai dardi non veniva trafitto, ma da quella parte da cui poté essere trafitto, da quella non fu invulnerabile.

Come il corpo che è invulnerabile non è reso vulnerabile dal tocco e dall'impeto di nessuna cosa, così l'anima se fosse stata immutabile, non sarebbe stata mutata dalla mescolanza di nessuna natura.

Ecco perché noi che diciamo che il Verbo di Dio sia immutabile, anche se ha assunto la carne mortale e vulnerabile per insegnarci a disprezzare la morte e tutti i mali del corpo, non esitiamo a crederlo nato da vergine; voi invece, poiché credete con empia perversità che il Figlio di Dio sia vulnerabile, temete di consegnarlo alla carne.

Però dicendo che la sua sostanza sia come quella dell'anima, affermate che sia unito alla carne, tanto da non esitare a crederlo mutato in peggio.

Scegli dunque di dire e di credere ciò che vuoi: che Dio sia mutevole, così da credere che dalla sostanza di un Padre mutevole sia nata una prole mutevole, ma di certo comprendi quanto grande sia l'empietà; oppure che Dio sia immutabile, ma la prole generata dalla sua sostanza sia mutevole, ma ti accorgi come anche questa asserzione sia empia e assurda.

Oppure ammetti che Dio sia immutabile e così anche ciò che è nato dalla sua sostanza ugualmente non muta, ed è allo stesso modo sommo e grandissimo bene, e lo riterrai di un'immutabilità inviolabile.

Mentre gli altri beni, che sono inferiori e che noi chiamiamo creature, non li ha fatti da se stesso, altrimenti sarebbero uguali, ma tuttavia in quanto beni, lui stesso li ha fatti dal nulla poiché non sono uguali.

Se crederai a questo non sarai empio, dimenticherai i Persiani e sarai nostro.

10.1 - La lotta contro le potenze malvage

Infatti l'Apostolo dice: Non abbiamo una lotta contro la carne ed il sangue, ma contro i principati e le potestà ( Ef 6,12 ) che, deviando per empia volontà verso la propria gloria e verso il proprio onore, invidiano alle anime pie il ritorno al cielo.

Ma questa è la differenza tra la vostra opinione e la nostra fede, poiché voi credete che quei principi, nati dalla loro stessa natura, che Dio non generò né fece, ma ebbe prossimi ed in eterna vicinanza, abbiano mosso guerra a Dio, e l'abbiano fatto prima della commistione tra bene e male.

Il grande male consiste nella necessità da parte di Dio di dover mescolare con i principi la sua sostanza che deve essere afflitta, turbata, mutata in errore ed immersa nell'oblio di se stessa, al punto di aver bisogno di un liberatore, un correttore, un emendatore, un maestro.

Ti accorgi quanto stoltamente e fantasticamente venga detto ciò, a quanto grande delitto di empietà costringa?

Noi per la fede cristiana siamo convinti che sia contrario al sommo Dio solo ciò che non esiste.

Tutto ciò che in qualche modo è, deriva da colui che è in alto, e nel suo genere è bene, ma alcune cose di più, altre di meno.

E crediamo che tutte le cose buone che sono state create da Dio creatore sono ordinate in certi e distinti gradi, parte per intervalli di luoghi e sedi, come tutte le cose materiali; parte per effetto di premi o castighi, come l'anima o si eleva al riposo o è sottomessa alle sofferenze.

E per questo quei principi, contro i quali l'Apostolo dice che dobbiamo lottare, sono i primi che sopportano le pene dei loro peccati prima di fare il male.

Infatti nessun invidioso per ledere un altro, non è di tormento prima a se stesso.

Poi i più forti fanno del male ai più deboli, nessuno infatti supera un altro se non è più potente.

Ma comunque i principi malvagi sono più deboli adesso, che se fossero rimasti nello stadio originario e nella giustizia.

