Discorsi sul Nuovo Testamento

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Discorso di sant'Agostino Vescovo

Sull'amore di Dio e del prossimo

1. Nella lettura del Vangelo che or ora è stata proclamata anche noi abbiamo potuto vedere il Signore, non con gli occhi del corpo ma con quelli della fede, cosa molto più vantaggiosa per la nostra salvezza.

Prendiamo dunque l'atteggiamento spirituale di colui che andò a chiedergli quale fosse il più grande comandamento della legge. ( Mt 22,36 )

In effetti colui che pose al Signore questa domanda, non avendo per vedere gli occhi della fede ma solo quelli del corpo, più che per chiedere si presentò per mettere alla prova il Maestro; noi invece, che abbiamo la fede, presentiamoci per chiedere e, chiedendo, poter trovare.

Diciamo anche noi: Signore, qual è il più grande comandamento della legge? ( Mt 22,36 )

Diciamolo non con la furbizia di chi vuol tentare, ma con il desiderio di chi vuol apprendere.

Il Signore risponderà a noi come rispose a quel tale; e, se egli non credette, la sua domanda è stata di grande utilità per noi.

Se poi egli credette, chi la ode oggi ne venga ammaestrato più efficacemente di colui che, andato per tentare, poté essere raddrizzato nei suoi sentimenti.

2. Prima di tutto consideriamo il fatto che quel tale domandò [ al Signore ] quale fosse il primo comandamento della legge, desideroso di sapere non se fosse l'unico ma il più grande; il Signore invece nella risposta parlò non di un comandamento ma di due.

È probabile che quell'uomo, udito quale fosse il comandamento [ più ] grande, avrebbe posto domande sui comandamenti successivi; ma il Signore, per impedire che dopo lo si interrogasse su molti comandamenti, ne aggiunse uno solo, il secondo.

Si adempiva così quel che era stato profetizzato molto tempo prima: Il Signore pronunzierà sulla terra una parola breve ma esaustiva. ( Rm 9,28; Is 10,22-23 )

È quel che si verifica adesso: con questa lezione viene adempiuta.

Molti infatti sono i precetti della legge: essa, come un bosco impenetrabile, in ogni pagina pullula di ingiunzioni.

E chi potrebbe adempierle se non si è in grado nemmeno di ritenerle a memoria?

Ma Cristo Signore, pieno di misericordia, come volle rinchiudere la sua grandezza in un piccolo corpo, così volle racchiudere la legge, così ampia, in un breve precetto.

Nella piccolezza di quel corpo noi possediamo tutto intero il Figlio di Dio; nella brevità di questi due precetti è contenuta tutta intera la legge di Dio.

La misericordia ha sottratto ogni [ scusa alla ] nostra pigrizia.

Non pensare quindi che ti occorra una lunga fatica per imparare: pensa piuttosto a mettere in pratica ciò che hai rapidamente imparato.

3. Disse [ il Signore ]: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.

Questo è il primo e più importante comandamento.

E continuò: Il secondo è simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso.

In questi due comandamenti si compendia tutta la legge e i profeti. ( Mt 22,37-40 )

Perché volevi distenderti lungo l'apertura dei rami?

Tieni strette queste radici e tutto l'albero è nelle tue mani.

Come si può vedere, il Signore ci ha inculcato la sua dottrina con una breve frase; noi al contrario su questi due comandamenti siamo costretti a spendere molte parole.

O forse non è vero che vi siamo costretti, mentre sarebbe sufficiente quel che abbiamo udito dal Signore?

Non v'è dubbio che sarebbe sufficiente, non però a tutti.

Difatti, quanto più uno è dotato d'ingegno, tanto più breve potrà essere l'esposizione che gli occorre.

Gli uomini grandi amano le poche parole; i piccoli invece, essendo meno dotati d'intelligenza, desiderano discorsi più prolungati.

Ora noi da un lato temiamo di urtare la suscettibilità degli uni, ma non vogliamo, dall'altro, gravare con pesi esagerati la debolezza degli altri.