Interessa sapere poi in che cosa uno sia più forte di un altro, se nel corpo, come i cavalli rispetto agli uomini, o per la natura dell'anima, come ciò che è razionale rispetto a ciò che non lo è; o per disposizione dell'anima, come chi è giusto rispetto a chi non lo è; o nell'ordine del potere, come il comandante rispetto al soldato o al provinciale.

Il potere si crede che venga da quello sommo di Dio, spesso anche quello dei peggiori sui migliori, cioè dei cattivi sui giusti, che o possiedono già la giustizia o si sforzano a possederla; per questo è dato che messi alla prova attraverso la loro costanza siano messi in evidenza, ( 1 Cor 11,19 ) o per la loro speranza, o come esempio agli altri.

Dice l'Apostolo: Sappiamo che la sofferenza produce la costanza, la costanza l'approvazione, e l'approvazione la speranza. ( Rm 5,3-4 )

Da queste cose nasce il combattimento, quando l'uomo fedele è costretto a lottare contro i principi e le potestà di angeli prevaricatori, e contro gli spiriti del male, quando essi ricevono il potere di tentare e l'uomo fedele l'ordine di sopportare.

Per questo accade che vincano su un essere inferiore e siano vinti da uno più potente.

Vincono soprattutto un corpo più debole e sono vinti da una mente più forte.

Si combatte con la costanza contro la loro forza, con la prudenza contro le insidie, perché non ci costringano a piegarci ad un pericoloso consenso, e non ci portino a sbagliare.

Poiché la virtù e la sapienza sono di Dio, e per mezzo di esse tutte le cose sono state create; poiché nelle cose che sono state fatte, quando quelle alte declinano verso quelle basse, dove c'è ogni peccato e ogni sorta di male, la potenza imita la virtù e la furbizia imita la sapienza.

Quando allontanatesi ritornano, la magnanimità imita la potenza, la dottrina la sapienza.

Anche i peccatori imitano lo stesso Dio Padre con empia superbia, i giusti con pia liberalità.

Infine la cupidigia degli empi imita lo Spirito Santo, ma lo imita anche la carità dei retti.

Però, restare lontano dall'imitazione di Dio, da cui, per cui ed in cui le stesse nature sono state fatte, per l'una è cosa cattiva, per l'altra buona.

Non è strano se quando entrano in conflitto quelli che fanno il bene e quelli che fanno il male l'imitazione dei peccatori è superata dall'imitazione di quelli che fanno il bene.

I cattivi infatti vengono precipitati per la loro superbia, i buoni esaltati per la loro umiltà.

10.2 - La mutazione del corpo risorto.

Se poi sembra strano che i più forti nello spirito siano i più deboli nel corpo, non c'è da stupirsi che, liberati dalla remissione dei peccati, siano provati dalla mortalità del corpo coloro che saranno incoronati dall'immortalità.

Infatti non è facile evitare la sofferenza, se non per colui che, liberato dal corpo, abbia vinto per meriti.

Ecco perché l'Apostolo dice: Se poi Cristo è in voi, il corpo è morto per il peccato, ma lo spirito è vita per la giustizia.

Se poi il suo spirito, che ha fatto resuscitare Gesù Cristo dalla morte, abita in voi, colui che ha fatto resuscitare Gesù Cristo farà resuscitare anche i vostri corpi mortali attraverso il suo spirito che abita in voi. ( Rm 8,10-11 )

Dunque l'anima che porta la carne mortale per la pena del peccato, se muterà in meglio vivrà non secondo la carne mortale, e cambierà in meglio e meriterà di avere un corpo immortale.

Ma alla fine, quando la morte ultima nemica sarà distrutta, questo corpo corruttibile vestirà l'incorruttibilità, non in quel globo vostro fantastico, ma per effetto di quel cambiamento di cui l'Apostolo dice: Tutti risorgeremo, ma non tutti cambieremo.