Dato dunque che, se restassimo in silenzio, si lamenterebbero quelli che comprendono di meno, vogliano quelli che già comprendono essere pazienti con noi, affinché comprendano anche coloro che fino ad ora non avevano compreso.

4. O uomo, quale cosa più eccellente ti si poteva dire - e in forma così breve - del precetto di amare il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente? ( Mt 22,37 )

Mettilo in pratica, e sta' sicuro della vita eterna e beata.

Se infatti ami il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente, non rimane in te nulla con cui tu possa amare te stesso.

Ama dunque, ama il tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente!

Cosa ti rimarrà con cui possa amare te stesso?

Ma se in te non rimane nulla con cui tu possa amare te stesso, in che maniera potrai amare il prossimo come te stesso, ( Mt 22,39 ) come prescritto nel secondo precetto?

Ecco un primo problema. Ascoltatene un altro.

Come abbiamo avvertito durante la proclamazione della lettura, il Signore dice: In questi due comandamenti si compendia tutta la legge e i profeti. ( Mt 22,40 )

D'altra parte voi avete certamente notato quel che dice l'apostolo Paolo mentre vi si leggeva una delle sue lettere.

Egli afferma che adempie la legge colui che ama il prossimo, ( Rm 13,8 ) e non aggiunge alcunché sul primo e principale comandamento, che è quello di amare Dio con tutto il cuore, l'anima e la mente. ( Mt 22,37-38 )

Ecco le sue parole: In effetti il non commettere adulterio, non uccidere, non desiderare malamente e tutti gli altri comandamenti si compendiano in questa prescrizione: Ama il prossimo tuo come te stesso.

L'amore del prossimo esclude ogni male: pertanto pieno adempimento della legge è la carità. ( Rm 13,9-10 )

Egli aveva detto: Chi ama il prossimo adempie [ tutta ] la legge. ( Rm 13,8 )

Se avesse menzionato i tre soli comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non desiderare, potremmo supporre che nell'amore del prossimo rientrino soltanto questi tre precetti; ma siccome aggiunge: E se c'è ancora qualche altro comandamento, ( Rm 13,9 ) ne segue che tutta la legge è inclusa nell'amore del prossimo.

Cosa ci rimane per l'amore di Dio? Ascoltando le parole: " [ Ama ] Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con la tua mente ", ( Mt 22,37 ) sembra che non ci resti spazio per l'amore del prossimo; ascoltando viceversa: " Ecco, questo e questo e questo e se c'è ancora qualche altro comandamento, tutto si compendia in questo precetto: Amerai il prossimo tuo come te stesso", ( Rm 13,9 ) sembra che non rimanga alcuno spazio per l'amore di Dio.

Come fa pertanto il Signore ad asserire che non in uno ma in questi due comandamenti si compendia tutta la legge e i profeti? ( Mt 22,40 )

5. Per quanto ci sarà possibile, con l'aiuto del Signore vogliamo esporre brevemente il problema ora formulato, cominciando dall'amore del prossimo.

Noi infatti siamo uomini, e quindi mortali, soggetti all'ignoranza, non ancora divenuti simili agli angeli, ( Lc 20,36; Mt 22,30 ) anzi molto lontano da tutto ciò che è incorruttibile.

Per questa dissimilitudine Dio è distante da noi, sebbene ci sia vicino con la sua misericordia.

Essendo dunque quelli che siamo, con quali risorse del nostro pensiero oseremo formarci delle immagini nei riguardi del Signore?

Il prossimo, invece l'abbiamo vicino: tendi dunque verso chi ti è vicino se vuoi amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente.

O uomo, se non ami il tuo fratello che vedi, come potrai amare Dio che non vedi? ( 1 Gv 4,20 )

Voi conoscete bene queste parole prese dalla lettera di Giovanni.

Sono una prescrizione data a noi: dobbiamo cominciare dal prossimo per arrivare a Dio.

6. A questo punto mi dirà qualcuno: " Io amo Dio e il prossimo, e li amo non a parole ma con i fatti ".

Dimostramelo! Risponde: " Sì, io amo il prossimo ".

E con questo, cosa fai di straordinario? Non vedi come l'amore reciproco regni anche fra gli animali irragionevoli?

Come gli uccelli cerchino di stare insieme agli uccelli della stessa famiglia e sono tristi se rimangono soli?

Non hai notato mai come certi altri animali, dopo aver condiviso la medesima stalla, mettendosi in cammino desiderano stare in fila uno dietro l'altro, e con molta difficoltà si riesce a separarli?

Cosa fai dunque di straordinario se tu, uomo, desideri la compagnia di altri uomini?

Lo fanno anche le bestie! Né saprei dirti se questo sia un amore che Dio richiede da noi.

Ma tu forse continui: " Io amo il prossimo mio - amo, ad esempio, mio figlio - e lo amo come me stesso ".

È cosa normale anche questa. Perfino le tigri amano i propri figli!

Infatti non si propagherebbe la loro specie se mancasse l'amore scambievole.

Suvvia! Trascendi tutti questi esseri che sono stati messi in tuo potere: nessuno di loro è fatto ad immagine di Dio.

È l'uomo che Dio ha fatto a propria immagine, perché esercitasse il potere sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. ( Gen 1,26 )

Osserva quali siano le creature a te sottoposte; tu invece sei stato formato con fattezze molto diverse: somigli al Creatore nell'amore per la sua immagine.

E poi, come fai a dimostrare che ami tuo figlio? Ripeto: proprio tuo figlio, come fai a dimostrare che lo ami?

Perché gli conservi l'eredità, che però egli non potrà possedere insieme con te?

Non la possiede infatti insieme con te, ma succederà a te quando tu sarai deceduto.

Non ricordi come in quella stessa eredità prima di te sia passato tuo padre e - se questa eredità risale a tempi più antichi - lo stesso tuo nonno?

Tutti di passaggio, nessuno in maniera permanente.

Tu dunque lasci cose mortali a un uomo mortale o, più esattamente, non sai neppure per chi le accumuli. ( Sal 39,7 )

E tuttavia osi proclamare che ami tuo figlio!

7. È scritto: Annunzieranno [ le opere del Signore ] ai propri figli perché ripongano in Dio la loro speranza. ( Sal 78,6-7 )

Se ami in questo modo, il tuo è amore; se ami in modo diverso, allora neppure ami, perché non ami neppure te stesso.

Qual è in effetti il senso di ciò che hai udito: Amerai il prossimo tuo come te stesso? ( Mt 22,39; Rm 13,9 )

Ecco la norma che impongo; anzi, non la impongo ma la riconosco.

È infatti una norma imposta a tutti noi; e io la medito e la ricordo.

Orbene, la norma è questa: Amerai il prossimo tuo come te stesso.

Io non ti dico di amare come te stesso tuo figlio o tua moglie o il vicino che ti è amico o il vicino che ti è familiare, perché forse mi risponderesti: " Li amo ".

Voglio prima chiederti se ami te stesso.

Sta qui infatti tutta la forza del comandamento, qui verte tutta la questione: non puoi infatti amare il prossimo come te stesso, se non ami nemmeno te stesso.

Ribatti: " C'è forse qualcuno che non ama se stesso? ".

Eppure, io vorrei trovare uno che ami veramente se stesso.

Io non guardo infatti a come può errare la creatura, ma a ciò che insegna il Creatore.

Chi ci ha creati ci conosce meglio di ogni altro.

Ascoltiamolo quindi. Tu mi dicevi che ami te stesso.

Se ti avessi chiesto di dimostrarmelo, mi avresti risposto: " Siccome amo me stesso, quando ho fame nutro il mio corpo; siccome amo me stesso, non voglio stancarmi con il lavoro; siccome amo me stesso, non voglio provare le strettezze della miseria; siccome amo me stesso, cerco di non buscarmi la febbre; siccome amo me stesso, scanso ogni dolore ".