Infatti dopo aver detto: I morti resusciteranno incorruttibili e noi cambieremo, aggiunse spiegando di quale cambiamento parlava: È necessario infatti che ciò che è corruttibile si vesta dell'incorruttibilità e ciò che è mortale dell'immortalità.

Paolo trattava la questione del corpo di quelli che risorgono, che aveva posto così: Ma qualcuno chiederà in che modo risorgeranno i morti e con quale corpo ritorneranno. ( 1 Cor 15, 26. 51-53.35 )

Leggi con pia attenzione e con concentrazione questo passo senza essere turbato da un'ostinata tensione ed il tuo ingegno, con l'aiuto di Dio e senza avere bisogno di nessun interprete, non troverà altro se non ciò che dico.

E adesso riporta l'attenzione su ciò di cui avevamo deciso di discutere, e vedi già, se puoi, che io non dico che i giusti non combattano contro nulla, ma contro quelle sostanze che vennero meno perché non rimasero nella verità.

11 - Declinazione verso il male e perdita dell'essere

Venir meno del resto non è certo nulla, ma tendere verso il nulla.

Quando infatti quelle cose che sono superiori piegano verso quelle che sono inferiori, a ribellarsi non sono quelle verso cui deviano, ma quelle che deviano e che cominciano ad essere meno di quanto erano, non rispetto a ciò verso cui inclinano, ma rispetto alla loro stessa natura.

Infatti l'anima che inclina verso il corpo non diventa corpo, tuttavia a causa di un manchevole desiderio in un certo modo si materializza.

Così anche una qualche sublimità angelica che, allettata di più da quella che era la sua grandezza, ha deviato il suo affetto verso ciò che è meno, comincia ad essere meno di quanto era, e per il cammino intrapreso si volge verso ciò che è nulla.

Infatti quanto una cosa è meno, tanto più è vicina al niente.

Quando poi queste defezioni sono volontarie, giustamente vengono riprese e sono chiamate peccati.

Quando poi vengono dietro a queste defezioni volontarie disagi, dolori e avversità, che sopportiamo contro la nostra volontà, giustamente i peccati o vengono puniti con supplizi, o lavati via attraverso delle prove.

Se vuoi esaminare ogni cosa con animo sereno, smetti di accusare le nature e le stesse sostanze.

Se poi vuoi qualcosa di più ampio e descrittivo riguardo questi argomenti, leggi i miei tre volumi che s'intitolano De Libero Arbitrio, che puoi trovare in Campania a Nola, presso il nobile servo di Dio Paolino.

12 - Il peccato dell'anima

Adesso però mi devo ricordare di rispondere alla tua lettera con una mia, sebbene molto più lunga.

Perciò ho trattato diversi argomenti, per non essere costretto a ripetere su ogni punto le stesse cose.

Ma ti avevo promesso che con la tua stessa lettera ti avrei convinto di quanto false fossero le cose in cui credi, e quanto veritiera fosse la religione cattolica.

Certamente la grande differenza tra noi e voi è che voi pensate che il male sia sostanza, noi invece neghiamo che lo sia, e lo intendiamo come allontanamento da ciò che è più grande, verso ciò che è meno.

Adesso dunque ascoltami. Affermi infatti nella lettera a proposito dell'anima che essa sia condotta al peccato per colpa della mescolanza con la carne, non per la sua volontà.

Se è così, Dio onnipotente deve venire in aiuto di ogni anima e nessuna deve essere condannata, perché non ha peccato di sua volontà.

Stabilito questo, crollerebbe quell'opinione terribile che Mani pronuncia riguardo ai supplizi delle anime, pure quelle che provengono dal regno della luce.

Tu opportunamente l'hai sottolineata dicendo: Ma se, dopo aver conosciuto se stessa, acconsentirà al male, e non si armerà contro il nemico, per la sua volontà peccherà.

Giustamente ammetti che possa accadere che l'anima pecchi di sua volontà, ma dimmi a quale male deve acconsentire per peccare di sua volontà?

Certamente quello a cui attribuisci una sostanza.

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