Vuoi ora ascoltare cosa ti dice Colui che ti ha creato?

Osserva soltanto se ti ami in maniera completamente buona: se cioè non ami l'iniquità.

Poiché chi ama l'iniquità odia la propria anima. ( Sal 11,6 )

Non ti interrogo io; intèrrogati da te stesso.

Se vuoi affermarti a danno degli altri, se desideri che altri stia male perché tu ne abbia un bene, se così agisci, se così pensi, tu ami l'iniquità e pertanto odi la tua anima.

Ma se odi la tua anima, non posso certo affidarti il tuo prossimo perché lo ami come te stesso!

Posso forse affidarti un altro uomo, per dover poi ricercarne due!?

Tu che hai portato te stesso alla rovina, come potrai dare a me la salvezza?

Comincia dunque con l'amare te stesso: così saprai amare il prossimo come te stesso.

8. Aspetti forse da me che ti dica come tu debba amare te stesso?

Ascoltiamo piuttosto Colui che ha creato sia te che me.

Ecco dunque come devi amare te stesso.

Cerca di capire il grande comandamento di amare te stesso.

Infatti, a ciò che ami tu cerchi di trascinare anche colui che ami.

E se ami l'iniquità, vi ci condurrai anche colui che tu ami come te stesso.

Abbiamo tutti davanti agli occhi le moltissime predilezioni dell'uomo, sia in bene che in male.

Tu, per esempio, sei appassionato per un auriga; naturalmente ti dài da fare perché quelli che ami partecipino con te agli spettacoli, con te facciano tifo, con te urlino, con te perdano la testa; se non si appassionano, li insulti, li chiami idioti, proprio come sei tu.

Ancora. Anche se non te la senti di dividere a metà i tuoi beni ( Lc 19,8 ) con colui che ami come te stesso, desideri comunque che egli ne abbia altrettanti; non vuoi infatti che egli si arricchisca a tuo danno, non vuoi il suo bene con la perdita dei tuoi beni.

Perché? Perché tu consideri l'oro un bene e perciò ti consideri grande per il fatto che possiedi oro; e tu vuoi che l'altro cresca senza che tu cali. ( Gv 3,30 )

Ma perché ami cose che non puoi distribuire senza tuo danno?

In tutti questi casi tu ami malamente: hai in odio la tua anima. ( Sal 11,6 )

Se vuoi tranquillamente attrarre il prossimo che ami come te stesso, attrailo a quel bene che non soffre diminuzioni per la moltitudine dei partecipanti: quel bene che - qualunque sia il numero dei possessori - rimane integro per tutti e per ciascuno.

Se non ami un simile bene, come potrai amare il prossimo come te stesso?

9. Ma qual è questo bene? Lo trovi nel primo e più grande precetto: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. ( Mt 22,37 )

Quando infatti comincerai ad amare Dio, allora comincerai ad amare te stesso.

Non temere: per quanto grande sia il tuo amore per Iddio, non lo amerai mai troppo.

La misura di amare Dio è di amarlo senza misura.

Amalo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, perché più di così non puoi.

Cosa infatti hai di più, per amare il tuo Dio, che tutto te stesso?

Non temere che, non lasciando a te stesso nulla con cui amarti, tu abbia a perderci.

Non ci perdi, perché, amando Dio con tutto te stesso, ti vieni a trovare là dove non ci si perde.

Piuttosto se volgerai il tuo amore da lui verso di te, non sarai più in lui ma in te; e così perirai, venendo a trovarti in chi è destinato a perire.

Se non vuoi perire, rimani in colui che non può perire.

Questo raggiunge la forza della carità, questo ottiene il fuoco dell'amore.

Lo osserviamo nelle predilezioni luride e sconce di certa gente.

I tifosi di un auriga sono totalmente presi dallo spettacolo, vivono solo della persona che stanno guardando.

Chi è così appassionato non pensa più a se stesso, non sa più neppure dove si trovi.

Tanto che, se gli sta vicino uno un po' meno tifoso, al vederlo così accalorato dice subito: " Costui non è in sé! ".

Anche tu, che sei con Dio, per quanto ti è possibile, non voler essere con te.

Se sei con te e ti affidi a te, ti perderai, perché tu non sei in grado di salvare te stesso.

10. Ricordate come abbandonò la casa e finì col rovinarsi quel tale che, rivolto al padre premuroso di salvarlo, gli disse: Dammi la parte dei beni che mi spetta. ( Lc 15,12 )

Eccolo là: se ne andò, consumò ogni cosa, si ridusse a pascere i porci, costretto dalla miseria. ( Lc 15,13-16 )

Si allontanò dal padre, perché voleva stare con sé; ma mentre vuole stare con sé, non rimane nemmeno con sé.

In effetti, se abbandoni il tuo Dio, immediatamente ti allontani anche da te, esci fuori di te e diventi estraneo anche a te stesso.

Pertanto a persone come questa è detto: Tornate al vostro cuore, o prevaricatori. ( Is 46,8 )

Tornate a voi, per poter tornare anche da Colui che vi ha creati.

Al riguardo cosa si dice di quel figlio che, abbandonato il padre, si trovò lontano anche da se stesso e nella più nera miseria?

Tornato in se stesso disse ( Lc 15,17 ) … Tornato in se stesso!

Vedi come s'era allontanato anche da se stesso.

Buon per te, figlio, che ti sei ravveduto e sei tornato a te!

Ma non rimanere in te, se non vuoi perderti di nuovo.

In realtà anche di questo si ricordò quel prodigo, tornato, almeno parzialmente, sulla buona strada.

Tornato infatti in sé, non volle fermarsi in sé, ma, tornato in se stesso, disse: Mi leverò e andrò da mio padre. ( Lc 15,17-18 )

Debitamente ravveduto, comprese che la sua dimora era là donde era fuggito; si ricordò che era [ figlio ], anche se ora non meritava più d'essere considerato tale.

11. Tu dunque amerai il sommo Bene e ad esso volgerai l'affetto del tuo cuore.

In tal caso posso affidarti il prossimo.

Vedo infatti dove tendi e dove vuoi risiedere.

Conducilo da lui! E in effetti non potrai condurre da altri colui che ami come te stesso, ora che veramente ami te stesso.

Conduci là il tuo prossimo, attrailo, rapiscilo insistendo in ogni maniera accettabile. ( 2 Tm 4,2 )

Se si fosse all'alba di un giorno di gare circensi, tu, appassionato d'un concorrente nei giochi venatori, non riusciresti a prender sonno e non ti faresti sfuggire l'ora di correre all'anfiteatro.

Giunta l'ora, andresti a svegliare con fastidiosa insistenza il tuo amico, per ipotesi ancora immerso nel sonno e desideroso più di dormire che d'andare ai giochi.

Con la tua insistenza faresti pressione su quel pigro: se ti fosse possibile, lo vorresti buttar giù dal letto e piazzarlo nell'anfiteatro.

Né, con tutto questo, recheresti a lui fastidio se non finché si sia destato dal sonno, poiché, scomparso il sonno, egli viene subito con te e ti ringrazia per la tua importunità.

Ma cosa dire se, condotto quell'uomo all'anfiteatro, dove tutti e due siete andati in gran fretta, l'atleta da voi preferito venisse sconfitto e voi ve ne doveste andare a testa bassa?

Ama dunque Dio con tutto il tuo essere: con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. ( Mt 22,37 )

Così e soltanto così ami te stesso; e solo in questa maniera puoi amare il prossimo come te stesso.

Lo attiri infatti con entusiasmo da colui del quale mai dovrai arrossire.

12. Non essendo possibile che chi vuol amare il prossimo lo ami veramente se prima non ama Dio, per questo motivo fu necessario che i due precetti della carità venissero formulati insieme.

Chi ama Dio non può amare l'iniquità poiché, amando l'iniquità, odierebbe la sua anima. ( Sal 11,6 )

Se non ama l'iniquità, amerà la giustizia, e amando la giustizia amerà Dio.

Egli pertanto non cerchi Dio con gli occhi del corpo: lo cerchi con la mente e lo ami in maniera sempre crescente con l'affetto del cuore.

Non costruiamoci [ con la fantasia ] divinità che non sono Dio, se non vogliamo amare anche chi non è Dio, se non vogliamo amare vani fantasmi.

Non dobbiamo cadere in errore immaginando cose di questo genere; non dobbiamo formarci un Dio a misura delle nostre voglie naturali né costruircelo a nostro talento.

Per distoglierci da queste fantasticherie ci dice la Scrittura: Dio è amore. ( 1 Gv 4,16 )

Se dunque ami, ama chi ti dà il potere di amare, e allora ami Dio.

Non hai udito che chi ama l'iniquità odia la sua anima? ( Sal 11,6 )

Ebbene, se ami, ama colui che ti dona di poter amare, e ami Dio.

Il principio per cui ami è infatti la carità.

Tu ami in forza della carità: ama dunque la carità e così ami Dio, perché Dio è carità, e chi dimora nella carità dimora in Dio. ( 1 Gv 4,16 )

Ecco perché fu necessario che venissero inculcati distintamente i due precetti.

Di per sé sarebbe stato sufficiente menzionarne uno: Amerai il prossimo tuo come te stesso, ( Rm 13,9; Mt 22,39 ) ma l'uomo si sarebbe potuto ingannare su questo amore del prossimo non sapendo amare rettamente se stesso.

Per questo motivo il Signore, quando volle dare una forma all'amore con cui ami te stesso, la trovò nell'amore che si ha verso Dio.

Stabilito questo, ti affidò il prossimo perché tu lo amassi come te stesso.

13. A questo punto, se tu sei d'accordo, ti dovrebbe bastare anche l'unico precetto dell'Apostolo.

Ora che hai compreso la portata dei due precetti te ne può bastare anche uno solo, mentre prima, quando non li comprendevi, uno non sarebbe bastato.

Se infatti poni all'inizio un cattivo amore per te stesso, ami malamente anche colui che ami come te stesso.

Anzi, non va detto: " Ami male " ma: " Non ami affatto ".

Se dunque ti si dice che non devi commettere adulterio, né uccidere, né desiderare maliziosamente, ( Rm 13,9 ) ti si richiama a [ rientrare in ] te stesso, là cioè dove ha sede la pienezza [ dell'uomo ].

Infatti tu puoi evitare l'adulterio per timore della punizione, non per amore della giustizia.

Così per l'omicidio. Puoi avere la volontà di uccidere ma temi di più il castigo: nel qual caso con la mano non commetti l'omicidio ma nel cuore ne sei colpevole.

Ti proponi di uccidere una persona ma temi; comunque vuoi uccidere.

È segno che non ami il non uccidere.

Il tuo agire all'esterno deve esistere già nel tuo interno, risiedere là dove ti vede Colui che ti darà la corona.

Lì devi combattere e vincere, poiché lì risiede Colui che ti osserva.

Con ragione quindi è detto: Non commettere adulterio, non uccidere, non desiderare malamente e tutti gli altri comandamenti si riassumono in questa parola: ama il prossimo tuo come te stesso. ( Rm 13,9 )

Tu certamente già ami Dio, poiché non potresti amare il prossimo senza amare Dio: il secondo precetto segue il primo.

Sia dunque in te il primo, e questo porterà con sé anche il secondo, mentre il secondo non può esistere senza il primo.

Se pensavi al perché dei due precetti, adempine pure uno; ma non potrai adempiere quest'uno se non osservandoli tutti e due.

Tant'è vero che il secondo si chiama appunto secondo per il fatto che segue [ l'altro ].

È dunque un precetto conseguente.

Ama il prossimo tuo come te stesso: ciò mi basta.

Ma se tu a Dio non puoi giungere col pensiero, da dove comincerai per poter amare te stesso?

L'amore del prossimo non commette alcun male.

Pienezza della legge è dunque la carità. ( Rm 13,10 )

E questa carità in che cosa consiste? Nell'amore di Dio e nell'amore del prossimo.

Scegli pure l'amore che preferisci! Se scegli l'amore del prossimo, esso non è vero se non ami anche Dio.

Se scegli l'amore di Dio, esso non è vero se non v'includi anche il prossimo

14. Se ancora non hai l'amore, gemi e credi; chiedi e otterrai.

Ciò che ti viene comandato, ciò che la legge impone, la fede ottiene.

Se quanto devi impetrare già lo possiedi, [ ricorda le parole ]: Che cosa hai tu senza averlo ricevuto? ( 1 Cor 4,7 )

Se non lo possiedi, chiedilo per poterlo ottenere.

Quel che noi chiediamo è la carità. ( 1 Gv 4,16 )

Se ancora non l'abbiamo, chiediamola per non restarne privi.

Come infatti potremmo attingerla in noi stessi se, essendo cattivi, non abbiamo nulla di buono per meritarla?

La otterremo piuttosto da Colui al quale dice la nostra anima: Benedici il Signore, anima mia, e non dimenticare i tanti suoi benefici.

Egli è misericordioso verso tutte le tue iniquità. ( Sal 103,2-3 )

Ciò avviene nel battesimo. Ma se avvenisse questo soltanto, come rimarremmo in seguito?

Continua però [ il salmo ]: Egli sana tutte le tue malattie. ( Sal 103,3 )

Guarite le malattie, non rifiuteremo il nostro pane; e osserva cosa accadrà quando tutte le malattie saranno state guarite: Egli riscatterà la tua vita dalla corruzione. ( Sal 103,4 )

È quanto accadrà nella resurrezione dei morti.

E dopo che la nostra vita sarà stata liberata dalla corruzione cosa accadrà?

Egli ti corona. Forse per i tuoi meriti?

Poni attenzione a quel che segue: Egli ti corona nella sua compassione e misericordia. ( Sal 103,4 )

Il giudizio infatti sarà senza misericordia per colui che non avrà usato misericordia. ( Gc 2,13 )

Ci saranno dunque rimessi i peccati e guarite le malattie; la nostra vita sarà sottratta alla corruzione e per la sua misericordia ci sarà consegnata la corona.

Conseguito tutto questo, di che cosa ci occuperemo? Cosa avremo?

Egli ti sazia di beni, ( Sal 103,5 ) senza alcun male.

Eri avaro e l'oro non ti saziava perché, essendo avaro, non puoi trovare la sazietà nell'oro.

Sii giusto, e troverai la sazietà in Dio.

Non c'è infatti assolutamente nulla che possa saziarti all'infuori di Dio, nulla può bastarti all'infuori di Dio.

Mostraci il Padre e questo ci basta! ( Gv 14,8 )

Siamo dunque alacri nel compiere le opere di misericordia mentre veniamo curati dalle nostre malattie, affinché, guariti dalle malattie, acquistino vigore i nostri desideri.

Facciamo sì che questi desideri, guariti dal male, crescano in vigore, e, diventati vigorosi, raggiungano la sazietà.

Si compia allora il giudizio, ma sia un giudizio di misericordia, poiché sarebbe gravoso un giudizio non accompagnato dalla misericordia, essendo difficile che Dio non trovi in te nulla da punire.

Tu forse ti compiacevi di te stesso, ma Lui sa scoprire in te colpe che tu non conosci; trova in te cose che tu volevi nascondere o che magari del tutto ignoravi.

Siamo dunque zelanti nel compiere le opere di misericordia: amiamo il prossimo pur nell'attuale scarsità di beni temporali, perché ci sia dato di udire, nel giudizio, una sentenza di misericordia.

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